288-294 Rassegna 2 - Loiacono
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288 Recenti Prog Med 2014; 105: 288-294 Terapia metabolica per l’insufficienza cardiaca Ferdinando Loiacono, Luca Alberti, Ludovica Lauretta, Patrizia Puccetti, Carmen Silipigni, Alberto Margonato, Gabriele Fragasso Riassunto. L’insufficienza cardiaca può promuovere modificazioni metaboliche come la resistenza all’insulina, in parte attraverso l’attivazione neuroumorale, determinando un maggiore utilizzo di substrati alternativi ai carboidrati per la produzione di energia. Infatti, nei pazienti con insufficienza cardiaca si è dimostrato un aumento della concentrazione plasmatica di corpi chetonici a digiuno così come dell’ossidazione degli acidi grassi. Il risultato è la riduzione della produzione di ATP, di fosfocreatina e di creatina chinasi nel miocardio, con conseguente riduzione dell’efficienza del lavoro meccanico. Un approccio diretto per manipolare il metabolismo energetico cardiaco consiste nel modificare l’utilizzo dei substrati da parte del cuore insufficiente. A oggi, i trattamenti metabolici più efficaci comprendono diversi agenti farmacologici che inibiscono direttamente l’ossidazione degli acidi grassi. I risultati della ricerca corrente sostengono il concetto che modificare la preferenza dei substrati energetici dal metabolismo degli acidi grassi verso il metabolismo del glucosio potrebbe rappresentare un trattamento efficace aggiuntivo in pazienti con insufficienza cardiaca. La trimetazidina è il farmaco più studiato in questo contesto. Diversi piccoli studi hanno evidenziato l’utilità di tali strumenti terapeutici aggiuntivi per l’insufficienza cardiaca. Più in particolare, recenti meta-analisi e uno studio retrospettivo multicentrico hanno dimostrato che l’uso aggiuntivo di trimetazidina in pazienti con insufficienza cardiaca, oltre a un beneficio sintomatologico e al miglioramento della funzione cardiaca, fornisce anche un significativo effetto protettivo sulla mortalità da ogni causa, sugli eventi cardiovascolari e sulle ospedalizzazioni per cause cardiache. Tuttavia, l’esatto ruolo della terapia metabolica nello scompenso cardiaco deve essere ancora definito, e un ampio trial multicentrico randomizzato è quindi necessario. Metabolic therapy for heart failure. Parole chiave. Funzione ventricolare sinistra, inibitori parziali degli acidi grassi liberi, insufficienza cardiaca, metabolismo del miocardio, terapia metabolica, 3-chetoacil coenzima A tiolasi, trimetazidina. Key words. Heart failure, left ventricular function, metabolic therapy, myocardial metabolism; partial free fatty acid inhibitors, 3-ketoacyl coenzyme A thiolase, trimetazidine. Introduzione substrati energetici, riducendo il metabolismo degli acidi grassi in favore del metabolismo glucidico, che è più efficiente in termini di produzione di ATP per mole di ossigeno utilizzata1. Di questa classe farmacologica, la trimetazidina è il farmaco più studiato nel contesto dell’insufficienza cardiaca. La trimetazidina, un inibitore dell’enzima 3-chetoacil coenzima A tiolasi (3-KAT), ha mostrato di influenzare l’utilizzo di substrati da parte del miocardio inibendo l’ossi- Diversi studi effettuati recentemente su pazienti con insufficienza cardiaca hanno indagato la possibilità di aumentare le prestazioni cardiache, senza compromettere il consumo di ossigeno e l’emodinamica, con agenti volti a migliorare l’efficienza energetica del miocardio. La maggior parte dei ricercatori ha concentrato i propri sforzi sui farmaci che sono in grado di modulare l’utilizzo di Summary. Heart failure may promote metabolic changes such as insulin resistance, in part through neurohumoral activation, and determining an increased utilization of non-carbohydrate substrates for energy production. In fact, fasting blood ketone bodies as well as fat oxidation have been shown to be increased in patients with heart failure. The result is depletion of myocardial ATP, phosphocreatine and creatine kinase with decreased efficiency of mechanical work. A direct approach to manipulate cardiac energy metabolism consists in modifying substrate utilization by the failing heart. To date, the most effective metabolic treatments include several pharmacological agents that directly inhibit fatty acid oxidation. The results of current research are supporting the concept that shifting the energy substrate preference away from fatty acid metabolism and toward glucose metabolism could be an effective adjunctive treatment in patients with heart failure. Trimetazidine is the most studied drug in this context. Several small studies have evidenced the usefulness of such additional therapeutic tools for heart failure. More specifically, recent meta-analyses and a multicenter retrospective study have shown that additional use of trimetazidine in patients with heart failure, along with symptoms and cardiac function improvement, also provides a significant protective effect on all-cause mortality, cardiovascular events and hospitalization due to cardiac causes. Nevertheless, the exact role of metabolic therapy in heart failure is yet to be established, and a large multicenter randomized trial is necessary. Unità Operativa di Cardiologia Clinica, Istituto Scientifico Ospedale San Raffaele, Milano. Pervenuto il 20 marzo 2014. F. Loiacono et al.: Terapia metabolica per l’insufficienza cardiaca Effetti della modulazione metabolica sulla disfunzione ventricolare sinistra LATTATO PIRUVATO G6P GLUCOSIO DCA sodico PDH X ACETILCoA Catena di di Catena trasporto-ee– trasporto Ciclo dell’acido citrico β-ossidazione AGL CPT-II- II CPT ATPasi dazione degli acidi grassi e spostando la produzione di energia dagli acidi grassi liberi (AGL) verso l’ossidazione del glucosio2 (figura 1). Incrementando l’utilizzo di glucosio e lattato, che sono combustibili più efficienti per la respirazione aerobica, l’efficienza del consumo di ossigeno del miocardio può essere migliorata del 16-26%1. Lo scopo di questo lavoro è quello di esaminare le evidenze riportate sugli effetti protettivi della terapia metabolica e la sua potenziale applicazione clinica in pazienti con insufficienza cardiaca. ATP NADH Trimetazidina Membrana mitocondriale interna Membrana mitocondriale esterna Perexilina Etomoxir Oxfenicina CPT-I- I CPT Citosol ACIDI GRASSI - CoA Figura 1. Effetti degli agenti metabolici sul metabolismo del miocardio. Il metabolismo dei carboidrati può essere direttamente aumentato da agenti quali il dicloroacetato sodico, che stimola l’attività della piruvato deidrogenasi (PDH) inibendo la piruvato deidrogenasi chinasi. La stimolazione dell’attività di PDH porta a una maggiore glicolisi del glucosio e a un maggiore utilizzo di lattato da parte del miocardio per la respirazione aerobica. Il consumo miocardico di acidi grassi liberi (AGL) viene contemporaneamente inibito, con l’effetto globale di un cambiamento di utilizzo prevalente dei substrati AGL a quello di glucosio e lattato. Perexilina, oxfenicina ed etomoxir impediscono l’assorbimento di AGL inibendo la carnitina palmitoil transferasi I, un enzima mitocondriale chiave coinvolto in questo processo. La trimetazidina inibisce la β-ossidazione degli AGL. Queste azioni trasferiscono l’uso di substrati del miocardio dagli AGL al glucosio, che è più efficiente in termini di produzione di energia, determinando un effetto di risparmio di ossigeno. AGL= acidi grassi liberi; CoA= coenzima A; CPT= carnitina palmitoil transferasi; DCA= dicloroacetato; G6P= glucosio-6-fosfato. Basandosi sull’ipotesi che gli inibitori degli AGL potessero agire come modulatori metabolici nella protezione del miocardio ischemico, Brottier et al.3 hanno valutato gli effetti del trattamento a lungo termine con trimetazidina in pazienti con severa cardiomiopatia ischemica. Venti pazienti venivano randomizzati a ricevere placebo o trimetazidina; tutti i pazienti in trimetazidina, a 6 mesi di follow-up, evidenziavano un miglioramento clinicamente rilevante dei sintomi e una frazione d’eiezione maggiore rispetto ai pazienti trattati con placebo. Gli Autori concludevano il loro studio raccomandando l’uso di trimetazidina come strumento terapeutico complementare in pazienti con grave cardiomiopatia ischemica. Tuttavia, nonostante i risultati favorevoli di questo studio pilota, la comunità cardiologia non recepiva questa indicazione, probabilmente perché basata su un esiguo numero di pazienti. Successivamente, altri gruppi di ricerca continuavano a studiare gli effetti della terapia metabolica con trimetazidina in pazienti con disfunzione ventricolare post-ischemica. A questo scopo venivano valutati gli effetti della trimetazidina sulla disfunzione ventricolare sinistra indotta da dobutamina in pazienti con malattia coronarica4. I pazienti venivano assegnati in modo casuale a un periodo di trattamento di 15 giorni con placebo o trimetazidina; gli stessi pazienti venivano poi riassegnati all’altro regime di trattamento per altri 15 giorni. Alla fine di ciascun periodo di trattamento veniva eseguito un eco-stress con dobutamina. Sia in condizione di riposo sia al picco di infusione di dobutamina, l’indice di disfunzione ventricolare sinistra era significativamente migliore in terapia con trimetazidina rispetto al placebo. Inoltre, la trimetazidina induceva un aumento della dose e del tempo di infusione della dobutamina prima dell’insorgenza di ischemia. Questi risultati indicavano che la trimetazidina potrebbe non solo proteggere dalla disfunzione ischemica indotta dalla dobutamina, ma anche che potrebbe migliorare la funzione ventricolare sinistra regionale a riposo, come evidenziato dal miglioramento della funzione ventricolare sinistra sia al picco sia a riposo durante il periodo di trattamento attivo. Uno studio successivo confermava questi risultati preliminari5. Modulazione del metabolismo del miocardio nell’insufficienza cardiaca post-ischemica Tenendo a mente il concetto che inibitori della 3-KAT dovrebbero essere in grado di promuovere l’utilizzo del glucosio a scapito dei substrati grassi 289 290 Recenti Progressi in Medicina, 105 (7-8), luglio-agosto 2014 da parte dei mitocondri, l’attenzione si è focalizzata sull’insufficienza cardiaca, in cui il mantenimento dell’efficienza metabolica è un problema cruciale. Pertanto, in uno studio successivo venivano valutati gli effetti dell’aggiunta di trimetazidina al trattamento standard sui sintomi, sulla tolleranza all’esercizio e sulla funzione ventricolare sinistra, in pazienti affetti da diabete e con cardiomiopatia dilatativa post-ischemica6. Tredici pazienti con queste caratteristiche in terapia convenzionale sono stati assegnati in modo casuale all’aggiunta di placebo o trimetazidina per due periodi di 15 giorni, e poi di nuovo assegnati a placebo o trimetazidina per due ulteriori periodi di 6 mesi. Sia nel breve, sia nel lungo termine, la terapia con trimetazidina produceva un significativo effetto benefico sulla funzione ventricolare sinistra e sul controllo dei sintomi, rispetto al placebo. Il beneficio della trimetazidina osservato a breve termine si manteneva a lungo termine e contrastava la storia naturale della malattia, come mostrato dalla lieve ma consistente diminuzione della frazione d’eiezione osservata sotto placebo. Questi risultati hanno aperto la strada a ulteriori studi, che hanno costantemente confermato gli effetti positivi della trimetazidina in pazienti con disfunzione ventricolare sinistra post-ischemica7-11. Modulazione del metabolismo del miocardio nell’insufficienza cardiaca di diverse eziologie L’effetto benefico della trimetazidina sulla funzione ventricolare sinistra è stato attribuito alla conservazione dei livelli intracellulari di fosfocreatina (PCr) e di adenosintrifosfato (ATP)12. Il rapporto PCr/ATP è una misura delle riserve energetiche del miocardio, quantificabile mediante la spettroscopia con risonanza magnetica (31P-MR spectroscopy). La sua riduzione può dipendere da uno squilibrio tra la richiesta di ossigeno da parte del miocardio e il suo effettivo apporto13, e da una riduzione del pool di creatina totale, un fenomeno che è noto verificarsi nell’insufficienza cardiaca14. In un recente studio eseguito in pazienti con insufficienza cardiaca di eziologie diverse in terapia medica standard massimale ottimizzata, la trimetazidina migliorava la classe funzionale e la funzione ventricolare sinistra dei pazienti in associazione con un miglioramento del rapporto PCr/ATP, supportando l’ipotesi che la trimetazidina probabilmente conserva i livelli intracellulari dei fosfati ad alta energia nel miocardio15. Questi risultati appaiono particolarmente rilevanti, soprattutto in considerazione della precedente dimostrazione che il rapporto PCr/ATP è un predittore significativo di mortalità16. Contemporaneamente a questo studio è stato testato l’effetto della trimetazidina in un gruppo più consistente di pazienti con insufficienza cardiaca sistolica di eziologie diverse17. Rispetto ai pazienti in sola terapia convenzionale, quelli a cui veniva aggiunta la trimetazidina miglioravano la classe funzionale, la tolleranza allo sforzo, la qualità della vita, la funzione ventricolare sinistra e i livelli plasmatici di peptide natriuretico di tipo B (BNP). Questi effetti benefici sulla funzione ventricolare sinistra potrebbero spiegare la successiva osservazione di un potenziale effetto antiaritmico della trimetazidina nei pazienti con insufficienza cardiaca post-ischemica18. Effetti della terapia metabolica sul metabolismo energetico globale nei pazienti con insufficienza cardiaca In pazienti con insufficienza cardiaca è stato osservato un tasso di spesa energetica a riposo più alto dei soggetti normali19-21, e questo fattore contribuisce probabilmente al progressivo peggioramento della malattia. Il tasso di dispendio energetico è legato ad un aumento dell’ossidazione degli AGL serici; sia il dispendio energetico sia la concentrazione degli AGL circolanti sono inversamente correlati con la frazione d’eiezione ventricolare sinistra e direttamente correlati con concentrazioni crescenti di adrenalina e noradrenalina22. La noradrenalina aumenta il consumo globale di ossigeno, la concentrazione di AGL serici e l’ossidazione degli stessi23. Questi cambiamenti sono stati attribuiti alla stimolazione della lipasi ormono-sensibile nel tessuto adiposo, e alla stimolazione da parte della noradrenalina del consumo di ossigeno indipendente dalla lipolisi24. Questi dati, insieme alle strette correlazioni tra concentrazioni di noradrenalina plasmatica, dispendio energetico a riposo e ossidazione degli AGL, hanno reso l’aumentata attività simpatica la spiegazione più probabile per le alterazioni dell’omeostasi metabolica nei pazienti con insufficienza cardiaca24. Pertanto, strategie di intervento volte ad ottimizzare il metabolismo cardiaco e globale potrebbero essere utili per interrompere il circolo vizioso costituito da una funzione ridotta ma con maggiori spese metaboliche, in diverse condizioni cardiache25. In uno studio molto recente, è stato dimostrato che il trattamento di 3 mesi con trimetazidina in aggiunta al trattamento usuale riduce consistentemente il dispendio energetico globale a riposo, con miglioramento della classe funzionale, della qualità della vita e della funzione ventricolare sinistra nei pazienti con insufficienza cardiaca sistolica, indipendentemente dalla sua eziologia e dallo stato diabetico26 (figura 2). L’osservazione che l’effetto benefico della trimetazidina sulla funzione ventricolare sinistra è affiancato da una riduzione del dispendio energetico globale rispetto ai pazienti in trattamento convenzionale suggerisce la possibilità che l’effetto della trimetazidina possa essere mediato da una riduzione della richiesta metabolica a livello dei tessuti periferici e, a sua volta, da una sorta di sollievo centrale (cardiaco). F. Loiacono et al.: Terapia metabolica per l’insufficienza cardiaca p = 0,038 2300 2100 determinato un significativo effetto protettivo sulla mortalità da ogni causa (RR 0,29, 95% CI 0,170,49; p<0,00001) e sugli eventi cardiovascolari e le ospedalizzazioni (RR 0,42, 95% CI 0,30-0,58, p<0,00001). Un’altra meta-analisi più recente ha confermato che l’uso aggiuntivo di trimetazidina nei pazienti con scompenso cardiaco può ridurre l’ospedalizzazione per cause cardiache, migliorare i sintomi clinici e la funzione cardiaca, e contemporaneamente migliorare il rimodellamento ventricolare sinistro28. Infine, un recente studio retrospettivo multicentrico di coorte in più di 600 pazienti, ha dimostrato che i pazienti in terapia con trimetazidina evidenziavano una significativa riduzione della morbilità e della mortalità totale e cardiovascolare a 5 anni rispetto al gruppo di controllo in sola terapia convenzionale (figura 3). Questo studio, anche se limitato dalla natura retrospettiva dello stesso, conferma in un ampio numero di pazienti la potenziale utilità della terapia metabolica con trimetazidina anche in termini di miglioramento della sopravvivenza e della sopravvivenza libera da eventi29. 1679±304 1690±377 1677±264 1900 1580±263 kcal/die 1700 1500 1300 1100 900 700 500 Tempo 0 Dopo 3 mesi Figura 2. Tasso di consumo di energia in pazienti con insufficienza cardiaca al tempo 0 e 3 mesi dopo aver ricevuto o sola terapia convenzionale (istogrammi grigio scuro) o trimetazidina in aggiunta a terapia convenzionale (istogrammi grigio chiaro). L’aggiunta di trimetazidina alla terapia convenzionale per l’insufficienza cardiaca ha ridotto il tasso di consumo di energia di tutto l’organismo (p=0,038). Adattato su autorizzazione26. Pertanto, una riduzione del fabbisogno energetico globale potrebbe rappresentare uno dei meccanismi mediante cui la trimetazidina migliora i sintomi e la funzione ventricolare sinistra nei pazienti con insufficienza cardiaca. Ricerca sistematica della letteratura sugli effetti benefici della trimetazidina nell’insufficienza cardiaca Sia i modelli animali di sovraccarico pressorio ventricolare sinistro, sia gli studi clinici condotti sull’uomo con ipertensione, implicano un anormale metabolismo miocardico nello sviluppo della disfunzione diastolica del ventricolo sinistro. Anche il metabolismo miocardico degli acidi grassi è un modulatore chiave di disfunzione diastolica30-32. 1,0 cumulative survival (%) Una ricerca sistematica della letteratura è stata recentemente condotta da Gao et al.27 per identificare studi controllati randomizzati con trimetazidina nell’insufficienza cardiaca. Il risultato della ricerca ha individuato 17 trial con dati per 955 pazienti. La terapia con trimetazidina è stata associata ad un significativo miglioramento della frazione d’eiezione ventricolare sinistra in pazienti con insufficienza cardiaca ischemica e non ischemica. Con la trimetazidina è stato anche migliorato lo stadio di malattia secondo la classificazione New York Heart Association, così come la tolleranza allo sforzo. Dato ancor più importante è che la trimetazidina ha Effetti della modulazione metabolica nella disfunzione diastolica del ventricolo sinistro TMZ 90,2% 0,8 81,5% No TMZ Effetti sulla mortalità CV 0,6 TMZ = -50% p*=0,050 0,4 CVD deaths 0,2 B 0,0 0 10 20 No TMZ 307 304 275 209 160 102 70 TMZ 356 329 235 153 109 80 No. at risk 362 30 40 50 TMZ (n=367) 20 (5,44%) No TMZ (n=302) 32 (10,60%) 60 Follow up (months) Figura 3. Effetto sulla mortalità totale e cardiovascolare della trimetazidina in aggiunta alla terapia convenzionale rispetto alla sola terapia convenzionale. Il gruppo che ha assunto trimetazidina ha mostrato una sopravvivenza globale a 5 anni del 90,2% contro l’81,5% del gruppo in terapia convenzionale. La mortalità da eventi cardiovascolari è stata del 5,44% nel gruppo trimetazidina contro il 10,6% del gruppo in terapia convenzionale. CV= cardiovascolare; TMZ= trimetazidina. Adattato su autorizzazione29. 291 292 Recenti Progressi in Medicina, 105 (7-8), luglio-agosto 2014 È stato recentemente dimostrato che nella cardiomiopatia ipertrofica sintomatica la perexilina, un modulatore del metabolismo dei substrati, migliora l’insufficienza energetica cardiaca, corregge la disfunzione diastolica, e aumenta la capacità d’esercizio fisico33. Studi su animali hanno dimostrato che anche la trimetazidina potrebbe migliorare la funzione di cuori con ipertrofia e sovraccarico di pressione a sinistra34 e a destra35. Questi studi supportano l’ipotesi che la carenza di energia contribuisca alla fisiopatologia della disfunzione diastolica e forniscono un razionale per tenere in considerazione l’utilizzo delle terapie metaboliche nella cardiomiopatia ipertrofica. Un’altra condizione cardiaca caratterizzata da precoce coinvolgimento diastolico è la cosiddetta cardiomiopatia diabetica. Questa è una condizione caratterizzata funzionalmente da ipertrofia dei miociti, importante fibrosi interstiziale e funzione sistolica inizialmente conservata in presenza di disfunzione diastolica. Dopo una lunga fase di latenza, solitamente insorgono disfunzione sistolica, dilatazione ventricolare sinistra e insufficienza cardiaca sintomatica. Pertanto, è necessario un controllo ottimale del diabete e delle patologie che frequentemente si sovrappongono, come l’ipertensione. Per questi motivi, è stato recentemente ipotizzato che la somministrazione precoce di un modulatore metabolico come la trimetazidina possa prevenire o contrastare la cardiomiopatia diabetica36. Questa ipotesi è suffragata dalla precedente osservazione che la trimetazidina può aumentare l’ossidazione glucidica insulino-indotta e il rilascio di guanosina monofosfato ciclica, con una diminuzione del rilascio di endotelina-1 nell’avambraccio37. Questi effetti secondari della trimetazidina potrebbero essere particolarmente efficaci nel prevenire o migliorare le complicanze cardiovascolari del diabete38. Certamente sono necessari ulteriori studi volti a valutare il ruolo della modulazione metabolica cardiaca in pazienti con il diabete. Altri inibitori dell’ossidazione degli acidi grassi Etomoxir, perexilina e oxfenicina sono inibitori della carnitina palmitoil transferasi I (CPT-I). CPTI è l’enzima chiave per l’assorbimento mitocondriale di AGL; la sua inibizione, quindi, riduce l’ossidazione degli AGL e il loro effetto inibitorio sulla piruvato deidrogenasi. Di conseguenza, l’ossidazione del glucosio è aumentata39-40. L’etomoxir, inizialmente sviluppato come antidiabetico, ha poi dimostrato di migliorare le prestazioni del ventricolo sinistro di cuori di ratto con sovraccarico pressorio41. Questi effetti sono stati imputati a una modifica selettiva nell’espressione genica dei cardiomiociti ipertrofici41. Etomoxir potrebbe anche aumentare l’attivazione della fosfatasi, avere un effetto diretto sul PPAR-α (peroxisome proliferator activated receptor-alpha) e sovraregolare l’espressione di vari enzimi coinvolti nella beta-ossidazione42. La prima spe- rimentazione clinica che ha impiegato l’etomoxir in pazienti con insufficienza cardiaca ha mostrato un significativo miglioramento clinico e della funzione cardiaca43. In studi su modelli animali, l’etomoxir ha anche indotto un miglioramento del metabolismo del glucosio44. Tuttavia, l’uso di etomoxir può essere limitato dal fatto che può causare ipertrofia cardiaca45 e stress ossidativo46. Analogamente all’etomoxir, l’oxfenicina e la perexilina, originariamente classificati come calcioantagonisti, riducono l’utilizzo cardiaco di acidi grassi a catena lunga inibendo la CPT-I47-49. Essi sono stati inizialmente sviluppati come agenti antianginosi50-51. Tuttavia, sono stati impiegati anche in pazienti con insufficienza cardiaca. La modulazione metabolica con perexilina ha dimostrato di migliorare il picco di consumo di O2, la frazione d’eiezione ventricolare sinistra, i sintomi, la funzione del miocardio a riposo e al picco di stress, e le riserve energetiche del muscolo scheletrico52. Pertanto, analogamente agli inibitori della 3-KAT, gli inibitori della CPT-I possono rappresentare un nuovo trattamento in pazienti con insufficienza cardiaca con un buon profilo di sicurezza, a condizione che il dosaggio venga regolato in base ai livelli plasmatici. Infatti, la perexilina deve essere usata con cautela a causa di segnalazioni di epatotossicità e di neuropatia periferica53-54. Conclusioni La terapia metabolica potrebbe svolgere un ruolo importante nella strategia terapeutica dei pazienti con insufficienza cardiaca55. Allo stato attuale, la trimetazidina, un inibitore parziale dell’ossidazione degli AGL, sembra essere l’agente più promettente per l’approccio metabolico in questi pazienti. Anche se è altamente probabile, l’ipotesi che i benefici osservati si traducano in un miglioramento della sopravvivenza dovrebbe comunque essere accertata da un trial multicentrico randomizzato. Questa potenziale grande novità terapeutica nelle sindromi da insufficienza cardiaca, che ancora sono gravate da morbilità e mortalità molto elevate, meriterebbe senz’altro una valutazione mediante un grande trial clinico. Ringraziamenti Gli Autori ringraziano l’Associazione per la Ricerca e la Terapia dello Scompenso cardiaco (ARTS) per il costante supporto ai loro progetti di ricerca. Bibliografia 1. Lopaschuck GD, Stanley WC. Glucose metabolism in the ischemic heart. Circulation 1997; 95: 313-5. 2. Fantini E, Demaison L, Sentex E, Grynberg A, Athias P. Some biochemical aspects of the protective effect of trimetazidine on rat cardiomyocytes during hypoxia and reoxygenation. J Mol Cell Cardiol 1994; 26: 949-58. F. Loiacono et al.: Terapia metabolica per l’insufficienza cardiaca 3. Brottier L, Barat JL, Combe C, Boussens B, Bonnet J, Bricaud H. Therapeutic value of a cardioprotective agent in patients with severe ischemic cardiomyopathy. Eur Heart J 1990; 11: 207-12. 4. 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