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2015 44 435 dicembre 2015 435 dicembre 2015 FONDATO DA P. NAZARENO TADDEI SJ edito da Il Papa delle «villas miserias» ROMA 435 dicembre 2015 educazione audiovisiva 435 44 anni dicembre 2015 SUSSIDIO MENSILE DI «LETTURA» DEI MEDIA E D’USO DEI LORO LINGUAGGI FONDATO DA P. NAZARENO TADDEI SJ Hanno collaborato a questo numero: Olinto Brugnoli, VR; Andrea Fagioli, FI; Manfredi Mancuso, PA; Luciano Nicastro, LI; Sara Romanelli, MI; Gian Lauro Rossi, RE; Andrea Vigoni, MI; Luigi Zaffagnini, RA – per le ricerche: Gabriella Grasselli, CiSCS ed Edav sas. Sempre non adagiati ma rinnovati. Solidi i fondamenti metodologici. Al passo con i tempi le applicazioni e gli studi. EDAV 2016 Chiuso in redazione: 10 dicembre 2015 Campagna Abbonamenti Mensile – Anno XLIII, n° 435, dicembre 2015 – Direttore Responsabile: Andrea Fagioli – Impostazione grafica: Ennio Fiaschi – Autorizzazione Trib. di Roma n. 13007 del 3/10/1969 con allegato n. 14632 del 14/7/1972 – Proprietario ed editore CiSCS, Roma (RNS n. 783, vol.8 foglio 657, del 24.02.1983 e ROC n. 5809 del 10.12.2001) – La collaborazione, sotto qualsiasi forma, è gratuita – Direzione: Via Giolitti 208, 00185 Roma (Italia), Tel. e Fax 06/7027212 – Redazione e Amministrazione: Via XX Settembre 78, 19121 La Spezia (Italia), Tel e Fax 0187/778147 – c.c.p. 33633009 – Sped. in abb. post. art. 2, comma 20/c, legge 662/96, La Spezia – Finito di stampare nel mese di dicembre 2015 dalla Tipografia Mori, Aulla (MS). E-mail: [email protected] Internet: www.edav.it «Dio dopo internet»: www.diodopointernet.it Comitato di Direzione Eugenio Bicocchi, Olinto Brugnoli, Andrea Fagioli, Gabriella Grasselli, Gian Lauro Rossi, Franco Sestini, Luigi Zaffagnini. Foto: dai siti dei distributori Mensile, 10 numeri all’anno • versione cartacea per posta e 70,00 Italia – e 90,00 estero • versione on line per email in pdf – e 35,00 • versione pdf+ cartaceo e 90,00 • sostenitore e 150,00 Abbonamento annuale 2016 Cartaceo: Italia E 70,00; estero E 90,00. Formato pdf: E 35,00. Pdf+ cartaceo: E 90,00. Sostenitore E 150,00; benemerito E 500,00. Edav è gratuito per Soci e Iscritti del CiSCS. Inviare l’abbonamento sul c.c.p. n. 71895007 intestato a Edav – Via Giolitti, 208 – 00185 Roma IBAN IT29Y0760103200000071895007 ASSOCIATO ALL’UNIONE STAMPA PERIODICA L’eco della stampa legge, ritaglia e rilancia edav © Copyright by CiSCS – Roma. Tutti i diritti riservati. 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Chi segue TV, giornali e social è toccato emotivamente dalle recenti vicende, ma impreparato culturalmente e metodologicamente a comprendere la realtà di un quadro mediorientale, dove da millecinquecento anni si radica una concezione del mondo diametralmente opposta a quella occidentale. Ci sono in Italia, grosso modo, tre «scuole di pensiero» che si disputano il consenso (anche politico) di un vastissimo pubblico. La prima tendenza di pensiero è quella di coloro che trovano modo di approfittare del conflitto in atto per spezzare una lancia a favore dell’ateismo e del nichilismo. Sostenendo, infatti, che tutte le credenze religiose monoteistiche sono intrinsecamente portate al fondamentalismo, lasciano intendere che senza religioni si favorirebbe la pace. Infatti, secondo costoro, i popoli o meglio le masse, si combattono per una fede, ignorando i veri interessi economicofinanziari che il potere persegue con la guerra. Il secondo orientamento di pensiero è quello di coloro che, laici o cattolici, non importa, militano nel campo dei teorici dell’universalismo astratto e della utopica convivenza pacifica. Costoro hanno inventato il termine islamista per indicare, non chi studia l’Islam, ma un atteggiamento radicale rispetto a islamico. Vedono il terrorismo come un fenomeno violento che non ha nulla da spartire con la fede religiosa e distinguono, in modo un po’ bizantino, un Islam moderato da un Islam violento di una minoranza salafita. Ovviamente costoro offrono una buona sponda alle dichiarazioni pubbliche di quei musulmani che vivono in Italia e che (in buona o in mala fede) non hanno interesse a essere sospettati come silenziosi fautori della guerra santa (jihad). La terza tendenza di pensiero, seguita in gran parte da cattolici, ma anche da qualche cosiddetto «ateo devoto», intuisce bene che la cultura occidentale include gli aspetti della religione cristiana e la difesa di valori e tradizioni, compresi quelli del patrimonio della sensibilità popolare (il presepe, i crocifissi nelle aule ecc.). Tuttavia non pochi manifestano il timore di esternare attaccamento a certi segni. In parte, perché temono di fornire un alibi a coloro che speculano politicamente sul loro atteggiamento e, in parte, perché il desiderio di andare 3 435 dicembre 2015 dove ci si accontenta delle molte fedi sotto lo stesso cielo. Ma soprattutto il Vangelo (se ben ricordiamo Marco 6,7-13 sgg.) non autorizza una ricerca di dialogo con chi non vuole ascoltare. E chi da sempre ha avuto come primo obiettivo la sottomissione delle altre comunità per creare una dar-al-Islam universale (terra pacificata dalla religione di Allah) e ha sempre piú portato via agli «infedeli» il loro spazio, sul quale combattere come in una dar-al-Harb (terra della guerra), non dialoga certo con intendimento di pace. Nel momento in cui una storia bimillenaria sta per essere definitivamente compromessa, la terza guerra mondiale a pezzi (come l’ha chiamata Papa Francesco), in casa nostra è qualcosa di piú che la paura del terrorismo. Il rischio di sconfitta, propiziato dai media, è rappresentato da un cedimento strutturale del rigoroso metodo ragionativo della scienza e della filosofia dell’Occidente. L’arroganza di un fraintendimento tecnico (v. l’eugenetica, e la sperimentazione sugli embrioni) e la deriva relativistica, cosí ben delineata da Benedetto XVI, dicono fin troppo bene la difficoltà di affrontare un sistema di pensiero tetragono come quello islamico, che fa tutt’uno della Legge islamica1 e della vita civile. d’accordo con tutti fa mettere il silenziatore anche a innocenti canzoncine natalizie o fa «fare passi indietro» nella difesa della propria identità culturale. Tirando le somme di queste posizioni, si può affermare che la stragrande maggioranza degli italiani, consapevolmente o inconsapevolmente, porta acqua al mulino della secolarizzazione e si attira, non il rispetto, ma il disprezzo da parte dell’Islam, che, quanto a difesa della propria fede, è strenuo combattente fin dai tempi del Profeta. Quale strumento per vederci chiaro? Che cosa dunque può aiutare a capire una situazione intricata, senza uniformarsi alle correnti di pensiero dominante? Ancora una volta distacchiamoci dalla mentalità di massa creata dai media con una buona lettura strutturale. Poiché non siamo fortunatamente presenti ai tragici eventi che accadono, ma li apprendiamo dai media, dobbiamo imparare a leggere tra le righe dei resoconti su immigrazione, Islam, terrorismo e conflitti mediorientali. I grandi eventi vanno visti per quello che proiettano o proietteranno sulla nostra realtà quotidiana. Ed è buona norma chiedersi sempre, nella nostra esperienza, cosa sta accadendo, come accade e perché accade, a fronte di cosa i media ci presentano, di come ce lo presentano e del perché ce lo presentano in quel modo. Purtroppo non tutti sono dotati di uno spirito di ricerca autonoma, cosicché emergono una cultura e un pensiero deboli, che si soffermano su aspetti parziali e momentanei dei fenomeni, senza notare cause e prevedere i mutamenti di vita che ci coinvolgeranno. Una forte coscienza identitaria della nazione andrebbe riscoperta come primo strumento capace di opporsi allo snaturamento della propria cultura. Invece troppi, ormai, si ritengono appagati da un superficiale ed emozionale atteggiamento. Richiamandosi ai principi astratti della pace e della fratellanza universale, dimenticano che proprio proclamando questi ideali sono stati costruiti i regimi che piú hanno contribuito alla privazione della libertà dei popoli. Lo spirito del Vangelo, al contrario, quando parla di pace e di fraternità (Vi dò la MIA pace) non intende certo lo sventolio di bandiere arcobaleno, dove le ideologie vanno a braccetto con le religioni o Un’ottica diversa. La prospettiva, allora, con cui vogliamo guardare la situazione non è quella dello scontro di religioni, né quella della rinuncia a far sentire la propria voce nei confronti di una progressiva diffusione dell’Islam in Europa. Desideriamo, invece, mettere bene in evidenza che sono proprio i fondamenti della corretta separazione dei ruoli tra Stato e Chiesa a marcare profonde differenze culturali con il punto di vista islamico. Inizieremo pertanto ad adottare un’ottica «laica» per dimostrare che essa, se ben interpretata, può rafforzare la prospettiva religiosa, senza far incorrere La Legge Islamica o Sharjah in senso pragmatico è un modo di vivere completo che dà le indicazioni giuste (secondo il Corano e la tradizione della Sunna) per il comportamento umano; nessun aspetto della vita umana è fuori del suo dominio. Quindi il Corano piú la tradizione sono la base della giurisprudenza islamica che rappresenta il corrispettivo del nostro diritto positivo. 1 4 435 dicembre 2015 Partiamo dall’inizio. Sarebbero tanti gli aspetti fraintesi (compreso quello storico) sui quali bisognerebbe soffermarsi per non imboccare scorciatoie semplicistiche nel dare giudizi, ma per ora ci limitiamo a fissare i primi caratteri distintivi dei due mondi (occidentale e islamico) secondo la normativa giuridica e le dichiarazioni di principio, circa i diritti umani. Un argomento che piú laico non si può. Il 10 dicembre 1948 la neonata (dopo la Società delle Nazioni) ONU vota e proclama i trenta articoli della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo come ideale comune da raggiungersi da tutti i popoli e da tutte le Nazioni e per il quale esercitare un controllo sull’operato dei singoli stati. È questo il risultato di uno sforzo teoretico e normativo compiuto al fine di arrivare a un insieme di principi inviolabili ai quali è conferito il carattere dell’universalità. Di fronte al testo della dichiarazione l’Arabia Saudita, capofila degli Stati islamici, rifiuta di firmarlo con la seguente motivazione: «Il nostro rifiuto significa la volontà irremovibile di proteggere, garantire e salvaguardare la dignità dell’uomo [...] in virtú del dogma islamico rivelato da Allah e non in virtú di legislazioni ispirate da considerazioni materialiste e perciò soggette a continui cambiamenti.» Appare subito evidente che la prospettiva internazionalistica, propria dell’ONU, rappresenta un modello di teoria cui si oppone la regionalizzazione dei diritti umani voluta dagli stati arabo-musulmani, certo non per motivi di laicità dello stato. Bisogna arrivare al 19 dicembre 1981 perché si abbia una Dichiarazione islamica universale dei diritti dell’uomo, emanata dal Consiglio Islamico d’Europa. Questo, invece di accettare la dichiarazione ONU del 1948, rivendica ed afferma a livello internazionale la propria specifica identità culturale. Si tratta di una teorizzazione che risulta essere patrimonio esclusivo dei paesi islamici, che permette a chi la sottoscrive di rifiutare tout court la partecipazione agli accordi internazionali ogniqualvolta questi siano in conflitto con le norme interne di uno stato islamico. Il 5 agosto 1990 l’Organizzazione della Conferenza Islamica (OCI) formula la Dichiarazione del Cairo dei diritti dell’uomo nell’islam. Questa, che al momento apparve l’elaborazione di una teoria dei nessuno nell’accusa spesso gratuita, ma difficile da scalzare, di fondamentalismo cattolico crociato. Che il terrorismo dello Stato Islamico ci abbia messo in una condizione di legittima paura e di allarme generale è un fatto incontestabile, ma dire che siamo alle viste di un conflitto puramente religioso tra Crociati, e Credenti musulmani, ci sembra riduttivo, pretestuoso ed effetto di un grave strabismo nella osservazione della realtà. Riduttivo, perché questa visione non tiene conto degli aspetti geopolitico, economico-finanziario e antropologico che stanno dietro al fenomeno del terrorismo islamico. Ma soprattutto perché l’Occidente europeo, a dispetto di come lo vedono i suoi attuali nemici, è tutt’altro che una terra di crociati. Basterebbe ricordare in proposito il rifiuto delle radici cristiane nella costituzione europea e le legislazioni sistematicamente contrarie ai valori cristiani non negoziabili. Pretestuoso, perché l’argomento, come sopra si è detto, viene sfruttato strumentalmente in chiave mediatica e politica per tenere quotidianamente viva nella opinione pubblica la contrapposizione tra «partigiani progressisti» e «moderati conservatori». Questa, che, nella cultura e informazione italiane, è da sempre una vera guerra fratricida, contribuisce a indebolire la tenuta della società e fa cadere nella trappola dell’autodistruzione tutti coloro (e sono tanti) che, in nome del multiculturalismo, pensano di risolvere la situazione solo con l’accoglienza e i buoni sentimenti. E qui spazziamo subito via uno dei luoghi comuni piú perniciosi, che fa parte del bagaglio culturale dei pensatori deboli. Quando si dice che le società, e soprattutto quella italiana, sono un crogiolo di razze e di altre consuetudini, si dimentica che, a partire dalle prime invasioni barbariche, il cemento unificante di etnie diverse sono stati proprio due fattori forti, quali il diritto romano e la conversione al cristianesimo, accettati e condivisi dai nuovi venuti. Oggi, al contrario, non c’è alcuna condivisione di regole e di valori, ma ancora e solo un vantaggioso godimento di diritti conquistati in lunghi anni di impegno civile dai cittadini italiani, cui non corrisponde, però, una diffusa intenzione di integrarsi con regole, doveri e cultura da parte di non pochi di quegli ospiti, paghi come sono della loro comunità etnica e dei servizi messi a disposizione. 5 435 dicembre 2015 diritti umani in un’ottica tipicamente islamica, specifica come la Legge islamica (Sharjah) abbia vigore nel definire i rapporti tra uomo e Dio, tra esseri umani e, infine, nel regolare i rapporti tra uomo e donna. Nel 1994 viene promulgata la Carta araba dei diritti dell’uomo da parte della Lega degli Stati arabi composta da 22 stati membri a religione islamica. Questa carta, emendata nel 2004, apparentemente è la piú politica e la piú «laica» dei documenti sui diritti umani. Tuttavia non solo formula il diritto alla libertà di religione in modo da non contemplare l’ipotesi di una conversione ad un credo diverso dall’Islam, ma specifica anche che la parità tra uomini e donne vale sí «quanto a dignità umana, diritti e doveri, [ma] in un quadro di discriminazioni positive previste in favore delle donne dalla Sharjah islamica». Dunque si tratta di una limitazione discriminante abilmente nascosta dietro il termine «positive». Ugualmente il diritto a fondare una famiglia non poligamica con pari diritti tra i coniugi non ottiene specifica menzione. La cura educativa dei figli spetta al padre, quella della crescita fisica alla madre. In ogni caso di conflitto tra quanto affermato a livello inter-arabo e quanto stabilito dal legislatore interno di ogni stato prevale la conformità ai principi della Sharjah. Ci si può chiedere: come mai tante dichiarazioni, mentre quella delle Nazioni Unite è stata sempre tale? La risposta è presto data. Quelle islamiche, lungi dal rappresentare un tentativo di allineamento con i principi elaborati in ambito universale, sempre rivendicano ed affermano, davanti al mondo, la propria specifica identità culturale, senza possibilità di controllo sull’operato dei singoli stati. Come esempi di questa filosofia islamica non citiamo il Corano, ma solo un paio di articoli della Dichiarazione del 1981, che rappresenta il riferimento per tutte le altre, riservandoci in futuro di continuare il confronto storico-giuridico tra Islam e Occidente sempre secondo l’ottica laica dei diritti umani. Su queste poche righe invitiamo a riflettere. Art.1 «….il carattere sacro della vita umana può essere cancellato solo in nome della Legge islamica (sharjha)». Art.12 «Ogni persona ha diritto di pensare e di credere, e dunque di esprimere quanto pensa e crede, senza che alcuno venga ad interferire oppure a porre ostacoli, finchè tale diritto rispetti i limiti generali che la Legge islamica ha predisposto in materia. Nessun individuo è autorizzato a diffondere l’errore né a propagare quanto sarebbe di incoraggiamento al vizio o di avvilimento per la Comunità islamica (…)». Un insegnamento, allora, dobbiamo trarre da tutto questo. Quando ci occupiamo di eventi che richiedono una vista chiara su ciò che siamo e su ciò che altre culture rappresentano in fatto di valori e conquiste civili, guardiamo dritto in faccia la realtà (cioè documentiamoci bene noi) e non fidiamoci dello sguardo strabico dei media. CiSCS QUOTE SOCIALI 2016 Socio ordinario e 150,00 – Iscritto e 100,00 Edav in OMAGGIO con invio in pdf L’art. 5 §2 dello Statuto «Ferma la possibilità di effettuare in piena libertà un «adeguata elargizione» Per i versamenti: CiSCS, Via Giolitti 208, 00185 Roma c/c postale n. 33633009 IBAN IT25C0760103200000033633009 6 435 dicembre 2015 E R U T T I LE D LM FI CHIAMATEMI FRANCESCO di Daniele Luchetti Il film narra alcuni episodi della vita di Jorge Mario Bergoglio, gesuita argentino, nato a Buenos Aires nel 1936, figlio di una famiglia di immigrati italiani, divenuto Papa con il nome di Francesco. Il racconto avviene attraverso un lungo flashback. Il film, infatti, inizia con l’arrivo a Roma nel marzo del 2013 dell’arcivescovo di Buenos Aires convocato per il Conclave che dovrà eleggere il successore di Benedetto XVI dopo la rinuncia al pontificato. Il cardinale Bergoglio viene presentato attraverso una serie di gesti semplici come stendere i panni sulla terrazza che si affaccia su San Pietro. Ed è qui, al tramonto, che si domanda (attraverso la voce fuori campo) cosa ci stia a fare a Roma. E perché, alla vigilia di un appuntamento cosí importante come il Conclave, non abbia in testa pensieri elevati ma solo una vecchia musica sulle cui note parte il flashback. I ricordi di Bergoglio, ovvero i fatti mediati dalla memoria, si materializzano per lo spettatore a partire da quando il giovane Jorge Mario era un ragazzo come gli altri, con tanto di fidanzata, ma ancora incerto sulla strada da prendere. Tutto cambia quando la vocazione lo por- regia: Daniele Luchetti – fotogr.: Claudio Collepiccolo, Ivan Casalgrandi – sogg.: Daniele Luchetti, Martín Salinas, Pietro Valsecchi – scenegg.: Daniele Luchetti, Martín Salinas, Piero Balzoni - (collaborazione), Luisa Cotta Ramosino - (collaborazione), Paolo Marchesini - (collaborazione) – mus.: Arturo Cardelús – mont.: Mirco Garrone, Francesco Garrone – scenogr.: Mercedes Alfonsín, Luana Raso – cost.: Marina Roberti – suono: Ignacio Ángel Goyén Stryjeck (presa diretta) – interpr. princ.: Rodrigo De La Serna (Jorge Bergoglio 19612005), Sergio Hernández (Jorge Bergoglio 2005-2013), Muriel Santa Ana (Alicia Oliveira), José Ángel Egido (Velez), Àlex Brendemühl (Franz Jalics), Mercedes Morán (Esther Ballestrino), Pompeyo Audivert (Monsignor Angelelli), Paula Baldini (Gabriela), Claudio De Davide (Cardinale Tarcisio Bertone), Andrès Gil (Padre Pedro), Alfredo Castro – colore – durata: 98’ – produz.: Taodue Film, con Mediaset Premium – origine: ITALIA, 2015 – distrib.: Medusa (3.12.2015). 7 terà a entrare, poco piú che ventenne, nella Compagnia di Gesú con il proposito di andare missionario in Giappone. Non sarà accontentato, proverà il dovere dell’obbedienza e la rigidità dei Gesuiti, ma ben presto, nonostante la giovane età, sarà nominato Padre Provinciale. Sono gli anni della terribile dittatura militare di Rafael Videla, il generale salito al potere nel 1976 con un colpo di stato ai danni di Isabelita Perón e deposto a sua volta nel 1981. L’incarico di responsabilità, in un momento cosí difficile, metterà alla prova, nel modo piú drammatico, la fede e il coraggio di padre Bergoglio, che nonostante i rischi si impegnerà in prima persona nella difesa dei perseguitati dal regime, pur pagando un prezzo umanamente altissimo vedendo morire o «scomparire» alcuni tra i suoi piú amati confratelli e amici. Da questa esperienza uscirà cambiato e pronto a vivere il suo impegno futuro nella costante difesa degli ultimi e degli emarginati. Un altro ritorno al presente cinematografico e ai pensieri dell’anziano cardinale Bergoglio sulla terrazza romana, permette di passare dalla drammatica esperienza dei desaparecidos e del terrorismo di stato agli anni Novanta e al nuovo impegno di 435 dicembre 2015 padre Jorge Mario sacerdote di strada, tra galline e maiali, fino alla chiamata del cardinale Antonio Quarracino, arcivescovo di Buenos Aires e Primate d’Argentina, che gli chiede di diventare vescovo ausiliare e di occuparsi dei «curas villeros», ovvero dei preti che vivono nelle «villas miserias», le baraccopoli di Buenos Aires. Sarà proprio per salvare uno di questi miseri insediamenti dalle ruspe del Comune che il neovescovo ausiliare riuscirà ad ottenere l’impegno diretto dell’arcivescovo titolare ed evitare l’abbattimento. Sul trionfo di Bergoglio, osannato dai poveri abitanti delle baracche, si chiude anche questa parte del film e si apre quella breve con il cardinale di Buenos Aires in partenza per il Conclave. L’ultima parte, prima di alcune immagini di repertorio e dei titoli di coda che hanno una loro particolarità, è dedicata all’elezione di Bergoglio all’interno della Cappella Sistina. Qui l’arcivescovo argentino segue con preoccupazione lo spoglio delle schede che riportano il suo cognome fino a che i cardinali, certi che il quorum sia stato raggiunto, si sciolgono in un lungo applauso. Bergoglio sembra incredulo, quasi assen- te, ma poi si lascia andare sullo schienale della sedia e inizia a ridere rilassato. A questo punto tono anche i titoli di coda dietro ai quali scorrono delle immagini del film non viste prima con Bergoglio da giovane e da anziano in giro per le sue periferie. CHIAMATEMI FRANCESCO è dunque il racconto di alcune parti del percorso che ha portato Jorge Mario Bergoglio al Soglio pontificio. Un viaggio umano e spirituale durato piú di mezzo secolo, sullo sfondo di un Paese latinoamericano che ha vissuto momenti storici controversi. Ed é proprio concentrandosi sulla situazione dell’Argentina che il regista Daniele Luchetti trova gli aspetti piú narrabili, dal punto di vista cinematografico, di una figura cosí complessa, importante e amata come quella dell’attuale Pontefice, senza cadere nell’agiografia. Questo fa sí che Bergoglio possa apparire piú uomo d’azione che di spiritualità, ma per un film l’azione è determinante. Cosí come la drammatizzazione, persino la crudezza di alcune scene (l’assassinio del vescovo Angelelli o le donne gettate dall’aereo o le torture). partono le immagini di repertorio con l’«Habemus Papam» e l’ormai famosissimo «Buonasera» rivolto alla folla di fedeli in Piazza San Pietro. Dopo di che par- 8 Condivisibile pertanto quello che il regista stesso ha dichiarato in un’intervista al «Sir», l’agenzia di stampa della Cei: «Io ho descritto la parte visibile di Bergoglio, che un po’ tutti mi hanno raccontato: era un gesuita dinamico, che passava all’azione anche con una certa capacità di scegliere la cosa giusta. C’è una dimensione spirituale molto forte, alla quale non mi sono accostato anche per rispetto. Io non sono credente: 435 dicembre 2015 preferisco credere nelle cose che vedo. Ho scelto di rimanere sul Bergoglio piú “politico” perché sicuramente era quello piú visibile. Orson Welles diceva che non si possono filmare le persone che fanno l’amore e le persone che pregano. E se non ci riusciva un maestro come lui…». Ma qui Luchetti pecca addirittura di modestia perché con pochi accorgimenti riesce, sia pure da non credente dichiarato, a ricreare momenti di forte spiritualità come quando il giovane Jorge Mario, all’inizio del film, si reca a pregare in chiesa per capire quale sia la sua strada. E qui, senza farsi distrarre dalla banale azione del prete che cambia le lampadine, avverte la chiamata di Dio. Il Bergoglio «sociale» comunque prevale, ma senza forzature. Tenendo conto che anche la Chiesa, soprattutto negli anni della dittatura argentina, fu tentata dall’opzione rivoluzionaria, il Bergoglio di Luchetti sposa la causa dei perseguitati dal regime, dei poveri e degli emarginati, ma sempre nell’ortodossia dottrinale. Non incita mai nessuno contro qualcun altro. Invita tutti alla prudenza, intesa come virtú cristiana. È aperto, questo sí. Ma solo quando vede la sofferenza o la buona fede delle persone, come quando battezza il figlio della donna magistrato che nessuno voleva battezzare perché lei non era sposata ed aveva addirittura altri due figli. Intensa e veritiera appare a questo proposito la descrizione del suo rapporto sensi- bile e familiare con le figure femminili che hanno segnato quegli anni, in particolare Esther, ex insegnante che finisce vittima del regime, e la madre magistrato, appunto, che perde il posto per non piegarsi alle direttive dei militari. di coda. In particolare evidenza anche lo stile semplice e austero di Bergoglio, appassionato di ballo e di calcio, che va in giro senza fronzoli e che da cardinale, interpretato dall’attore cileno Sergio Hernández, si lava e si stende i panni come faceva da giovane prete, ben interpretato in questo caso dall’attore argentino Rodrigo della Serna, che curiosamente aveva impersonato anche il giovane Che Guevara ne I DIARI DELLA MOTOCICLETTA. In estrema sintesi, il film, raccontando la storia di Bergoglio attraverso alcuni frammenti della vita, cerca di dimostrare come questi, insieme a una robusta formazione, siano fondamentali nel determinare gli elementi della personalità, i quali, a loro volta, vengono tratteggiati con lo stesso criterio del frammento, ovvero con una sorta di pennellate. Fatto sta che il Bergoglio Papa non è molto diverso dal Bergoglio giovane gesuita, a testimonianza di quanto appunto siano fondamentali le proprie forti convinzioni e le proprie forti esperienze di vita. Concetto che può anche essere universalizzato in una sorta di idea centrale. Il film dà anche concretezza visiva a uno dei concetti cari a Papa Francesco, quello delle periferie esistenziali, mettendo in scena una serie di situazioni che bene le fanno capire, come le ricordate immagini nei titoli 9 Se il film ha un limite, può essere nei salti temporali, forse un po’ bruschi, ma in questo senso sarà interessante vedere la versione piú lunga concepita per la tv e che sarà trasmessa tra poco piú di un anno da Canale 5 in quattro puntate da 50 minuti. (Andrea Fagioli) 435 dicembre 2015 LA LEGGE DEL MERCATO (tit. orig.: La loi du marché) di Sthéphane Brizé comportamento dei clienti e dello stesso personale addetto alle casse. Ma ben presto si rende conto che molto spesso chi ruba o si comporta in modo non corretto non lo fa in mala fede ma per sbarcare il lunario e per poter sopravvivere. Ciononostante si adegua ed esegue il suo lavoro diligentemente, anche se con una certa riluttanza. Ma quando una dipendente, che era stata licenziata per aver trattenuto dei buoni sconto, si suicida, Thierry si rende conto della disumanità di quelle leggi del mercato e, con grande determinazione, decide di rompere con quel sistema, rivendicando la propria dignità di uomo buono e libero. regia: Sthéphane Brizé – scenegg.: Stéphane Brizé, Olivier Gorce – fotogr.: Éric Dumont – mont.: Anne Klotz – scenogr.: Valérie Saradjian – cost.: Anne Dunsford, Diane Dussaud – interpr. princ.: Vincent Lindon (Thierry Taugourdeau), Yves Ory (Consigliere Pôle Emploi), Karine de Mirbeck (Moglie di Thierry), Matthieu Schaller (Figlio di Thierry), Xavier Mathieu (Sindacalista), Noël Mairot (Maestro di danza), Catherine Saint-Bonnet (Bancaria), Tevi Lawson (Formatore Pôle Emploi), Françoise Anselmi – colore – durata: 92’ – produz.: Nord-Ouest Films, Arte France Cinéma – origine: FRANCIA, 2014 – distrib.: Academy Two (29.10.2015). Il regista. Nato a Rennes il 18 ottobre 1966, frequenta la University Institutes of Technology e si trasferisce a Parigi. Nel capoluogo francese inizia la carriera artistica tra teatro e televisione, prima di passare alla direzione di cortometraggi e lungometraggi. La sue opere hanno già attraversato diversi tra i piú prestigiosi festival del cinema: LE BLEU DES VILLES partecipò nel 1999 alla Quinzaine des Réalisateurs a Cannes, JE NE SUIS PAS LÀ POUR ÊTRE AIMÉ a San Sebastian, QUELQUE HEURES DE PRINTEMPS a Locarno, oltre a correre per quattro César, premio vinto nel 2010 per la sceneggiatura di MADEMOISELLE CHAMBON. La vicenda. Thierry Taugourdeau ha cinquant’anni ed è disoccupato. Dopo venti mesi senza lavoro e dopo aver tentato in tutti i modi di procurarselo, finalmente riesce ad ottenere un posto come guardia di sicurezza in un supermercato. Il suo compito è quello di sorvegliare, anche con l’aiuto di telecamere, il 68° Festival di Cannes 2015 •Migliore interpretazione maschile a Vincent Lindon • Menzione speciale della Giuria Ecumenica 10 Il racconto. La struttura è lineare e pone subito in primo piano la figura del protagonista. L’introduzione ce lo presenta mentre sta protestando per il sistema che viene adottato dall’ufficio di collocamento. Siamo in medias res e Thierry, disoccupato, si lamenta perché, dopo aver frequentato un corso di formazione, non è riuscito a trovare nessun lavoro. Ha contattato tutte le imprese della zona, è da quattro mesi che invia i curricoli, ma senza nessun risultato: «Alla fine dello stage il lavoro non è sicuro. Avvertite la gente, siate chiari. Non mandate la gente a fare lo stage se sapete in anticipo che non porta a niente. La gente va trattata bene». Thierry è preoccupato: fra nove mesi la sua disoccupazione sarà di 500 euro al mese. Come farà a campare con tale somma? 435 dicembre 2015 Come riuscirà a pagare le bollette e tutte le spese? L’impiegato si giustifica: «Sono i datori di lavoro che assumono, non noi. Noi cerchiamo di indirizzare». Poi gli consiglia di frequentare un corso per lo stoccaggio con il muletto e di ricominciare tutto daccapo. L’immagine si sofferma sul volto di Therry sconsolato. Poi appare il titolo del film con le parole in bianco, mentre la parola “legge” è scritta in rosso. Prima di analizzare le varie parti del film, che porteranno alla decisione finale di Thierry, vale la pena di andare alla ricerca di tutti quei nuclei narrativi che servono a connotare la figura del protagonista, uomo buono, disponibile, ricco di valori. Fin dall’inizio ci viene presentato nel contesto familiare mentre cena con la moglie e il figlio disabile, Matthieu. L’atmosfera è serena. La macchina inquadra i personaggi stando loro addosso, con un taglio dell’inquadratura che sa molto di documentario, senza preoccuparsi troppo dei canoni tradizionali. I genitori dimostrano rispetto e attenzione nei confronti del figlio che si diverte a porre loro dei quesiti imparati a scuola. Piú avanti vediamo Thierry collaborare nello svolgimento dei lavori domestici: pulisce la cucina, prepara da mangiare, ecc. La scena delle lezioni di ballo sottolinea la perfetta intesa e l’amore che regna tra i due coniugi e, a casa, il ballo diventa poi un’occasione per coinvolgere anche Matthieu. In altri momenti vediamo Thierry che fa amorevolmente il bagno al figlio, che lo aiuta a vestirsi. Poi vediamo la famiglia riunita mentre mangia. Nel colloquio con la consulente finanziaria della banca, Thierry esprime la sua preoccupazione per il mantenimento agli studi del figlio: l’istituto si fa carico completamente per quanto riguarda l’alloggio, ma Matthieu ha bisogno di un insegnante di sostegno; c’è una spesa supplementare di 300 euro da sostenere: «Vogliamo che continui gli studi, perché lui si impegna». E di fronte alla consulente che domanda: «È la vostra priorità?», Thierry risponde: «Certo che è la nostra priorità». Infine, nel colloquio a scuola, i genitori sostengono il figlio, che viene ripreso per avere un po’ ridotto l’impegno scolastico e di conseguenza i risultati, e lo incoraggiano a perseguire il suo progetto di iscriversi alla facoltà di Ingegneria biologica al Politecnico. Prima parte: la ricerca del lavoro. Seguiamo ora il protagonista nel suo cammino nel mondo del lavoro, senza dimenticare che razza di uomo è. In una riunione tra colleghi di lavoro, tutti licenziati per la chiusura della ditta nella quale lavoravano, alcuni operai intendono fare causa ai proprietari: «L’azienda era piú che sana. Alla riunione del Comitato hanno presentato i rapporti dei revisori dei conti che sono molto chiari: non c’erano motivi economici, l’azienda era attiva». Un operaio, particolarmente arrabbiato, dice che vuole fargliela pagare e 11 farli mandare tutti in galera. Ma Thierry non ci sta: «Io non ne posso piú. Cominciare una causa è come rivivere tutto. Io penso che per la mia salute mentale sia meglio darci un taglio, passare ad altro». Thierry dimostra di non provare rancore e di non cercare la vendetta. In un colloquio via Skype Thierry risponde alle domande che gli vengono rivolte in vista di un’eventuale assunzione. Le immagini sottolineano l’impersonalità di tale colloquio: non si vede mai il volto dell’interlocutore, ma solo quello del protagonista che sembra parlare con una macchina. Le domande sono prevedibili: «Sarebbe disposto ad accettare un incarico al di sotto di quello che aveva nella precedente azienda? È disponibile da subito? È flessibile riguardo l’orario di lavoro?». Thierry dimostra la massima disponibilità; è pronto ad accettare qualsiasi condizione. Ciononostante alla fine gli viene detto che il suo curricolo non è redatto nella forma migliore, che riceverà una risposta al massimo entro due settimane, e che «ci sono pochissime possibilità che venga preso». Piú tardi, a casa, Thierry viene ripreso di spalle mentre guarda fuori dalla finestra: si può intuire tutta l’angoscia che quell’uomo sta provando. Nell’incontro con la consulente della banca, oltre al discorso relativo agli studi di Matthieu, viene affrontato il problema della liquidità. Naturalmente secondo una logica bancaria che non fa altro che creare nuovi problemi al protagonista. Gli viene prospettata la vendita dell’appartamento «per estinguere la parte di mutuo che le resta ancora da pagare e trovarsi una sommetta». Ma 435 dicembre 2015 Thierry fa presente che mancano solo cinque anni alla scadenza del mutuo e che vendere ora è come avere faticato invano. Inoltre, alla sua età, non è disponibile ad andare in affitto: «È l’unica cosa che ci appartiene». Altra “proposta”: «Cosa succede se lei se ne va? Ha preso provvedimenti, ha pensato a qualcosa, qualche forma di previdenza, un’assicurazione sulla vita? (…) Io penso che sia una soluzione da prendere almeno in considerazione. Le permetterebbe di affrontare il futuro con piú serenità». Thierry non risponde di fronte a quelle proposte che lo lasciano quasi allibito e che certamente non rispondono alle sue esigenze e ai suoi problemi. Thierry e la moglie pensano di vendere la loro casa mobile che si trova in un campeggio vicino al mare. L’incontro con i potenziali acquirenti è inizialmente buono: si erano già sentiti per telefono e avevano concordato il prezzo. Ma dopo aver visitato la casa, la coppia interessata offre mille euro in meno. Ne nasce una lunga discussione al termine della quale Thierry ha uno scatto d’orgoglio: «Non sono all’elemosina. Sa che le dico? Lasciamo perdere. Non se ne fa niente. La cosa finisce qui, non voglio piú vendere. Basta». In un incontro con aspiranti lavoratori si prendono in considerazione le regole che devono essere osservate per fare bella figura e per «aprire la porta al datore di lavoro». Innanzitutto la postura da adottare («la postura contribuisce per il 55% all’immagine che diamo di noi»). Poi il modo di fare («l’atteggiamento è un aspetto da curare molto in un colloquio. È importante mostrarsi gentili»). Poi lo sguardo, che deve essere “aperto”; il tono della voce e il ritmo della parola che devono essere “convincenti”, ecc. In altre parole, quello che conta è l’apparenza e non la sostanza delle cose. Seconda parte: il lavoro. Con un’ellissi temporale troviamo il protagonista che fa il guardiano in un supermercato. È vestito bene, con tanto di giacca e cravatta, anche se ha l’aria un po’ smarrita. Il suo compito è quello di segnalare eventuali furti da parte dei clienti. Il primo caso che gli capita è quello di un giovane che ha rubato un carica batterie. Il giovane viene portato in una stanza e interrogato da una donna, mentre Thierry assiste. Da notare che l’immagine inquadra sempre il volto dell’accusato, mentre la donna che interroga e Thierry son ripresi di spalle o di profilo (questo avverrà anche negli altri casi, segno che all’autore interessa mettere in rilievo chi compie il furto e la sua varia umanità; mentre chi interroga è visto come qualcosa di impersonale, quasi di meccanico nella ripetitività delle domande e dei comportamenti). Il giovane prima nega il furto, poi lo ammette cercando di giustificarsi dicendo che gli è stato ordinato da un tizio che altrimenti l’avrebbe riempito di botte. La cosa è poco credibile e la donna pretende il pagamento dell’articolo per chiudere la faccenda e non dover chiamare la polizia. Thierry, a differenza della donna, è molto pacato e cerca 12 di mediare. Poi assiste e ascolta quanto viene detto: è il suo primo caso e lui esegue con diligenza, ma si capisce chiaramente che è molto imbarazzato. Thierry viene istruito sull’uso delle telecamere. L’istruttore gli spiega i trucchi del mestiere: bisogna stare molto attenti, perché «il ladro non ha età, non ha colore; tutti sono potenziali ladri». Ci sono circa ottanta telecamere da controllare; bisogna abituarsi; si può fare zapping da una telecamera all’altra oppure si può usare quella scorrevole che permette di controllare tutti i reparti. Poi è necessario zoomare sulle casse «per controllare bene che scannerizzino tutti gli articoli, che non lascino passare un carrello con dentro le cose». Ma soprattutto una raccomandazione: «Il direttore sta cercando di aumentare il fatturato. E poi, visto che non sono stati in molti a scegliere il prepensionamento, cerca di far fuori il personale. Perciò se c’è qualche problema non ci pensare due volte. Avverti l’agente alle casse per convalidare il fermo». Thierry ha cosí modo di conoscere da vicino la legge del mercato. Thierry gira per i reparti (da notare che l’immagine è sempre su di lui, perfettamente a fuoco, mentre lo sfondo del magazzino è quasi sempre sfocato). Un anziano signore viene sorpreso a rubare della carne e questa volta tocca a Thierry interrogarlo. Lo fa con molto rispetto e resta imbarazzato di fronte a quell’anziano che evidentemente ha rubato per necessità. Cerca con le buone di risolvere il caso: gli propone di andare a casa a prendere i soldi; gli domanda se ha dei parenti o degli amici che possano pagare per lui. Il vecchio si giustifica: «È la prima volta che 435 dicembre 2015 mi capita; non sono in mala fede, se potessi pagare, pagherei». A questo punto Thierry non può che eseguire gli ordini e manda a chiamare la polizia. Ma con grande riluttanza. Finalmente Thierry, che ora ha un contratto di lavoro, può ottenere un prestito di 2.000 euro dalla banca per comprarsi un’auto usata, visto che era rimasto a piedi. Ora è la volta di una dipendente, la signora Anselmi, ad essere sotto inchiesta. È accusata di aver trattenuto dei buoni sconto. Dapprima la donna nega, ma poi confessa. Questa volta è il capo del personale che interviene con durezza e di fronte alla donna che chiede timidamente se sia possibile trovare un aggiustamento, risponde: «Francamente non vedo come. Cosa penseranno gli altri? Penseranno che uno può appropriarsi dei buoni sconto e conservare tranquillamente il suo posto». Poi la umilia: «Io non ho fiducia in lei. Ce l’avevo, ma ora non piú». Thierry assiste silenzioso e perplesso. La donna viene cosí licenziata. Siamo sotto Natale. Viene convocata una riunione straordinaria dei dipendenti. Il capo del personale dice che è successo un fatto eccezionale, per cui ha invitato il direttore delle Risorse umane a spiegare l’accaduto. Si viene a sapere che la signora Anselmi «si è tolta la vita qui, proprio sul suo posto di lavoro». Ma quello che interessa veramente al direttore è che «nessuno qui dentro deve sentirsi in colpa per il suo gesto». Con grande ipocrisia il direttore vuole convincere i dipendenti che quel gesto, anche se compiuto sul posto di lavoro dopo il licenziamento, può essere dipeso da altri fattori legati alla vita familiare o sociale della donna. Poi, vigliaccamen- te, insinua: «Abbiamo appena saputo che la signora Anselmi aveva un figlio che si drogava. È una cosa molto pesante. Aveva in particolare grossi problemi finanziari, perché era lei a mantenerlo. Dunque, come vedete, ci sono molte cose che possono spiegare quel gesto». Al funerale della donna partecipa anche Thierry, che viene inquadrato a lungo, serio e pensoso. Nella sequenza successiva l’immagine mette in evidenza i prodotti che vengono freneticamente scannerizzati alle casse, con abbondanza di dettagli (simbolo di un sistema arido, meccanico, quasi disumano), mentre Thierry cammina pensieroso tra i reparti, con lo sfondo sfocato e la sua immagine che diventa sempre piú scura. Poi vediamo che si gira, con aria seria e smarrita. Un’altra dipendente (questa volta di colore) viene inquisita. Sono presente Thierry e la donna dell’inizio che formula l’accusa: «Ti ho visto passare la tua carta fedeltà alla cassa ogni volta che i clienti ne erano sprovvisti. Cosí sulla tua carta hai recuperato i loro punti. Ti ho visto io, ti ha visto Thierry attraverso la telecamera, abbiamo tutte le prove». La dipendente è intimidita e cerca compassione. Ma la funzionaria ribatte seccamente: «Te la vedrai con la Direzione». Poi se ne va. Resta con lei solo Thierry. La donna domanda: «Non mi farete mica un rapporto per una carta 13 fedeltà?». Thierry è ripreso in primissimo piano e risponde mestamente: «Non lo so». Poco dopo il protagonista prende una decisione. Lo vediamo ripreso di spalle (con la camera a mano) che si allontana velocemente dal suo posto di lavoro. Attraversa tutto il supermercato (sfocato, come al solito), si toglie quella cravatta e quella giacca che rappresentavano la sua “uniforme” e riprende i suoi abiti normali. Poi esce, sale in macchina e fugge da quella realtà, fino a scomparire uscendo di campo. Per la prima volta in tutto il film s’ode una musica extradiegetica. Una dissolvenza in chiusura precede i titoli di coda. Significazione. Thierry, uomo buono e sensibile, essendo disoccupato, accetta di fare il guardiano in un supermercato. Lo fa diligentemente, ma poco alla volta si rende conto che molte persone che rubano lo fanno per necessità, a volte per disperazione. Ma il sistema è senza pietà e non guarda in faccia nessuno. La sua è una presa di coscienza che va in crescendo e che sfocia in un rifiuto della “legge del mercato” in nome della “misura di un uomo” che non vuole rinunciare alla sua umanità (e quindi alla pietà e alla misericordia). Idea centrale. Il film, già dal titolo, si presenta come una denuncia di una realtà disumana: nel sistema capitalistico contemporaneo vige una legge del mercato che, apparentemente normale e scontata, si rivela in realtà crudele e disumana. Per non essere complici di tale legge, che passa sopra le persone, è necessario rompere con il sistema, anche a costo di perdere il lavoro, per conservare la propria dignità e la propria umanità. (Olinto Brugnoli) 435 dicembre 2015 TUTTO PUÒ ACCADERE A BROADWAY (tit. orig.: She’s funny that way) di Peter Bogdanovich regia: Peter Bogdanovich – scenegg.: Peter Bogdanovich, Louise Stratten – fotogr.: Yaron Orbach – mont.: Nick Moore, Pax Wasserman – scenogr.: Jane Musky – cost.: Peggy Schnitzer – mus.: Edward Sheamur – Arredamento: Jonathan Rose – suono: Missy Cohen, Robert Hein – interpr. princ.: Owen Wilson (Arnold - Derek), Imogen Poots (Izzy – Isabella Patterson), Jennifer Aniston (Jane Claremont), Kathryn Hahn (Delta Simmons), Rhys Ifans (Seth Gilbert), Will Forte (Joshua Fleet), George Morfogen (Harold Fleet), Austin Pendleton (giudice), Sydney Lucas (Josie) – colore – durata: 93’ – produz.: Lagniappe Films con Red Granite International, Venture Forth, Three Point Capital, Holly Weirsma Productions – origine: USA, 2014 – distrib.: Rai Cinema – 01 Distribution (29.10.2015). Durante un’intervista televisiva, la giovane Isabella ricorda gli avvenimenti che l’hanno portata a lasciare la professione di escort per diventare un’attrice acclamata. Un giorno, durante la sua carriera da “squillo”, Isabella viene assoldata per passare una notte con Derek, regista teatrale che ha il “vizio” di tradire la moglie con giovani escort alle quali, dopo il sesso, dona un’ingente somma in denaro per cambiare vita. Isabella sfrutta la chance, concentrandosi nel perseguire il suo sogno di attrice e partecipa cosí al provino per uno spettacolo teatrale nel quale, ironia della sorte, deve impersonare il ruolo di una giovane prostituta. Con sua grande sorpresa, la ragazza si presenta al provino per scoprire che il regista dello spettacolo, Arnold Albertson, non è altri che lo stesso Derek, che sta dirigendo la piece insieme alla moglie Delta (anch’ella attrice) e a Seth, attore che è a sua FUORI CONCORSO volta segretamente innamorato di Delta. Superato il grande imbarazzo reciproco, i due decidono di lavorare insieme allo spettacolo, ma la loro collaborazione dà il via a una girandola di relazioni che produce indubbi effetti comici: Isabella è infatti anche seguita da un vecchio “cliente” che ha sviluppato una vera e propria ossessione per la ragazza, tanto da farla pedinare da un investigatore privato, che però è anche il padre di Joshua, giovane sceneggiatore dello spettacolo. A sua volta, Joshua - che sviluppa presto un interesse per Isabella - è però impegnato in una poco fortunata relazione sentimentale con Jane, nevrotica psicoterapeuta, che ha come clienti sia la giovane prostituta che il vecchio avvocato. 14 Dopo una serie d’incontri fortuiti, le cose precipitano quando Delta scopre l’ ”hobby” del marito. Nel frattempo, Isabella comincia a frequentare Joshua, sempre piú insofferente per il comportamento della fidanzata Jane, che però viene anch’essa per caso a sapere dell’interesse del suo fidanzato per la ex escort, e lo molla. Si arriva cosí alla notte prima delle prove generali, dove, ancora una volta per una serie di fortuite quanto incredibili coincidenze, Arnold, Delta, Isabella, Seth e il vecchio avvocato si incrociano in un turbinio di equivoci ed errori. La vicenda si avvia cosí al termine: la piece teatrale si rivela un successo, mentre Arnold si separa dalla moglie e Isabella (diventata attrice cinematografica) rivela di essere adesso felicemente innamorata di un attore di film di Kung Fu. Fin dai titoli di testa (che ricordano nello stile e nella grafica quelli dei film dell’epoca d’oro di Hollywood), il regista, Peter Bogdanovich, esprime l’intento di comporre la piú classica delle commedie, ricorrendo a tutti gli elementi caratteristici di tale genere: equivoci, situazioni inverosimili e gag a ritmi sostenuti. Di fatto il film, messo (ottimamente) sullo schermo da Bogdanovich, non tratta nè propone grossi argomenti tematici, tranne sciorinare una semplice moralina sull’importanza di mantenere uno sguardo positivo sul mondo, senza lasciarsi frenare da rancori o giudizi frettolosi, ma restando aperti alle opportunità offerte dal- 435 dicembre 2015 la vita. La protagonista Isabella fa infatti proprio questo. Personaggio tutto sommato positivo, nonostante qualche ambiguità di fondo, Isabella mostra subito il suo carattere fin dall’inizio, quando, corretta dalla pignola intervistatrice su un aneddoto della storia del cinema (che ne mette in luce tutta l’ignoranza della sua professione), la ragazza risponde pacatamente, facendo notare come la “realtà” dell’evento ne faccia però perdere «tutta la magia». Ingenua e sognatrice, Isabella non critica, nè ha parole aspre per nessuno, cosí la sua ex professione di prostituta viene cambiata in quella di «musa»; l’infedele e immaturo regista Arnold / Derek viene da lei elogiato per aver aiutato molte ex prostitute a cambiare vita; il vecchio avvocato sporcaccione ossessionato «non è cosí cattivo», la nevrotica psicoterapeuta «non è cosí pazza come nei ricordi», etc... L’atteggiamento di Isabella trova in ultimo, a maggiore conferma, la convalida del suo valore tramite lo spezzone di un film di Ernst Lubitsch (Fra le tue braccia, 1946), nel quale il personaggio dichiara in un dialogo: «alcuni vanno al parco e danno le noccioline agli scoiattoli, ma se altri vogliono andare al parco e dare gli scoiattoli alle noccioline, che male c’è se questo li fa felici? E chi sono io per giudicarli?». Poco stupisce quindi che, in una società di nevrotici e insoddisfatti come quella ritratta impietosamente e con molta ironia da Bogdanovich, un personaggio guidato se non da saldi valori, per lo meno da un pacifico atteggiamento di comprensione e bonarietà, come Isabella, riesca a spuntarla, conquistando fama e felicità. Che poi tale felicità e tale fortuna siano basate su fondamenta molto friabili, come pare suggerire a tratti il regista, è un aspetto che non tutti gli spettatori colgono – e ciò dovrebbe far riflettere – ma che non diminuisce la verve comica del film. L’opera, ultima fatica del celebre regista Newyorkese, è quindi insieme una (leggera) commedia ben confezionata e un omaggio alla “Screwball Comedy” degli anni ‘30 e ‘40, che propone qualche valore positivo, pur velato da un pessimismo di fondo riguardo la stabilità e onestà delle relazioni umane, specie quelle sentimentali. (Manfredi Mancuso) CON IL VENTO NEL PETTO di Alberto Di Giglio Un docufilm sulla parabola umana, professionale e spirituale del Prof. Contardo Ferrini (nato a Milano nel 1859 e scomparso nel 1902 a Suna di Verbania, sul Lago Maggiore): accademico, giurista, scienziato. Terziario Francescano. Patrono dei giuristi cattolici e delle università. Il documentario ripercorre tutti i luoghi dall’infanzia, agli studi, alla formazione professionale, all’impegno politico, agli incontri con i suoi maestri. Un originale contributo viene dagli attori Bruno Furini nel ruolo regia: Alberto Di Giglio – testi: Marco Invernizzi e Alberto Di Giglio – illustrazioni: Spartaco Ripa – fotogr. e mont.: Daniele Massa – colonna sonora: Beppe Frattaroli – attori: Bruno Furini (Contardo Ferrini), Stefano Grillo (speciale testimone del passato), Sebastiano Russo voci narranti: Massimo Dapporto, Rosario Tronnolone, Piero Bernacchi – durata: 93’ – produz.: Piccola Porziuncola di Verbania e OFS di Verbania – ITALIA, 2015 – www.conilventonelpetto.it 15 di Contardo Ferrini e da Stefano Grillo nel ruolo di uno speciale testimone del passato. Accanto alle voci narranti di Massimo Dapporto, di Rosario Tronnolone e di Piero Bernacchi e all’incantevole colonna sonora di Beppe Frattaroli. Il 14 aprile del 1947 venne beatificato da Papa Pio XII. Dal 1942 il suo cuore è custodito in un reliquiario nella chiesa di Santa Lucia di Suna di Verbania, mentre il corpo riposa nella cripta dell’Università Cattolica a Milano. 435 dicembre 2015 THE WALK di Robert Zemeckis regia: Robert Zemeckis – sogg.: Philippe Petit (libro) - scenegg:: Robert Zemeckis, Christopher Browne - fotogr.: Dariusz Wolski - mus.: Alan Silvestri - mont.: Jeremiah O’Driscoll – scenogr.: Naomi Shohan – cost.: Suttirat Larlarb (Suttirat Anne Larlarb) – effetti: Kevin Baillie – interpr. princ.: Joseph Gordon-Levitt (Philippe Petit) – Ben Kingsley (Papa Rudy), Charlotte Le Bon (Annie Allix), Ben Schwartz (Albert), James Badge Dale (Jean-Pierre/J.P.), Steve Valentine (Barry Greenhouse), Clèment Sibony (Jean-Louis), Mark Camacho (Guy Tozolli), Sergio Di Zio (Agente Genco), Benedict Samuel (Jean-Louis), Jason Blicker (Agente Daley), Mizinga Mwinga (Agente Foley), Jason Deline (Tessio), Karl Werleman (Sergente Reese), Daniel Harroch (Agente Clemenza) – colore – durata: 100’ – produz.: Steve Starkey, Robert Zemeckis, Jack Rapke per Imagemovers, Sony Entertainment (SPE) Tristar Productions – origine: USA, 2015 – distrib.: Warner Bros Entertainment Italia (22/10/2015). È la storia di un funambolo francese, Philippe Petit, che desidera realizzare il sogno, pericolosissimo e, in apparenza, impossibile, di attraversare su una fune di ferro e metallo il percorso che congiunge le due torri gemelle di New York (le Twin Tower alte piú di 400 metri), mettendo in atto un meccanismo che conceda una minima stabilità. Permane sulla fune un po’ meno di un ora, percorrendola avanti e indietro, dalla Torre Est alla Torre Sud. Assistono a questa impresa la sua donna (Annie Allix), gli amici, complici ed educatori (Papà Rudy funambolo circense) ritrovati durante la preparazione di ciò che Petit chiama «il colpo». Mentre la polizia cerca di arrestarlo, la città intera e il mondo lodano questa impresa, mai vista prima. Realizza quindi il suo sogno nella terra dei sogni, nell’America, che, all’epoca, è molto declamata e di cui le due torri gemelle rappresentano l’emblema (potenza, altezza, ricchezza e magnificenza). Il Racconto viene cosí rappresentato: 1) in Parigi, Petit, inizia i suoi primi passi con lo scopo di diventare un funambolo. Nelle piazze della città, si propone come tale e realizza anche giochi di prestigio per fare soldi. È molto felice per quello che riesce a realizzare e, mentre si trova dal dentista, concepisce il suo sogno, quando sfogliando una rivista, vede l’immagine delle Twin Towers in costruzione. La sua esuberanza e il suo sogno di funambolo partono dal ricordo di quando era bambino. In un circo circense, aveva visto Papà Rudy esibirsi come funambolo, in uno spettacolo molto partecipato ed applaudito. Inizia cosi ad organiz- 16 zarsi, come equilibrista. Quando, da adulto, incontra lo stesso circo circense, all’insaputa di tutti, prova a camminare sul filo del circo stesso. Qui incontra Papà Rudy che subito lo rimprovera, poi, decide di impartigli gli elementi e i principi educativi di funambolo, tanto da rappresentare per lui una sorta di padre spirituale. Gli insegna le piú svariate tecniche dello spettacolo e come gestire lo stesso in rapporto al pubblico. Gli trasmette anche gli insegnamenti del nonno frutto dell’esperienza sua e degli antenati. Petit, però, sente la necessità di andare oltre, con esperienze nuove, pur facendo propri gli insegnamenti a lui impartiti. Papà Rudy piange di gioia dopo l’impresa del «colpo» ed è felice di aver ritrovato un «figlio» nuovo nell’arte di funambolo. Per realizzare una grande impresa, l’esperienza degli anziani è indispensabile, anche se poi è necessario utilizzare, in positivo, le innovazioni legate al tempo in cui si vive. 2) Mentre si esibisce a Parigi, incontra in una piazza la sua futura ragazza, che suona una chitarra: con il suo camminare sulla fune e coi suoi giochi di prestigio, ruba ad Annie gli spettatori che stavano ascoltando la sua esibizione musicale. Da lí, dopo un primo diverbio, inizia la loro storia d’amore e il concepimento del grande sogno di Petit. Realizza l’attraversata dei campanili di Notre Dame a Parigi, senza autorizzazione, quindi nell’illegalità, ma, provando in questa esperienza sensazioni incredibili, decide, con la sua ragazza di partire per l’America e affrontare le Torri Gemelle. 435 dicembre 2015 Per realizzare dei grandi sogni, l’amore di un partner è necessario ed indispensabile. 3) Petit comprende la difficoltà dell’impresa, quando si trova sotto le Twin Towers, ma procede ugualmente ed escogita un piano per realizzare il «colpo» e superare tutte le difficoltà che si presentano (legare le due torri con una fune, superare la vigilanza delle torri, superare i controlli delle forze dell’ordine, ecc.). Salito su una torre per studiare meglio la situazione dall’alto, affronta la prima sensazione di vuoto. Decide di respingere tutti i demoni della paura, ed inizia, a concepire e a realizzare l’impresa con l’aiuto di amici e complici che lo possono aiutare. Decidono insieme che l’impresa avrebbe dovuto realizzarsi il 7 Agosto 1974, preparano tutto il materiale necessario, studiano come organizzare l’evento in modo quasi maniacale: i preparativi del «colpo» vengono rappresentati in modo molto particolareggiato. Per realizzare una importante e complicata operazione serve molta preparazione ed una meticolosa precisione. 4) Dopo aver tirato il filo tra le due torri, Petit si prepara per l’attraversata. Mentre compie l’impresa, Annie porta l’attenzione dei passanti sull’avvenimento in corso. Petit, nel camminare sul filo, prova le stesse sensazioni che già aveva provato a Notre Dame: un senso di leggerezza, di gioia, di gratitudine (si inginocchia e si sdraia sul filo, saluta il pubblico e l’intera città, e, chi assiste, applaude), si sente sereno, calmo e libero. Dopo aver percepito, però, una minaccia per il filo che avrebbe potuto rompersi, rientra dalla camminata in modo vittorioso e si fa arrestare dalle forze dell’ordine che erano arrivate sulle torri gemelle. Tutti i presenti si complimentano e riceve tanti applausi. Quando si realizzano imprese straordinarie che vengono riconosciute come tali, facilmente queste stesse passano alla storia. 5) Non possono mancare l’Incontro e il brindisi con gli amici/ complici che non l’hanno mai abbandonato e che, con questa impresa, hanno favorito l’amore per le Torri Gemelle da parte della città. Infine, avviene il saluto ad Annie che torna a Parigi per scoprire il proprio sogno e cercare di realizzarlo. Petit ritorna spesso sulle torri per rivivere le forti sensazioni provate durante la sua attraversata. Qui emerge la gratitudine per l’aiuto ricevuto e la ricerca del sogno di Annie, un nuovo sogno da realizzare. Tutto il racconto filmico inizia e si conclude con Petit che racconta la sua storia (anche durante il film con voce fuori campo) sulla fiaccola della Statua della Libertà di New York, che ha come sfondo le torri gemelle ora non piú presenti. Il film non cita il loro abbattimento, ma lo lascia intendere. Negli spettatori, infatti, il richiamo all’11 settembre è costante. Il sogno americano di quel periodo, oggi non esiste piú. Se poi teniamo presente ciò che dice Petit all’inizio del 17 film sul concetto di morte (non vuole sentirne parlare, vuole solo parlare di vita quale condizione indispensabile per realizzare il sogno), scaturisce l’indicazione che ogni impresa straordinaria, non deve lasciarsi condizionare da eventuali pericoli, perché questo timore potrebbe far fallire l’impresa e costituirebbe un fattore di insuccesso. L’idea centrale, quindi, potrebbe essere: «Per realizzare un sogno straordinario, qualunque esso sia, non ci si può lasciar condizionare dalla paura dell’insuccesso o della «morte»; è necessario poter contare oltre che sulle proprie forze, anche su amici/complici, esserne loro grati, coinvolgendoli nel progetto. È necessario inoltre organizzare ogni aspetto con perfezionismo e determinazione, a cui va aggiunta una buona dose di professionalità. Questo metodo e questo comportamento scaturiscono anche dall’esperienza formata dagli anziani/antenati, e devono essere accompagnati dall’amore. Ogni sogno realizzato, conosce però il degrado del tempo e può evaporare. Quindi è sempre necessario ricercare nuovi sogni, adeguati al tempo in cui si vive. Le Torri Gemelle sono il simbolo di un emblematico sogno americano che non esiste piú e che ha bisogno di essere rinnovato con lo stesso metodo utilizzato dal funambolo Petit». Il film è ben costruito e sa trasmettere forti emozioni, oltre che un’idea forte: tenuto conto della precedente esperienza, volgere lo sguardo oltre, alla ricerca di un nuovo sogno, senza la paura delle difficoltà che si potrebbero presentare per realizzarlo; le difficoltà vanno individuate, affrontate e risolte. (Gian Lauro Rossi) 435 dicembre 2015 SI I EV L TE E N O LE NOZZE DI LAURA di Pupi Avati Rai1, 7 dicembre 2015 in prima serata – regia: Pupi Avati – produzione Rai Fiction realizzata da Duea Film e prodotta da Antonio Avati – sogg.: Pupi e Tommaso Avati – scenegg.: Tommaso e Pupi Avati, Cesare Bastelli – con la consulenza di Charlie Owens, Francesco Pezzulli – suono Piero Parisi scenogr.: Roberto Giusini, Giulia Parigi – cost.: Beatrice Giannini – mont.: Ivan Zuccon – mus.: Rocco de Rosa fotogr.: Blasco Giurato – interpr. princ.: Marta Iagatti (Laura), Valentino Agunu (Karimu), Alessandro Sperduti («Lui»), Nicola Rignanese (Domenico Riviello) e Rita Abela (Anna), Neri Marcoré (Hermes), Lina Sastri (Maria), Andrea Roncato (nel ruolo di se stesso), Tony Santagata, Fabrizio Amicucci, Antonio Spagnuolo, Rita Abela, Barbara Manzato, Emilio Martire, Vittorio Introcaso. Laura, ragazza calabrese, introversa e timida, si trova a Roma per studiare dizione. Ma piú che dall’insegnante sembra attratta da un giovane studente, che dà l’impressione di ricambiare l’interesse. All’uscita, però, non combinano nulla e Laura, proprio nel giorno del suo compleanno, si ritrova sola a vedere uno spettacolo teatrale. Qui incontra Hermes, presunto titolare di una lavanderia, che, con la scusa di avere appena scoperto di essere stato tradito dalla moglie, approfitta dell’ingenua ragazza lasciandola incinta e scomparendo nel nulla. Laura decide cosí di tornare in Calabria, a Rocca Imperiale, dove la benestante famiglia possiede un agrumeto. Il ritorno a casa non è dei migliori. La ragazza è costretta dal padre a lavorare nell’azienda di famiglia in mezzo a incomprensioni e diffidenza. Gli unici a capirla e a sostenerla sono la zia Maria, che gestisce un negozio di mobili, e il figlio di lei, ovvero il cugino, che in paese chiamano semplicemente «Lui», considerandolo un ragazzo problematico, strano, che va in giro con un paio di amici altrettanto strani. Fino a che Laura non conosce Karimu, giovane africano, studente a Bologna, che si mantiene facendo lo stagionale in Calabria, mentre al suo Paese, in Ciad, è una sorta di principe. Karimu ottiene (via skype) il consenso dei familiari in Africa al matrimonio con Laura. Ma quando il padre di lei viene a conoscenza dell’intento della figlia, oltre che della gravidanza a causa di un altro uomo, fa cacciare Karimu accusandolo di furto e cambia le serrature per non far rientrare in casa la figlia. A questo punto interviene il cugino di Laura che riesce a convincere il giovane africano a tornare indietro e a sposare la ragazza. Il racconto inizia con l’immagine di un intarsio in legno che rappresenta una scena evangelica. All’apparenza può essere scambiata per un Ultima cena, ma poi si capisce che si tratta della testata di un letto matrimoniale, raffigurante in bassorilievo le Nozze di Cana, che lo zio di Laura, ormai scomparso, ha realizzato per la nipote e che la zia Maria conserva nel suo negozio di mobili. Seduta su questo letto, Laura rivelerà alla zia che non si sposerà mai, 18 435 dicembre 2015 mentre al cugino, in un successivo incontro, racconterà della gravidanza e dell’intento di abortire. Ma «Lui» la inviterà a stare tranquilla perché c’è Dio che le vuole bene e che le sarà vicino. Una volta conosciuto Karimu e accettata la proposta di matrimonio, Laura si sdraierà con il futuro marito sullo stesso letto, che si conferma cosí primo elemento simbolico del film. Il letto, in quanto matrimoniale, è il simbolo stesso del matrimonio, opera di un falegname sposato con Maria e quindi moderno Giuseppe, sposo perfetto. Il resto va da sé. Maria, fosse anche per il solo nome, è una Madonna dei nostri giorni (interpretata tra l’altro da Lina Sastri non nuova, anche in teatro, a prestare il volto alla Madre di Dio). «Lui», il cugino di Laura, ma soprattutto il figlio di Giuseppe e Maria, non può che essere un Gesú dei nostri giorni, che viaggia in sidecar con due stralunati amici, che manco a dirlo sono gli apostoli. Il regista ci fa cosí anche capire quello che potevano pensare e provare di fronte a Gesú i suoi contemporanei. «Le sue idee non riusciranno a prevalere, ma ha ragione lui», dice la madre, che in questo caso non chiederà il miracolo al figlio, ma «si limiterà» ad assecondarlo quando darà vita a un banchetto di nozze notturno, all’aperto, su una strada provinciale, in attesa che si compia il miracolo: il ritorno di Karimu. La preparazione è resa però difficile dall’intervento dei dipendenti del padre di Laura, che buttano all’aria i tavoli e colpiscono «Lui», proprio quando sul posto arriva la madre. Sarà lei stessa ad aiutare il figlio a rimettere insieme i tavoli per il banchetto e a invitare al matrimonio (come racconta un’altra parabola) gli anonimi passanti. Intanto il miracolo si compie: Karimu torna e il film si chiude sull’abbraccio dei due novelli sposi, lasciando nello spettatore un senso di sorpresa, ma anche di emozione. Il film, realizzato in esclusiva per la tv e visto nella serata del 7 dicembre su Raiuno da quasi 4 milioni e 300 mila telespettatori (stando almeno all’Auditel), fa parte di un progetto di Pupi Avati e del fratello Antonio, in collaborazione con Rai Fiction e DueA Film, che vuole raccontare il Vangelo in chiave moderna. Avati ha cosí raccontato una parabola come fosse una favola, anche perché entrambe hanno una morale, un insegnamento. All’interno della parabola, o della favola d’amore, con la quale il regista si conferma cantore del matrimonio a dispetto di ogni tendenza contraria, molti altri temi: l’aborto, l’immigrazione, il lavoro nero, lo sfruttamento, le differenze culturali, l’integrazione. «Leggo il Vangelo ogni sera – ha raccontato Avati –. In un contesto come quello che stiamo vivendo, probabilmente riproporre la lezione evangelica è l’unica possibilità per tornare a riavvicinarci». Cosí il regista continua a raccontare storie che gettano ponti e abbattono muri, avvicinano culture diverse attraverso personaggi di una semplicità disarmante (interpretati da attori dalle facce vere), che si trovano comunque ad affrontare grandi questioni della vita. Ma è l’amore il protagonista assoluto: l’amore capace di superare ogni ostacolo. (A ndrea Fagioli) 19 435 dicembre 2015 I V I H C R A I cattolici tra immagine sacra e religiosa È in corso presso l’Università degli Studi di Milano il Progetto di ricerca coordinato da Tomaso Subini su «I cattolici e il cinema in Italia tra gli anni ’40 e gli anni ’70». Lo scopo dell’attività di ricerca è raccogliere dati – d’archivio e da quotidiani e riviste – che permettano di ricostruire i profili delle istituzioni e delle personalità coinvolte e quindi di tracciare un primo quadro delle relazioni tra la Chiesa cattolica e il cinema in Italia. Il CiSCS collabora al progetto con i documenti d’Archivio relativi al tema con particolare riferimento al ruolo e all’attività di Padre Nazareno Taddei. Un momento di confronto tra studiosi è stato il convegno dell’11 novembre 2015, «I cattolici tra immagine sacra e religiosa – Casi di studio sul cinema e la televisione in Italia tra gli anni ‘40 e gli anni ‘70», di cui diamo sommariamente conto. I lavori, coordinati da Raffaele De Berti, sono aperti da Ruggero Eugeni e Carla Bino (Università Cattolica di Milano). Bino pone idealmente le basi teoriche per l’intero workshop indagando le riflessioni della patristica alto-medievale sul valore dello spettacolo e sul significato dell’immagine sacra. La riflessione viene subito ripresa da Eugeni, che si concentra sul concetto di «film religioso» e sulle diverse interpretazioni che ne sono state date negli anni ’50 del XX secolo, citando tra gli altri le riflessioni di Diego Fabbri, Félix Morlion, André Ruszkowski e Nazareno Fabbretti. Pierre Sorlin (Université Sorbonne Nouvelle) riflette sul rapporto tra la bestemmia e il senso del sacro nel cinema. Dopo aver precisato che il sacro è una concetto che si estende anche oltre la sfera religiosa, esamina le modalità con cui i cattolici hanno affrontato la bestemmia nel cinema. Distingue la bestemmia assoluta, intesa come rifiuto dello spirito o come abbandono della fede, dalla bestemmia secondaria. È sulla bestemmia secondaria che in genere i cattolici si sono concentrati, trascurando quella assoluta, peraltro assai piú rara nel cinema. Un caso di bestemmia assoluta è il suicidio di Steiner in LA DOLCE VITA. Come noto, il film suscitò riprovazione in gran parte del mondo cattolico; tuttavia le accuse mosse a Fellini non riguardarono questo episodio bensí aspetti riconducibili alla bestemmia secondaria. Sorlin ricorda come, in contrasto con la condanna esplicita del CCC, padre Nazareno Taddei abbia saputo cogliere la com- plessità di questo film. Un atteggiamento analogo si ebbe nei confronti di TEOREMA, attaccato da gran parte del mondo cattolico per la rappresentazione della sessualità, senza indagare a fondo il rapporto conflittuale con il sacro messo in gioco da Pasolini. Nazareno Taddei fu protagonista anche della polemica sviluppatasi attorno al documentario GELA ANTICA E NUOVA di Giuseppe Ferrara, ripercorsa da Carmelo Marabello (Università IUAV di Venezia) nell’ambito di una riflessione sul pensiero antropologico del cattolicesimo italiano e sulle sue connessioni con il cinema. Padre Taddei, infatti, prese le difese delle espressioni di religiosità popolare tipiche della Sicilia, che nella pellicola di Ferrara, commissionata dall’ENI, uscivano svilite dal confronto con il progresso economico e tecnologico. Federico Ruozzi (Università di Modena e Reggio Emilia) analizza invece il modo in cui la RAI seguí il Concilio Vaticano II, evento che ebbe enorme risonanza televisiva. Fin dall’inizio del pontificato di Giovanni XXIII la televisione aveva assunto un ruolo di primo piano nella presentazione del «papa buono». In occasione del Concilio, due furono i progetti elaborati in area cattolica per la RAI: uno a opera di padre Taddei e padre Angelo Arpa, incentrato su conferenze tenute da alti prelati; l’altro, effettivamente realizzato, messo a punto dai cosiddetti «professorini» di Bologna, con approfondimenti sulla storia della Chiesa e analisi del Concilio. Tra i progetti sul Concilio che non si con- 20 435 dicembre 2015 cretizzarono, particolarmente interessante appare Vatican II di Diego Fabbri e Jean Daniélou: un’idea di documentario basata su interviste a vescovi e cardinali, che nelle intenzioni degli autori avrebbe dovuto indagare lo stato della Chiesa alla luce del Concilio. Mons. Dario Edoardo Viganò (Pontificia Università Lateranense) ricostruisce la stesura dell’istruzione pastorale «Communio et Progressio» sugli strumenti della comunicazione sociale, la cui pubblicazione, avvenuta nel 1971, era stata disposta proprio dal Concilio Vaticano II. Esaminando documenti conservati nell’Archivio Pontificio delle Comunicazioni Sociali, Viganò spiega come l’elaborazione si sia articolata in tre fasi lungo un arco di ben sette anni. L’esigenza di approdare a un testo sintetico, infatti, si scontrava con l’eterogeneità e con l’enorme quantità delle risposte ottenute consultando episcopati di vari Paesi. Tomaso Subini chiude la prima sessione del convegno analizzando i diari privati di Gian Luigi Rondi, di prossima pubblicazione. Si tratta di diari che in passato sono stati copiati e dattiloscritti, i cui originali sono andati perduti; in alcuni casi potrebbero essere stati soggetti a ripensamenti dell’autore in vista della pubblicazione. Per una corretta interpretazione occorre dunque raffrontarli con documenti d’archivio e con gli articoli pubblicati a suo tempo dallo stesso Rondi. Subini individua tre gruppi di cattolici attivi nell’ambito del cinema in Italia: quelli di governo, inevitabilmente chiamati a compromessi; quelli attivi nelle istituzioni ecclesiastiche; e i dissidenti, non integrati in alcuna istituzione. Subini inquadra l’opera di Gian Luigi Rondi all’interno del primo gruppo. Ogni gruppo, ed è questo un nodo fondamentale per l’intero progetto di ricerca, ha declinato differentemente il proprio rapporto con il cinema. Enrico Menduni (Università di Roma Tre) apre la sessione pomeridiana, coordinata da Elena Dagrada. Evidenzia come in anni e luoghi diversi siano state distribuite versioni differenti di PASTOR ANGELICUS; alcune di esse comprendono sequenze che documentano eventi successivi alla fine della guerra, mentre altre risultano tagliate. Alla luce di queste sistematiche trasformazioni, PASTOR ANGELICUS si presta dunque a essere interpreta- to come un format, adattabile e rimodulabile sulla base di esigenze politiche contingenti. A PASTOR ANGELICUS si dedica anche Gianluca della Maggiore (Università Tor Vergata di Roma), che inquadra il film sia nel piú ampio contesto del rapporto tra il papato di Pio XII e il cinema, sia nello scenario delle politiche perseguite della Santa Sede tra la fine del secondo conflitto mondiale e il dopoguerra, quando dovette riposizionarsi sullo scacchiere geopolitico. Alessio Scarlato (Università La Sapienza di Roma) approfondisce il tema del sacro nel cinema realista italiano alla luce del pensiero di André Bazin e Amédée Ayfre. È significativo che sia stata la visione di un film neorealista, GERMANIA ANNO ZERO, a indurre Ayfre a contattare Bazin, segnando l’avvio di un percorso critico capace di combinare fenomenologia e teologia. Paola Valentini (Università di Firenze) esamina l’evoluzione delle rubriche religiose trasmesse dalla RAI fino agli anni Settanta, individuando analogie e differenze tra le trasmissioni di padre Mariano, la figura piú riconoscibile della programmazione italiana, e quelle del reverendo Fulton Sheen, predicatore televisivo statunitense. Damiano Garofalo (Università di Padova) esamina le rubriche nelle quali la rivista Famiglia Cristiana risponde alle lettere dei lettori, spesso dedicate al rapporto con i media. Tali rubriche danno voce da un lato ai timori dei lettori riguardo all’immoralità di cinema e televisione, dall’altro ai dubbi sull’uso accorto dei due mezzi (ad esempio rispetto al valore liturgico della Messa in televisione). Pietro Bocchia (University of Notre Dame) torna a Pasolini, citato già da Sorlin. Dallo studio del lungo percorso di elaborazione della versione letteraria di TEOREMA emerge la complessità di un’opera tra le piú significative del cinema religioso italiano. Il convegno si conclude con l’intervento di Marco Vanelli (direttore della rivista Cabiria) dedicato all’attività di sceneggiatore di Diego Fabbri, capace di declinare in molti modi la propria identità di cattolico nel mondo del cinema: da PASTOR ANGELICUS e dai film devozionali ai kolossal, fino alla collaborazione con Ferreri e ad altre pellicole d’autore che ne testimoniano la spiritualità complessa. (Sara Romanelli, Andrea Vigoni) 21 435 dicembre 2015 A L O U C S NELLO SPECCHIO DEL CIELO (tit. orig.: En el espejo del cielo) di Carlos Salces Corso di introduzione alla lettura strutturale del film, per ragazzi della scuola secondaria di primo grado. Un corto adatto a sollevare il problema Realtà-Finzione. Lettura strutturale e utilizzazione didattica di Luciano Nicastro. Il bambino (ripreso per dettagli) «COSA» sta costruendo una cassetta di leLettura «Durante» gno con un lato apribile. È di nuoAttraverso i filari di un campo vo alla pozza, sistema la cassetta di mais dapprima si intravede una (come una trappola) in posizione e figuretta, poi ne emerge un bampoi si stende sul prato ad aspettare, bino che guarda assorto. la testa appoggiata alla mano, sente Titolo di testa rappresentato vari rumori (un cane che abbaia, lo con movimento «liquido». stormire delle fronde) vede piante Il bambino, inginocchiato in ed alcuni animali, finché il rombo un grande prato, viene attratto da Regia e mont.: Carlos Salces dal cielo si fa sentire di nuovo: un forte rumore e rapido volge lo – interpr.: Malcom Vargas, Alicia il bimbo corre alla «trappola» sguardo verso l’alto. In conseguenLaguna – mus.: Carlos Warman tenendo aperto lo sportello, vede za di ciò che ha visto, prende a – fotogr.: Chuy Chavez – durata: avvicinare l’immagine dell’aereo correre (musica tambureggiante) 10’ – origine: MESSICO, 1997. finché questo sembra sparire nella verso una larga pozza d’acqua cassetta, guarda verso l’alto, il cienella quale compare l’immagine di Vincitore dei Festival di Berlo è libero e silenzioso. Prende la un aereo in volo. Il bambino corre lino, Clermont-Ferrand, Havana, cassetta e l’avvicina all’orecchio, e poi salta sull’immagine, natuMontreal, Oberhausen e Seattle. poi la porta a casa. ralmente resta impantanato nella Notturno nella povera casupopozza e rimane deluso, mentre Fonti: Emanuele Bevilacqua (a la, la mamma dorme, il bimbo si guarda rammaricato il cielo. cura di), «I Corti – I migliori film alza e prende la cassetta nascosta In un ambiente, interno di una brevi da tutto il mondo», Einaudi sotto il letto, poi la scuote ed ecco povera baracca, il bambino sta Stile Libero 2001. riapparire il rumore, il bimbo gli mangiando una semplice minestra intima il silenzio ma il rumore su un tavolo mentre la mamma, che lui guarda, tende dei panni, quando si ode di rischia di svegliare la madre che si agita nel sonno, nuovo il suono misterioso dall’alto. Il bambino scom- il bimbo disperato prende la scatola «frusciante» pare dal tavolo, ora corre (musica tambureggiante) e la porta in un capanno (sullo sfondo una grande con una coperta pesante verso la pozza nella quale luna piena). All’interno del capanno seppellisce la è riflessa l’immagine dell’aereo, lancia il telo che cassetta nel mais finché il rumore cessa. Al mattino si sveglia, lava appena il viso e poi è copre l’immagine galleggiando, poi entra nell’acqua, solleva il telo e sente di nuovo il rumore proveniente nel capanno, dissotterra la scatola ma non sente piú il dal cielo, sotto il telo non c’è nulla, nuova delusione. rumore, scuotendola sente come uno sferragliamenIl bambino cammina lungo un sentiero tornando to, è preoccupato e corre (musica tambureggiante) di verso casa, la mamma lo aspetta con aria severa, le nuovo verso la grande pozza, appoggia la scatola sul bordo e poi, tutto agitato, apre lo sportello, sul primo passa davanti con il telo bagnato in spalla. 22 435 dicembre 2015 momento non sente niente, poi si ha l’impressione che qualcosa esca liberata, il bimbo sorride. Il bambino è disteso sul prato e guarda il cielo, il viso corrucciato, poi il volto si distende in un sorriso mentre si ode il familiare rombo frusciante, schermo al buio, titoli di coda. «COME» Lettura «Dopo» Il Racconto ha uno sviluppo cronologico e i vari blocchi sono sottolineati dagli stacchi; la Struttura presenta una breve Introduzione, una Prima Parte, una Seconda Parte ed una Conclusione. L’ambiente è quello della campagna messicana, dalla scheda del film veniamo a sapere che il nome del bambino è Luis. La breve Introduzione presenta, con ripresa dall’alto, un campo di mais ed il bambino, Luis, che ne esce e, in MF, si pone all’ascolto di un rumore che lo sovrasta. Titolo su fondo nero con un forte rumore di acqua. La Prima parte mostra, all’inizio il bambino inginocchiato in CLL con la mdp che panoramica su di lui finché un forte rumore lo attrae e lui si volge rapido con lo sguardo verso l’alto a destra; poi, in rapida sequenza, sono descritti tre tentativi (sottolineati da musica tambureggiante e sempre con movimento da destra verso sinistra) con i quali il bambino cerca di catturare l’immagine di un aeroplano che tutti i giorni sorvola un piccolo specchio d’acqua vicino alla propria abitazione. Durante il primo, cercando di saltarvi sopra, resta deluso e immerso fino alle ginocchia nell’acqua melmosa (con ripresa dall’alto), mentre lo sovrasta il suono: un rombo «frusciante» di aereo. Nel secondo usa una tecnica da pescatore e getta la sua coperta a coprire l’immagine ma la «pesca» è ancora infruttuosa e di nuovo (ancora inquadratura dall’alto, quasi a piombo) il suono incombente si allontana; la coperta bagnata non lascia indifferente la madre che lo osserva con aria severa e perplessa. Il terzo tentativo, sottolineato da musica forte e vivace, è piú elaborato e la trappola realizzata sembra funzionare, l’immagine scompare nella cassetta poi, sul PP di Luis, lo specchio d’acqua vuoto e il cielo libero, in soggettiva, sembrano confermare la «cattura». La Seconda Parte si apre con la scena notturna durante la quale il bambino sembra non saper controllare il rumore assordante proveniente dalla «trappola», l’espediente di sommergerlo nel mais risolve il problema ma, al mattino, il suo prezioso «prigioniero» sembra aver sofferto della mancanza d’aria; altra corsa (ma questa volta è da sinistra verso destra), la trappola viene riaperta nello specchio d’acqua e, con movimento di macchina dall’interno della cassetta, dopo un lungo attimo di preoccupa- zione nell’espressione del viso, «qualcosa» sembra uscire con il rombo frusciante solito, il tutto sottolineato dal volto in PP sorridente di Luis. Nella Conclusione il bambino, ripreso dall’alto a piombo è ora disteso sul prato e, mentre la mdp si muove su di lui ruotando, si coglie il volto corrucciato ma, giunti al PP, lo si vede sorridere e si ode il familiare rombo; Luis ora sta guardando il cielo, non piú lo specchio d’acqua. Colonna sonora il film è senza dialogo, solo musica a commentare le azioni del bambino: tambureggiante durante le sue corse, veloce e forte a sottolineare la sua invenzione e poi il rombo frusciante del motore che proviene dal cielo. Protagonista è naturalmente Luis, il bambino che gioca a catturare gli aerei; unico altro personaggio la madre, presente solo un alcune scene a evidenziare i comportamenti del figlio. Livello al quale è considerato il Protagonista, Luis è un bambino caratterizzato da certi elementi fisiognomici e ambientali che lo collocano in una regione volutamente identificabile (Messico), fa parte di una famiglia che vive poveramente in una casupola di legno sul limitare di grandi campi di mais; è un bimbo ricco di fantasia e inventiva, sa impegnarsi, il suo è un gioco «serio», come quelli dei bambini che credono in quello che fanno; la sua evoluzione è già nello sviluppo delle tecniche di «caccia», dalla piú semplice e ingenua alla piú complessa, la «trappola», che richiede anche una sua particolare abilità di costruttore; la sua decisione di «liberare» il «prigioniero» per la sua salvezza è ancora espressione della sua fantasia (anche se viene sottolineata da rumori che sembrano avvalorare la sua visione fantastica) però il suo gioco rimane legato all’illusione rappresentata dall’immagine dell’oggetto riflesso «nello specchio del cielo» (da qui il titolo); solo nell’ultima inquadratura, con tutto se stesso rivolto verso il cielo aperto, ritrova il sorriso nel rombo «libero» del motore di un aereo in volo. In sede di formulazione dell’Idea Centrale occorre ben considerare che l’evoluzione nel gioco, e nella sensibilità/comprensione del bambino, è sia nell’atto di liberazione (contrasto tra l’idea di possesso e quella di libertà) del suo «prigioniero», sia, e in maniera piú profonda, nel suo rapporto con la realtà: prima la sua visione mediata attraverso lo specchio d’acqua nel quale le cose si riflettono e quindi attraverso Immagini, poi immediata, nell’osservazione diretta del cielo dove le cose reali sono (anche se non le può catturare). Cioè, il bambino coglie, nel suo gioco, certo il valore della libertà, ma anche, seppure è da dubitare che ve ne sia piena consapevolezza, l’idea di realtà che supera – sta di sopra, in alto – quella del suo semplice riflesso. 23 435 dicembre 2015 IL METODO TADDEI: ecologia mentale 44 anni SOMMARIO n° 435 dicembre 2015 Le ricerche sul rapporto tra comportamento umano e struttura encefalica, insieme con le piú recenti scoperte delle neuroscienze circa l’attivazione dei “neuroni specchio”, costituiscono un importante riscontro in campo sperimentale alla teoria delle «comunicazioni inavvertite». La Metodologia di P. Taddei, integrata da tali ricerche, rappresenta oggi uno strumento formativo di straordinaria attualità. L’applicazione di questa metodologia, vera e propria operazione di Ecologia mentale (v. schema), ha ora la possibilità di essere utilizzata in diverse realtà e istituzioni per una corretta formazione della personalità. Prima fra tutte la scuola (disagio giovanile e sociale, abbandono scolastico, bullismo, ecc.) e poi le realtà di gestione della cosa pubblica, quelle private e religiose, per una riflessione sulla incidenza dei media sulla libertà di pensiero e sulla secolarizzazione. Infine anche l’ambito delle realtà aziendali, ove la formazione alla auto-conoscenza delle procedure mentali e comportamentali è oggi indiscussa risorsa, può giovarsi validamente di questa metodologia integrata. 24 EDAV 2016 pag. 2 studio L’ O C C H I O S T R A B I C O D E I MEDIA:DIRITTI UMANI E MONDO ISLAMICO di Luigi Zaffagnini pag. 3 letture di film CHIAMATEMI FRANCESCO di Daniele Luchetti (Andrea Fagioli) LA LEGGE DEL MERCATO di Sthéphane Brizé (Olinto Brugnoli) TUTTO PUÒ ACCADERE A BROADWAY di Peter Bogdanovich (Manfredi Mancuso) THE WALK di Robert Zemeckis (Gian Lauro Rossi) pag. 7 pag. 10 pag. 14 pag. 16 cinema CON IL VENTO NEL PETTO documentario di Alberto Di Giglio pag. 15 televisione LE NOZZE DI LAURA di Pupi Avati (Andrea Fagioli) pag. 18 archivi I CATTOLICI TRA IMMAGINE SACRA E RELIGIOSA (Sara Romanelli e Andrea Vigoni) pag. 20 scuola NELLO SPECCHIO DEL CIELO di Carlos Salces (Luciano Nicastro) pag. 22 finestrella CiSCS quote sociali 2016 pag. 6