Tal e 1-1 - liceo Talete

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Tal e 1-1 - liceo Talete
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ANNO I NUMERO 1
In questo numero...
Intervista al Dirigente Scolastico
e ai rappresentanti d’Istituto
Reportage speciale
dagli USA
Novità sugli esami di Stato
E tanto altro...
indice
Tal è
INDICE
Dal Talete
Intervista al Dirigente Scolastico Alberto Cataneo
Sogno
Intervista ai Rappresentanti: Lista 1(Campo/Lai)
Lista 2(Stolfi/Galanti)
Speciale Mandela
Addio, Madiba
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9
Il Sud Africa prima e dopo Mandela
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Gli Ultimi della Classe
10
Il Bingo degli Alpha Test
10
American Life
11
Studio sul Bilancio Pubblico Italiano
13
Fusione Nucleare: verso la realizzazione di un sogno(?)
16
Scuola
Speciale Esteri
Economia
Scienze e Tecnologia
Intervista su Leandro Bianchini
17
Teoria dei Complotti
17
Legge di Murphy
18
Il Talete Tifa Positivo!
19
Sport e Omofobia
19
Cultura
Festival del Cinema di Roma
21
Hunger Games 2
22
Un Tuffo nel Lato Oscuro degli Anni’70
22
Colpa delle Stelle
22
¡Trè!
23
Giochi
23
«Strafalcioni»
24
Svago
4/14 ANNO I N. I
di Silvia Buccafusco
Cari studenti del Talete, eccoci di nuovo!
Questo primo numero è il risultato della combinazione di novità e spunti dal passato
del Tal è. Già dal primo incontro della nuova redazione noi “scrittori” abbiamo deciso di
mantenere alla base del progetto il lavoro e l’impegno degli studenti che ci hanno
preceduti, a partire dalla decisione di mantenere il nostro nome, Tal è. Con questo gesto
vogliamo intraprendere un percorso in continuità con ciò che è stato e con ciò che sarà:
tal fu, Tal è, tal sarà.
Le nostre idee e i nuovi “giornalisti” hanno permesso di arrivare a questo primo
numero che, per tutti noi, è un grande traguardo. Tal’è rappresenta lo spazio libero dove
ogni studente della scuola può dar voce ai suoi pensieri; è frutto di lavoro, impegno
e determinazione volti a far ripartire un mezzo di comunicazione ed informazione,
fondamentale per collegare e confrontare le idee di 1200 ragazzi.
Ovviamente possiamo ancora migliorarci molto ed il cammino del Tal è è ancora lungo:
speriamo di diventare davvero la voce del Talete e, per questo motivo, contiamo su tutti
voi e sulla vostra partecipazione.
Società
2
TAL FU, TAL è , TAL SARà
pag.
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EDITORIALE
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Editoriale
Tal è
La Redazione
LA REDAZIONE del tal è
Direttore
Silvia Buccafusco
Vicedirettore
Riccardo Manocchio
Segretario
Chiara Saccomanno
Redattori
Riccardo Manocchio
Leonardo Galanti
Anna Romano Cesareo
Chiara Tirendi
Federico Stolfi
Tommaso Giacomini
Tal è
Ludovico Galanti
Rodolfo Guerriero
Ivano Di Gioia
Filippo Di Venanzio
Alice Arezzini
Lorenzo Dammicco
Andrea Iaboni
Paolo Romagnoli
Sofia Gervasio
Marco Caporaletti
Gabriele Scialanga
Luca Vignali
FUMETTISTI
Skata Flush
Grafici
Ivano Di Gioia
Rodolfo Guerriero
Referente
Prof.ssa Paola Mastrantonio
AUTORI GIOCHI
Francesco Ancona
Prof.ssa Paola Mastrantonio
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DAL TALETE
Tal è
Intervista al Dirigente Scolastico
Alberto Cataneo
di Riccardo Manocchio e Leonardo Galanti
Ci sembra un preside molto attivo. Gira
per la scuola, parla con gli studenti e con
i professori. Ci spieghi il segreto di questa dedizione.
Penso che derivi dal fatto che se si fa questo mestiere si ama prima di tutto la gioventù; il rapporto con voi [gli studenti] è
l’anima di questo lavoro. Prima come insegnante, poi come dirigente scolastico è assolutamente vitale relazionarsi con voi che
siete i protagonisti di tutto quello che noi
facciamo. Quindi perdere il contatto significherebbe dimenticare il senso di questo
lavoro. Quindi è importante anche solo
salutarsi ogni giorno, capire dalle facce se
è andato tutto bene o qualcosa meno bene.
E’ importantissimo mantenere quel calore che è fondamentale per avere sempre il
senso di quello che si fa.
Come si descriverebbe con tre aggettivi.
Questa mi sembra una domanda da “Le
Iene”. Proprio tre? Non più di tre perché
poi esageriamo. Passiamo alla prossima
domanda [risate]
Come le è sembrato il Talete al suo arrivo anche in relazione alle sue precedenti
scuole?
Allora io ho passato tanti anni di insegnamento in un istituto in particolare che è il
“Francesco D’Assisi”, poi successivamente
ho fatto esperienza come preside in una
scuola, sempre un Liceo Scientifico, anche
se io come formazione provengo da un Liceo Classico. Arrivare al Talete è stato molto emozionante perché cambiavo completamente zona dopo aver lavorato per
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venticinque anni nelle aree di Centocelle e
Pigneto che conosco molto bene. Ho cambiato quindi completamente situazione.
Dovevo partire da zero, dover conoscere
l’ambiente, il mondo circostante, una nuova sfida in questo senso. E la cosa è stata
molto eccitante! Mi sono rimesso in gioco,
ho trovato una scuola solida, di tradizione, con docenti molto motivati così come
l’amministrazione, solida in ogni sua parte. Questo mi ha molto rassicurato e sento
che c’è un
potenziale.
E tra i ragazzi?
Per quanto riguarda il capitolo dei ragazzi
anche qui ho trovato una risposta positiva,
grande attenzione e curiosità. Ci sono state subito proposte, abbiamo creato un terreno comune nel quale poter immaginare
e progettare, la parte più bella di questo
lavoro.
Ha parlato di progetti. Lei che progetti
ha per il Talete del futuro?
scuole lavorano e funzionano perché molto spesso i ministri dell’istruzione sono
persone di altissima levatura che provengono dal mondo universitario, quindi hanno una conoscenza indiretta della
scuola, che ha invece delle sue logiche
molto precise e diverse da quelle universitarie. Bisognerebbe uscire da un’immagine
edulcorata della scuola, che non corrisponde alla realtà. Ci sono delle asperità,
dei vincoli, delle durezze che insomma
[sospiro] vanno capiti. Allo stesso tempo
però lavorare sulle potenzialità che sicuramente ci sono. Ecco c’è uno scollamento
tra ciò che l’amministrazione pensa che la
scuola debba essere e ciò che la scuola è
di fatto, come il problema delle risorse, assolutamente centrale, che viene sempre un
po’ sottovalutato e si è costretti a ricorrere
all’aiuto delle famiglie perché non c’è più
scelta. Bisognerebbe interrogarsi su questa cosa, andare avanti con gli scarsissimi
mezzi messi a disposizione.
Anche le complicazioni burocratiche...
Si perché poi noi abbiamo tutta una serie di
vincoli; non possiamo andare e comprare
servizi, dobbiamo sempre rendere conto,
e questo è giustissimo. Però sicuramente
occorrerebbe una disponibilità maggiore.
Gestire intelligentemente, su questo sono
d’accordo, in passato alcune risorse sono
state sprecate. Quindi sicuramente razionalizzare la spesa, però pensiamo per un
attimo all’edilizia scolastica, il discorso
dell’ambiente-scuola. Uno non può studiare bene se sta in un ambiente che non è
ben fatto. Quindi questo non solo implica
la sicurezza, ma anche un ambiente bello e
ci sono molti aspetti che andrebbero curati
da questo punto di vista e questo, con gli
scarsissimi mezzi messi a nostra disposizione, è molto difficile. Bisogna avere un
ambiente decoroso che sia piacevole da
vivere perché ci dobbiamo passare molte
ore.
La figura attuale del dirigente scolastico
non è più quella del vecchio preside paternalistico che amministrava e gestiva l’esistente. Ora il dirigente scolastico è la persona che deve misurarsi con il futuro con
le trasformazioni in atto che avvengono
nel momento stesso in cui stiamo parlando. Verso il cambiamento non possiamo
più girare la testa dall’altra parte. La mia
idea è sempre proiettata verso il sapere e la
formazione, fondamentali nel mondo attuale; la riflessione deve partire soprattutto da questo, dalla circolazione del sapere.
E quindi anche porsi domande come “Che
cos’è l’apprendimento nel mondo di oggi?”.
Se ci sono infatti delle costanti come nell’esistenza umana, bisogna tener conto che
ci sono dei cambiamenti. Il Talete quindi
penso che debba essere capace, con la forza del suo passato e della sua tradizione, Il nostro preside al Liceo. In che cosa Lei
che non deve mai venire a mancare, di si sente più simile e in che cosa diverso
confrontarsi con le sfide del futuro.
rispetto agli studenti di oggi?
Che cosa suggerirebbe al nuovo Ministro Vi ringrazio questa è una bellissima dodell’Istruzione?
manda, mi ricorda il mio passato. Se ho
scelto di lavorare nel mondo della scuola
Innanzitutto di capire la realtà in cui le è perché ho vissuto una certa esperienza
4/14 ANNO I N. I
Tal è
come studente. Parliamo dei primi anni
settanta. Sono stati anni caldi per la scuola
così come per la società italiana. La sensazione che avevamo tutti come studenti era
di disagio e scontentezza nei confronti di
una scuola che sembrava antica e lontanissima da quello che accadeva nel mondo.
Mancavano anche gli strumenti linguistici
per parlarci. Era una scuola che sicuramente non aveva fatto il tragitto che ha
fatto la scuola di oggi. La lontananza che
c’era allora tra le figure del professore inaccessibile e gli studenti causò una rivolta
come risposta, molto scomposta in un certo senso, intrisa di ideologia politica. Tutto
nasceva però da questo profondo disagio.
Da questo punto di vista mi sembra mi
sembra che questo sentimento sia rimasto
anche se cova sotto la cenere, in forme diverse chiaramente. Oggi c’è un sistema di
comunicazione che all’epoca non esisteva ,
tutto era molto più artigianale e più lento.
Essere giovani è sempre una bella avventura allora come adesso e credo che quel
disagio che provavamo noi verso la scuola,
mutatis mutandis, sia rimasto anche oggi e
questo è significativo.
Cambiamo argomento. Una domanda
che viene dal profondo del Talete: Lei che
squadra di calcio tifa? Faccia attenzione
alle parole se non vuole attirarsi inimicizie! [risate]
Devo dire la verità non sono un grande appassionato di calcio e non posso definirmi
tifoso nel senso filologico del termine. E’
chiaro che da ragazzi ci si appassiona alla
squadra della propria città per un fatto di
identità. Devo dire che poi il mondo del
calcio ha deluso profondamente e viene da
chiedersi se tutto questo sia reale. Quindi
rimane più che altro un rapporto affettivo. Io peraltro da giovane giocavo con gli
DAL TALETE
amici ma grande tifoso non sono mai stato
anche se diciamo, insomma, la squadra di La ringraziamo preside per l’intervista
Higuain...
Aspettate posso farmi una domanda che
L’ha detto! [risate]
non mi avete fatto?
E di altri che voi ben conoscete è quella su
cui mi informo per sapere che cosa abbia
fatto. Anche le altre squadre del campionato mi stanno simpatiche. Ecco ce ne è
soltanto una per la quale provo avversione
che è la Juventus e questo mi dispiace.
Certo!
Il mio rapporto con il giornalismo
Allora preside che ci può dire del suo
rapporto con il giornalismo?
Concordiamo. L’ultima domanda. In che Io sono molto incuriosito da questa vostra
cosa del suo mestiere la aiuta la Laurea in esperienza. Alla mia epoca crebbero molFilosofia?
to le Radio Libere, dove prima c’era solo
la Rai. Io ebbi modo di lavorare prima a
Mi aiuta moltissimo. Senza togliere nulla Napoli e poi a Roma nell’ambiente giornaalle altre lauree devo dire che mi piace- listico. Andavamo in giro a fare inchieste
rebbe essere laureato in tutto, perché tut- per la città e a raccogliere le voci della proto il sapere è affascinante. La filosofia ha testa o di qualche azienda in crisi. Quindi
appunto questa posizione strategica che un giornalismo d’inchiesta, proprio anti consente di attraversare tutto, perché in dando a cercare i protagonisti. Ebbi poi
tutto c’è qualcosa di interessante. Io pro- la fortuna di vincere una borsa di studio
vengo dalla cultura partenopea con le figu- della Federazione degli editori che mi conre di Giambattista Vico e Benedetto Croce, sentì di fare esperienza presso alcune teuomini che hanno creato grandi sistemi state giornalistiche. In particolare ho lavoin cui tutto veniva raccolto dall’aspetto rato a Milano alla redazione dell’Oggi, un
scientifico a quello umanistico. Quello che ‘esperienza molto interessante. Poi invece
conta infatti sono i legami tra questi due qui a Roma fui assegnato al settimanale il
mondi. E poi c’è la mia città. Perché al di Tempo e lì ero in cronaca. La cronaca è un
là delle cattedrali che puoi costruire con la mondo dove arriva la notizia e in cinque
riflessione c’è sempre una dimensione tra- minuti devi essere sul posto, qualsiasi cosa
gica e drammatica della realtà che a Napoli sia. Anche questo è stato molto formativo,
è particolarmente evidente. Nei miei studi sono esperienze che ricordo con piacere,
ho sempre avuto questa percezione. Da un che mi consentivano di stare a contatto
lato la purezza della dimensione filosofica, con la realtà dopo gli studi filosofici. La codall’altra il senso urgente della realtà che ti municazione è importantissima, imparare
assale appena esci di casa. In questo sen- a comunicare credo che sia fondamentale,
so ho avuto una duplice formazione filo- bisogna arrivare subito alla notizia e sosofica. Oggi tutto questo mi consente di prattutto attirare l’attenzione del lettore.
non essere troppo appiattito sulle cose ma E’ un’esperienza che ricordo con grande
neanche troppo astratto, con una curiosità piacere.
divorante per tutto.
sogno
di Rocco H. Puppio
L’ombra di una veranda, in un pomeriggio caldo e asciutto, mi suggerì la lettura di un libro che da molto tempo avevo rimandato:
Lettera a una Professoressa di Don Milani.
Cara signora,
lei di me non ricorderà nemmeno il nome. Ne ha bocciati tanti. Io invece ho ripensato spesso a lei, ai suoi colleghi a quell’istituzione
che chiamate scuola, ai ragazzi che “respingete”. Ci respingete nei campi e nelle fabbriche e ci dimenticate. ……………
Mentre lo stile del testo scorreva chiaro e veloce, il caldo di quel pomeriggio mi tradì rallentando la capacita agli occhi di restare aperti
e alla ragione di appassionarsi alla lettura, i pensieri si confusero con le parole del libro e i pensieri presero le forme di trame confuse
di sogni pomeridiani.
Il palazzone. in cui ero stato investito di un inaspettato potere, era bianco e in un falso stile barocco, ma poco mi importava l’estetica
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DAL TALETE
di quel gran casermone, quando una voce solenne che echeggiava, quasi lugubre nei grandi stanzoni affrescati, proclamò, con
un tono baritonale; “Professore, ora tacca a lei fare la su parte, lei
che giudica e sputa nel piatto in cui magia, ci dica cosa farebbe
al posto dei tanti ministri che l’hanno preceduta!” E il suono di
un portone di dimensioni che difficilmente sarei riuscito ad immaginare, si sentì chiudere e la sua eco era l’avvertimento che a
nessuno era lasciato scampo di uscire da quel luogo di misterioso
potere.
Sono ministro quindi, chi lo avrebbe mai detto.
Il pensiero carico d’inaspettate speranze e di grandi paure mi
accompagnò in una stanza detta dei GRANDI BOTTONI, ce
n’erano di rossi, tanti e tutti accesi di un rosso catarifrangente;
anche di bianchi ce n’erano, la maggiore parte spenta e poco luminosi; quelli verdi tutti spenti e di un verde che aveva perso la
sua iniziale trasparenza e brillantezza della plastica di cui erano
fatti e che molto probabilmente erano da sempre in quello stato
quiescente.
Le segretarie, i sottosegretari, i direttori generali, gli ispettori erano ritti con spalle al muro lungo gli alti corridoi e come soldati
di un esercito ciecamente ubbidiente, cominciarono a far brillare
un guizzo vitale nei loro occhi opachi. Cominciarono a guardarsi
intorno, con sospetto, i loro stanchi pensieri suggerivano che si
potesse trattare di un brutto scherzo, ebbero il timore che il loro
lavoro era in via di estinzione. Nessuno aveva mai sentito il mio
nome, nessuno mi aveva visto in quei corridoi. Leggevo nei loro
occhi, battiti di ciglia che suggerivano perturbabili novità.
Raduno l’impiegataglia e comunico la mia prima circolare, titolo:
LA SCUOLA CHE VORREI.
Non mi par vero poter dare disposizioni a destra e a manca, e che
si eseguano sull’istante le mie intenzioni.
Scriva Signorina, scriva: ehm, dunque, “Le scuole di ogni ordine
e grado siano ricostruite anzi no siano demolite tutte quelle fatiscenti e tenute in piedi soltanto quelle storiche Punto
Le nuove scuole siano circondate da aree verdi e lontane dal traffico Punto
Le aule dei nuovi edifici e gli arredi siano di buona qualità virgola
con sedie ergonomiche e banchi inclinabili e che impediscono la
scoliosi agli studenti Punto
Basta con colori neutri e tetri virgola i colori delle pareti saranno
decise dagli studenti all’inizio dell’anno scolastico punto e virgola
i soffitti virgola alti ogni aula avrà il suo terrazzo attrezzato per
poter prendere il sole e godere la ricreazione virgola le finestre
ampie coi vetri dal pavimento al soffitto accoglieranno il sole
d’inverno e l’ombra nei mesi caldi Punto
Ogni aula avrà un bagno per i maschi e uno per le femmine Punto
Non si distragga Signorina, non mi guardi come se avesse davanti un dinosauro, e non dondoli la testa come se non credesse
a ciò che le sto dettando, soprattutto abbandoni quel suo sorriso
sarcastico che le leggo sul rossetto. Continui. Dunque dove eravamo rimasti, ah si, ai bagni. Certo “ I bagni siano corredati di
carta igienica sempre punto esclamativo
Ogni Scuola avrà la sua biblioteca virgola la sua sala cinematografica virgola il suo teatro virgola le sue palestre Punto
L’ingresso agli edifici sia sempre aperto a tutte le ore del giorno
con portoni variopinti che invitino ad entrare Punto
L’orario d’entrata ed uscita avrà una tolleranza di mezz’ora cosi si
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Tal è
potrà dormire un po’ di più nei mesi freddi e uscire un po’prima
durante le giornate calde Punto
Alla Scuola Elementare siano aumentate le ore del gioco virgola
della musica virgola del canto e rammentare ai bambini di essere bambini virgola la grammatica e far di conto siano insegnate
come regola per stare meglio insieme Punto
Alle Scuole Medie si faccia sport in armonia con lo sviluppo degli studenti e si lasci riposare corpo e mente quando se ne ha
bisogno Punto
Ai Licei si scelgano le materie per le quali si e disposti a tutto pur
di conoscerle virgola le aule siano aperte e si possa assistere alle
lezioni a cui si è interessati Punto
Le lezioni si svolgano nelle aule attrezzate per materie di apprendimento Punto
Ogni professore deve avere il suo studio e i suoi materiali per far
sempre meglio le sue lezioni Punto
Il compiti a casa siano aboliti perché l’ambiente studio è quello
della Scuola a casa ci sono i fratelli le sorelle gli amico con cui
fare altro Punto
Ogni fine mese sia istituita una settimana di tempo libero per
riprendere le energie e continuare rinfrancati nello studio Punto
Alle Università ci siano facoltà per tutti dalla cucina all’astrofisica
spaziale senza test di ammissione Punto
Signorina non sogghigni o il suo posto presto traballa!
Drin, Drin, Drin.
Pronto, pronto, si sono il ministro dell’Istruzione!
Ministro dell’Istruzione? Ti sei ammattito?
Ehm, ah, scusa, mi,sono addormentato e devo aver fatto un sogno, un bel sogno……
Intanto, non scoprirò come mai il libro che avevo in mano era
aperto all’ultima pagina che diceva così:
“Cari ragazzi,
non tutti i professori sono come quella signora. Non siate razzisti
anche voi.
Anche se non sono d’accordo su tutto quello che dite, so che la
nostra scuola non va. Solo una scuola perfetta può permettersi
di rifiutare la gente nuova e le culture diverse. E la scuola perfetta
non esiste. Non è né la nostra né la vostra.
Comunque quelli di voi che vogliono esser maestri venite a dar
gli esami quaggiù. Ho un gruppo di colleghi pronti a chiudere
due occhi per voi.
A pedagogia vi chiederanno solo di Gianni. A italiano di raccontarci come avete fatto a scrivere questa bella lettera. A latino
qualche parola antica che dice il vostro nonno. A geografia la
vita dei contadini inglesi. A storia i motivi per cui i montanari
scendono al piano. A scienze ci parlerete dei sormenti e ci direte
il nome dell’albero che fa le ciliegie”.
Aspettiamo questa lettera. Abbiamo fiducia che arriverà.
Il nostro indirizzo è: Scuola di Barbiana Vicchio Mugello (Firenze)
4/14 ANNO I N. I
Tal è
DAL TALETE
intervista ai rappresentanti
d’istituto
di Anna Romano Cesareo
A.L.: Sono rimasto molto sorpreso in quanto non me lo sarei
DAVIDE CAMPO mai aspettato, non conoscendo peraltro a cosa andavo incontro.
Con quale scuola ti gemelleresti?
D.C.: Ad essere sincero nessuna in particolare ma se dovessi scegliere allora sarebbe il Mamiani.
A.L.: Ad essere sincero con nessuna.
ALESSIO LAI
Cosa ti ha spinto a candidarti?
D.C.: La voglia di migliorare la scuola sia come luogo sociale sia
come struttura.
A.L.: Mi sono candidato perché non c’era nessuno che mi convinceva e poi l’ho sempre voluto fare.
Chi ringrazi per la tua campagna?
D.C.: Ringrazio tutti i ragazzi del collettivo Talete.
A.L.: Amina.
Qual è il lavoro più importante che hai portato a termine fino
ad ora dalla tua candidatura e che stai portando avanti?
D.C.: Bhe, è appena iniziato l’anno quindi non abbiamo ancora
realizzato nulla ma uno dei nostri progetti è “ aumentare” il fattore culturale e incrementare la ristrutturazione.
A.L.: È passato ancora troppo poco tempo per aver potuto attuare qualcosa di concreto, però mi sto impegnando nell’unire
il più possibile la scuola e sensibilizzarla ai temi della politica e
dell’attualità.
Il primo provvedimento che attueresti nella scuola avendo
“carta bianca” e fondi illimitati?
D.C.: Aumenterei gli spazi e inizierei un’opera di ristrutturazione
di tutto l’istituto.
A.L.: Riparerei porte e finestre, farei rifare i pavimenti e ingrandirei la scuola.
Secondo te, quanti ragazzi conoscono e si interessano di politica e attualità?
D.C.: Pochi.
A.L.: Pochi.
Perché ?
D.C.: Perché quando ti manca tanto ti accontenti di quel poco
che hai e quindi non ti interessi alla politica.
A.L.: Perché a scuola i ragazzi non hanno l’opportunità di informarsi e c’è da parte dei ragazzi un grande disinteresse.
FEDERICO STOLFI
Qual è stato il tuo primo pensiero quando ti hanno eletto?
D.C.:“Daje”, ora iniziamo a fare le cose e a farle bene.
Chi ringrazi per la tua campagna?
F.S.: Gli studenti che mi hanno votato e i professori che mi
hanno criticato.
L.G.: Tutti i miei sostenitori, in particolare la mia classe e tutti i
ragazzi, in particolare di quinto, che mi hanno aiutato molto.
Qual è il lavoro più importante che hai portato a termine
fino ad ora dalla tua candidatura e che stai portando avanti?
F.S.: Se parliamo nell’ambito dei tre anni di mandato sicuramente ciò che mi ha dato più soddisfazione è stata il decoro
contro il degrado nel sotterraneo e i graffiti in cortile sempre
per combatterlo. “scuola aperta” è il progetto che abbiamo iniziato l’anno scorso con la protesta per la legge ex-Aprea. Penso
che aprire la scuola alla società e di pomeriggio sia un segnale
di istruzione, di cambiamento, di progresso.
L.G.: Sicuramente il fatto di non aver occupato è stato importante in quanto porterà benefici sia dal punto di vista del rendimento degli studenti, sia economico. Da sottolineare anche
l’aver ottenuto l’aula autogestita. In questo periodo ho percepito
dell’interesse sul tema del permesso per far uscire i ragazzi
LEONARDO GALANTI
maggiorenni dall’istituto a ricreazione. In altri licei c’è questa
possibilità ma sono licei nei quali non c’è il servizio bar. È difficile
ma ci proveremo.
Qual è la scuola con la quale ti gemelleresti?
F.S.: Con tutte le altre scuole in quanto i problemi che abbiamo la
Talete sono i problemi di tutti. Sicuramente dobbiamo essere più
coesi a livello territoriale con il Tacito, Mamiani, Dante e Ferrara
perché sono le strutture più vicine e quindi dovrebbero essere il
punto di riferimento per quanto riguarda le battaglie giornaliere e
per i diritti degli studenti.
L.G.: Il Convitto o il Righi.
Cosa pensi della cogestione che abbiamo fatto?
F.S.: Penso che sia stato un cattivo compromesso con la presidenza per non occupare - in quanto credo che molti ragazzi volessero
occupare - ma noi abbiamo mantenuto la linea del compromesso
perché quello fu deciso dall’assemblea. Secondo me sbagliammo
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DAL TALETE
Tal è
perché questa cogestione improvvisata non ha risolto nulla ed è stata solo una perdita di tempo.
L.G.: La cogestione è una tipologia di protesta legittima, peraltro in collaborazione con i professori e quindi è assolutamente condivisibile.
( A Federico Stolfi) Quindi pensi che avremmo dovuto occupare?
F.S.: Io penso che l’occupazione possa essere uno strumento per raggiungere determinati fini, ma esistono d’altronde tanti mezzi
per manifestare il proprio dissenso nei confronti di qualcosa. In questa occasione l’occupazione sarebbe potuta essere utile se fatta
con un criterio.
Il primo provvedimento che attueresti nella scuola avendo “carta bianca” e fondi illimitati?
F.S.: Sicuramente completerei l’aula magna ed acquisirei la struttura completa (intesa come tutto l’edificio che comprende Talete e
Dantino), così da costituire un grande liceo scientifico degno di questa città.
L.G.: Bhè, sicuramente parte dei fondi li userei per l’edilizia scolastica, che in questo istituto è assolutamente disastrosa. Dopo di
che penserei ad un ammodernamento dei mezzi messi a disposizione per gli studenti.
Secondo te, quanti ragazzi conoscono e si interessano di politica e attualità?
F.S.: Pochissimi.
L.G.: Tanti.
Perché?
F.S.: Penso che ciò si debba imputare ad un decadimento culturale cominciato in questo paese dopo la caduta del muro di Berlino e
Tangentopoli, quando i partiti di massa, vicini alla gente, sono finiti. Da quel momento in poi la società ha avuto una grande disaffezione nei confronti della politica e dell’attualità. Questa disaffezione nei giovani è ancora più estremizzata per via della globalizzazione e del crollo dell’interesse nel seguire la “cosa” pubblica. E’ sbagliato. Se non ti occupi della politica sarà lei ad occuparsi di te.
( A Leonardo Galanti) Una opinione del tutto opposta a quella che hanno espresso gli altri ragazzi prima, chi è che sbaglia?
Non è affatto vero che non ci si interessa di politica, io ho conosciuto tanti ragazzi nelle classi del Talete (soprattutto nei quinti) che
sono andati a votare alla primarie che ci sono state adesso del PD, ad esempio. Magari non lo dicono perché non è un argomento di
conversazione tra gli studenti, ma c’è partecipazione da parte di molti ragazzi verso tutti gli schieramenti politici.
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4/14 ANNO I N. I
Tal è
SPECIALE MANDELA
ADDIO, MADIBA
COMPIANTO DI UN EROE DEL NOSTRO TEMPO
di Chiara Tirendi
5 Dicembre 2013. Un giorno come tutti
gli altri, se non fosse per una notizia che
campeggia sui giornali di tutto il mondo,
che domina i notiziari in tutte le lingue:
Nelson Mandela è morto, nella sua casa di
Johannesburg, dove era tornato dopo essere stato ricoverato in ospedale per quattro
mesi a seguito di un’infezione polmonare. Aveva 95 anni, l’uomo che sconfisse
l’apherthaid, che fu il primo presidente
nero del Sudafrica, che passò 27 anni della
sua vita in carcere pur di difendere l’ideale
in cui credeva. L’uomo che diventò un simbolo di libertà, di coraggio, di lotta contro
le ingiustizie. “Madiba”, come veniva affettuosamente chiamato, è ormai considerato
un eroe nazionale e messaggi di cordoglio che si
dolgono per la sua scomparsa arrivano da parte
dei più importanti leader
mondiali, molti dei quali
hanno partecipato ai suoi
funerali, che si sono tenuti
il 15 dicembre a Quno, il
suo villaggio natale. Tutti,
in Sudafrica, senza distinzione di colore della pelle
o di fede religiosa, si sono uniti nel ricordare questo straordinario personaggio.
Come descrivere in poche parole una vita
come la sua? Basta forse dire che era nato
nel 1918? Che è entrato a far parte dell’African National Congress a 34 anni? Che
da allora si è dedicato totalmente a combattere il regime di rigida separazione tra
le etnie che impediva alla sua gente di usare le stesse strutture pubbliche dei bianchi,
di andare nelle stesse scuole, di vivere negli stessi quartieri, di avere gli stessi diritti?
Che è stato in prigione dal 1964 al 1991?
Che è stato presidente dal 1994 al 1999?
Che ha ricevuto il premio Nobel per la
pace?
No, perché nemmeno una dozzina di tomi
ripieni d’inchiostro potrebbero rendere
davvero che cosa lui sia stato e che cosa lui
abbia rappresentato non soltanto per il suo
paese, per l’Africa, ma per tutto il mondo.
Sì, per il mondo, perché in questi tempi, in
cui sembra che dappertutto regnino
la disonestà, la vigliaccheria, i compromessi, che i valori fondamentali vengano
derisi e quasi dimenticati dai più, che alla
fine sia più semplice essere furbi, basta
ricordare Mandela, pensare che persone
come lui o Gandhi o Martin Luther King
sono esistite, per ritrovare la speranza.
Non superuomini (fu proprio Madiba a
dire: “Non sono un profeta, ma un umile
servitore”), ma gente comune come noi,
che ha scelto di non piegare la testa, di non
distoglierelo sguardo dallo squallore della
realtà che li circondava, ma di guardarla
dritto negli occhi. È impossibile, per noi
che non abbiamo mai provato la prigionia,
capire quanto debba essere stata dolorosa
la decisione di Mandela di non ritrattare
le proprie opinioni, anche se in cambio gli
era stata offerta la sospensione della con-
danna all’ergastolo e la libertà. Decidere
deliberatamente di rimanere rinchiuso sapendo che non hai fatto nulla di cui devi
vergognarti, e che il tuo paese vuole ridurti al silenzio proprio perché sei nel giusto.
Nessuno avrebbe potuto biasimarlo se
avesse agito nel modo più facile. Ma non
l’ha fatto. Ha rifiutato di voltare le spalle ai
problemi e di ignorare quelle discriminazioni che aveva sempre detestato, mantenendo una coerenza ferrea e quasi suicida.
Più di tutte queste parole, direi che il suo
straordinario senso dell’onore (so che vi
sembrerà una parola antiquata, ma ho
l’impressione che sia l’unica adatta) è sintetizzato alla perfezione da una frase che
lui stesso ha pronunciato, ovvero :”I veri
leader devono essere in grado di sacrificare tutto per il bene della loro gente”, qualcosa che lo differenzia in modo stridente
dai nostri politici contemporanei, costantemente concentrati su loro stessi e sul loro
potere, incapaci di vedere al di là del proprio naso.
Altro suo enorme merito fu quello di pacificare, nel momento della sua elezione,
un paese dominato per quarant’anni dalla
repressione e dai soprusi, dove da tempo la
rabbia covava pronta ad esplodere in una
guerra civile tra bianchi e neri. Egli capì
che un conflitto di quel genere avrebbe
portato soltanto altro odio e altra morte
in una società già profondamente divisa e
per questo non alimentò alcuna vendetta
nei confronti dei bianchi, una minoranza
(all’incirca il 20% della popolazione) che
però ancora deteneva il potere economico
sudafricano, una politica lungimirante che
lo avrebbe portato a essere uno dei leader
più amati e influenti della storia africana.
Sono pochi gli uomini che riescono a trascendere sé stessi e a diventare qualcosa di
più, immagini di ciò che
c’è ancora di buono nel
genere umano, e Nelson
Mandela è stato uno di
questi. Il suo ricordo ci
servirà a capire che non è
vero che il mondo è tutto
marcio, che ogni
nostro sforzo è inutile,
che il singolo da solo non
può far nulla per cambiare le cose. È falso, e il
suo esempio è la prova del fatto che, se le
nostre convinzioni sono abbastanza forti,
chiunque di noi può scardinare il sistema
e costruirne uno diverso e migliore.
Giovanni Falcone disse una volta che gli
uomini muoiono, ma le idee restano, e
continuano a camminare sulle spalle di altri uomini: è compito nostro, oggi, essere
quegli uomini e portare a compimento il
sogno per cui Mandela è vissuto.
9
SCUOLA
IL SUD AFRICA PRIMA E
DOPO MANDELA
Prima della lotta di Mandela in
Sud Africa era vigevano le leggi
razziali dell’apartheid (separazione
in Afrikaans), erogate nel 1948.
Quest’insieme di leggi separava la
popolazione in “bianca” e “nera”,
togliendo diritti a quest’ultima, che
rappresentava quasi l’80% della popolazione, e aumentando il potere
della prima. Il principale punto
dell’apartheid era quello di separare la popolazione bianca da quella
nera. Per riuscirci vietava ai neri di
frequentare gli stessi quartieri dei
bianchi, vietava matrimoni misti,
perfino avere un rapporto sessuale
tra persone di colore diverso era
penalmente perseguibile! La popolazione nera veniva ghettizzata nei
bantustan, e poteva accedere nei
quartieri dei bianchi solo con permessi speciali, che comunque non
evitavano di passare notti in prigione finché non fosse stato accertato
che il permesso non era falso. La
pazzia dell’apartheid arrivò a vietare
di frequentare le stesse sale di attesa
e marciapiedi a bianchi e neri anche
in quartieri in cui entrambe le etnie
potevano transitare! Grazie alla lotta politica di Mandela l’apartheid è
stata finalmente abolita e adesso il
Sudafrica ambisce, in quanto stato
più sviluppato, ad assumere il ruolo
di guida degli Stati del continente
africano nonché di mediatore super
partes. Per via della colonizzazione
il Sudafrica è uno dei paesi con le
etnie più diversificate al mondo. Si
conta che i Bantu, l’etnia nera maggiormente sfavorita dall’apartheid,
formino il 75% della popolazione,
seguiti dubito dopo dai coloured,
i meticci nati dall’unione di neri e
bianchi, che formano il 13% della
popolazione il restante 11% è formato principalmente da bianchi,
per lo più anglosassoni, anche se
stanno aumentando sempre di più
gli immigrati asiatici.
Il Sudafrica è ora una repubblica
parlamentare, uno degli stati più
democratici di tutta l’Africa, e si sta
prodigando nell’abbatere la diffusione dell’AIDS e della criminalità.
10
Tal è
GLI ULTIMI DELLA CLASSE
di Federico Stolfi
A svolgere i compiti l’Italia non è mai stata brava.
E così i suoi giovani. La recente indagine istat sui dati del 2011 ha fatto emergere che
quasi uno studente su cinque abbandona la scuola prematuramente, con picche del
25%* nel mezzogiorno contro la media europea del 12,7%. E mentre aumenta la disoccupazione giovanile, che supera il 40%, aumentano anche i neet, i giovani che né
lavorano e né studiano. A lasciare il sistema formativo italiano però non sono soltanto
gli ultimi ma anche i migliori, che nel nostro paese non vedono futuro.
Anni di politiche di svalutazione della ricerca e tagli di miliardi di euro alla scuola pubblica hanno finalmente prodotto i loro risultati : la perdita di speranza nelle nuove generazioni.
La paura del futuro e la sfiducia nel sistema scolastico portano sempre più i ragazzi italiani ad abbandonarlo per trovare altre vie.
Qui la politica deve intervenire, e subito. Non bastano una manciata di milioni di euro
a supporto dell’occupazione giovanile, i wi-fi nelle scuole superiori e l’obbligo di fornire
orientamento professionale ed universitario da parte degli istituti se il piano dell’offerta
formativa nazionale è scadente.
Bisogna rifinanziare e riformare dal basso la scuola pubblica coinvolgendo le categorie
che ne fanno parte ed il precariato per :
-riprendere ad assicurare la continuità didattica.
-fornire un’offerta formativa all’avanguardia; più educativa, con un’educazione civica obbligatoria per creare consapevolezza, specializzata ma meno nozionistica, nella quale si
possano scegliere materie da approfondire e materie da abbandonare in base agli indirizzi, ed internazionale, dove la terza lingua si studia fino all’esame di Stato.
-realizzare una vera autonomia scolastica aprendo gli istituti superiori al territorio di
pomeriggio così da metterli a disposizione dei docenti e degli studenti che desiderano
viverli fuori dall’orario curricolare per progetti, approfondimenti e ripetizioni gratuite
ai meno bravi.
-assicurare il diritto allo studio e coltivare il merito attraverso l’erogazione di borse di
studio ed agevolazioni.
Solo così torneremo competitivi e credibili in Europa e nel mondo, magari anche aumentando il grado di coinvolgimento degli studenti medi ed universitari nell’amministrazione delle singole istituzioni scolastiche, che oggi è regolamentato da una democrazia più formale che sostanziale. L’allontanamento dall’Europa in merito alla dispersione
scolastica si spiega con il taglio lineare alla spesa pubblica operato dagli ultimi governi
conservatori siccome è provato che i finanziamenti sono correlati al successo formativo.
Meno si investe, più la dispersione aumenta.
“C’è la crisi, c’è la crisi. Da domani acquisto solo cacciabombardieri” fa una canzone de
Lo Stato Sociale. Nel frattempo sono le nostre menti più brillanti a prendere il volo.
IL BINGO DEGLI ALPHA TEST
di Riccardo Manocchio
Ormai il sistema è chiaro… 5 risposte, due son frottole, tre sono praticamente identiche, solo una è giusta; non sono quiz dell’Eredità bensì il metodo con cui si stabilisce
e scandisce il futuro di molti ragazzi delle scuole superiori. È ormai una realtà con cui
molti di noi si devono confrontare quando si è giunti alla fine di un ciclo di studi. Per
quale motivo tanti ragazzi ogni anno affollano vastissime sale per rispondere a quelle
60-80 domande ? Se andassimo a leggere un qualsiasi testo di presentazione sui test
d’ingresso alle varie facoltà universitarie, troveremmo sicuramente frasi come: ”test selettivo volto a valutare le potenziali attitudini e competenze indispensabili per sostenere
il Corso di Laurea” o ancora “hanno diritto ad accedere ai gradi più alti degli studi i
capaci e meritevoli“. Come si può essere in disaccordo con tali affermazioni? Se non
fosse che tra le varie conoscenze richieste ai futuri medici, ingegneri ecc. si annoveri
4/14 ANNO I N. I
Tal è
SPECIALE USA
anche il numero di scarpini del capocannoniere della serie A,
o l’anno in cui Nirvana hanno pubblicato il loro primo album.
Anche ammettendo che i test si basino su sistemi di selezione
meritocratici, resta ancora difficile pensare che le qualità di una
persona si possano condensare in sessanta domande a quiz.
Questo metodo è promulgato in Italia come infallibile sistema
di valutazione meritocratica delle competenze dei candidati, in
quanto non risentirebbe di condizionamenti esterni. Alla luce
di ciò i percorsi didattici per gli inserimenti universitari previsti
in paesi europei come la Francia o la Germania sembrerebbero
oltremodo anacronistici o demodé. Nel primo caso l’accesso ai
vari corsi è libero, tuttavia, nel primo biennio dopo l’ingresso, la
competizione è dura, selettiva, e la richiesta del livello di rendimento è alta sia in termini di media che di tempi. Ovviamente in
caso d’inadeguata preparazione lo studente non riesce a superare
questa prima griglia di corsi di studio e deve abbandonare. Nel
secondo caso fa fede unicamente il voto di maturità, cui è dato
molto risalto, unitamente al rendimento scolastico raggiunto negli ultimi tre anni. Il numero chiuso così com’è congegnato in
Italia, soprattutto in considerazione del fatto che i test d’ingresso
sono espletati, a volte, prima delle date di svolgimento dell’esame
di Stato, sminuisce il valore di quest’ultimo. Il peso legale e reale
del diploma è di conseguenza completamente svuotato di signi-
ficato. Ciò è ancora più grave se si considera che il famoso “pezzo
di carta” giunge al termine di un percorso scolastico durato ben
cinque anni sia per gli alunni sia per i docenti. Quale significato
assumono valori come impegno, costanza, passione e volontà di
migliorare e ampliare le proprie conoscenze in una tale dimensione? Inoltre il modo in cui sono strutturati i test presuppone
spesso attitudini assai diverse e lontane dalle competenze scolastiche. L’allenamento mentale richiesto ai candidati è simile a
quello sviluppato da esperti in enigmistica. Si tratta quindi di un
sapere puramente nozionistico, dove gioca un ruolo decisivo la
memoria, soprattutto del dettaglio. All’età di 19 anni è già piuttosto difficile e complicato capire e scegliere una direzione per
il proprio futuro con prospettive nebulose e incerte quali quelle
attuali: la società invia input fuorvianti imponendo modelli di
professioni da “fiction”; la scuola spesso non aiuta a scoprire e
a far maturare degli interessi specifici che possano confluire in
futuri sbocchi professionali; la famiglia d’altro canto tende da un
lato a proiettare le ambizioni e le aspettative dei padri sui figli e
rischia dall’altro di non riconoscere le attitudini diverse di questi
ultimi. Che cosa dire dunque ai ragazzi che si trovano in questo
frangente ricco d’imprevisti, dubbi e incognite? Mettete sempre
una crocetta sulla vostra autostima per affrontare i test della vita.
AMERICAN LIFE
Articolo Esclusivo dal Nostro Corrispondente Dagli USA Tommaso Giacomini
Partiamo da dove sono adesso. Chemeketa
Community College, Salem, Oregon. Anatomy & Physiology class con la mia host
mum. Il professore sembra avere intorno
ai 30 anni, forse meno. In Italia a 30 anni
c’è gente che deve ancora laurearsi.
Sono un exchange student, dove lo sapete già, e studierò alla North Salem High
School fino a giugno. Non avrei potuto fare
una scelta migliore. Frequentare il quarto
anno di liceo all’estero, poi tornare, farmi il
mazzo tutta l’estate e prenderà la maturità
in Italia è qualcosa che mi metterà due, tre
passi avanti al più raccomandato di voi.
Ma passiamo alle cose serie. La vita in
America è ovviamente diversa da quella
che si vede in movies and series. Figuriamoci dall’Italia.
La mia scuola ha 2000 studenti circa e,
pur essendo la prima (1910s) costruita a
Salem, è di una modernità che in Italia ci
sogniamo. Computers, labs, lavagne elettroniche in ogni classe, computer per ogni
professore, tutto pulito, bagni perfetti, biblioteca fornitissima e luminosa, teatro
maestoso, tre palestre, weight room, wrestling room, dance room, swimming pool,
football/soccer field, baseball diamond,
pista d’atletica, mensa enorme, guardia armata tre giorni a settimana.
La cosa migliore di tutto ciò è che gli studenti rispettano l’ambiente in cui vivono la
maggior parte della giornata; per fare un
esempio quando ci sono partite di qualche
sport o quando ho avuto lo spettacolo teatrale sono stato a scuola 15 ore.
Qui si cambia classe ogni period, quindi
dopo 49 minuti di lezione se ne hanno 5
per andare a sedersi da un’altra parte con
altre persone, magari all’altro piano nell’altra ala. Le lezioni iniziano alle 7:30 e finiscono alle 14:20, con due turni di pranzo
da 34 minuti ciascuno tra 11 e 12.
Pure se qui mi sono ritrovato più volte a
non vedere l’ora di tornare a scuola durante il weekend, rimpiango il metodo
d’insegnamento italiano. Qua è semplicemente noioso, non c’è nessuno stimolo
al ragionamento. Si copiano appunti dal
power point o da un video, e l’apprendimento è guidato, non c’è spazio per la curiosità. Però non mi lamento, il mio voto
più basso a 2/3 del primo semestre è 90 in
marketing, studiando in media due ore a
settimana.
Le persone, almeno a scuola mia, non giudicano. Il che è fantastico. Non frega nulla
a nessuno di che colore, origine, religione,
gusti sessuali sei. E’ più facile essere discriminati in base al college per cui tifi piutto-
sto che per la musica che ascolti, l’aspetti
fisico o come ti vesti. Non c’è pressione da
questo punto di vista, l’Italia è anni luce indietro su questo.
Certo, in media si esce dal nostro liceo più
accademicamente preparati, ma la maggior parte di noi non sa come vivere. Per
questo sono qui. Dopo quattro mesi ho
imparato a fare tutte le cose che serve conoscere per poter vivere in maniera indipendente, l’unica differenza è che rispetto
al teenager medio americano non ho un
lavoro retribuito. Lavoro saltuariamente
nel coffee shack della scuola, gestito da
studenti e fornito da paura (per essere interno alla scuola e gestito da studenti).
Piccola nota sulle cheerleaders: a scuola mia non sono fiche. Piccola nota sulle
ragazze in generale: non sono tutte come
si crede che siano, ma a scuola mia ce ne
sono un paio incinta. In ogni caso il livello
medio è meglio in Italia.
Lo sport è inteso solo a livello agonistico, e
per livello agonistico intendo che i 12 migliori giocatori di basket di high school da
tutta l’America se la batterebbero bene nel
campionato italiano.
Come i dati sull’affluenza ci ricordano a
ogni elezione, l’americano medio ne sa
meno sulla propria politica che un italiano
11
SPECIALE USA
Tal è
Tal è
...SPECIALE USA...
bene informato, tant’è vero che da quando
sono qui senza internet non saprei nulla,
perché in TV guardo solo lo sport. A proposito di sport, qui hanno un problema serio per il football, ma la passione è miliardi
di volte più civile che per il calcio.
Più dell’assenza di palazzine, della grandezza media di case e macchine, del verde
in giro, mi ha colpito la pulizia delle strade. Non ho ancora visto una sporcizia per
terra. Sarà anche perché non fuma praticamente nessuno (almeno in pubblico, che è
molto malvisto).
La crisi c’è anche qui, ma la maggior parte delle persone piuttosto che tagliare sui
consumi taglia sulle tasse. Si siede a tavolino e decide che a Novembre non si paga
l’acqua e a Dicembre pure. In Italia queste
persone sarebbero da far lavorare gratis
per lo stato fino alla morte, ma qui credo
che sia corretto. Lo stato non si basa solo
sulle tasse, e in ogni caso continuando a
far girare l’economia non tagliando sulle
spese, gli USA sono perfettamente in grado di rinunciare a un minimo di evasione.
Persone che si autodefiniscono “non ricche” hanno case a due piani da 200 metri
quadri, due macchine (non utilitarie eh)
più assicurazione, e una quantità di servizi
in casa che in Italia reputiamo inutili. Anche se il microonde è fondamentale.
o cattolico-ispirate a Salem che in tutta Italia. Nel tempo libero se non si ha la
macchina e, come me, non si hanno amici provvisti di macchina, ci si basa sulla
buona sorte e passaggi. Infatti il concetto
di camminare in centro per negozi o per
locali o cose del genere non esiste, dove un
centro non esiste e i negozi sono raccolti
in questi enormi centri commerciali dove
si spendono ore passando da Radioshack a
Subway a Macy a Aéropostale a Starbucks
e poi entrando nel cinema annesso, è fondamentale avere una macchina per muoversi.
L’ipocrisia che c’è in Italia su certi temi, in
America c’è su molti altri. Principalmente
alcohol e sesso. Qui il limite per la vendita
di alcoholici è 21 anni, e in certi posti l’alcohol non lo vendono pure a un 22enne
se accompagnato da un 16enne. Poi però
si cominciano ad ubriacare a 12 anni e ci
sono 30enni senza nessun tipo di problema che bevono per ubriacarsi appena i figli vanno a letto, dopo averli detto quanto
l’alcohol faccia male. Per quanto riguarda
il sesso, nelle case è un argomento tabù, e
il picco di teenagers incinta non è dovuto
solo alle trasmissioni MTV, ma molto di
più al fatto che venga fatta sembrare una
cosa proibita, quindi trasgressiva da farti
sembrare fico se la fai appena possibile.
Il problema è che dove se ne parla (spesso nelle chiese) nessuno spiega cosa sia la
contraccezione, ma poi si lamentano di
avere tante 14 col pancione… tutto ciò per
non parlare delle madri che dicono ai figli
di girare la testa quando in TV ci sono scene di coppie che si scambiano un normalissimo bacio, il che non fa che aumentare
un curiosità di tipo insano nei bambini di
8-12 anni.
Altri aspetti della vita molto diversi dall’Italia riguardano la disponibilità di risorse
e quindi lo spreco che ne sussegue. La mia
hfamily possiede due frigoriferi, di cui uno
nel garage è costantemente pieno zeppo di
cibo, e questa scorta viene raramente intaccata, è lì solo perché non si sa mai, in
caso il Canada li attacchi… Anche i centri
commerciali riflettono il loro modo di vivere, oltre WalMart, che è il più conosciuto
oltreoceano, ce ne sono altri che vendono
di tutto e di più, con prezzi diversi a secon- Nonostante mi sia reso conto che a scuola
da della qualità.
mio è molto inferiore che nelle altre scuole
di Salem (e credo alla media statunitense),
Il teenager medio americano non ha un lo spirito scolastico, che si riassume nell’orparty ogni Friday night, non guida un goglio di appartenere a una certa scuopick-up, non gioca a football e non sta con la piuttosto che ad un’altra è bellissimo.
la cheerleader più popolare della scuola, Non è solo fare il tifo ai games di qualsiasi
come si è portati a credere. Generalmente sport, o indossare vestiario della scuola,
è una persona normale, che guida la vec- ma è un qualcosa che ci si porta dentro.
chia macchina dei genitori, suona nella Tutto ciò viene poi ingrandito al college,
banda, lavora due ore al giorno e otto nei che è sacro e crea rivalità che neanche il
weekends da qualche parte ed è coinvolto derby (ok, forse no).
in qualche attività con la chiesa di cui fa
parte (ci sono più tipi di chiese cattoliche Un’altra esperienza totalmente diversa
12
ECONOMIA
STUDIO SULLA SPESA PUBBLICA ITALIANA
è stata lo Snowball, che sarebbe la danza invernale. Totalmente organizzata da
studenti delle diverse scuole del distretto,
raccoglie tutti gli studenti che sono invitati
(dove sono io le ragazze invitano i ragazzi)
o che si organizzano in gruppi di amici a
ballare in vestiti formali. La cosa più diversa dall’Italia è la musica, che “costringe” anche a un modo di ballare molto più
variegato e intrigante (se volete pensare
che intrigante=twerking, non è totalmente
scorretto).
La settimana precedente Snowball c’è stato
il Thanksgiving day, che si può riassumere in tre parole: “food” “food” “food”. Non
è totalmente vero, c’è anche tempo per
guardare il football/dormire sul divano,
ma la sostanza è il tacchino. Non tutti lo
cuociono ripieno che altrimenti ci mette dieci ore, ma vuoto sono solo cinque,
e nel frattempo si preparano tutte le altre
cose, come lo stuffing (riassumibile come
cibo e cibo), sweet potatoes (patate dolci),
mashed potatoes (purè di patate), salsa di
mirtilli, varie pies (torte) e sicuramente
qualcos’altro che mi sto dimenticando.
Una cosa vera sugli US è amano il loro stato, ma non che una volta eletto un presidente tutti si riuniscono dietro di lui e lo
supportano a spada tratta. Perché, diciamo
le cose come stanno, dare l’assicurazione a
tutti è una cosa bellissima, ma Obamacare
non piace a nessuno. Oltre l’idea, che già
non convince proprio tutti (perché dovrei
pagare l’assicurazione per il tossico disoccupato che vive col sussidio pagato con le
tasse sul mio stipendio che mi sudo 8 ore
al giorno?!?), è organizzata malissimo, e
taglia le gambe a moltissimi business medio piccoli, rallentando il cuore pulsante
dell’economia americana. Non l’avrei mai
detto prima di partire, ma dopo 4 mesi di
America voterei Repubblicani. Tanto per
chiarire, un Democratico moderato non
voterebbe mai PD da noi.
di Ludovico Galanti
La spesa pubblica è la malattia principale del paese Italia.
Prima di politici, evasori e ladri, solitamente accusati di essere la causa della situazione in cui ci troviamo, come succedeva agli
untori durante la peste.
La spesa pubblica è il vero male che ha trasformato la nazione del boom economico nel paese della stagnazione perenne, coloro che
non di rado vengono ritenuti la causa della crisi, sono solo quelli che ne approfittano, poiché se si vuol dare un volto ai veri responsabili, non c’è che da guardarsi allo specchio.
Senza esserne coscienti, molte delle persone che osservano schifate il mondo dell’opulenza e dei privilegi della politica, vivono
anch’essi su privilegi, sotto altro nome ed altre spoglie, ma pur sempre privilegi.
Questo studio vuole dimostrare che per fermare la crisi del sistema Italia, non ci vogliano persone eccezionali, ma solo un po’ di
coraggio per fare quelle riforme strutturali che permetterebbero al Bel Paese di tornare nell’olimpo dell’economia mondiale.
Per semplificare la comprensione dell’analisi si sono usati dati aggregati, con i quali si è persa la specificità necessaria, ma si è reso
possibile a tutti di farsi un’idea sulla portata dell’oggetto preso in considerazione.
Come appena esplicitato, l’argomento trattato è di grandezza siderale e per questo si è preferito dividerlo in otto parti.
Non in tutti i settori della spesa pubblica è possibile effettuare tagli, ma nei pochi casi in cui ciò non avviene, si può comunque
distribuire meglio il denaro dei contribuenti per migliorarne l’efficienza.
Istruzione
La presente analisi è probabilmente la più delicata di questo studio, essendo l’articolo destinato ad una rivista scolastica e ad un ambiente che per molti anni ha vissuto su falsi miti e credenze diffuse, quindi cercherò di essere chiaro ed esaustivo.
La spesa pubblica in Italia per l’istruzione è pari, secondo dati del 2011, a 67 miliardi di euro (circa il 4,2% del PIL).
Confrontando questi numeri con quelli dei principali paesi europei, (Germania, Francia, Spagna, Regno Unito) potrebbe sembrare
che l’Italia spenda poco per la scuola visto che sia Francia che Regno Unito staccano il nostro paese in media di due punti percentuali
relegandoci all’ultimo posto nella classifica sull’ammontare dei finanziamenti.
Questi sono solitamente gli argomenti che vengono esposti urlando nelle piazze italiane durante le oramai ordinarie proteste e manifestazioni in favore della scuola.
I sopracitati dati però, sono manchevoli di un fattore importante, la bassa natalità del nostro paese negli ultimi venti anni.Infatti, se
si va a considerare la spesa pro capite per studente per la scuola primaria, i risultati cambiano notevolmente, l’Italia balza al secondo
posto con oltre 8.600 € annui per alunno, seconda solo al Regno Unito, e prima di Francia, Spagna e Germania .
Sfatata quindi la leggenda secondo cui l’Italia spenda troppo poco nell’istruzione, per riuscire a comprendere dove inizino i problemi
del sistema-scuola bisogna disgregare la somma pro capite per studente nei vari servizi che da essa derivano.
L’anomalia Italia salta subito all’occhio se si analizzano le voci di spesa degli 8.600 € poiché oltre 7000 € (83%) vengono utilizzati in
favore del personale contro il 57% del Regno Unito ed il virtuosissimo 52% della Germania.I risultati non cambiano neanche se si
analizzano i dati della scuola superiore, con la spesa per il personale che tocca in Italia l’86% della spesa totale e nel Regno Unito solo
il 58%.Rapportando la spesa in percentuale per il personale ed i risultati ai test OCSE-PISA si nota come essi siano inversamente proporzionali, mettendo alla luce il vero problema della spesa per l’istruzione in Italia ovvero che i soldi ci sono, ma sono distribuiti male.
Se questo tipo di considerazione può valere per le scuole primarie e secondarie, lo stesso non si può dire per l’istruzione Universitaria.
Vergognosi sono i finanziamenti che lo stato concede a quello che è l’ultimo step prima di entrare a far parte del mondo lavorativo,
buttando quindi gran parte dei soldi investiti su ogni ragazzo sin dall’ingresso in prima elementare.
È il paradosso tutto Italiano, che spende ovunque con facilità e velocità inaudita, ma che chiude il portafoglio all’unica risorsa che
potrebbe farci cambiare in meglio in un prossimo futuro.
Dopo queste opinioni personali è doveroso analizzare i dati .
La spesa per l’Università nel bilancio delloStato si ferma a 6 miliardi di euro (0,4% del PIL), molto più in basso rispetto gli altri quattro
grandi paesi che viaggiano su percentuali in media tra lo 0,8% ed lo 0,9% del PIL.In pratica l’Italia per questa voce, spende meno della
metà dei principali paesi Europei e, come è ovvio che sia, ciò si riflette sul numero di laureati e sulla qualità delle Università stesse.
Pauroso il confronto con il Regno Unito, dove il 44,9% dei ragazzi tra i 25 ed i 34 risulta avere una laurea contro il 22,3% Italiota.
Se si vuole dare un’opinione definitiva sulla spesa per l’istruzione, non si può negare che i fondi in generale ci siano, ma che vengano
distribuiti malamente; si dovrebbe riorganizzare la spesa interna delle scuole primarie e secondarie, e magari spostare un po’ di fondi
da esse, in favore dell’Università, ingiustamente vessata.Inoltre per rendere nuovamente competitiva l’Università Italiana, sarebbe
necessario un investimento pari a circa lo 0,4% del PIL
POSSIBILE STANZIAMENTO: 5’920’000’000 €
4/14 ANNO I N. I
13
ECONOMIA
Sanità
Tal è
permesso di attuare riforme per pagarlo. (Ma solo per pagarlo,
non per ridurlo. Quindi legislatura dopo legislatura si sono sempre rimandate le riforme strutturali che servivano al paese, ed
ora sulle generazioni future peserà questo fardello).
2 La grandissima ricchezza privata degli Italiani.
Una soluzione per ridurre il debito può essere quella di vendere
immobili e partecipazioni statali.
Dalle partecipazioni lo stato potrebbe ottenere 149 miliardi,
mentre dalla vendita degli immobili circa 123 miliardi.
Riducendo il debito di 272 miliardi quindi si risparmierebbero
immediatamente 12 miliardi annui, ma calcolando anche il calo
del rischio dei titoli e il mancato incasso dei dividendi societari
la cifra salirebbe a 13,690 miliardi di €.
Un interessante studio di fanta-economia sostiene che la sola
presenza di Mario Monti alla presidenza del consiglio porterebbe alla riduzione del costo degli interessi di oltre 15 miliardi di €
in una legislatura.
Leggendo tra le righe si intuisce che se si scegliessero come leader persone autorevoli, la credibilità del paese agli occhi degli
investitori aumenterebbe, tramutandosi in un risparmio sugli
interessi.
Naturalmente è troppo difficile riuscire a calcolare un simile coefficiente, ma sicuramente un condannato in via definitiva per
frode fiscale ed un condannato per omicidio colposo non giovano al paese e al suo portafoglio.
L’analisi della spesa sulla sanità è basata su due concetti principali;
i costi e l’efficienza.
Dopo questa premessa è doveroso ricordare che il sistema sanitario
non è sotto la giurisdizione statale, bensì sotto quella regionale, che
più di ogni altro organo riesce a spendere facilmente il denaro dei
contribuenti.Per calcolare l’efficienza rispetto agli altri paesi europei, si è fatto uso dell’Euro Health Consumer Index, mentre per
dare un numero alle spese delle regioni si sono usati dati del Tesoro.Il sopracitato indice condanna l’Italia sotto ogni punto di vista,
dall’estensione dei servizi all’accessibilità, dai diritti dei pazienti
all’utilizzo dei farmaci.Le motivazioni di questo giudizio possono
essere trovate nella gestione stessa della sanità che, essendo regionale, permette a numerosi enti di spendere molto ottenendo spesso
un basso rendimento.
Esempio lampante di mala-gestione sono sicuramente molte regioni del Sud che per qualche misterioso motivo nonostante i numerosi fondi, fanno concorrenza al terzo mondo per la qualità del
servizio.L’eccellenza Italiana (ed anche europea) è rappresentata
dalla Lombardia, che con una spesa minima riesce a garantire un
servizio più unico che raro.
Le cause di tutto ciò possono essere tante, ma la soluzione è solo
una: centralizzare il sistema sanitario.
Se si togliesse alle regioni spendaccione la possibilità di sperperare
denaro pubblico e si prendesse come esempio nazionale la Lombardia si risolverebbero due problemi in uno.
POSSIBILI TAGLI: € 13’690’000’000
I costi della sanità si ridurrebbero di circa 3 miliardi di € all’anno
e, molto più importante, si permetterebbe alle regioni del centroDifesa e forze dell’ordine
sud Italia di avere un servizio adeguato che fino ad ora gli è stato
negato.
La spesa pubblica Italiana per la Difesa è al di sotto della media
Per prendere queste decisioni non c’è bisogno di qualità straordidi paesi europei comparabili per grandezza, e si attesta intorno
narie, solo di buona volontà.
all’1,1% del PIL. Potrebbe sembrare paradossale ma sarebbe opportuno aumentare la spesa militare ma per mantenere i confini
POSSIBILE TAGLIO: 3’000’000’000 €
sicuri e per rammodernare gli armamenti delle forze di difesa in
un prossimo futuro.
Ciò inoltre garantirebbe la sopravvivenza e l’espansione del
Servizi Generali
mercato degli armamenti in Italia, che gioverebbe soprattutto
L’analisi sui servizi generali è piuttosto breve e tratta le spese degli alle produttrici di armi made in Italy in termini di bilancio e
allo stato stesso in termini di occupazione.
apparati legislativi, esecutivi e diplomatici.
L’Italia, secondo dati ISTAT, spende circa il 2,5% del suo PIL in Per quanto riguarda le forze di polizia, se si confrontano i dati
questo settore, molto al di sopra di Francia e Regno Unito (1,3%) Italiani con quelli degli altri paesi paragonabili al nostro paese si
Come sempre quindi il nostro paese riesce a buttare denaro con nota subito un eccesso di personale. Infatti in Italia ci sono circa
facilità spendendo notevolmente più degli altri paesi (circa 17,7 454 agenti ogni 100’000 abitanti contro i 298 della Germania e i
miliardi di € in più) per mantenere un servizio più che scadente. 262 del Regno Unito. I tagli quindi che si potrebbero applicare
A differenza dei tagli alle pensioni, questi sarebbero per lo più in- alle forze dell’ordine tradizionali andrebbero a coprire le magdolore poiché andrebbero a colpire sopratutto i famosi costi della giori spese per l’esercito, portando quindi ad un guadagno ed ad
politica.
una equa ridistribuzione dei fondi
POSSIBILI TAGLI: 17’700’000’000 €
POSSIBILI TAGLI: 9’680’000’000 €
Debito Pubblico
Previdenza (vecchiaia)
Il debito pubblico Italiano risulta essere nel 2013 pari al 127% del
prodotto interno lordo, una cifra enorme rispetto ad altri paesi
europei, ma nonostante tutto l’Italia è in grado di sostenerlo. Ma
come?
Le cause principali sono due:
1 La costanza nella crescita che, a differenza di paesi che durante la
crisi hanno visto esplodere il loro debito improvvisamente, ci ha
La spesa pubblica Italiana per il sistema previdenziale a sostegno della vecchiaia è ingiustificatamente alta.
Questo giudizio nasce da uno studio svolto confrontando la
situazione dei principali cinque paesi europei nel settore della
previdenza.
Utilizzando dati ISTAT si evince che la popolazione italiana che
supera i 64 anni raggiunge il 19,4% della popolazione totale, un
14
4/14 ANNO I N. I
Tal è
ECONOMIA
numero molto al di sopra di Spagna, Francia e Regno Unito ed il linea con la sola Germania. Se questi dati continuassero ad essere
enunciati singolarmente giustificherebbero la spesa alta e confuterebbero l’opinione del sottoscritto espressa in precedenza.
Purtroppo per l’Italia però colui che scrive ha ragione poiché se a questi dati si aggiungono quelli della spesa effettiva rapportata al
PIL che ogni stato destina alla previdenza si può facilmente (e amaramente) notare come l’Italia rappresenti di nuovo una spiacevole anomalia rispetto agli altri paesi.
Infatti, pur avendo una distribuzione demografica simile, l’Italia (19,4%) e la Germania (19,7%) spendono molto differentemente in
questo campo. Il Bel Paese concede agli ultra sessantenni oltre il 13,7% del proprio PIL contro il 9,5% della Germania.
Le motivazioni di questo spread possono essere trovate negli incredibili privilegi che per molti anni hanno reso il settore pubblico
l’El Dorado delle pensioni, ma soprattutto dell’insensato sistema retributivo che ha permesso l’avvenire del più grande furto intergenerazionale.
Le proposte per trovare una soluzione a questo problema potrebbero sembrare un po’ dure e drastiche, e per applicarle bisognerebbe rompere il patto che molti dei nostri genitori e nonni hanno fatto con lo stato, ma è necessario comprendere che continuare
per questa strada non è più sostenibile e che bisogna permettere ai giovani di impegnarsi al massimo per far trovare ai loro figli un
mondo migliore e non per pagare le irreali pensioni di coloro che sono venuti prima di loro.
Per prima cosa si dovrebbe smettere di rivalutare le pensioni (non si andrebbero a colpire le minime) così da consentire una naturale diminuzione della spesa di circa il 2% annuo per l’ammontare di circa 5.104 miliardi.
Un’altra riforma importante sono le pensioni ingiustificate rispetto ai contributi, che secondo gli economisti de lavoce.info riguardano il 30% della spesa totale delle nuove pensioni e che agendo in maniera equa e cercando di risparmiare le classi più deboli
potrebbe fare risparmiare allo stato oltre 14,8 miliardi di euro annui.
POSSIBILE TAGLIO: 19’904’000’000 €
Liberalizzazione Droghe Leggere
Questa possibile fonte di entrate è sempre poco discussa a causa della forte opposizione di diverse forze politiche.
Superata l’impasse politica si potrebbe accedere ad una enorme fonte di guadagni fino ad ora in mano alla criminalità organizzata.
Per analizzare in modo preciso questa voce si è usati come dati di riferimento gli studi svolti dall’Università la Sapienza.
I possibili risparmi e guadagni legati alla legalizzazione delle droghe leggere sono principalmente divisi in due settori, quello della
repressione e quello erariale.
Ogni anno lo stato per reprimere il diffondersi di sostanze non consentite dalla legge spende circa 2 miliardi di euro, mentre se
fossero legali e tassate le droghe fornirebbero all’erario circa 8 miliardi di entrate annue.
Tutti questi soldi però non deriverebbero solo dalla Canapa, ma anche da cocaina ed eroina.
Considerando che le ultime due sostanze stupefacenti sono lungi dal dover essere legalizzate, il risparmio complessivo diminuirebbe a 6,8 miliardi di euro. Non certo da buttar via.
POSSIBILE GUADAGNO: 6’800’000’000
Gioco d’azzardo
Il gettito fiscale per il gioco d’azzardo è rimasto più o meno stabile dall’anno 2004 all’anno 2012.
Il fatturato altresì è cresciuto vertiginosamente passando da 24.8 miliardi a 94 in otto anni.
La crescita di quest’ultimo è in gran parte dovuta all’apertura del mercato del gioco d’azzardo anche a operatori stranieri in seguito
alla legge Bersani-Visco
Se la tassazione fosse rimasta stabile lo stato avrebbe potuto incassare oltre 27 miliardi di € invece dei 7 attualmente percepiti.
Tassare questa voce avrebbe un molteplice risultato: aumentare le entrate per lo stato e fungere da deterrente per combattere la ludopatia.
Naturalmente alzare le tasse al livello di quelle del 2004 farebbe diminuire il giro d’affari (intorno al 20%) che garantirebbero comunque un gettito extra per lo stato di circa 14.208 miliardi.
POSSIBILE GUADAGNO: 14’208’000’000
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SCIENZE E TECNOLOGIA
Tal è
SOCIETà
FUSIONE NUCLEARE: VERSO LA REALIZZAZIONE DI UN SOGNO (?)
NON VOGLIO ESSERE UN ESEMPIO DA
SEGUIRE
di Rodolfo Guerriero e Ivano Di Gioia
Intervista a Filippo Di Venanzio e Alice Arezzini dopo l’incontro con
Possiamo immaginare cosa apporterebbe
alla vita dell’intera umanità la scoperta
di una modalità di produzione di energia
efficiente, economica, pulita e pressoché
inesauribile? Si avrebbe il repentino abbassamento del costo della vita, in concomitanza con il forte aumento della ricchezza
globale; l’uomo, avendo a disposizione una
gran quantità di energia, intraprenderebbe necessariamente un veloce processo di
sviluppo che porterebbe all’innalzamento
generale del tenore di vita, tenendo conto
della salvaguardia ambientale della Terra... Insomma, non è difficile capire che in
tal modo si risolverebbe la gran parte dei
problemi umanitari attuali. Ed è proprio
seguendo questa linea di pensiero che,
negli ultimi decenni, gli studiosi si sono
mossi per trovare la più efficiente, pulita
e sicura “miniera energetica”.
La
soluzione di
questa ricerca è stata più
volte indicata
nella fusione nucleare,
particolare
processo che,
tramite l’unione di due
atomi, libera
u n’e n o r m e
quantità di energia. Per capire meglio come
ciò possa rappresentare il futuro della
produzione energetica, è necessario analizzarne, seppur a grandi linee, il funzionamento. La più comune modalità di fusione è quella “a idrogeno”, che consiste nel
congiungimento (a pressione e temperatura adeguatamente elevate) di un atomo di
deuterio con uno di trizio, rispettivamente
isotopi 2H e 3H dell’idrogeno, a formarne
uno di elio, con conseguente liberazione di
un neutrone. La resa energetica è talmente
elevata che tale processo è utilizzato nella
produzione di bombe atomiche (le tristemente famose Bombe H) . Ma perché, allora, abbiamo ancora numerosi problemi
legati all’efficacia dalla produzione di energia? Perché non siamo in grado di controllare la fusione nucleare e di utilizzarla con
un rendimento positivo. È per motivi di tal
16
Tal è
fatta che si è ancora bloccati alla fase sperimentale, nella quale abbiamo la fusione a
“confinamento magnetico”, che prevede lo
svolgimento del processo in speciali reattori, cosiddetti “a ciambella” o a “toro magnetico” (dalla forma del reattore stesso) ,
che permetterebbero di sviluppare grandi
temperature evitando il surriscaldamento
dell’intero sistema tramite l’applicazione
di fortissimi campi magnetici; o quella a
“confinamento inerziale”, in cui gli atomi
di 2H e 3H sono posti in un bersaglio sferico e bombardati dall’azione contemporanea di un gran numero di fasci concentrati
di laser. Per quanto riguarda il primo metodo, è quasi impossibile isolare la fusione
ed evitare, quindi, che l’azione energetica
si rifletta sull’ambiente circostante danneggiando il reattore con effetti devastanti;
per quanto
concerne
il sistema a
confinamento inerziale,
invece, si sta
procedendo
con esiti sempre migliori,
che lasciano
presagire una
realtà futura
ma
vicina,
sempre più
prossima alla
fantascienza: al Livermore National Laboratory, negli USA, si è da poco riusciti a
produrre una immensa quantità di energia con una resa positiva, nella quale, cioè,
l’energia prodotta superava quella necessaria ad attivare i laser… per capire quanto
sensazionale sia tale scoperta basti pensare che, applicando per un secondo l’energia prodotta in un ventesimo di secondo
dalla fusione ad idrogeno, si porterebbe ad
ebollizione l’acqua di 50 vasche olimpioniche. Certo, i risultati di tale esperimento,
seppur confortanti, potrebbero rivelarsi
inattuabili o portare ad uno scorretto svolgimento del percorso di ricerca, ma potrebbero anche fornire il punto di partenza
di un processo di affinamento e perfezione
tecnologica che permetta il tanto anelato
raggiungimento della soluzione del problema energetico globale.
Leandro Bianchini.
In cinque parole, chi è Leandro Bianchini?
Filippo: Ex narco trafficante, ex tossico
dipendente da cocaina.
Alice: È difficile descrivere Leandro
Bianchini in 5 parole, è sicuramente una
persona carismatica, interessante, abbagliante, vitale e ambiziosa.
H+ H
2
3
( DEUTERIO )
( TRIZIO )
He + n
4
(ELIO )
( NEUTRONE)
+E
ENERGIA
Di cosa ha parlato?
Filippo: Ha parlato di come sia entrato
ed in seguito uscito dal giro della droga e
della criminalità
complessa e disdegnosa, quindi si ti dico
che l'ho visto molto aperto nei nostri confronti, ha lasciato che gli si facesse qualsiasi tipo di domanda, dalla più personale
alla più scema. Sincero direi proprio di si,
ha portato anche sua figlia...
Cosa hai provato? Ti ha emozionato?
Filippo: Mi sono molto emozionato, le
esperienze che ha vissuto sono molto forti, ma anche uniche, straordinariamente.
Alice: Per me è stata un'emozione unica,
una delle poche esperienze formative fatte
a scuola (vista nella giusta prospettiva)
Alice: Ha aperto in toto il suo bagaglio
lo riascolterei altre 1000 volte perché da
d'esperienza a noi giovani raccontandoci queste esperienze si può solo che impala storia della sua vita, tutt'altro che bana- rare.
le, e ci ha permesso di entrare in questo
suo bagaglio senza pregiudizi. La sua vita Chi è per te Bianchini?
è particolare e forse è una realtà troppo
Filippo: Un uomo.
lontana da noi o che comunque vediamo
ingigantita spesso, nei film. Sentirla rac- Alice: Per me Leandro è un esempio. Mi
contare così sfacciatamente non può che spiego: lui non vuole essere un esempio
essere emozionante.
per essere stato un grande boss a livello
mondiale o perché aveva amici nella
Ti è sembrato sincero, aperto, pronto a banda della magliana o perché era ricco
parlare ai giovani del suo percorso?
e spacciava cocaina, lui vuole essere un
Filippo: Si, molto…. Anche più di quello esempio da non seguire, e per me la forza
che mi aspettavo.
di cambiare così come lui ha fatto non è
facile da trovare in un uomo del genere.
Alice: Beh se non fosse aperto ai giovani Questo è l'esempio giusto: un uomo che
non avrebbe senso creare un'associazione sicuramente nella sua vita ha sbagliato ma
no profit chiamata polo giovani che ha
che ha deciso di cambiare e di vivere la
il compito di allontanali da questa realtà vita come veramente va vissuta con gli af-
fetti e le piccole soddisfazioni giornaliere.
Ha dato consigli per aiutare amici/amiche in questo stato?
Filippo: Non molti, ma basta la sua esperienza per sapersi relazionare con questa
situazione.
Alice: Più che aiutare persone in questo stato secondo me la sua è stata più
un opera di prevenzione, ci ha spiegato
come i grandi si approcciano ai giovani
e di quanto in realtà sia vuota una vita
del genere. Penso che se viene colto nel
modo giusto il suo intervento possa essere
sicuramente positivo.
È stato utile? Appropriato al nostro liceo?
Filippo: È sempre utile conoscere le esperienze di altre persone più sagge, specialmente se hanno affrontato situazioni fuori
dal normale.
Alice: Che a questa ti ho già risposto in
precedenza. Spero di esserti stata utile ma
più che altro ci tengo a precisare che non
penso che ora lui non debba più fare nulla
per migliorare ancora anzi, ha ancora un
processo in corso che deve pagare per i
reati che ha commesso e forse per lui la
prova più grande sarà tornare in carcere
(perché ci tornerà quasi sicuramente) e
uscirne più pulito di prima.
TEORIA DEI COMPLOTTI
di Lorenzo Dammicco
L’uso in larga scala del web e la crisi economica hanno dato insieme forte impulso alla diffusione di teorie cosiddette “cospirazioniste” o “del complotto”. Di che si tratta? Quelle complottiste sono, in linea di massima, delle illazioni alternative al pensiero comune
che considerano gli eventi della realtà una manifestazione di una congiura in atto su diversi livelli e ambiti. La denominazione delle
stesse fa pensare ad un disturbo ossessivo, e talvolta una simile malizia è lecita: oltre a teorie perlopiù plausibili, si possono trovare
soprattutto su internet ipotesi strampalate come quella che sostiene che il mondo sia governato da un’oligarchia di rettili. Userò
dunque lo spazio concessomi su “Tal’è” per approfondire tali teorie, fare luce su questioni oscure e sfatare luoghi comuni.
Il complotto delle scie chimiche.
Gli aerei, in determinate condizioni atmosferiche, rilasciano delle scie dette “di condensazione” dovute al raffreddamento repentino dell’aria dietro di sé. Negli anni novanta sono iniziate a sorgere non poche perplessità sulla natura di queste scie, che sarebbero
addirittura sostanze chimiche capaci dei più vari effetti. Chi dovrebbe avere interesse a spruzzare sostanze tossiche nell’aria? Di cosa
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SOCIETà
Tal è
sono capaci queste presunte sostanze? Moriremo tutti prima di riuscire a vedere la fine di Beautiful? Non si è ben capito.
La psicosi delle scie chimiche nasce più precisamente nel 1996, quando l’aviazione militare americana viene accusata di irrorare
la popolazione civile per vari e imprecisati scopi, su tutti quello del controllo climatico. Da allora questa teoria ha cavalcato l’onda
della suggestione sui media e sul web, arricchendosi di curiose e variegate sfumature. Ad esempio, secondo alcuni le scie sarebbero
un modo per modificare il clima, per altri il mezzo del controllo mentale e per altri ancora lo strumento diabolico per l’induzione
di malattie mentali.
La veridicità scientifica è il punto principale della questione. La ricerca sull’argomento mirata a dimostrare la tesi delle chemtrails
ha finora riguardato degli ignoti “scienziati indipendenti” che, essendo appunto sconosciuti, non danno alcuna garanzia né sul
valore scientifico dei dati né sulla buona fede che li spinge a trarre delle conclusioni. Dall’altro lato la scienza ufficiale, chiamata in
causa anche dalle numerose interrogazioni parlamentari fatte in Italia, nega ogni ipotesi di complotto sostenendo ben più concretamente la propria posizione.
La maggioranza delle prove portate a supporto dai teorici cospirazionisti è innanzitutto di natura percettiva: le scie sono troppo
larghe, alcuni aerei le tracciano altri no, persistono anche per diverse ore, si incrociano, il numero di veivoli che le traccerebbero
non giustificherebbe un normale traffico aereo. Inoltre, le tracce di metalli pesanti trovate nell’ambiente dopo il passaggio degli
aerei sarebbero il segnale che qualcosa succede. Ma, ipotizzando possibile, con buona approssimazione, prevedere dove cadrà una
sostanza gettata da una simile altezza, non si può comunque riuscire a capire la causa che ne avrebbe provocato la presenza senza
l’accuratezza scientifica che il caso richiede.
Per confutare certe ipotesi non dobbiamo neanche scomodare chissà chi: un complotto del genere necessiterebbe il coinvolgimento
di milioni di persone tra piloti, controllori di volo, meteorologi, tecnici e amministratori per mantenere la segretezza necessaria. E’
oltretutto improbabile giudicare la distanza tra due scie poste a migliaia di metri sul livello del mare semplicemente guardando da
terra; per lo stesso motivo due aerei che sembrano volare vicini sono in realtà molto lontani e possono produrre fenomeni diversi
a causa delle differenti condizioni atmosferiche. Se poi aggiungiamo che i ricercatori ufficiali ritengono perfettamente aderenti al
fenomeno di condensazione tutte le scie degli aerei prese in considerazione, abbiamo verificato la totale inesattezza della teoria
senza dover aggiungere che nessun aereo di linea riuscirebbe ad avere spazio né per i macchinari necessari all’irrorazione né per
una quantità simile di spray.
Come tante altre, quella delle scie chimiche è una teoria con scarse e insufficienti prove a favore, già più volte confutata e destituita
di ogni fondamento, ma che ha dalla sua parte il merito di creare suggestioni tanto affascinanti quanto illogiche.
LA LEGGE DI MURPHY
di Andrea Iaboni
Vi siete mai chiesti il motivo del perché un toast cada sempre
dalla parte del burro, e come mai studiate tutto il programma di
storia, dimenticando una pagina, e veniate interrogati proprio
su quella? Queste apparenti sfortune vengono dimostrate dalla
legge matematica di Murphy, verificata dalla legge dei grandi
numeri e dalla legge di mancanza di memoria della probabilità.
La celeberrima legge di Murphy non è uno stile di vita, non è una
norma da seguire, né un codice etico, non può essere applicata e
da questa non si può sfuggire, proprio come la forza di gravità. È
una legge così importante e rinomata che trova spazio nel “Funk
and Wagnalls Standard College University Dictionary’’ e il famoso scrittore Jerome K. Jerome ne fa frequente uso nel romanzo ‘’
Tre uomini in barca’’.
La sua storia risale al 1949 quando Edward Murphy, un ingegnere dell’Aereonautica statunitense, metteva a punto alcuni degli
esperimenti con razzo-su-rotaia. Questi prevedevano 16 accelerometri fissati al corpo di un individuo. Vi erano due possibili
metodi di montaggio degli accelerometri, di verso opposto, e
tutti e 16 vennero montati nel senso sbagliato. Fu questo evento
che spinse l’ingegnere a pronunciare il leggendario detto: ”Se ci
sono due o più modi di fare una cosa, e uno di questi può portare
ad una catastrofe, allora qualcuno la farà in quel modo”. Questa
frase fu annotata dal medico John Paul Strapp, il soggetto del
test, che la menzionò in una successiva conferenza.
Fu allora che Arthur Bloch ne prense spunto e - autore del sommo assioma - scrisse: “Se qualcosa può andar male, lo farà”.
Tal è
SOCIETà
Ma come ogni legge che si rispetti deve essere discussa e inoltrata da 10 corollari principali:
1)Niente è facile come sembra.
2)
Tutto richiede più tempo di quanto si pensi.
3)
Se c’è la possibilità che varie cose vadano male, quella che causa il danno maggiore sarà la prima a farlo.
4)
Se si prevedono quattro possibili modi in cui qualcosa può andar male, e si prevengono, immediatamente se ne rivelerà un
quinto.
5)Lasciate a se stesse, le cose tendono ad andare di male in peggio.
6)Non ci si può mettere a far qualcosa senza che qualcos’altro non vada fatto prima.
7)
Ogni soluzione genera nuovi problemi.
8)I cretini sono sempre più ingegnosi delle precauzioni che si prendono per impedir loro di nuocere.
9)
Per quanto nascosta sia una pecca, la natura riuscirà sempre a scovarla.
10)
Madre natura è una p*****a.
A tutte queste si aggiunge la constante di Murphy: “ Le cose vengono danneggiate in proporzione al loro lavoro”; la sua versione relativistica: “Tutto va male allo stesso tempo”; e la settima variante di Zymurgy: “Quando piove, diluvia”.
Se dopo aver letto questo articolo vi sentite con le spalle al muro e senza via di fuga ricordate di sorridere... perché domani sarà peggio.
IL TALETE TIFA POSITIVO!
La scuola ha partecipato al progetto “Tifo Positivo”, la cui conferenza di presentazione ha avuto luogo il 3 di Marzo presso la sede del Coni. Era presente una delegazione del liceo, composta da alunni delle classi IV G, V L e III B. Nel presentare l’iniziativa si sono susseguiti gli
interventi di vari esponenti delle organizzazioni che l’hanno resa possibile, trai quali i delegati
della FederCalcio, del Ministero della Pubblica Istruzione, la responsabile del progetto, gli
ambasciatori dell’associazione “Save the Dream” ( che mettono a disposizione un soggiorno in
Qatar per i primi sei vincitori del concorso) e il testimonial Matteo Branciamore. L’obiettivo
del progetto è quello di sensibilizzare i giovani sul tema del “tifo positivo” in contrapposizione
al tifo “violento” del quale abbiamo un esempio negli incresciosi episodi che avvengono costantemente nelle diverse realtà sportive italiane.
I partecipanti dovranno ideare un prodotto che esprima per loro, amanti dello sport, il significato del “tifare positivo”. I sei più meritevoli prenderanno parte al soggiorno in Qatar offerto
dall’associazione “Save the Dream” e inoltre i primi due verranno premiati nella sede di “Casa
Azzurri” a Rio.
Per saperne di più chiedi informazioni al tuo professore di educazione fisica e a breve sarà
consultabile il sito ufficiale del progetto.
Paolo Romagnoli
SPORT E OMOFOBIA
di Marco Caporaletti
skata flush
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L’OMS (Organizzazione mondiale della sanità) adotta, per valutare l’incidenza dell’omosessualità esclusiva nella popolazione umana,
la stima del Rapporto Kinsey , risalente al 1947 e considerata tuttora la più attendibile per la vastità del campione d’esame, secondo
cui tale incidenza è di circa il 5%; se si ipotizza, legittimamente, che il criterio di selezione dei componenti di una squadra di calcio
sia indifferente o quasi all’eventuale omosessualità dei giocatori, si arriva a conti fatti a concludere che, tra le 20 squadre della serie A
italiana, si debbano trovare come minimo una ventina di calciatori gay.
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SOCIETà
Tal è
Ma se la statistica sostiene il nostro risultato, l’esperienza diretta sembrerebbe smentirlo: pare infatti che i giocatori della nostra serie
A siano tutti felicemente eterosessuali.
La contraddizione si scioglie facilmente: i gay del calcio italiano non si dichiarano.
Questa situazione rispecchia una tendenza che riguarda tutto il mondo dello sport, in particolare quello maschile, e gli sport di squadra più diffusi e mediatizzati: quali fattori sociali, culturali ed economici concorrono a determinarla?
Il problema culturale.
C’è intanto un problema culturale di fondo. Nell’immaginario collettivo l’atleta di sesso maschile viene associato a caratteristiche,
quali forza e virilità, che difficilmente sono conciliabili con l’idea stereotipica del gay effeminato che la maggior parte delle persone
ha e che, purtroppo, rinforzata dall’azione nefasta dei mezzi di comunicazione di massa, persiste anche nelle generazioni più giovani.
Il coming out da parte di uno sportivo risulta quindi difficile da accettare e rischia di determinare un declassamento ingiusto quanto
dannoso, basato su generalizzazioni facili, scorrette e volgari. Di riflesso a questo atteggiamento si riscontra una molto maggiore
naturalezza nell’accogliere le donne lesbiche che si dichiarano nell’ambito di quegli stessi sport in cui l’omosessualità maschile è
stigmatizzata: secondo un punto di vista molto diffuso, le donne che praticano sport “da maschi”, il calcio ad esempio, presentano
ovviamente caratteri psicologici e attributi fisici considerati patrimonio maschile, caratteri e attributi che le fanno apparire tutte indistintamente tendenti al lesbismo. Tale ‘mascolinità’ è invece paradossalmente negata, seguendo lo stesso punto di vista, allo sportivo
maschio gay.
Lo spogliatoio.
Il coming out passa certamente, prima di arrivare al pubblico ampio dei fan e dei tifosi, attraverso il primo scoglio rappresentato dalle
persone con cui si condivide la passione, il campo, lo spogliatoio.
Se per molti è ancora difficile dichiararsi ai proprio amici o addirittura ai parenti più stretti, si può facilmente immaginare quanto
sofferto e travagliato possa essere il coming out con i propri compagni di squadra: chi deve farla teme che una rivelazione del genere
possa delegittimarlo a un livello, quello sportivo, che con essa non dovrebbe avere nulla a che fare, anche se spesso su chi la riceve non
avrebbe effetti così radicali. Per capire un simile atteggiamento bisogna considerare che molti degli scherzi più comuni, soprattutto
tra quelli “da spogliatoio”, hanno una carica omofoba intrinseca, seppure magari non volontaria, che spaventa, compromettendo ulteriormente una situazione già molto delicata: chi non ha mai sentito l’apparentemente innocua battuta della saponetta?
Il tifo e la pubblicità.
Ad acuire il problema dell’omofobia nello sport, soprattutto nelle discipline più seguite e “massificate” come il calcio, contribuisce in
misura sostanziale la paventata reazione della tifoseria.
Cosa ci si può aspettare infatti da chi, preso dall’eccitazione e dalla foga della partita, non riesce nemmeno a trattenersi da ignobili
cori razzisti in un’epoca in cui sono già state combattute le grandi battaglie contro la discriminazione razziale mentre gli omosessuali
ancora lottano per i loro diritti?
La pressione psicologica derivante dal mondo dei tifosi sarebbe per un gay dichiarato troppo gravosa, come testimoniano gli ancora
rarissimi casi di uomini omosessuali che escono allo scoperto nell’ambito degli sport più diffusi, come il calcio, il rugby o la pallacanestro, in cui il contatto tra chi gioca e chi guarda avviene anche e soprattutto attraverso i media televisivi e la loro tendenza alla sensazionalizzazione e spettacolarizzazione. Inoltre in questo campo è importantissimo, per un giocatore che stia costruendo la propria
carriera, prestare attenzione all’indice di gradimento, ovvero al successo di pubblico, che influisce in modo determinante sui contratti
pubblicitari, ma spesso anche professionali, che gli si propongono.
Sono degne di nota le affermazioni in merito di Max Clifford, considerato tra gli agenti pubblicitari inglesi di più alto profilo e migliore fama, che, intervistato dal giornale britannico online d’informazione GLBT “PinkNews” racconta di aver curato l’immagine di
diversi sportivi, e in particolare di due importanti calciatori, che desideravano mantenere un profilo il più “etero” possibile. Nell’intervista , che risale al 2009, Clifford risponde: “A quanto ne so io c’è un solo calciatore professionista di prima qualità che si è dichiarato
omosessuale – Justin Fashanu . Ha finito per suicidarsi. Curo l’immagine di una stella di prima divisione che è bisessuale. Se venisse
fuori che ha delle tendenze gay, la sua carriera sarebbe finita dopo due minuti. E’ giusto sia così? No, ma se vai sugli spalti e senti come
sono i tifosi, e anche quell’atteggiamento generalmente diffuso nel calcio, è quasi come tornare al Medioevo.”
It gets better .
Clifford stempera la sua visione decisamente pessimistica nel seguito dell’ intervista, sostenendo che “Il modo migliore [per cambiare
quell’atteggiamento] è quello di mostrare campioni ed eroi che sono apertamente gay. Se qualcuno del genere si dichiarasse, facesse
vedere che è gay, beh.. ecco finalmente qualcuno che è un giocatore molto forte, virile, neanche lontanamente assimilabile allo stereotipo. Più giocatori lo fanno e meglio è. [...] C’è bisogno di un effetto valanga. Se ci fosse un grande calciatore apertamente gay in ogni
squadra di prima divisione, allora l’atteggiamento delle persone nei confronti del problema cambierebbe rapidamente. Dopotutto,
la tifoseria calcistica – seguire una determinata squadra – è una faccenda piuttosto tribale. I tifosi di un certo club sosterrebbero il
proprio giocatore. Lo sosterrebbero, quasi automaticamente, anche se facesse coming out.”
E in effetti, i suoi auspici potrebbero essere in procinto di avverarsi. Nel febbraio del 2013 si è infatti dichiarato il calciatore americano
Robbie Rogers, seguito nell’aprile dello stesso anno dal cestista dell’NBA Jason Collins , che rimangono a tutt’oggi le uniche personalità di rilievo dello sport americano a fare coming out non agli sgoccioli, ma nel bel mezzo, della propria carriera. Un altro segnale
forte fu dato, nel 2009, dall’importante rugbista gallese Gareth Thomas, uno dei primi gay dichiarati nella sua disciplina. Consapevole
del significato del suo gesto, disse, durante un’intervista per la BBC-sports:”Gli sportivi sono racchiusi in una categoria stereotipica. E
finché qualcuno non rompe quella categoria, lo sport, e in generale la vita dello sport non può davvero evolversi.[...] Spero che, adesso
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Tal è
CULTURA
che lo stereotipo è stato infranto, magari non proprio ora, ma
forse in futuro, ci sia un diciottenne che a sedici anni ha scoperto
di essere gay, e ha appeso gli stivali al chiodo. Beh, forse, se il mio
messaggio è chiaro e giusto, si rimetterà gli stivali, li proverà e
tornerà a giocare a rugby [...] e riuscirà a essere accettato come
un rugbista di talento, anche se gay” .
E ancora, nel maggio del 2012 giunge il primo illustre esempio di
un rappresentante della boxe, Orlando Cruz (ha disputato qualche mese fa per il titolo di WBO Champion dei pesi piuma), che
con il suo coming out assesta un duro colpo ai falsi miti e agli
stereotipi di cui si è parlato, diventando il primo pugile professionista a dichiararsi in piena attività , mentre dicembre 2013
si dichiarava tramite un video caricato in rete il tuffatore Tom
Daley, il cui coming out non rappresenta tuttavia un caso isolato
nella sua disciplina .
Si riporta infine il recente caso del giocatore di football americano Michael Sam dichiaratosi il 9 febbraio 2014, che è probabile
diventi, secondo le previsioni di molti analisti sportivi, il primo
omosessuale dichiarato a giocare in NFL (National Football League).
Sono inoltre presenti in tutto il mondo numerose associazioni
tese a favorire l’integrazione delle persone apertamente GLBT
in ambito sportivo, promuovendo la formazione di squadre e
polisportive gay-friendly e organizzando tornei e campionati di
portata internazionale in cui grande rilievo è dato al tema delle
discriminazioni basate sull’orientamento sessuale, che si cerca di
abbattere nello sport e, anche attraverso lo sport, nella società.
La situazione, dunque, a livello internazionale sta migliorando,
e persino in Italia, dove le dichiarazioni di molti calciatori e allenatori anche di serie A denunciano un’arretratezza culturale
apparentemente irreparabile, si sta facendo, seppure a rilento,
qualche piccolo passo avanti .
Speriamo dunque che l’ “effetto valanga” funzioni davvero e ci restituisca, nel giro di qualche decennio, uno sport davvero libero,
inclusivo e senza pregiudizi.
FESTIVAL DEL CINEMA
di Sofia Gervasio
La mia passione per il cinema nasce più
o meno insieme a me, era come una sorta
di calamita che mi attraeva irrimediabilmente fin da piccola, una vera e propria
mania che nel tempo è diventata un'analisi sempre più profonda e consapevole dei
film che mi permetteva di coglierne aspetti
sempre nuovi, sia tecnici che non. E così
sono arrivati i primi abbonamenti a riviste
specializzate, ricerche particolareggiate di
film/autori/attori praticamente sconosciuti, dirette notturne per i premi più importanti, noleggio di film a dir poco introvabili
e finalmente il Festival.
Se mi chiedessero di parlare della mia
esperienza da giurata del Festival del Cinema di Roma, inizierei così, proprio dal
primo momento.
Quando ho saputo che c'era la possibilità
di parteciparvi come giurata di “Alice nella città”, sezione parallela a quella ufficiale, non ho aspettato neanche un secondo
perché un conto era essere spettatrice, un
conto era invece stare dall'altra parte, a
contatto con chi il Festival lo fa.
La mattina dell'otto novembre faccio
quindi parte dei ventiquattro ragazzi, provenienti da tutta Italia, che si riuniscono
davanti a “Casa Alice”, il “quartier generale” della giuria, pronti a ricoprire uno dei
ruoli più scomodi dell'industria cinematografica: i critici. Il nostro compito era
quello di guardare dodici film in concorso,
tutti riguardanti tematiche adolescenziali,
per proclamare un vincitore dopo dieci
giorni di rassegna festivaliera, il tutto farcito di film fuori concorso, riunioni, dibattiti, interviste a cast e attori e molto poco
tempo libero (mi spiego meglio: pranzo
del primo giorno consumato in 3 minuti e
23 secondi, sul serio). Una full immersion
nella settima arte. Una gioia per i miei occhi.
Il punto di forza di “Alice”, ciò che più mi
ha convinto, è quello di essere a misura di
giovani. Si percepisce che nasce da persone che tengono a ciò che fanno e tengono
a noi, credono veramente nell'importanza
di dare possibilità di esprimersi agli adolescenti, che lavorano un anno intero con
passione per creare un'atmosfera incredibilmente familiare, in grado di mettere le
persone immediatamente a proprio agio.
E ciò emerge in questa frase: “Benvenuti
nella grande famiglia di Alice”, forse la prima che ci è stata detta, quella che ha avuto
senso solo l'ultimo giorno quando ci siamo
resi conto che eravamo diventati amici nonostante lo scetticismo iniziale, quella che
rimane per sempre perché sai che è vera.
Quei dieci giorni sono stati però anche
una sfida, richiedevano una grande capacità autocritica ma ripagavano con un'altrettanta grande capacità critica (non solo
quando si trattava di guardare un film con
il fine di analizzare anche i più piccoli particolari, ma anche, amplificata, nella vita
di tutti i giorni), e questo per me è stato il
regalo più importante.
Per questo la mia esperienza ad “Alice nella
città” la descriverei così: unica, ma assolutamente da rifare.
HUNGER GAMES: LA RAGAZZA DI FUOCO
( HUNGER GAMES: CATCHING FIRE)
di Gabriele Scialanga
In occasione della recente uscita in DVD, proponiamo la recensione di uno dei film protagonisti al Festival del Cinema di Roma:
“Hunger Games: la Ragazza di Fuoco”.
Regista: Francis Lawrence
Interpreti Principali: Jennifer Lawrence, Josh Hutcherson, Liam Hemsworth, Woody Harrelson, Sam Claflin, Donald Shu-
21
CULTURA
Tal è
terland, Lenny Kravitz
Trama: Continua, in un secondo capitolo strabiliante, la saga distopica tratta dai libri di Suzanne Collins, con protagonisti gli
sventurati innamorati Katniss e Peeta. In questo secondo capitolo Katniss, dopo aver vinto i precedenti Hunger Games, affronta il
Tour della Vittoria in ogni distretto insieme a Peeta. Purtroppo Katniss dovrà tornare nell’arena a causa dell’Edizione della Memoria
poiché i tributi sono stati scelti tra i vincitori delle precedenti edizioni.
Opinioni Personali: Il film risulta particolarmente bello ed emozionate per via degli effetti speciali e della scelta meticolosa
degli interpreti. Jennifer Lawrence si immedesima perfettamente nella parte di Katniss riuscendo a cogliere gran parte della personalità della protagonista del libro. Recitazione perfetta è quella di Sam Claflin nel ruolo di Finnick Odair che rende vivo il suo personaggio perfino nelle espressioni facciali. Sebbene rispetto al libro siano state omesse delle scene significative per la storia, che sono
poi state inserite nel DVD, il film ha un grande impatto sul pubblico che spesso lo ha trovato commovente.
Voto: 8/10
Film connessi: “Hunger Games” (precedente), “Hunger Games: Il Canto Della Rivolta Parte 1” (Novembre 2014), “Hunger Games: Il Canto Della Rivolta Parte 2” ( Novembre 2015)
Tal è
CULTURA / SVAGO
gazzo a cui hanno dovuto amputare una gamba a causa di un osteosarcoma. I due ragazzi intraprendono una relazione affrontandola
con ironia e, grazie all’entusiasmo di Augustus, Hazel esce dalla propria routine ricominciando a vivere per davvero. Il cancro però
non dà vittorie, infatti Augustus dopo un esame scopre che l’osteosarcoma si è diffuso in tutto il corpo e quindi il tempo che rimane
da passare con Hazel è assai poco.
Opinioni personali: Il cancro è una malattia che miete vittime ogni giorno ma in questo libro, grazie all’abilità dell’autore,
viene affrontata dai protagonisti come una sfida: o vincono loro o il cancro. Hazel sa benissimo che non vivrà a lungo ma non si abbandona perché vuole rimanere il più a lungo possibile con Augustus, e lo stesso vale per lui. Descrivere le emozioni provate leggendo
questo libro è sicuramente difficile poiché si tratta di un mix di felicità e tristezza che coesistono e regalano una sensazione di pace
assoluta. . La scrittura è fluida e scorrevole ma sono presenti anche delle pause che permettono di fermarsi a riflettere. E’ consigliata
la lettura di questo libro perché la storia stessa è una lode alla vita che non va sprecata per quanto breve sia.
Voto: 10/10
Libri simili e consigliabili: “Cercando Alaska” (di John Green), “Resta anche domani” (di Gayle Forman)
¡TRè!
UN TUFFO NEL LATO OSCURO DEGLI ANNI ‘70
di Chiara Tirendi
Un affresco di un’epoca. Così potremmo definire “Spingendo
la notte più in là”, il breve romanzo di Mario Calabresi, figlio
del commissario Luigi Calabresi, ucciso nel 1972 dal gruppo di
estrema sinistra “Lotta Continua”, in quanto ritenuto responsabile della morte dell’anarchico Pinelli, avvenuta nella sua questura nel 1969. A seguito di questo evento, egli era diventato
oggetto di una durissima campagna d’odio, che fece confluire
su di lui tutte le tensioni e le forti conflittualità di quel periodo,
creandogli intorno una specie di “cordone sanitario”, come egli
stesso aveva detto alla moglie Gemma. Un clima terribile e angoscioso, che sarebbe poi sfociato nel suo assassinio. Solo molti
anni e molti processi dopo, la vedova e i tre figli avrebbero vista
riconosciuta la sua innocenza e la sua immagine “riabilitata”,
anche grazie al conferimento della medaglia al valore nel 2004
da parte del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi.
L’autore, tuttavia, non vuole concentrarsi solo sulla propria vicenda personale, ma descrivere un sentimento comune a tutti i
parenti delle vittime del terrorismo. Una sensazione di rabbia,
di vuoto, di privazione di una parte fondamentale della propria
vita futura che non tornerà mai più, perché chi può sostituire
un padre, un marito, un fratello? Una sensazione di frustrazione, alla vista degli ex-terroristi che vengono invitati negli show
televisivi e trattati come celebrità, che scrivono sui più noti
quotidiani nazionali (questa è anche la ragione per cui lo scrit-
tore ebbe dei dubbi nell’accettare la proposta di lavoro di “Repubblica”, che accoglie tutt’oggi gli articoli di Adriano Sofri, condannato a ventidue anni di prigione come mandante dell’omicidio del
commissario Calabresi). Una sensazione di abbandono da parte
dello Stato e delle istituzioni, che li hanno dimenticati, non offrendo loro alcun sostegno psicologico o morale, guardando la loro
esistenza andare in pezzi, intervenendo in modo frammentario e
con grande ritardo. C’è chi ha avuto il coraggio- perché di questo
si tratta- di guardare avanti e di troncare il meccanismo perverso
del rancore infinito, come la madre di Mario, che ha instillato in
lui e nei suoi fratelli valori come il rispetto per le leggi, la fiducia,
la speranza, o la moglie del giornalista del “Corriere della Sera”
Walter Tobagi, che allo stesso modo si è comportata con i suoi
figli. Ma c’è anche chi non è riuscito a risollevarsi ed ha condotto
una vita a metà, mai completamente serena. In un paese che troppo frequentemente rimuove consapevolmente i ricordi dei suoi
periodi più oscuri e travagliati, ancora più cruciali sono i romanzi
che tengono in vita la memoria, che ci impongono di riflettere e di
confrontarci con qualcosa che vorremmo dimenticare, per poterlo elaborare, come si fa con un lutto, indipendentemente da fraintendimenti storici e ideologie. Tutti dovrebbero farne esperienza,
in particolare i giovani, per approfondire un decennio troppo
spesso trascurato dai programmi scolastici, ma anche gli adulti,
per capire meglio chi siamo e perché ci troviamo qui.
COLPA DELLE STELLE (THE FAULT IN OUR STARS)
di Luca Vignali
“¡Trè!”, l’ultimo album del noto gruppo Green Day, è una delusione rispetto ai suoi predecessori (¡Uno! e ¡Dòs!). Le vendite sono
state nettamente inferiori: solo 58000 contro le 139000 di ¡Uno!. Parlando da un punto di vista più direttamente musicale,
l’apertura del disco è spiazzante: si comincia con un “Brutal Love” veramente poco accattivante che fa temere che ci si annoierà per
la durata dell’intero disco. Il brano è introdotto da un arpeggio di chitarra ripetitivo che si protrae per quasi tutto il primo minuto;
ciò rende la traccia più adatta a concludere che non ad inaugurare un album.
La seconda traccia è intitolata “Drama Queen”. Durante tutto il primo minuto non ci sono rilevanti variazioni della ritmica e del
cantato. A causa di ciò nasce nell’ascoltatore medio un sinistro sospetto: ”Le altre 12 canzoni dell’album avranno tutte riff e testi
simili?”.
Poi, stranamente, si passa ad una canzone maggiormente elaborata (uno spiraglio di luce? ), “X-Kid “, nella quale sono presenti tre
variazioni ritmiche interessanti e lo sviluppo di un assolo tecnicamente più articolato rispetto a quelli dei Green Day “classici”.
Continuando ad ascoltare l’album passiamo a “Walk Away”: brano che comincia con un
tempo lento il quale porterà ad un muting sulla chitarra da parte di Billie Joe, che suggerisce all’ascoltatore una futura “esplosione”
musicale... mentre ci si ritrova ad assistere ad una continua ripetizione delle parole “Walk Away”, con un riff che farebbe addormentare anche i maggiori fan dei Green Day.
L’ultimo brano è ”The Forgotten”, secondo me il brano più indicato per la chiusura, con un tempo lento ...troppo lento, lo stesso per
circa 4 minuti, durante i quali viene trattato un tema malinconico. L’unico punto a suo favore è la presenza di un assolo abbastanza
articolato .
Speriamo che i Green Day la prossima volta, invece di una trilogia, scrivano un album degno della loro fama. A presto.
SVAGO!!
In queste ultime due pagine troverai passatempi
per svagarti tra una lezione e l’altra...
di Gabriele Scialanga
Autore: John Green
SUDOKU
Casa editrice: Rizzoli
Breve Trama: Mentre tutti vivono la propria vita Hazel Grace combatte contro un cancro ai polmoni. Quando ormai la sua
morte è certa, avviene un miracolo e, grazie ad un farmaco speciale, riesce a salvarsi; ma purtroppo il farmaco si limita ad attenuare i
sintomi della malattia lasciando ad Hazel pochi anni da vivere. Non potendo più andare a scuola, comincia a prendere lezioni private
e si appassiona alla lettura rifiutando ogni contatto sociale, poiché si sente come una mina pronta ad esplodere, se non quello con il
gruppo di supporto e un’amica che vede raramente. Proprio frequentando il gruppo di supporto conosce Augustus Waters, un ra-
22
SOLUZIONE:
4/14 ANNO I N. I
di FrancescoAncona
Completa lo schema con i numeri da uno a
nove, che dovranno comparire una sola volta n in oni riga, colonna e blocco 3x3
23
CREATO CON LA VERSIONE DIDATTICA DI UN PRODOTTO AUTODESK
SVAGO
Tal è
CRUCIVERBA
1
Prof.ssa Paola Mastrantonio
2
Completa lo schema con le parole definite di seguito
3
4
5
CREATO CON LA VERSIONE DIDATTICA DI UN PRODOTTO AUTODESK
6
7
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22
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25
ORIZZONTALI
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stomaco si è crudeli e insensibili
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per Dio 2
2 Il Manero dellaˢÝĶŘŸŎs_ÞȖŘƼǣǣsNjŸǼǼŸ_ÞĵǼǼssÞǢȖŸÞ^sNjÞɚǼÞ
Febbre del Sabato Sera
Abbomndante in quantità (femm.) 4ŗǼŘǼs¶ŸŘ¯ÞEÞĶs˥
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3
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Quelli marsicano sono protetti 9NJsOÞƼÞsŘǼsÞŘƼsĶĶsˠˡ
5 Il bosco del Signore
degli Anelli
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Affluente del Reno 11 əŸOsƼŸOŸOÌÞNjˠˤ
6 Sinonimo di circondare
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7 Esclamazioneveneta
di sorpresa
Recipiente in pelle 12
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ˠˢŗÞŘ¯ÞŘŘŎŸNjǼ_ÞŗNjOÞǣŸ
8 Sono rappresentati
su una rosa
Alex difensoreəÞuLJȖsĶĶŸŎŸĶsOŸĶNjssLJȖsĶĶŸǼŸŎÞOŸˠ˧
del Barcellona 14
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10 Adirata, pienaˠ˧džȖsĶĶŸ_Þ˃¯ŸÞs¶Njǣ˃uȖŘǣƼsOÞĶÞǼ¯NjŘOsǣs
di rabbia
Voce poco chiara 15
ĵŸsNjNÞNjOsˡˠ
Quello burocratico a volte è molto complicato
16
11 Pronome personale
francese
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µȖ_¶ŘŸʰÞŘǼsNjsǣǣsʰNjsŘ_ÞǼˡˡ
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Vi è quello molecolare
e quello atomico 18
13 Ninfa innamorata
di narciso
ˡˢĵsǣȖsOÞŎsɚŘŘŸEsŘsƼsNjĶsŸNjsOOÌÞsǼǼs
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17 Quadrato per la boxe
Altro nime del giaggiolo 19
Lo era Circe 21
18 Quello di “foie gras” è una specialità francese
Guadagno, interesse, rendita 22
20 Ricovero per polli
21 Distesa di acqua
Grossi recipienti per conservare l’olio o altri alimenti 24
23 Le sue cime vanno bene per le orecchiette
Vola di fiore in fiore 25
PER FINIRE...STRAFALCIONI DEI PROF!
CREATO CON LA VERSIONE DIDATTICA DI UN PRODOTTO AUTODESK
Il segreto dei cannoli è La Ricotta
[Cit. Prof .Guarisco
Ho scoperto un prodotto fenomenale che blocca la caduta dei capelli: si chiama Pavimento
[Cit. Prof. Priore
Volevo interpretare la filosofia tecnico-sociale dell’educazione fisica nell’ambito eudemonistico della gnoseologia, soggettivando le evenemenziali processualità psico-motorie in maniera completiva e totalmente
inedita per dare spazio all’esperienzialità come concetto palingenetico
[Cit. Prof. Mezzetti
Immaginatevi un’aspirapolvere cosmico enorme!
[Cit. Prof. Naccarato sui buchi neri
24
4/14 ANNO I N. I