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Pubblicato il 15 Giugno 2015
Il coreografo inglese M ichael Clark ha mostrato al Ravenna Festival il suo stile inconfondibile
Ecco Animal Vegetable Mineral
servizio di Erica Rocchi
RAVENNA - Ex enfant-terrible della coreografia inglese, Michael Clark ha modellato nel tempo la sua
vena punk in una guaina bizzarra e personalissima. In cerca di una conciliazione stridente tra l’algida
eleganza del danzatore classico e la ricerca continua di nuove forme d’arte che uniscano il movimento
alle luci e alla musica, Clark è un creatore di danze selvagge con un tocco glam, dal graffio pittorico e
psichedelico della Pop Art. Un “Bad Boy”, fedele però al ritmo alternativo che imprime ai suoi lavori,
così come continua a riconoscersi nelle sue passioni: dalla musica dei Sex Pistols alle complicità con
Charles Atlas, creatore della “Video Danza”. Nato in Scozia nel 1962 ad Aberdeen, Clark si diploma alla
Royal Ballet School di Londra e si unisce al famoso Ballet Rambert dando subito segni di irrequietezza
nei confronti della rigidità formale del classico ribellandosi come ballerino e coreografo alle severe
imposizioni del mondo del balletto, alla rigidità e all'ipocrisia di un sistema che lui ritiene ormai superato. Ispirato da Charles
Atlas, regista “storico” per Merce Cunningham e John Cage, da una parte ne assorbe il rigore perfetto, lo interpreta da
danzatore, dall’altra intende cambiare i dettami e a deformarli con irriverenza sorprendente.
A spingerlo in questa direzione, influisce
certamente il passaggio nella compagnia
di Karole Armitage, e la collaborazione in
veste di coreografo alle sue creazioni.
Trasgressivo ma fedele a uno stile che per quanto “deviante” - resta impeccabile,
Clark si fa apprezzare come autore di linee
fluide e architetture chiare, dove spuntano
colli del piede arcuati, piroette velocissime
e tecnica virtuosistica come nella miglior
tradizione del Royal.Nel 1984 si mette in
proprio fondando la sua compagnia e
inoltrandosi in un percorso sfrontato di
lavori che incrociano passi di classico con
note di punk. Non c’è alcun dubbio che per
Michael Clark la vita e l'arte sono la stessa
cosa, i dettagli della sua colorata biografia
riflettono
e
si
ripercuotono
nella
provocazione di ogni suo lavoro. Icona di
ballo britannico è arrivato sabato 13 giugno
2015 al Ravenna Festival con la sua
produzione più recente “animal / vegetable
/ mineral”, mélange di corpi eccentrici con
cui la compagnia di Clark tornando
magistralmente a elettrizzare le nostre scene alle radici della danza classica, arricchendola con un tocco di glam e punk. In
questa coreografia, il repertorio neo-classico del movimento accademico si fonde in modo congeniale con l'energia grezza
dei gruppi musicali punk, come i Sex Pistols, Scritti Politti, Jarvis Cocker e Relaxed Muscle. I sei ballerini insieme
all’architetto delle luci e ai video firmati dall’artista Charles Atlas, iscrivono linee e modelli su spazi vuoti, creando immagini di
bellezza meditativa. “Odio l’idea che non si possa creare qualcosa di nuovo, che ogni cosa è solo un pastiche di ciò che è
venuto prima - racconta Clark a proposito del suo stile - e se il b alletto sopravvivrà, lo si deve ai danzatori e ai coreografi che
lo sfidano. Si deve ri-definire il classico. Non potrei fare un pezzo creato solo con un vocab olario tradizionale. Devi sempre
aggiungere nuove parole al linguaggio o questo muore”.
Le esplorazioni di Clark si sono spesso imperniate intorno alla magnifica ossessione della danza, magari mettendolo in
contrapposizione alla musica rock (cosa che negli anni Ottanta del Novecento fece discutere parecchi critici) o colorando la
scena con costumi chiassosi e vistosamente pop. Un gusto che negli anni ha virato sempre più verso l’opera pittorica,
stringendo collaborazioni con artisti visivi e molti altri protagonisti dell’avanguardia newyorchese.
Ma anche con stilisti e musicisti in sintonia col suo spirito ribelle. Lo spettacolo al Palazzo Mauro De André è iniziato con oltre
mezz’ora di ritardo a causa di problemi tecnici, che pare abbiano visto infuriare lo stesso Clark (forse per alcune luci fuori
posto, che non avrebbero garantito la perfezione scenica; il pubblico è rimasto piuttosto disorientato dai frequenti intervalli
della performance già dalla prima parte percependo un certo caos organizzativo sul palco stesso: luci colorate senza alcuno
sfondo, ballerini in abitino nero stile divisa da collegiale con movimenti lenti e molto ripetitivi, dando quasi l’impressione che
non cominciassero mai, complici anche le musiche ipnotiche e consequenziali in grado di ricordare molto la new wave degli
anni ’80.
Lo stile della Pop Art infatti, è il segno distintivo delle composizioni di Clarke che si ispira continuamente a quel genere,
stravagante e pittoresco, post punk, che portò in auge Andy Warhol. La seconda parte ha sicuramente meglio rappresentato
la sua unicità rispecchiandolo nella scelta di vestire i ballerini con tute prima spaziali dorate poi zebrate movimentando la
scena rubata da un video proiettato a grande schermo raffigurante una band rock intenta a suonare e cantare musiche anni
’80, creando inevitabilmente il problema dell’attenzione, dal momento in cui gli spettatori erano quasi più attirati dalla
sequenza visiva che non dai ballerini stessi. Delusione per la mancata uscita sul palco del coreografo Clark a fine spettacolo
per i tanti, seppur non meritatissimi (secondo noi), applausi.
Crediti fotografici: Silvia Lelli per Ravenna Festival