La Voce dell`Indiano

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La Voce dell`Indiano
Giorgio Nannini
LA VOCE
DELL’INDIANO
Racconti per conoscersi, per scoprirsi, per far germogliare
i semi di una saggezza che viene da lontano, da molto lontano...
Tutte le illustrazioni del volume sono dell’autore
Prima edizione: gennaio 2000
Tutti i diritti riservati
© 2000 by Simonelli Editore s.r.l. - via G. Leopardi 2 - 20123 Milano
Direzione Operativa: via G. Verdi 5 - 20121 Milano
tel. 02-89010492
e-mail [email protected]
internet: http://www.simonel.com
ISBN 88-86792-23-9
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e di cui è vietata la vendita come la diffusione oltre la persona che le ha “scaricate” on line.
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Simonelli Editore
Quando l’ho incontrato per la prima volta ho sentito immediatamente che qualcosa stava cambiando
dentro di me.
Fino ad allora mi ero principalmente impegnato ad ascoltare e ad imitare coloro che erano più esper ti.
Cercavo un maestro che mi insegnasse le regole della vita.
Ne ho conosciuti alcuni e li ho seguiti con grande impegno ricavandone insegnamenti che mi sono ser viti ad ottenere buoni risultati e un certo successo. Ma poi, improvvisamente, non mi è bastato più.
Consigli e modelli di riferimento non sono stati più sufficienti e ho avuto bisogno di dare fiducia a ciò
che sentivo.
Ecco, è stato proprio in quel momento che mi sono accorto di Lui.
All’inizio, era soltanto una sensazione poi è diventata una presenza che avvertivo sempre più frequen temente. Ho cominciato a dare meno credito ai principi e alle regole e a fidarmi della sua voce. Una voce che
giorno dopo giorno mi ispirava, forse mi sussurrava, tanti, strani racconti carichi di emozioni, di riflessioni e
di saggezza.
È proprio Lui l’indiano protagonista del mio pri-mo racconto?
Giorgio Nannini
L’INDIANO DI KODJAK
...aprendo il cuore, senza paura,
ci si accorge di un mondo senza confini e senza tempo
che aspetta da sempre di poter amare e di essere amato.
LA PARTENZA
«Allora siamo d’accordo: volo diretto per Anchorage, camper prenotato presso la Alaska Travel
Company e poi vi organizzerete sul posto per andare a pescare. Le ricordo che i nostri agenti ad Anchorage
organizzano escursioni anche per pochi giorni, in zone completamente selvagge dove potrete rimanere in
contatto con il resto del mondo soltanto via radio».
Era il sogno della mia vita e a quel pensiero provai una forte emozione, in parte smorzata alla vista
della cifra che mi sottopose quando fece i conteggi finali. Ma fu solo un attimo e, con uno svolazzo della
mia stilografica, firmai l’assegno partendo col pensiero per l’Alaska.
La pesca è sempre stata la mia grande passione. Pescare, per me, rappresenta il sogno e l’evasione
da tutto ciò che mi opprime. Il contatto con la natura mi ricarica e il duello d’astuzia che ingaggio con i pesci
stimola il mio senso di avventura che si rinnova tutte le volte che arrivo in riva al fiume.
I giorni seguenti organizzai il materiale: canne, artificiali, fili, ami di dimensioni tali che, mentre
controllavo tutto, mi domandavo: «Se riuscirò a catturare dei pesci di queste misure non credo che al mio
ritorno riuscirò più a pescare cavedani nel Ticino».
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Mi ero documentato molto sulle abitudini dei salmoni, sulla loro capacità di risalire i fiumi fino alle
sorgenti dove si riproducono e muoiono. Al negozio di caccia e pesca dove abitualmente mi rifornivo non
parlavo d’altro. Avevo conosciuto un paio di personaggi che erano già stati in quelle zone e mi avevano dato
informazioni importanti sui corsi d’acqua e sulle specie che in quel periodo risalgono la corrente. Il programma proposto dall’agenzia era in parte organizzato e in parte da improvvisare. Contavo di recarmi col
camper insieme agli altri nella penisola di Kenay e di cominciare sul Kenay river dopodiché mi sarebbe piaciuto raggiungere in aeroplano l’isola di Kodjak.
ALASKA
Finalmente il giorno della partenza.
Non conoscevo i miei compagni di avventura.
In aeroporto, un impiegato dell’agenzia ci riunì in gruppo e, dopo le presentazioni ci lasciò. Fu però
facile familiarizzare e, durante il viaggio, non si parlò d’altro che di catture gigantesche.
Ad Anchorage prendemmo possesso del camper nel pomeriggio e partimmo subito per la penisola
di Kenay.
La nostra motorhome non era un gran che e, dopo poche decine di chilometri, cominciò a surriscaldarsi.
Ci fermammo in riva ad un laghetto dove uno dei miei compagni cercò di riparare il guasto alla ventola di raffreddamento. Ma, nonostante l’inconveniente e la stanchezza del viaggio, mi sentivo in paradiso:
tramonto di fuoco, boschi di conifere che si specchiavano nell’acqua, castori al lavoro per costruire una diga.
Dopo aver riparato il guasto consumammo una cena veloce e guidammo fino a tarda sera per arrivare a Soldotna, piccolo centro sulle rive del Kenay river. Trovammo un campeggio proprio sul fiume e
facemmo in tempo a vedere dei pescatori che, con un filo di luce, salpavano gli ultimi salmoni della giornata.
L’indomani, di buon’ora, ci ritrovammo finalmente con la canna in mano, con i nostri artificiali che
lavoravano sul fondo del mitico Kenay river. Il posto non era niente di speciale ma era l’ideale per imparare la tecnica; a due passi c’era un negozio di pesca gestito da un omone prodigo di consigli.
Verso sera, cominciammo a catturare qualche esemplare di medie dimensioni che comunque ci diede
grandi emozioni.
I giorni seguenti ci perfezionammo a tal punto che diventammo i più bravi nella zona ma io cominciavo ad annoiarmi perché avrei voluto risalire il fiume o, comunque, trovare dei posti più selvaggi. Al contrario, i miei compagni erano talmente entusiasti del numero e delle dimensioni delle catture che non pensavano minimamente di spostarsi e così decisi di organizzarmi per conto mio.
Sempre tramite il negoziante conobbi un pilota di aereo con il quale mi accordai per farmi trasportare sull’isola di Kodjak.
L’INCONTRO
Il volo durò una trentina di minuti e fu confortevole ma, durante la fase di atterraggio, mi accorsi
che qualcosa non andava bene e infatti il manometro dell’olio era praticamente a zero.
«So di cosa si tratta ma non riuscirò ad aggiustarlo da solo. Bisognerà chiamare aiuto via radio».
Nonostante tutto, non ero preoccupato, anzi lasciai il pilota ai suoi segnali di soccorso e me ne andai
a dare un’occhiata in giro.
Eravamo in un piccolo cottage di legno in riva ad un laghetto. All’intorno, solo boschi con qualche
cima imbiancata di neve.
L’autunno cominciava a colorare le foglie di mille colori che si riflettevano nell’azzurro dell’acqua.
Un grande silenzio e un profondo senso di pace mi facevano sentire libero e sicuro. Dall’alto di una conifera, una grande aquila dalla testa bianca mi guardava con curiosità.
«Ci vengono a prendere stasera stessa!».
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Il pilota era riuscito a mettersi in contatto con un collega che aveva appena trasportato dei clienti nell’isola a qualche chilometro di distanza e si era accordato per farsi riportare ad Anchorage dove avrebbe trovato il pezzo di ricambio.
«Io non vengo» risposi. «Mi fermerò qui ad aspettarti e se ci metterai qualche giorno in più vorrà
dire che allungherò la mia vacanza. Dammi le frequenze radio in caso di bisogno, le provviste necessarie e
le mappe dell’isola».
Il pilota non era molto convinto della mia decisione perché si sentiva responsabile di quello che mi
sarebbe potuto accadere ma, vista la mia risolutezza, si arrese.
Dopo qualche ora lo prelevarono ed io rimasi a guardarli dopo il decollo fino a quando quel puntino scomparve all’orizzonte.
Rientrai in casa e presi l’occorrente per fare un’escursione, volevo dare un’occhiata al fiume per
poter decidere il tipo di attrezzatura per il giorno dopo.
Mancavano poche ore al tramonto e non potevo allontanarmi troppo. Seguendo la mappa e le indicazioni del pilota mi ritrovai sul fiume dopo una breve passeggiata. Era un grande corso d’acqua con una
corrente impetuosa che qua e là rallentava formando delle anse di acqua calma. Al centro, la corrente s’infrangeva contro enormi massi rendendo spumeggiante la superficie.
Non c’era molta portata d’acqua e, con un po’ di fortuna, in qualche tratto si poteva forse passare
sull’altra sponda saltando di masso in masso. Risalii verso monte e arrivai ad una cascatella dove vidi alcuni orsi che stavano pescando.
Era uno spettacolo stupendo: diversi esemplari di grizzly erano in attesa del passaggio dei salmoni
e si erano posizionati sui massi al centro del fiume appena a monte della cascata dove i pesci erano obbligati a rallentare la loro corsa ed erano più facili da catturare.
Mi avvicinai e vidi le prime prede: erano dei grossi esemplari di sockeye, i salmoni rossi.
Rimasi incantato ad ammirare questa scena e non mi accorsi del tempo che passava.
I riflessi infuocati del tramonto mi ricordarono che dovevo tornare e, a malincuore, ripresi la strada
di casa.
Avevo appena percorso poche centinaia di metri e un grido si levò alle mie spalle. Più che un grido
era un lamento ma così acuto e straziante da potersi udire dappertutto.
Ritornai rapidamente sui miei passi. Proveniva dalla zona della cascata. Mi assicurai di avere il fucile carico e pensai subito a qualche turista aggredito dai grizzly.
I lamenti erano sempre più vicini, avevo il cuore in gola per la corsa e per la paura.
«Dannazione a quando mi è venuto in mente di rimanere da solo!».
Improvvisamente, non sentii più nulla, un silenzio profondo era calato sul fiume.
Gli ultimi raggi del tramonto illuminavano di rosso la cascata, i grizzly non c’erano più. Avevo
paura, quegli orsi potevano essere dappertutto. Sentivo i loro occhi su di me e cercavo di mantenermi in una
posizione tale da non poter essere colto di sorpresa in caso di attacco.
Intorno a me non si muoveva una foglia, della presunta vittima neanche l’ombra.
Il lamento riprese e questa volta ebbi la strana sensazione che quella voce rimbombasse in realtà solo
dentro di me. Mi sentii attratto ancora più a monte della cascata: qualcosa o qualcuno mi stava aspettando.
La mia ombra era sempre più lunga, il sole stava ormai scomparendo all’orizzonte. Finalmente scorsi una figura sul greto del fiume: un indiano.
Era immobile ma sentivo il suo grido di dolore dentro di me, sempre più forte e disperato.
Mi fermai a pochi metri da lui e lo fissai come attratto da una forza misteriosa.
Un grande silenzio era calato su di noi. La natura era così immensa che non c’era più bisogno di
suoni. Non avevo più paura. Ero diventato parte di quel paradiso, non esisteva più il confine e il limite del
mio corpo. Mi sentivo unito all’universo meraviglioso di quel luogo. Riuscivo a guardare dentro di me,
completamente libero; improvvisamente, senza accorgermene, ero entrato in uno spazio immenso, senza
confini materiali: un mondo eterno e infinito che passava attraverso la porta del mio cuore.
L’indiano sollevò il capo e mi rivolse lo sguardo. Sentii le sue emozioni. Lui era sempre lì, immobile, ma avevamo stabilito un contatto profondo fatto di silenzio e carico di amore. Mi misi a sedere e lasciai
che la magia del suo mondo entrasse in me.
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«In questo fiume i salmoni rossi risalgono la corrente impetuosa per riprodursi. Un’intera specie di
animali che sa di dover morire per amore. Molti non arriveranno nemmeno alla meta perché saranno preda di animali o vittime dello sforzo sostenuto. Solo i più forti e i più scaltri ce la faranno ma saranno così provati dal lungo
viaggio che subito dopo l’accoppiamento moriranno a loro volta».
«Io amo questo pesce pazzo, perché è stato creato per essere innamorato, fino alla morte».
«Sulle rive di questo fiume io ho vissuto la mia stagione d’amore ma ormai è terminata».
In quel momento, sentii il suo dolore e la sua solitudine, così grandi e infiniti da non aver bisogno di
parole per poter essere compresi.
Le tenebre erano ormai scese su di noi ma la luna era così luminosa da rischiarare a giorno quel tratto
di fiume. La corrente era più dolce e quasi si fermava in quell’ansa dove i salmoni sostavano per riposarsi dalle
fatiche del viaggio. Ogni tanto, qualche pesce saltava fuori dall’acqua o giocava sulla superficie mostrando la
grande pinna dorsale. Avrei avuto voglia di accarezzarli o di tuffarmi con loro.
L’indiano li fissava e il suo sguardo si era intenerito.
Mi resi conto che i salmoni erano lì per lui e stavano danzando nell’acqua per rendergli omaggio. Sul
viso dell’indiano scesero lacrime di commozione, come gocce di luna che scintillavano sull’acqua.
«Sento il profumo della tua pelle fra i profumi della notte, vedo la dolcezza del tuo sguardo nella dolcezza della luna. E respiro la brezza dell’amore eterno. Non è rimasto più niente di te, forse neanche i ricordi
che mi appaiono così sbiaditi e che per tanto tempo mi hanno fatto soffrire immensamente, ma tutto ciò che esiste in questa notte magica ti appartiene, adesso, in questo momento. E tutto mi appare così vivo, così carico d’amore che mi sembra di averti qui vicino da sempre e per sempre o forse solo ora. Il tempo si è fermato, non
dovrà più succedere nulla, tutto è perfetto in questo istante. Esistono solo pace e amore».
Sentii la sua felicità per averla ritrovata; non il suo corpo, non il suo viso, non il suo sguardo ma la sua
dolcezza, il suo calore, il suo amore nella perfezione eterna delle creature di quella notte. Forse, per esprimere
un amore immenso non basta un piccolo corpo, forse occorre l’infinito e l’eternità.
La figura dell’indiano cominciò a ingrandirsi e poi a sbiadirsi. Ondeggiava felice come una fronda cullata dal vento e volava sopra di me, leggero come una piuma. Pian piano scomparve alla mia vista ma io sapevo che era vicino a me.
Respirai l’aria fresca della notte. Non ero mai stato così felice.
Mi sentivo libero. Non avevo più paura.
Avevo lasciato che il dolore del mondo entrasse nel mio cuore e qui l’avevo visto trasformarsi in amore.
Quella notte era la mia notte: quel cielo, quella luna, quei salmoni, quel fiume erano dentro di me ed io
dentro di loro.
Mi addormentai. Sognai un grande salmone rosso che risaliva la corrente portando sul dorso una donna
indiana. Lui la vide passare sul fondo del fiume e si tuffò nell’acqua gelida scomparendo alla mia vista.
IL GIORNO DOPO
Le prime luci dell’alba mi ridestarono. Ero solo.
Mi guardai attorno per cercare di capire se avevo sognato o se era accaduto realmente: i grizzly erano
tornati a pescare e la grande aquila dalla testa bianca mi osservava dall’alto di un albero.
Rimasi sconvolto tutto il giorno cercando di darmi una spiegazione di ciò che era accaduto ma senza trovare risposta. Forse, la risposta era da cercare in quella natura incontaminata e in quella atmosfera magica dove
tutto poteva accadere, ma in quel momento non potevo capire.
«È stato un sogno, un maledetto sogno. Mi sono addormentato in mezzo agli orsi e ho rischiato la pelle
per seguire tutte quelle fantasticherie».
Tutto mi appariva così distante, così estraneo che mi sembrava impossibile essere rimasto coinvolto in
una situazione così inspiegabile.
Mi stavo trincerando dietro una corazza di fredda razionalità. Non provavo alcuna emozione.
Asera fui riportato alla realtà dal rombo del motore del mio pilota che era riuscito a riparare il guasto in
breve tempo e tornava a farmi da guida.
«Domattina, di buon’ora ti porterò a pescare i più bei salmoni di Kodjak».
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Il suo buon umore mi coinvolse ma evitai di parlare con lui dell’accaduto. All’alba eravamo sul fiume
e iniziammo a pescare.
Tutto era tornato normale. Finalmente i conti quadravano. Era una bella giornata di pesca, in un posto
fantastico, fra orsi e salmoni. Era il sogno della mia vita che si stava realizzando. Vedevo le sagome dei pesci
che risalivano e ogni volta che la mia lenza entrava in acqua immaginavo la mia esca fra quei bestioni e attendevo con ansia il momento fatidico. Non dovevo farmi trovare impreparato, la mia attenzione era al massimo.
Dopo pochi istanti, sentii un’abboccata così potente da farmi tremare i polsi. Ferrai immediatamente e
incominciai una lotta durissima con un esemplare di dimensioni spropositate. La frizione del mulinello era
rovente, la canna era piegata ai limiti della sua elasticità. Lo vidi saltare in mezzo al fiume: era un sockeye. Alla
fine, ebbi la meglio e, come per incanto, smise di opporre resistenza e si lasciò trascinare a riva.
Ormai era sotto ai miei piedi: vidi la sua grande sagoma rossa e per un attimo si mise sul fianco e mi
guardò. Fu allora che sentii ancora quel lamento, quel grido di dolore dentro di me. Un attimo e tutto mi diventò
chiaro.
Con delicatezza, afferrai il grosso pesce e lo slamai: con un guizzo, ritornò in mezzo al fiume. Per un
attimo, mi sembrò di vedere l’indiano che sorrideva nell’acqua limpida.
Smisi di cercare una spiegazione, l’indiano mi aveva insegnato ad ascoltare col cuore.
RITORNO A CASA
Adistanza di un anno il mio libro «L’indiano di Kodjak» è diventato un best seller. Ha avuto un tale successo di pubblico che si parla già di un adattamento cinematografico con gli attori più famosi del momento.
Sono ad un party organizzato per la promozione del libro.
«Il suo indiano mi ha commossa fino alle lacrime. Ma è una storia accaduta veramente?»
Mentre sto per rispondere, mi accorgo che quella signora ha in mano una tartina al salmone e penso a
quanto sono distante dall’isola di Kodjak. Avrei voglia di scappare ma ho sempre in mente quell’indiano che ha
voluto comunicarmi il suo messaggio d’amore.
Ogni amore nuovo contiene tutti quelli precedenti ed è il più grande fra tutti. Da allora, non mi sono più
innamorato, forse perché non mi sono sentito all’altezza dei sentimenti di quell’indiano. Ma, forse, sarebbe
meglio dire che da allora ho iniziato ad essere sempre innamorato perché ho capito che aprendo il cuore, senza
paura, ci si accorge di un mondo senza confini e senza tempo che aspetta da sempre di poter amare e di essere
amato.
Non è una formula da capire, è solo da provare. Bisogna avere fiducia e l’indiano arriverà per tutti.
Bisogna lasciarlo parlare, è sufficiente ascoltarlo. Ti prenderà per mano e ti accompagnerà in un mondo dove
non esistono dubbi perché non esistono domande, dove devi solo fermarti ad ascoltare.
Non è sempre facile e a volte mi allontano da lui.
Allora lascio che il rumore della giornata si esaurisca nel silenzio della notte, chiudo gli occhi e aspetto
con fiducia il ritorno del suo pensiero d’amore.
... altri 27 racconti vi attendono sulle pagine di
«La Voce dell’Indiano»
di Giorgio Nannini
pp.216, con numerose illustrazioni, L.25.000
Simonelli Editore
Il volume si può trovare in tutte le migliori librerie
È anche possibile riceverlo a casa ordinandolo contrassegno
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