LE RADICI DEI VENUSIO Quando il conte Francesco Gattini sposò

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LE RADICI DEI VENUSIO Quando il conte Francesco Gattini sposò
LE RADICI DEI VENUSIO
Quando il conte Francesco Gattini sposò Candida Venusio si diffuse la voce che aveva impalmato una giovane non appartenete al rango dello sposo. Don Francesco si risentì molto di questa diceria, che partiva proprio e
principalmente da alcuni suoi familiari. Tanto fu toccato da tale falsità che
con pazienza fece profonde ricerche e il 14 giugno 1766 spediva una lunga
lettera chiarificatrice all’amatissimo fratello don Giammaria, Capitano del
Reggimento Nazionale di Basilicata in Trapani.
In essa rilevava l’antichissimo splendore della famiglia Venusio, sin
dall’anno 1197, “a tempo del regnante Federico Imperatore, in persona di
Roberto Venusio per l’importante carica di cesareo Giustiziero, che egli sosteneva nella provincia di Basilicata, facendo sua residenza in Venosa,
ch’allora n’era la Capitale. E Carlo Borrello nel suo libro “Vindex Neapolitanae Nobilitatis” scriveva che fra quei baroni napoletani “sotto gli auspici
del Re Guglielmo intrapresero la spedizione per lo acquisto di Terra Santa”, vi annovera Guido Venusio, il quale “in Casamassima tenea in capit…
trium militum et cum augumento obtulit milites septem et servientes otto”.
Con altri documenti conferma quanto antica sia stata la famiglia Venusio che ha avuto illustri personaggi vissuti nei secoli XII, XIII, XIV e XV.
durante la guerra, per la liberazione della città di Otranto occupata dai
Turchi, diede notevole contributo il materano Nicola Venusio. Dopo la
cacciata degli infedeli avvenuta il 10 settembre 1481, agli elogi del pontefice Leone X e di Carlo V, il re Ferdinando in una sua lettera del 10 settembre 1486 esaltò il valore del nobile ed egregio Nicola Venusio, dottore in
legge di Matera, che “in occasione della invasione della città salentina da
parte dei Turchi, per espellere i quali prontamente accorse con una compagnia di molti soldati arruolati a sue spese, e valorosamente combattendo, anche con pericolo di vita, e sostenendo la parte della Santa Sede e nostra, molto contribuì alla liberazione di Otranto, per cui lo stimiamo benemerito e degno di ogni nostro favore e grazia”.
Dallo stesso Nicolò Venusio, che “è il tronco e stipite da cui per retta
via da padre in figlio”, proviene donna Candida sposa del conte Gattini.
La famiglia originaria di Amalfi si sarebbe trasferita a Matera verso l’anno
1455. Nella lunga lettera di ben 44 pagine il Gattini descrive minutamente
le vicende dei discendenti di Nicola Venusio, di Gianpaolo da cui proviene don Ottavio, barone di Turi, e di don Bartolomeo, dal quale discenderà
la consorte del Gattini. La prosperità economica di alcune famiglie materane, già invidiabile, era destinata a migliorare nel secolo XVIII.
Tipico è l’incremento fondiario dei Venusio. I Moles, titolari del feudo
di Turi in Terra di Bari, erano debitori di Ottavio Venusio, a seguito di una
intricata azione giudiziaria, si fecero cedere dai Moles il loro feudo a prezzo vantaggiosissimo. L’atto di vendita fu ratificato il 1752 e da quella data
i Venusio entrarono in possesso del titolo nobiliare di barone, che Ferdinando I cambiò con quello di marchese e di un patrimonio, il cui valore
ascendeva a ben 94.000 ducati.
Nella lunga e interessante lettera non viene, però, fatta parola del palazzo
di Via San Potito (in Matera), che per la sua struttura e imponenza meritava di essere se non descritto almeno citato.
È noto che il marchese Ottavio Venusio da Matera spesso inviava ai
familiari di Napoli notevoli quantità di prodotti; e per assicurare l’arrivo
dei rifornimenti a destinazione era costretto, per superare l’indiscusso pedaggio di Bovino, a far partire due “traini” carichi di vettovaglie, in maniera che un carro aveva libero il transito mentre l’altro veniva trattenuto
come pagamento del pedaggio.
Tratto dai “Quaderni della biblioteca Provinciale di Matera” AltriMedia Edizioni