Gli occhi fiammeggianti dei giganti del Mediterraneo

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Gli occhi fiammeggianti dei giganti del Mediterraneo
Gli occhi fiammeggianti dei giganti del Mediterraneo
Alessia Mazzenga
FOTOGRAFIA — Qualche volta sbuffano, altre volte sembrano addormentati, altre volte
ancora fanno paura con le loro eruzioni. A Roma, fino al 25 luglio, una mostra fotografica del
collettivo TerraProject sui vulcani italiani: Stromboli, Etna, Vesuvio, Vulcano. È un’esplorazione
artistica dell’ambiente e della vita su territori poco conosciuti con immagini quasi oniriche su
acqua, fuoco e terra. —
Mandeep, la nuova Galleria fotografica di San Lorenzo a Roma (via dello Scalo san Lorenzo
55), è alla sua quinta mostra. Dopo avere proposto tematiche difficili e scomode come la guerra
in Iraq o il reportage sui ragazzi di strada di San Pietroburgo, adesso «c’era il bisogno», spiega
Stefano Ruffa, proprietario della galleria, «di allentare un attimo la tensione ».
E gli scatti del collettivo TerraProject in esposizione fino al 25 Luglio prossimo, all’interno della
mostra: Regno del Fuoco. Ai piedi dei Vulcani italiani, possono infatti essere considerati a metà
strada tra il reportage ambientale e la fotografia di ricerca artistica, dotati come sono di una
qualità estetica innegabile.
«La maggior parte dei fotografi che espongono da noi - continua Ruffa - sono rappresentati
dall’agenzia Grazia Neri, una delle più importanti in Italia, che privilegia i contenuti rispetto a
una logica prettamente industriale. Quello che ci interessa, è fare comunicazione attraverso la
fotografia, parlare di argomenti che vengono dimenticati e tralasciati, più o meno
consapevolmente dai potenti mezzi di comunicazione di massa istituzionali».
Il collettivo TerraProject nasce due anni e mezzo fa per volontà di quattro fotografi fiorentini,
Rocco Rorandelli, Simone Donati, Michele Borzoni e Pietro Paolini, con l’intenzione di
concentrarsi su lavori di reportage poco trattati nelle pagine di cronaca o su quei territori in cui
l’obiettivo dei fotografie l’attenzione mediatica sono scarsi. «Nei lavori di gruppo ci concentriamo
sull’Italia - spiega Rocco Rorandelli - perché la consideriamo un luogo in cui si può continuare a
scoprire.
Nel nostro Paese esistono degli “strati” di storie che non si intersecano. Storie di montagna e di
campagne che costituiscono non solo un’eterogeneità geografica, ma anche storica e che
mantengono un’indipendenza nonostante le strade le attraversino tutte». La “piccola Italia”, le
storie più microscopiche che si scoprono anche durante i reportage, hanno spinto questi
fotografia tornare sui luoghi e ad approfondire il discorso sul territorio e sulla realtà sociale del
nostro paese.
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La mostra al Mandeep di Roma nasce come esigenza del gruppo di distaccarsi per un po’ dal
lavoro abituale, che costringe a pianificare tutto a tavolino, anche l’utilizzo della macchina
fotografica, per mantenere stretto il rapporto con il prodotto finale. Qui, invece, il lavoro è
certamente più artistico, un’esplorazione pura dell’ambiente e della vita sul territorio. Vulcano, lo
Stromboli, l’Etna e il Vesuvio sono i quattro vulcani ancora attivi che i fotografi hanno deciso di
esplorare con i loro obiettivi per raccontare i luoghi, la popolazione e la vita in territori così
minacciosi ed affascinanti.
Vulcano, la leggendaria isola sacra al dio Efesto, su cui risiedeva insieme ai Ciclopi, appare
dagli scatti di Rocco Rorandelli conservare intatta la sua natura vulcanica primordiale. Sembra
l’immagine di un sogno la sagoma scura dell’isola che emerge dal mare e l’affascinante
spettacolo del grande imbuto restituisce il suono di un silenzio ormai dimenticato nelle nostre
città.
Gli uomini appaiono invece negli scatti che il fotografo Michele Borzoni dedica a Stromboli,
denominato “il Faro del Tirreno” durante l’epoca classica, per le sue continue eruzioni, che
ancora oggi si susseguono a distanza di mezz’ora l’una dall’altra. Doveva apparire ai naviganti
antichi come l’occhio infuocato di un gigante. Nelle foto oggi sono i pescatori che portano sul
viso i segni del patto stretto dall’uomo con l’isola, il mare e il gigantesco vulcano.
«Ero affascinato - ammette il fotografo - volevo capire come potevano essere le persone che
vivano lì. Come fosse possibile che una popolazione scegliesse di vivere ai piedi di un gigante
del genere, attivo ai limiti dell’aggressivo». La luce cambia, si fa più chiara, il vulcano ora dorme
sotto un mantello bianco. È l’Etna d’inverno. Ma l’affascinante contrasto tra la neve abbagliante
e la roccia nera sottostante avverte che il gigante è solo assopito.
«L’Etna - racconta Pietro Paolini, autore degli scatti al vulcano attivo più alto del continente
europeo - è una zona spettacolare anche d’inverno. La montagna è enorme e la popolazione
non può prescindere da un vulcano che si estende fino alla costa». Un viaggio, dunque,
attraverso una natura dimenticata e prorompente, è questo il percorso proposto alla Mandeep
dai TerraProject, un lavoro quasi onirico su acqua, fuoco e terra, elementi che in quei territori si
manifestano in tutta la loro forza originaria.
Si tratta di un paesaggio a tratti disarmante che costringe l’uomo a non dimenticarlo. Le foto
rivelano un’umanità antica e moderna allo stesso tempo, fiera e coraggiosa, che ci ricorda di
non avere paura del vulcano ma della nostra assoluta lontananza da esso. Chiusi in gabbie di
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cemento, sembriamo averlo dimenticato. Gli scatti dei TerraProject sono lì a ricordarcelo.
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