Sarajevo Maybe, 1994. - Associazione SenzaConfine
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Sarajevo Maybe, 1994. - Associazione SenzaConfine
GiovannaVolpi SarajevoMaybe,1994. FotodicopertinadiMicheleBiava,diOsservatorioBalcani.Grazie,Michele. 2 Ildestinodiquestacittàconferma chelarocciaèmorbidarispettoaunapianta chiamatauomo. SenadPećanin,giornalistadiDani (settimanalediSarajevo) 3 CartinadiSarajevoinguerra. (daSarajevodays,Sarajevonights,diElmaSoftić,KeyPorterBooks,1995) Ilfrontearriva,comesipuòvedere,finoincittà,nelquartierediGrbavica,diVrbanja. Dobrinjaèilquartierepiùvicinoall’Aeroporto,asinistra. Butmir,piùinbassoasinistra,èdovesitroval’uscitadelTunnel,appenafuoriSarajevo. 4 UnaPiccolaNotaIntroduttiva Il ricavato delle vendite del libro che avete tra le mani sarà interamente destinato a tre microprogetti dell’Associazione SenzaConfine. Si tratta di fornire un appoggio concreto, economico,aduefamigliechevivonoaBelgradoedisostenereunprogettodiEducazionealla paceattraversol’ArtenellaperiferiadiSarajevo. Sarajevo,capitaledellaculturaedellatolleranza,escedallaguerraprofondamentemutata. Le giovani generazioni portano un peso che influenza pesantemente il loro futuro, a volte sembra che la tolleranza non sia più possibile poiché le atrocità accadute accendono l’odio degli uni verso gli altri. Le conseguenze umane più evidenti degli anni del dopoguerra sono l’impunitàdeicriminalieladisperazionedellevittime. Vogliamoparlaredipaceeabbiamopensatochefarloattraversol’ArteelaCulturasiapiù semplice e di più lunga durata: l’Arte non contempla nazionalità, lingua o provenienza. Vogliamo allora sostenere un progetto molto coinvolgente di Scuola d’Arte e di Pace in un luogo che pare dimenticato, dove ancora lungo la strada sono abbandonati ruderi bruciati di quellechedovevanoesserelecasediuncentroabitato. IbombardamentidellaNatosullaSerbia,prima,elaspaventosacrisieconomica,poi,hanno messo definitivamente in ginocchio un paese già provato dai lunghi anni delle guerre balcaniche che, sebbene prima del 1999 non l’abbiano mai toccata, hanno avuto un impatto devastante sulla vita dei suoi abitanti tanto quanto quelli di tutti gli altri stati nati dalla dissoluzionedellaJugoslavia. Ci piaceva l’idea che un libro-resoconto di un’esperienza forte vissuta a Sarajevo, città martirestrettaperpiùditreanniinunsanguinosoassediodapartedell’esercitoserbo,servisse a finanziare anche un progetto proprio in Serbia, nel paese degli aggressori e che questo progettoavessecomedestinatarielegiovanigenerazionidiquestopaese. Ci piaceva l’idea di un ponte immaginario e simbolico tra due culture contrapposte da un’assurdaguerracheinrealtàsonosorelletraloro,testimoniatoinprimisdallelinguechevisi parlano,praticamenteidentiche.Cipiacevacheproprioibambinieiragazzi,principalivittime, inmolticasiprivatidiunfuturodegnodiquestonome,fosseroprotagonistidiquestoprogetto a rappresentare la speranza di una rinascita della fratellanza tra culture diverse, simbolo da sempredellaJugoslavia,pernondimenticareunaguerrache,sebbenesiaufficialmentefinita daanni,continuaasegnarelavitaditantepersonecosìvicinoanoi. Inultimapaginatrovereteunaschedapersapernedipiùsull’Associazionee,sedesiderate, perpartecipare. Buonaletturaatutti. ValentinaDelVecchio Presidentedell’AssociazioneSenzaConfine 5 Legenda Comesileggonoalcuneparole Lašconildoppioaccentosileggesccomesci. KoševosileggeKòscevo. Lačconildoppioaccentosileggecomeuna doppia,comericcio. Laćconunaccentosemplicesitrovaspesso alla finedeinomiodeicognomi.Izetbegović,ad esempio,esileggecdicinema. Lacsenzaalcunaccento,invece,sileggezeta dura,comepizza.GrbavicadiventaGrbaviza. IlquartierediBaščaršijaècomeuno scioglilingua Bàsc-ciàr-sci-ia,duei. Lažcondoppioaccentosileggecomeje francese. Lazsempliceèlasdolcedirosa.Azrasilegge Asra. Ladžsileggegdigiallo.Sipuòanchescriveređ, unadconlastanghettatagliata.Dževada, nome didonna,sileggeGevàda. Gdjeideš?(dovevai?)SileggeGdieìdesc. LadjèundiSemplice.LaGdiGdjeèdura,come gatto. Lanjsileggegndimontagna.Dobrinjasilegge Dòbrigna. Veljkovhaildittongoljchesileggegldiaglio. Hvala,grazie,sileggeallaspagnola,aspirando un po’laacca,comesedovessimodireJulio. PaziSnajper,AttenzioneCecchino,sileggePasi (sdolce)Snaiper(Sdura,comesilenzio). 6 SarajevoMaybe,1994. Indice Presentazione 1. Introduzione 2. SarajevoMaybe 3. Laragazzaconilcappello 4. L’HolidayInn:possofareunatelefonata? 5. Istruzionipervivereinunassedio 6. Lasignoradelquartopiano 7. Dragan 8. Distribuzionedilettereepacchi.Lasignoradietrolaportaavetri 9. BambinadiSarajevo 10. Unarosanelcemento 11. Markale,ilmercato.FantasmieNutella 12. Sarajevobyday 13.Lagranatanell’albero 14.LaBibliotecadiSarajevo 15.L’OrchestradiSarajevo 16.Andareateatro:lasciatefuorilearmi,perfavore 17. Alen 18. GrbavicaeDobrinja,laperiferiadeivivi.TetkaŠazaelapiccolaHaidi 19. IlKoševo:l’ospedale,lostadio,unaspianataditombebianche 20. Sarajevobynight 21. IlTunnelinvisibile 22. TerradiSarajevo,unmazzodifiorieunsacchettodipane 23. Addio,Sarajevo.Maipiùpartenze,soloattese 24. Conclusione.2012 25. Noteamargine 26. Grazie 27. L’AssociazioneSenzaConfine 7 Presentazione Tra il 1991 e il 1996 si scatena una guerra alle porte di casa nostra: la Jugoslavia diventa rapidamentelaEx-Jugoslavia,ilmaredoveandavamoinvacanzaelemontagnedeicampionati disci,lecittàd’Artesimboloditolleranzaemulticulturavengonoletteralmentemesseaferroe fuoco.Quasiindirettatelevisivaassistiamoimpotentiagliinfinitimassacri,registriamolecifre delle quotidiane carneficine, ci raggiungono storie di torture, di stupri usati come arma di guerra. I primi profughi arrivano in Italia, si sparpagliano in Europa e nel mondo, le Questure emettonoundocumento,laLetteradiGaranzia,cheassicural’accoglienzaaicittadinidellaExJugoslaviapermotiviumanitari.Sembrachetuttoquestosiainevitabile,chesipossasolostare aguardare. InItaliaaccade,invece,qualcosadiincredibile,unfattodicuinoncisirendecontosenon dopo molto tempo, a cose quasi concluse: uno straordinario movimento auto organizzato e volontaristicocominciaamuoversieadagire,inognipartediquestopaesecisiinterroga,si discutonoidee,lepersonecomunisialzanoinpiediedecidonochebisognadarsidafare. Nascono progetti umanitari di ogni genere e di ogni portata che coinvolgono migliaia di persone:cisonocolorocheapronolaportadicasapropriaeospitanoragazzi,interefamiglie, bambini, uomini e donne per brevi e lunghi periodi, ci sono persone che organizzano innumerevoli raccolte di cibo, medicine, libri, denaro, persone che si dedicano a informare e organizzare, perché bisogna sapere e far passare le informazioni. Inoltre è necessario dare aiuto con i documenti, bisogna conoscere le procedure corrette per avere il Permesso di Soggiorno e i volontari si devono rapidamente informare: la guerra si protrae e bisogna pur lavorare,bisognamandareibambiniascuolaanchesesièprofughi.Profugo:unacondizione strana, ibrida, un limbo a volte intollerabile. Ci sono poi i tecnici, che assicurano le comunicazioni interrotte grazie ai ponti radio, i traduttori, che vanno a caccia delle notizie dietrolenotizieufficialieinfinecisonocolorochedecidonodiandareadareunamano,che voglionoconoscereecapire,testimoniandoconlapropriapersonachealmondononsièsoli ma si fa parte di un unico genere umano. Le associazioni di volontariato si coordinano organizzando progetti davvero straordinari che portano a risultati incredibili soprattutto in termini di umanità che si mette in gioco e si incontra: persone di ogni età e provenienza partonoperlaSlovenia,chehaallestitocampiprofughiintuttoilpaese,perlaCroaziaeperla Bosnia,manifestandoilpropriodissensoancheacostodiapparireingenuieincoscienti.E’che stareaguardaresenzafarenienteèpropriodifficile. OgnivolontariopassatoperunadiquesteesperienzedurantelaguerrainEx-Jugoslaviaha vistolapropriavitaelapropriamentecambiarepersempreperchénonsipuòrestareglistessi quandosisfioraunatragedia,un’ingiustizia,ilsacrificioinsensatodiuninteropopolo.Ognuno custodisceipropriricordi,qualchevoltalidivideconglialtrinell’illusione,forse,ditestimoniare chequestonondeveripetersimaipiù,maquantimaipiùsonostatiscrittinelcorsodellaStoria? AnchequestolungoraccontoèunricordoetoccaunmomentoparticolaredellaguerrainExJugoslavia:l’assediodiSarajevo. Unassediopareunavvenimentomedioevale,eppuresolovent’annifaunadellepiùbellee significativecittàdelmondovenivaassediatadall’esercitoserboebombardatapertreannie mezzo quasi ininterrottamente. Le circostanze, forse anche un po’ il caso e un Pass da giornalista mi hanno portato a viaggiare per il breve periodo della tregua, nel 1994, oltre l’assediodiSarajevo,sugliaereidell’UnproforcheinItaliafacevanobaseaFalconaraMarittima. 8 Misonoaccortachedacomeneparlosembrachetuttofossefacile,nienteprenotazioni, solo il Pass, prendi e parti. Ma era così. Dopo la lunghissima trafila per avere il permesso dell’Unprofor, tutto era effettivamente facile. Le logiche militari sfuggono completamente a quelle civili. Una linea aerea che attraversa un paese in guerra è davvero fuori dall’ordinario. SonoandatapiùfacilmenteaSarajevopiuttostocheaLondraconicontrolliantiterrorismo. Raccontounapiccolastoriaperaderire,comeposso,adunprogettodisolidarietàcuitengo molto:vent’annidopolaguerralacrisieconomicaneipaesidellaEx-Jugoslaviaèpesantissima. Tranne una piccola fascia della società la gran parte dei cittadini è al livello minimo di sopravvivenza e le fasce deboli, i malati, gli orfani, sono senza alcuna garanzia per il futuro. Vent’annidopol’iniziodellaguerrabisognatornareafarequalcosa. Trovopoisalutare,almenoperme,fareognitantoeserciziodimemoria:laStoriasiripete, avendol’essereumanolapocooriginalepredisposizioneacommetteresempreglistessierrori. Pare proprio che non riusciamo mai a dedicarci ad attività costruttive di pace mentre siamo particolarmenteabilienaturalmenteportatialladistruzione. Abbiamo allora il dovere di studiare la Storia anche recente poiché incontreremo impressionanti analogie con il nostro presente e davvero, perfavore, non smettiamo di farci domande, di pensare con la nostra testa. Ho la sensazione che il tempo rimasto a nostra disposizionesiasempremeno.Riusciremoacambiarequalcosaprimadifareesploderequesto piccolopianeta? G.V. ColonnaSonora Conunacolonnasonoraalcunecosesicapisconomeglio. Cominciamoconl’AdagiodiAlbinoni,cheilvioloncellistaVedranSmajlovićhasuonato22 volte,per22giornidiseguito,nellaBibliotecadiSarajevoesplosaebruciata,perricordarele 22personeuccisementrefacevanolafilaperilpane,nel1992. PoiciavventuriamonellaproduzionedeiCrvenaJabuka(lett.MelaRossa),ungruppopop chehariscossounsuccessonotevoleelecuicanzonirisuonavanonellestanzedelcampo profughidiNovoMesto,inSlovenia.YouTubeèunagrandefontediispirazione. IlculmineèraggiuntodaSenadodBosneconJasmina,Jasmina.Nonguardateilvideosu youtube,perfavore,tenetesolol’audioeimmaginateunCapodannoalcampoprofughi, unagrandestanzaaffollatadisorrisiedimoltelacrime,tutticheballanoinungrande cerchioeinmezzo,sorridente,felicedistareinmezzoaigrandiaballareunacanzoneche parescrittaperlei,unabellissimabambinadicinqueanni,Jasmina,daicapellicolorcarota. Perlacanzoned’AutorepassiamoaitestiimpegnatiemeravigliosidiĐorđeBalaševićeai BjeloDugme,gruppostoricodiGoranBregović. Allafine,KemalMontenoinSarajevoLjubaviMoja(SarajevoAmoremio) persentireunpo’dieternanostalgia. Buonascolto. 9 SarajevoMaybe,1994. 1. Introduzione Sarajevoèunacittàbellissima.Laguardodall’alto,nellanotte,tuttailluminata,erestoconil fiato sospeso: Sarajevo è come una nave che scivola lungo il fiume Miljačka, gonfio e trasparente e sale lungo le colline tutto intorno come acqua che è tracimata, Sarajevo è una pietracolorataposatainmezzoaunacoronadimontagne,èunagolachefapassareilvento daogniparte,ècomeunaretedibracciaaperteadaccogliertidaqualunquestradaarrivi. E’unacittàdovetipossonocolpiredaogniparte,questohopensatoquandol’hovistala prima volta, nel 1994. I cecchini sulle montagne possono vederti, sempre, ovunque tu ti giri: ogni strada guarda una collina, una montagna, sei circondato dalle montagne, chiunque può vedertiattraversoilmirino. Eccocos’hopensato,laprimavoltachel’hovista,nel1994. SuilibridiscuolaSarajevoèsoloilpostodoveuntizioneanchetantofurbohaassassinato unReingirosuunacarrozzascoperta.PermeSarajevoèsololaparolaAssedio:1992-1996,tre anniemezzodiassedio.Sonotanti.Menodell’OccupazionedeiTerritoriPalestinesi,d’accordo, matreanniemezzodiagoniapericittadinidiunacittàcircondatasonodavverotanti. E’unpo’difficilerestareindifferenti. EserciziodiMemoriaNumeroUno L’assediodiSarajevocominciaufficialmenteil5aprile1992,quandoungruppodiparamilitari serbifairruzionenell’AccademiadiPolizia,nellazonapiùstrategicadellacittà.Puntanosubitoalle armi,allaposizionesullealturema,cometuttelecose,l’inizioèstatopreparatomoltoprima. Sono mesi che l’esercito serbo schiera le artiglierie sulle montagne attorno alla città, e il governo bosniaco fa continue richieste formali di ritirare le forze militari che rimangono lettera morta.Giàdal2marzoicittadinicomincianoacostruirebarricateincittà. Quel5aprile1992aSarajevoc’èunagrandemanifestazionecontrolaguerraeinpiazzacisono centomilapersone,cittadinidiSarajevoeanchenondiSarajevo,bosniaci,croati,serbi,cisonogli studenti,ibambini,lefamiglie. Sonoarrivatiancheicecchiniserbi,hannopresounastanzaall’HolidayInnesonoandatianche loroinmanifestazioneperspararesullafolla.LeprimecheuccidonosonoOlgaeSuada. Olga ha 34 anni, è mamma di due bambini, ha lasciato l’ufficio dove lavora senza nemmeno prenderelaborsetta.Vuolepartecipareallamanifestazioneepoitornareallavoro.Pochiminuti primadiessereuccisavieneintervistatadaunodeitantissimigiornalistichesonoinpiazza.Perché seiqui?chiedel’intervistatore.Vogliodifenderelamiacittà,dice.Muoresull’ambulanza. 10 5aprile1992,centrodiSarajevo:alcuniabitantitrasportanoOlgaSučić.(fotoKeystone) Suada studia Medicina, è al quinto anno, condivide l’appartamento con altre due ragazze. Salutalasorellaprimadiuscire,sorride.Nessunolarivedràpiù:colpitasulponteVrbanjacadein mezzoallafollachescappa. Ora sul ponte Vrbanja c’è una lapide a lettere d’oro: il nome e cognome di Olga e Suada, la data,5aprile1992,el’iscrizioneOgnigocciadelmiosangueècadutapernonfarmorirelaBosnia. LabambinadiOlgasichiamaNora,hasolodueannienonvuolecrederechelasuamamma nontorneràpiù,laaspetta,laaspetta,continuaadaspettare.Nel2001Noraha11anniedèanche lei sul ponte Vrbanja tra la folla che ricorda Olga e Suada, le prime vittime di Sarajevo, che manifestavanoperlapace. Il 30 aprile 1992 le strade sono chiuse. Non si può uscire, non si può entrare. Viene chiuso l’aeroportodopoaverfattoatterrarel’ultimoaereodilinea. Il18maggiovengonointerrottelelineetelefoniche. SuSarajevosirovesciaunapioggiadifuocosenzainterruzione. Il27maggioilprimomassacro,tregranateuccidono28personeeneferiscono157sullastrada VašeMiškina. Il1ºgiugno1993,duranteunapartitadicalcio,15ragazzivengonouccisie80feriti. Il12giugno12personesonouccisementrefannolafilaperl'acqua. Il5febbraio1994unabombavienelanciatasulmercatodiMarkale.Muoiono68persone,195 vengonoferite. Tregua.Febbraio–Aprile1994. Il14aprileèsospesoilponteaereo.Latreguaèrotta. Il19giugno1994ZubinMehtadirigeilRequiemdiMozarttralerovinedellaBiblioteca,insieme allaSarajevoSymphonyOrchestra. Il15agostosicalcolacheilcessateilfuocoèstatoviolato742voltedall’iniziodell’assedio. Il4ottobreinsole24oreilcessateilfuocoaSarajevoèstatoviolatopiùdi2000volte. L’aeroportoriapre,maIl15marzo1995vienenuovamentechiuso.Iprezzitriplicano. Il 24 maggio 1995 l’Unprofor registra a Sarajevo 2.758 esplosioni, 115 ogni ora, una ogni 30 secondi. Il21giugnonuovomassacrosullafilaperl’acqua:6mortie15feriti. Il28agostonuovomassacroalmercatodiMarkale:37mortie90feriti. Il15settembre1995riapredopocinquemesil’aeroportodiSarajevo. Il24ottobrevieneriapertaunastradapericonvogliumanitari. L’11novembreritornalacorrenteelettrica. Il21novembre1995vienefirmatoilTrattatodiDayton,inOhio,StatiUniti. 11 il14dicembre1995ProtocollodiParigi,lefirmesonoregistrateufficialmente. Il 22 dicembre è dichiarato sospeso lo stato di guerra eppure i comandanti serbi non danno ancoral’ordinediritirarsidaSarajevo,ignorandogliaccordidiDayton,esparanorazzisuSarajevo ancheil9gennaio1996uccidendounapersonaeferendonealtre19. L’assedio di Sarajevo termina ufficialmente, secondo i dati del Parlamento Bosniaco, il 29 febbraio 1996, dopo 46 mesi, 1427 giorni di agonia, determinando il record non voluto del più lungoassediodelNovecento,con11.541mortiuccisi,50milaferitiomutilati,60milaprofughi. Nel1991icittadinidiSarajevoerano429.672,Nel1995erano334.664. 2. SarajevoMaybe. Sonoinviaggiodamolteoreeprimadipartiredall’ansianonhodormitomoltomadormire èunoptional,sonogiovane,forteedeterminata. Dall’aeroporto di Falconara Marittima parte una linea che vola solo quando all’arrivo non sparano troppo: è la Sarajevo Maybe, la compagnia degli aerei dei Caschi Blu dell’Onu, l’Unprofor,chetrasportasoldatieaiutiumanitari.IlconcettodiGuerraPacifica,diMissionedi Pace,diBombardamentiIntelligentinonèunainvenzionerecente. La Sarajevo Maybe Airlines, chiamata così dai soldati, è governata dall’incertezza: partiremo? Chissà, forse, quando l’aereo è pieno, quando ci danno il via libera. A che ora arriviamo?Questoèfacile:un’oraeunquartodopolapartenza,searriviamo.Cioè,sesparano non arriviamo. Al non arrivare non penso neanche per un attimo, sono giovane, forte e determinata.Sepropriodevomorireadesso,trovosiacomunquepiùinteressantecheaccada mentrefaccioqualcosaincuicredoenon,adesempio,inbiciclettaingiroperMilano. Arrivo ad Ancona con il treno e il mio zaino da venti chili. Venti chili è il peso massimo consentito e posso portare solo cinque chili di caffè in grani. E’ inutile portare caffè già macinato per la moka, a Sarajevo si beve caffè turco e la macinatura è finissima, quasi impalpabile. Con un chilo di caffè a Sarajevo assediata si può comprare un’auto. Non che ti serva un’auto,perchédaunacittàassediatanonsiesce,menchemenoinautosottolebombe,male valutazionidell’usatosonofermeaunchilodicaffè.Portounasteccadisigaretteperchédipiù nonsipuò:lesigarettevalgonomoltopiùdelcaffè,conlesigarettecomprianchelepersone. Aggiungoduesacchettidicaramelle:nonsisamai,forseavròbisognodicorromperequalche bambino. Per cercare di portare più di venti chili infilo qualunque cosa nelle tasche del giubbotto antiproiettile. Non si sale su un aereo dell’Unprofor se non sei un militare o un giornalistavestitodamilitare,congiubbottoantiproiettileeilpassdagiornalista,uncartoncino plastificatoblu,lamiafoto,lascrittaPress,lamiafirma,ioperònonsonogiornalista.Avoltemi chiedocom’èchenonmihannomaiarrestato,perchéaragionarciamentefreddaalcunecose nonsonoproprioregolari,apartiredaimieidocumentidiimbarco.Mamagariquestolodico soloinpresenzadelmioavvocato. Comunque.Unamiaamicahaunamico,ounfidanzato,nonhomaicapito,neldubbioevito difaredomande,lotrovopiùsicuro,comunquequestoamico,chepoièunexamico,possiede 12 un giubbotto antiproiettile, non so come mai ce l’abbia ma non è il caso di fare domande poichéèdispostoaprestarmelo.Bianco,comequelliindotazioneallapolizia,duro,micopre toraceeschienaeselostringobeneloriescoaportarenascostosottolagiaccavento.Ilsenoè unpo’uncasinomahotrovatounodiqueireggisenisportivichesembranodellearmatureche fadavverounservizioegregio.Nonchediventipropriopiatta,madàlesuesoddisfazioni.Epoi haunsaccoditasche,ilgiubbotto:nonpropriotascheveremastratidimaterialetraiqualiè possibileinfilareunpaiodijeanspiegatibene,dueotrelibriequalchetubettodidentifricio. Svegliaallecinque,Metropolitana,StazioneCentralediMilano,seioreditrenoconcambio aBologna,arrivoadAncona.HoallertatogliamiciedeccoilmiofedelissimoAndreaprontoad accompagnarmi all’aeroporto. Non è l’unico che mi aiuterà, è solo il primo poiché non sto andandoinvacanzamainmissione:portoletteredaicampiprofughibosniaciinSlovenia,dove vado e torno quasi una volta al mese, lettere che arrivano dalla Germania, dall’Austria, dalla Svizzera, una arriva persino dalla Norvegia. Sono indirizzate in Slovenia ai familiari nei campi profughi e sono state raccolte tutte perché io le porti oltre l’assedio. Ho una grande responsabilità:portovoci,notizie,lacrime,fotografie,portolettered’amore. Sonomesichemipreparoenonsperavointantafortuna:perunbrevemomentolaguerra si è fermata: tregua, passate aiuti umanitari, rimettete in sesto gli abitanti così potremo ucciderlipiùnutriti.Stodiventandocinica. Inognicasoègrazieallatreguachepossopartire.Noncheilmioegoabbiabisogno,per trovaresoddisfazione,dipassareoltrel’assediodiunacittàinguerra,nefareidavveroameno, è che ho una malattia virale, credo ancora a un ideale, faccio di tutto per non sentirmi impotente. E’ una malattia che contagia centinaia di persone in qualunque tempo e sotto qualunquecielo,personechevorrebberochequestopianetafosseunpostounpo’migliore, magarinontantomaalmenounpo’emagariunpo’piùgiusto,adesempio.Epiùpacifico. A volte è una bella malattia, a volte meno. A volte diventa un delirio che non serve a nessuno,anzi,avoltefasolodanni.Stodiventandocinica.Nonsopportopiùchifaqualcosaper sé raccontando che è per un altro. Baratterei subito il mio nuovo Pass da giornalista con un salto all’indietro nel tempo: la guerra non è mai cominciata, andrei in pace, in autobus, a trovare gli amici, sarebbe così bello, invece sono qui. Ma l’ho scelto, sono consapevole e determinata. AndreaviveadAnconaefailpoliziotto.Hodelleturbeconipoliziotti,loammetto,mami ha detto il mestiere che faceva dopo che siamo diventati amici. Il che tutto sommato non è valido, secondo me uno dovrebbe presentarsi con tutte le credenziali: Ciao, sono Andrea, maggiorenne, patentato, sano e poliziotto. Una poi decide. Poliziotto? Mmm…aspetta, ci pensounattimo…contuttoilrispettoperipoliziottichefannobeneilpropriomestiere. La domenica Andrea fa servizio allo Stadio, cioè va a manganellare i tifosi. Spero che non abbiamaimanganellatoipacifistiallemanifestazioni.Nongliel’homaichiesto.Avolteèmeglio nonsapere.AppenaglihodettocheandavoaSarajevohamessoamiadisposizionesestesso, lasuamacchina,ilsuotempo,lasuafamiglia,mammacompresa,hafattounacollettaperfar arrivareallefamigliecheconosciamoaSarajevopiùsoldipossibile.Marchitedeschi.ASarajevo tuttosipagainmarchitedeschi. Da bravo poliziotto Andrea non mi accompagna dentro l’aeroporto ma resta fuori sul piazzale,lontanodasguardiindagatori. 13 -Ciao.Failabrava. -Sonosemprebrava,io. -Sì,certo.Qualunquecosachiama. Sì, come no, chiama. Chiamare l’Italia da Sarajevo e viceversa è un casino. Chiamare il mondodaSarajevoèuncasino.Lelineetelefonichesonointerrotte,omeglio,sonocertache sianostateinterrottepermotividiguerrapsicologica:seseiisolatodalmondoenonsaicosa accade intorno a te è più difficile resistere. Chissà com’è dalla Svizzera si può telefonare, sempre. Nullamipuòfermare:mimettosubitod’accordoconlamiaamicabosniacaMirnacheha un’altraamicarifugiataaGinevra,Majda,cheogniserachiameràSarajevo,cidaràlenotiziedal mondo,prenderàtuttiinostrimessaggiechiamerànell’ordine:miamadre,cheprobabilmente siaspettadisentireilmionomealnotiziario,iparentidellafamigliachemiospitaaSarajevo, rifugiatiinGermania,eilmioamicoAndrea,lamiabaseoperativaaldilàdell’Adriatico. All’ingresso in aeroporto ostento tutta la mia aria da donna dura, vissuta, un soldato mancato. Faccio ridere, ne sono certa: sono piccola, con uno zaino grande il doppio di me; a voltemichiedocom’èchenonmihannomaiarrestato.Sicuramenteperchéfaccioridere. Il primo militare mi controlla il Pass Stampa e il Passaporto, il secondo militare pesa accuratamente il mio zaino e poi mi fa accomodare ad uno dei tanti tavoli messi in fila nell’angoloCheck-indelleMaybeAirlines.Ilterzoeilquarto,cheèunadonna,guantiinlatticee metaldetector,fannoaprireibagagli.Atutti.Tuttitranneaisoldati.Completamente.Eperdare un’ideadelCompletamente:hofattolozainoierinottegiocandoaTetrisoalpuzzlepiùdifficile dellaterraehoincastratoscatolettetondescatolettepiattelattinequadratedicarneinscatola rettangolari di latte in polvere scatole lunghe tre paia di jeans (mica miei, ordini da Sarajevo) cinquechilidicaffèingraniquadernipennemedicinaliilpaccodilettereunmazzettodisoldida nasconderedaqualchepartemadovenonlosozuccherobiscottinonlidevoschiacciarema come?eunpiccolocambiodibiancheriapermegiustopernonpuzzarepropriosubito.Orala soldatessa mi fa aprire cerniere tasche e scomparti e sparpaglia a caso l’intero contenuto su unodeitavolirendendoinutileillavorodiun’ora. Beh,nonècarinomaècomeilquestionariochecompiliprimadiandareaNewYork:seiun terrorista? No, certo che no. Stai trasportando sostanze esplosive? No, ovvio che no. Hai intenzionedidedicartiatrafficiillecitisulsuoloamericano?Cheanchesetivienedarispondere inmodospiritosononlofaiperchéchiscrivequestedomandenonhaassolutamenteilsenso dell’ironia. Dunque sono collaborativa, gentile, ma certo, apro il portafoglio, quanto ho? Pochissimo,cinquantamilalire,comedireventicinqueeuro.Nonmiavrebbecredutonessuno maalloralalirafacevaunpo’piùdiscena:Cin-quan-ta-mi-laLire,Wow. Ispezioneconilmetaldetector.Tolgolacintura?Macerto.Scarpe?Anfibidisecondamano, fa molto soldato. Li tolgo? Non c’è bisogno? Ah, grazie. Ah, rimetto dentro tutto? Perfetto, grazie.Ilpuzzlenonvaapostocomelaseraprimamapazienza.Vogliopartire.Isoldieranonel doppio fondo dello zaino, comunque. Ok. Check-in passato. Attendere prego. Ma certo, attendo. Salone, luci al neon, un aereo sta decollando, un altro atterra, lo deduco dai rumori forti ma non vedo nulla, sono in una stanza senza finestre. Il quinto soldato, alto come un armadio,cichiama:Sarajevo!ToSarajevo!Cisono,eccomi.Santocielocomepesaquestozaino. Escofuorisullapista,seguoarrancandoglialtrimieicompagnidiviaggio,chisono,giornalisti? 14 Sembradisi,unohaunatelecameraenormechestringecomefosseilsuotesoro,liseguofino adunaereodacaricodovestannostivandoenormisacchisuenormipalletdilegno. Entriamonellapanciadell’aereocomesisaled’estatesultraghettoalatodellemacchinein coda,ilmiozainofiniscelegatovicinoaiparacadutediriserva.Unparacadutelodevoindossare ancheiosopralagiaccaventochehomessosoprailgiubbottoantiproiettile.Dimenticavo,devo mettere un elmetto. Per farci certamente sentire più a nostro agio, noi cinque passeggeri straordinarinellapanciadiunHerculesC130caricodilatteinpolvereoalmenospero. UnHerculesC130,comelospiego.Giàfacciofaticaadescrivereun’auto:chemacchinaera? Boh.Nera.Quattroruote.Cosac’èdiinteressanteinunamacchina?UnHercules,ancheseha unnomeevocativo,èunaereocorto,dallapanciagrossa,verde,ehaunsaccodieliche. Bruttino,poverino,nonèslanciatoeattraentecomegliaereibianchidaviaggio,èunpo’il cavallodatirodegliaerei,èunaereoserio,unochelavoramentreglialtrisidannodelleariein giro. Io lo trovo spaventoso, ma sono una dura, sono un soldato anche io, e intanto cerco di capire come allacciare il paracadute. Tanto lo so che se ci sparano col cavolo che ci potremo lanciare.ScommettochequestiparacadutesonoavanzidellaguerradiCrimea. Siamo legati in fila, in fondo, come pacchi nella stiva di un cargo e il rumore è fortissimo. Sono sicura che siamo legati al motore dell’aereo. Sono emozionata ma non lo voglio dare a vedere,guardoconnoncuranzaversol’oblò,unpo’lontanodame,unoblògrande,unaspecie diportafinestra,chissà,magarisesparanocibuttanodisotto. Mièsembratodivolareperore,altissimi,poiall’improvvisolaterrasiavvicinavelocemente. Troppovelocemente.Ossantocielo,chesuccede?Mispieganodopo,moltodopo,ilmiocuore ringrazia, che l’atterraggio all’aeroporto di Sarajevo è il più veloce possibile per evitare di essereunbersaglio.Dunqueseiinaria,alto,poiindueotregiritiavviti,scendi,planiepoipunti versoterra.Horimossoognisensazionediquell’atterraggio,oforsesenesovrappongonoaltri, altridecolliealtriatterraggi,perchédiventoun’affezionataclientedellaSarajevoMaybe,(che fai, hai un Pass Stampa e non lo usi? Non sia mai) e poi la mente si abitua: ah, non stiamo cadendo,stiamoatterrandovelocemente.Ahbeh,alloraditelo. Eccomi. Sono a Sarajevo. Soldati americani ci fanno scendere molto velocemente dalla rampadicaricomentrescaricanodicorsaisacchichehannoviaggiatoconnoi.L’aereoresterà in pista meno di mezz’ora. Entriamo il più rapidamente possibile in un labirinto di sacchi di sabbia. Sulmurounascrittaaspraynero:WelcometotheHell,Benvenutiall’inferno. 3. Laragazzaconilcappello. L’aeroportodiSarajevocomedovevaessereunavoltanonc’èpiù:èquasicompletamente distrutto.Ovunquesacchidisabbiaemuriditerraepalidilegnonascondonoilpassaggiodegli uomini. Soldati vestiti di blu vanno e vengono velocemente, noi siamo spinti dal flusso in movimento fino ad uno spiazzo interno di terra battuta, circolare, recintato da alti muri di pietre, sabbia, terra e detriti. Blindati arrivano, caricano o scaricano soldati in blu che si muovono con sicurezza e un filo di rilassata routine. Un blindato, un altro, un terzo. Che ci faccioqui? 15 Congliocchiseguoigiornalisti.Quiigiornalisti,giubbottoantiproiettilebeninvistaePass appeso al collo, vanno in un posto solo: l’Holiday Inn, un albergo che è diventato il quartier generaledellaStampadituttoilmondo.Ancheioandròlìepoicercheròditelefonarechemi vengano a prendere. La mia famiglia adottiva di Sarajevo (sono stata adottata d’ufficio, è meraviglioso)aspettaunatelefonata:appenachiamomiverrannoarecuperare. IrappresentantidellaStampaesterachehannoviaggiatoconmesonobelgi.Riconoscodue rappresentantidelleOngitalianeche,sonocertadacomesimuovono,nonsonoalloroprimo viaggio e aspetto di vedere cosa faranno. Mi avvicino a loro senza darlo a vedere, sono una dura,io. Traisoldatieigiornalistiinattesastainpiediunabellaragazzabionda,magrissima,fasciata da una tutina nera aderente. Ha un cappello nero, enorme, con una rosa rossa che cattura l’occhiodichiunque.Ancheleicattural’occhiodichiunque. E’l’unicaragazzabellaegiovaneinmezzoaisoldati.Nessunoleparla,nessunolasalutaola avvicina. Lei sta in piedi, con lo sguardo perso davanti a sé e sorride, un sorriso soddisfatto, sicuro. Non guarda nessuno, sta lì e aspetta il nostro stesso blindato. Non riesco a non guardarla, anche se di sottecchi: è davvero magra e la sua bellezza è triste. Magari lei non è affattotristematristezzaètuttoquellocheprovo.Nonladimenticheròmai,laragazzaconil cappello. Il blindato arriva. Qui è peggio che descrivere un’auto. Un blindato innanzitutto è bianco. Sembra un carro armato con le ruote, tante, molto grosse e molto alte. Sul davanti ha una torretta,unacabinadipilotaggioconunaferitoiacolvetro,unafinestraorizzontalelunga,per capirci,esisaledadietro,cosìseialsicurosesparano.Solochesalireèunverocasino,tidevi arrampicare tipo Indiana Jones e non ci riesco da ferma, figurarsi se qualcuno si mettesse a sparareadessoeilblindatocominciasseamuoversi. Laragazzaconilcappelloèsalitaperprima,leggeraesicura,poiiBelgi,poiioeungentile soldato prende il mio zaino, fa fatica anche lui a sollevarlo e mi consolo e poi mi tira letteralmentesuperunbraccio.Quick,quick!Okquickmadovemisiedo,quidentrononsista micainpiedi,devochinarmicomeinuntunnel,sonoinunascatolettadisardinedaltettobasso conmillepersonerannicchiatetuttisedutischienacontroschienasuduefile,unadiquieunadi lì.Ilsoldatochiedeatuttinoi:HolidayInn?Yes,thankyou.Laragazzachiedediesserelasciata piùincentro,sorrideatutti.Hocapito:questoèilblindatotaxieigentilitaxisticheciscortano sonoiCaschiBluTurchi.Ilgentilesoldatochemihatiratosumihaanchetiratosuvicinoasé. MichiedeEnglish?No,Italian,rispondo.I’mTurkish.Oh,nontrovodimegliodadire.Whereare yougoing?HolidayInn?Yes.Areyoustayinglong?No,nonstoalungo.Someoneiswaitingfor you?Sì,miaspettano.Silenzio.Mentrecercodiguardaredavantiamedalleferitoielacittàche siavvicina,sentoqualcosalungolagamba,l’internogamba.Ilgentilesoldatostagentilmente tastandolaconsistenzadellamiacosciacontinuandoaguardareindifferentedavantiasé.Mi scosto,brusca,manonhomoltapossibilitàdimovimento,devostargliappiccicatafinoache non arriviamo. Con l’aria più gelida che posso lo guardo senza parlare e lui mi sorride come scusandosi,noncipossofareniente,miviene.Quandoilblindatosifermaedèilmioturnoper scenderestoattentaavoltarglisololaschiena. 4. L’HolidayInn:possofareunatelefonata? Holiday Inn, Stop! Holiday Inn! Il blindato ci lascia sul bordo della strada, dobbiamo solo attraversareesiamoarrivati.Certo,facile,soloattraversare. 16 Questa non è una strada qualunque: è stata chiamata il Viale dei Cecchini. E’ una grande strada a quattro corsie ed è l’unica via che porta in città: Sarajevo è costruita in una valle, di altrospaziononcen’è,deviperforzapassaredaqui.Losannoancheicecchinichestannolìa fare il tiro al bersaglio. Qualcuno lo prendono sempre. Non lo uccidono subito, lo feriscono gravemente in modo che qualcun altro esca fuori per soccorrere il ferito, così ne uccidono almeno due. Anche il cecchino è un mestiere, con regole e tecniche da manuale, basta imparare. Attraversoilviale,enorme,cimettominutiepensochissàseuncecchinostamirandoalla miaschiena.Sperochelosappia,chec’èlatregua,noncelafareiacorrere,conventichilidi zaino. L’HolidayInnèunpalazzoquadratotuttogiallochesembracostruitoconimattoncinidel Lego.Lafacciatachedàsulvialeèdistruttamalosannoancheicecchinichetuttosommatoun hotelserve,chiparlerebbedilorosennò?Ehannolasciatointattopiùomenotuttoilresto. Dentro la grande Hall teli di plastica cercano di non far entrare l’acqua e la polvere. Mi sembracheivetrinonesistanopiù,solotelidiplasticaescotchconsuscrittoUNHCR,United Nations High Commissioner for Refugees, Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati. IBelgisiavvicinanoaldesk,iomiavvicinoaiBelgi:miinteressailtelefonochestausando ora il signore che sta di fronte a noi, al di là del banco, con il registro delle camere aperto davanti.Staparlandodiunastanzainagibile.Senonfossicosìseriamiverrebbedaimmaginare diessereinunfilmdeiMonthyPyton:siamospiacenti,signori,lastanzaseièinutilizzabilecausa esplosione ma la sette è quasi intatta, abbiamo appena sostituito i vetri con lo scotch delle NazioniUnite. Il signore alla Reception mi dà un’occhiata e offre al giovane cameraman una camera matrimoniale. Mi ha visto lì vicino e ha pensato, anche legittimamente, secondo me, che fossimoinsieme.Ilfattocheluirifiuticongrandeveemenzaquasimioffende.Almioturnomi do’unsaccodiarie:nongliparloinuninglesecagosocomehafattoilgiornalistabelgamain serbocroatopiuttostofluente.Pocheparolemadettebene. -Dobardan,molimvas,mogulitelefoniratiugradu?Perfavore,possotelefonareincittà? -Da.Sì. -Hvala.Grazie. Ilgiornalistacapo,chehaappenachiestountraduttorealgentileReceptionist,miguarda sorpreso,forsemihatrovatounadotechegliinteressa. Aidarispondealsecondosquillo.Rideepiangeallostessotempo. - Aidasonoio,sonoarrivata,Jasam,Tusam!Sonoall’HolidayInn! - Seilì?Seiarrivataora?Staibene?Jesilidobro? - Sì,stobene.Dimmicosafare.Dovedevovenire? - Percaritàstailì,nontimuoverevengoaprenderti.Jadodžem,Čekajme.Aspettami! - Vabene.Aspetto.Dobro.Čekam.Ciao.Kolikojezatelefon?Quantocostalatelefonata? - Ništa.Niente. - Ništa? - Ništa. - Hvala. Telefonare in città non costa nulla. Certo, dove pagheresti le bollette mi chiedo? Posta chiusaperchésparanosullagenteincoda.Quisparanodavverosullepersoneinfilaperl’acqua, perilpane.Ognigiorno. Misiedosuldivanonell’ingresso.Holespalleindolenzite,ilgiubbottoantiproiettilemidà fastidiomanonlovogliotogliere,nonsodovemetterlo.Sistemolemiecose,aproechiudole 17 tasche,cercounagommadamasticare.Miaccorgochenonmangiodastamattinaedèquasi buio.Iltemposièdistorto,nongirapiùallastessamaniera.Forsesonosuunaltropianetae anche io sono un’altra persona. Non ho fame. Aspetto. Non si sentono rumori, tutto è tranquillo.Aspettoedentrodimesonovagamenteinquieta.Comefannoavenirmiaprendere? Conunaltroblindato?Conunamacchina?Nonèpossibile,siamoaSarajevoassediata,niente benzina.Probabilmentenientemacchina,causaesplosioni.Inbici?Noncredo.Probabilmentea piedi.Maperchécimettonotanto?Nonsaràsuccessoqualcosa? Ricordo ai più giovani: niente telefoni cellulari. Ripeto: No Cellulare, i cellulari NON ESISTEVANO.Nonparlodell’erapaleozoica,madel1994.Eppurecelasiamocavatalostesso, così,dettoperinciso. Iduebelgisonosedutinonlontano.Nonc’èunagrandescelta,otisiediadestraoasinistra dello stesso divano. Non so cosa aspettino, se ho capito bene forse il traduttore. Sono saliti nelle loro camere e sono scesi e io sono ancora lì. Quello che dev’essere il capo, il signor giornalista,miguardaconocchidifalcoesisporgeunpo’,parlandoingleseconunfortissimo accentofrancese: - Areyouhereasajournalist? - Non,jenesuispasicicommejournaliste. Non perdo occasione per darmi delle arie. Mi rendo conto solo dopo che è davvero irritante. - Ah.Vousparlezfrançais. - Oui. - Vousparlezbien. - Merci. - Qu’est-cequevousfaitesici? So che siamo in un mondo almeno ufficialmente libero e democratico, dove chiedere è legittimoerispondereècortesiamasoanchecheèmoltopiùprudentenonraccontareifatti proprialprimochesiincontraeinaggiuntaprovoantipatieviolentecomespessolagioventù dura e pura e poi sono permalosa. Non ricordo come si dica in francese fatti i fatti tuoi però ancheselosapessinoncredolodirei,nonècarinofarsideinemiciproprioilprimogiorno. - Jevisitedesamis. - Ahoui?Miguardasardonico.Ilst’ontoubliée?Tihannodimenticata? Iltiziodagliocchidifalcomistasempremenosimpatico. - Ilshabitentloin.Abitanolontano. Neanche a farlo apposta, nemmeno ci fossimo messe d’accordo per un’entrata teatrale, entrano con passo sicuro nella grande Hall due donne, una mamma e una figlia adolescente. Noncisiamomaivisteprima,solosentitealtelefonodallaSvizzeramaciriconosciamosubito. Ciabbracciamocontrasporto,strettestrette.LeièAida,èinnaturalmentemagra,rideepiange conme:sonolaprimapersonachehapassatoilmurodell’assedioedèvenutaacercarli.Arrivo portandoleletteredisuasorelladallaGermaniaedècomeseancheiofossisuasorella,adesso. Restiamo strette a lungo come se ci conoscessimo da tanto tempo. Provo un’emozione fortissimaperchéincontrarciqui,oggi,èdavverounregalo. Laragazzinaèrimastaaguardarciesorride,dolce.–Ciao,iosonoSuzana. Laabbraccio,sorrido.E’piccola,manonc’ènulladell’infanzianeisuoiocchi. Aidaprovaasollevarelozaino–Oddioèunmacigno!Comehaifattoaportarlo?! Jakasam.Sonoforte.Aidaride. 18