(pag. 79-81) - vite
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(pag. 79-81) - vite
Notiziario ERSA 3/2008 In biblioteca Emilio Simonetti ERSA- Servizio divulgazione, assistenza tecnica e promozione PLANTE DOPLI STREÇON E CJARGNELE… LA VITE NELLA STORIA E NELLA CULTURA DEL FRIULI Il Friuli è una delle poche regioni viticole che può vantare un’opera completa che descriva storia, cultura e tradizione della viticoltura e dell’enologia. L’opera “La vite nella storia e nella cultura del Friuli” merita attenzione perché con il racconto della storia della vite, gli autori hanno raccontato la storia dei friulani. Il sistema di allevamento a cuna era diffuso un tempo nel Veneto, ora sopravvive con questo esempio, forse unico nel Friuli Occidentale 1 Il mio primo incontro con la vite è legato, nei ricordi, alla voce delle campane suonate a “slancio” per la festa della Madonna della Salette a Cividale del Friuli e a quel profumo dolce e pungente del merican del vicino che arrivava da oltre il muretto, che pareva altissimo. Un momento che non mi riesce di collocare temporalmente nei ricordi passati, a cui non si collega una data precisa. Era settembre, questo è sicuro. Forse il legame disperso nei ricordi, per me come per tanti, può descrivere il rapporto che c’è tra il Friuli e la vite: questa piccola regione orientale d’Italia il cui paesaggio geografico, ma anche umano, è stato modellato dalla vite, presente sul suo territorio da tempi indefiniti. I legami storici, culturali ed etnolinguistici di tanta tradizione sono stati racchiusi in un’opera dal titolo “La vite nella storia e nella cultura del Friuli”. Gli autori Enos Costantini, Claudio Mattaloni, Carlo Petrussi, docenti all’Istituto Tecnico Agrario di Cividale del Friuli, hanno saputo raccogliere, leggere e interpretare la multiforme vicenda della viticoltura friulana, fatta di documenti storici, affreschi, quadri, vigneti, cantine, botti e rapporti umani. L’opera, divisa in due volumi riccamente illustrati, si apre con la descrizione di undici vigneti antichi conservati dalla passione dei proprietari e da preservare come documentazione storica, poiché mantengono retaggi dei me1 todi di coltivazione di un tempo passato, ormai scomparsi e dimenticati. Si descrivono le tecniche e la fatica che venivano impiegate per l’impianto di un vigneto, con immagini a colori molto esplicative e in bianco e nero di grande suggestione. Alcune interessanti note sono dedicate ai tutori vivi della vite, come salice e acero, che facevano parte del panorama di ronchi e vigneti. Nell’interfilare si coltivava il frumento mentre sulle scarpate in collina, fruttiferi di tutti i generi, che integravano dieta ed economia agraria. 80 2 Pompe dal solfato degli anni Trenta, modello ‘Balilla’ del costruttore Piero Ferrari di Padova. In questo tipo di irroratrice, detta ‘a spalla’ o ‘a zaino’, la compressione viene effettuata con una leva azionata dallo stesso operatore che dirige il getto di verderame (Museo della Civiltà del Vino di Buttrio) 2 Pompa di rame in spalla, riempita con l’efficace poltiglia bordolese, e via alla difesa delle viti peronospora, Collio anno 1953 (Orlova ekipa) 3 Il paesaggio gemonese degli anni Settanta, con i numerosi filari distanziati da colture erbacee, ripete quello dei secoli precedenti (Archivio Tito Cancian) 4 3 Notizie interessanti si traggono dalle pagine che descrivono e illustrano le forme di allevamento della “viticoltura nuova“, quella che ha affrontato e vinto i flagelli del XIX secolo, venuti dal Nuovo Mondo: oidio, peronospora e fillossera. Vennero introdotti i fitofarmaci a base di rame (detto tipicamente “solfato”) e di zolfo, che contribuirono a debellare oltre alle nuove, anche alcune vecchie avversità già presenti e difficili da combattere, come l’antracnosi. Nel testo viene approfondito con ricerca ed analisi di documenti, tutto il periodo in cui la viticoltura in Friuli, ma nell’Europa intera, si concentrò nella lotta contro i parassiti. Tra le molte Istituzioni che vi si impegnarono, ci fu anche l’Imperial-Regio Istituto di Bachicoltura ed Enologia di Gorizia di cui l’ERSA oggi è erede. Questo periodo trascorso nell’attività di ricerca, nelle sperimentazioni, con frustrazioni e risultati incoraggianti, culminò infine nel successo, in particolare contro la fillossera. È molto interessante la parte del testo dedicata a questo argomento, in quanto l’impegno nella lotta antifillosserica è stato alla base della nascita e dell’affermazione dell’attività vivaistica, che vede la nostra regione in posizione di preminenza a livello mondiale. La grande ricchezza del capitolo dedicato alla toponomastica, testimonia come la vite ed il vino siano inscindibili dall’uomo e dal territorio regionale. Interesserà tutti quelli che amano curiosare nel passato della nostra terra e nei cambiamenti intervenuti nell’agricoltura e nell’uso del territorio. Il nome di un luogo testimonia, a volte, un insieme di condizioni che consentivano attività che oggi non sono più redditizie o praticabili. Gli autori hanno certamente raggiunto lo scopo di “migliorare la nostra cultura ampelo-enoica”, ma anche di stimolarci a qualche percorso sulle tracce di antichi impianti viticoli, anche in luoghi sorprendenti come nella taviele di Luint di Ovaro. Sfogliando le pagine siamo accompagnati, attraverso la coltura della vite e l’arte delle vinificazione in Friuli, nel primo XX secolo, con tante immagini ad illuminare lo scritto, che documentano, anche dal punto di vista paesaggistico, una regione d’altri tempi. Non poteva mancare a questo proposito una digressione particolare (accompagnata da non celata ironia) sulla quistion dal Tocai, annoso tema che ha animato per anni ogni genere di discussione e che potrebbe essere risolto, senza vincitori né vinti, semplicemente con un po’ di buonsenso. 4 Notiziario ERSA 3/2008 5 6 Permane la pratica, precedente all’avvento del filo di ferro, di utilizzare pertiche, unite tra loro con vimini, sulle quali piegare i tralci produttivi della pergoletta 5 Dietro l’intreccio dei cjâfs, sullo sfondo, si scorge la chiesetta di S. Mauro a Togliano 6 La vite nella storia e nella cultura del Friuli Forum – Ed. Universitaria 2007. Ancora legato all’uomo e al territorio, è il ricco e documentato glossario viticolo-enologico friulano, con traduzione italiana, dei termini legati all’arte della vite e del vino dei quali molti utilizzati, altri spesso desueti o curiosi. Ad illustrarlo vi è tutto il corredo in immagini dell’artigianato connesso con l’attività enologica e tutta la sequenza di utensili e tecnologie utilizzati da fabbri e falegnami. Il secondo volume è dedicato al dizionario, pieno di testimonianze e sorprese, attraverso il repertorio dei vitigni del Friuli. Vengono illustrati a parole e con immagini bellissime, dove ad occhio nudo e con la lente si possono scorgere tutte le caratteristiche fisiche e vegetative delle piante. Non mancano qui aneddoti gustosi, ma soprattutto approfondite competenze specialistiche. Molto ricca e accurata la bibliografia a corredo di tanto lavoro. Scrivono gli autori con prosa ruvida, ricca di contaminazioni vernacolari e strigliata nella forma; si vela spesso di ironia e umorismo, come se volessero schermirsi dalle tentazioni del sentimento. Il lettore però, non si lascia ingannare, sentimento, amore per la propria terra e per il proprio lavoro, emergono ovunque, dalla scelta delle immagini, dalla compilazione di molti inserti (“Il vencjar”, “Glesiutis”, “Osteriis”, “Le quattro stagioni”), dagli splendidi disegni di Massimo Coceano, dalle riproduzioni dei dipinti, dalle accurate inquadrature degli utensili. Un lavoro esemplare che appaga i cultori della materia e cattura i novizi.