Analisi_non_invasive(testo)

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Analisi_non_invasive(testo)
Il termine archeometria letteralmente significa misura di ciò che è antico e di per sé riguarda
l’intera area delle scienze esatte: cioè non é ristretto alla Fisica e alla Chimica. Si noti che é, in
generale, approssimativo e arbitrario definire una analisi a seconda che la si consideri fisica o
chimica. In casi banali, come per esempio quando si considera l’operazione di pesata di un oggetto
con una bilancia, e, in contrapposizione, l’ottenere un precipitato metallico al fondo di una provetta,
non abbiamo dubbi nel definire, rispettivamente, fisica la prima analisi e chimica la seconda. Ma nei
campi di analisi più sofisticate definire un’analisi fisica o chimica dipende da convenzioni e
tradizioni piuttosto che da fondati argomenti. Così, per esempio, se consideriamo in blocco tutti i
metodi di spettroscopia atomica o molecolare, sia che ci si avvalga di metodi di spettroscopia
nell’infrarosso, nel visibile o nell’ultravioletto, sia che si ricorra a metodi come quelli della
spettrometria di massa o della analisi XRF o se consideriamo, addirittura, i metodi di analisi
nucleari l’attribuzione di essi alla Fisica o alla Chimica é convenzionale. D’altro canto Fisica viene
dal Greco (φυσιs = natura) e quindi questa scienza include anche la descrizione dei fenomeni
chimici.
Tuttavia, pur persistendo questa non chiara distinzione fra i due termini, nel nostro caso se
consideriamo in particolare le analisi non distruttive come quelle per loro natura specificatamente
adatte nel campo dei Beni Culturali, non possiamo che definirle fisiche. Infatti, una analisi non
distruttiva é sicuramente un’analisi fisica (e non viceversa !).
Distinguiamo le analisi non distruttive in analisi atomiche e analisi nucleari e diamo per scontato
che l’insieme delle analisi ottiche, comprendendo in esse anche la radiografia, siano da considerarsi
non distruttive.
Le analisi atomiche, non distruttive nella rigorosa accezione del termine da applicare nel caso dei
Beni Culturali, sono basate sull’esame delle radiazioni X emesse dagli atomi come conseguenza di
una transizione di un elettrone dalla posizione iniziale in un livello esterno alla sede vacante in un
livello atomico interno (shell K o shell L) nel quale, per effetto di una collisione con radiazioni X,
elettroni o protoni, si é ottenuta l’espulsione di un elettrone (fenomeno della ionizzazione).
L’energia della radiazione X é esattamente pari alla differenza di energia di legame (vedi dopo ) fra
i livelli elettronici di arrivo e di partenza caratteristiche dell’atomo considerato.(Analisi XRF: XRay Fluorescence)
Le analisi nucleari sono basate, a loro volta, su l’esame delle radiazioni γ emesse dai nuclei per
effetto delle così dette reazioni nucleari ottenute con il bombardamento del campione in analisi per
mezzo di ioni accelerati ad energie opportunamente alte o di neutroni prodotti nei reattori nucleari.
In particolare, si può ricorrere alla tecnica di attivazione nucleare che si basa sul fatto che una
reazione nucleare dovuta al bombardamento con i neutroni produce nella maggioranza dei casi un
isotopo radioattivo che ha uno spettro di emissione di radiazioni γ che lo identificano.
In termini del tutto generali, sia nell’analisi XRF che in quelle nucleari, lo studio dello spettro di
radiazioni emesse rende possibile il riconoscimento degli atomi del campione analizzato. Ciò
fornisce l’analisi qualitativa della composizione mediante il riconoscimento degli elementi chimici
contenuti in esso (analisi elementare). Per l’analisi quantitativa- cioè per la possibilità di
determinazione delle concentrazioni dei differenti elementi chimici rivelati qualitativamente- si
veda dopo.
Si noti attentamente che la caratteristica di non distruttività delle analisi atomiche e nucleari qui
considerate dipende dal fatto che le transizioni elettroniche, per gli atomi, e nucleari, per i nuclei,
riguardano livelli della struttura interna dell’atomo che non interferiscono con i legami molecolari
del composto. Inoltre, sono utilizzate radiazioni di energia relativamente elevata. Ne consegue che
un singolo evento di emissione di un raggio X o γ produce un segnale di rivelazione
sufficientemente alto perchè l’efficienza di rivelazione sia grande. Ciò consente di inviare sul
campione intensità così deboli di radiazioni da non produrre alcun danno all’oggetto in esame.
Infine, l’oggetto é esaminabile senza alcuna preparazione preventiva e, se necessario, con
apparecchiatura portatile.
Per confronto, si consideri che una analisi atomica convenzionale, in questo caso distruttiva, basata
sull’esame degli spettri di emissione nel visibile emessi dagli atomi da un campione
preventivamente diluito in opportuna soluzione e vaporizzato, richiede necessariamente la
distruzione del campione, di solito inizialmente allo stato solido, per permettere la fuoriuscita della
radiazione visibile, che sarebbe assorbita nella materia solida. Inoltre, il segnale di emissioni nel
visibile perché sia sufficientemente intenso deve corrispondere alla emissione simultanea da parte di
molti atomi. Ciò può essere ottenuto ricorrendo alla vaporizzazione del campione cioè alla sua
distruzione.
Nel caso delle analisi ottiche, quando ci si riferisce a quelle condotte al microscopio, evidentemente
si rende necessaria per esse l’esecuzione di un microprelievo e la successiva esecuzione di una
sezione esaminabile sia al microscopio ottico che a quello elettronico. Per quanto, in passato, per la
piccolezza del prelievo questa tecnica, in mancanza delle attuali tecniche rigorosamente non
distruttive, sia stata considerata accettabile, tuttavia essa non é da considerarsi una tecnica
effettivamente non distruttiva.
Notiamo,infine, che l’attributo non invasivo a volte sostituisce non distruttivo.
Nella fig. 7 sono rappresentate le tecniche atomiche e nucleari in linea di principio applicabili all’
analisi di una moneta antica, per esempio, con l’indicazione degli spessori analizzabili nei diversi
casi. La sigla IBA (Ion Beam Analysis) indica l’insieme delle analisi ottenute con il
bombardamento di ioni (nella maggioranza dei casi: ioni di idrogeno, o protoni, o ioni di elio ).
Le diverse sigle indicate sono nell’ordine:
SEM (Scanning Electron Microscope, che include in particolare l’analisi XRF con elettroni come
radiazione di eccitazione), XRF (X-Ray Fluorescence. Per convenzione, essa indica la tecnica di
analisi basata sulla fluorescenza X caratteristica quando si usano raggi X come radiazione di
eccitazione), PIXE (Proton Induced X Emission), PIGE (Proton Induced Gamma Emission), NRA
(Nuclear Reation Analysis. Si indicano genericamente analisi basate su reazioni nucleari), RBS
(Rutherford Back Scattering. Vedi dopo), PAA (Proton Attivation Analysis. Tecnica basata
sull’attivazione con bombardamento con protoni), γ Absorption ( analisi della composizione della
lega metallica basata sulla misura dell’assorbimento della radiazione γ .Essendo questa radiazione
di energia molto più elevata di quella dei raggi X, si esamina l’intero spessore della moneta), NAA
(Neutron Attivation Analysis, già citata. Anche in questo caso, l’analisi é estesa all’intero spessore),
R/C (Analisi basata sulla misura dell’intensità di diffusione della radiazione X utilizzata per
determinare la composizione di una lega metallica binaria superando lo spessore della patina
superficiale che ha composizione diversa da quella all’interno).
Di alcune di queste analisi daremo qualche dettaglio in seguito.
Nella figura 8 sono indicati i livelli elettronici dell’atomo con le indicazioni delle diverse shells. La
più interna, K, contiene 2 elettroni (orbitale 1S) la seguente, L, contiene 8 elettroni (Orbitali 2S,
2P3/2, 2P1/2 ). Esse sono le shells interessate nella emissione delle radiazioni X caratteristiche
emesse dall’atomo quando un elettrone esterno cade nella shell K ( righe Kα e Kβ) ο nella shell L
(righe Lα, Lβ, ecc.), come é indicato schematicamente nella stessa figura.
Si noti che l’energia che é necessario trasferire a un elettrone atomico per provocare la sua
espulsione dal livello da esso occupato nell’atomo, cioé: la ionizzazione dell’atomo, deve essere
maggiore di un valore minimo caratteristico del livello considerato. Questa energia corrisponde
esattamente al lavoro minimo necessario per portare l’elettrone fuori dall’atomo. Essa, per
definizione, é l’energia di legame dell’elettrone nell’atomo considerato che é crescente con il
numero atomico ( Z ).
Poiché l’energia della radiazione X caratteristica dell’atomo corrisponde alla differenza di energia
di legame fra due stati elettronici entrambi interni all’atomo si ha, dunque, che l’energia della riga
X caratteristica emessa é sempre minore della energia minima di ionizzazione, cioè dell’energia di
legame, dello stesso atomo.
Ciò ha come importante conseguenza che la radiazione X caratteristica di un atomo non ha energia
sufficiente per ionizzare un atomo della stessa specie. Si noti che se il campione contiene atomi di
diverso numero atomico, come per esempio argento e rame nella lega di una moneta, allora la
radiazione X emessa dagli atomi più pesanti, nel nostro caso quelli di argento, può provocare la
ionizzazione di un atomo di rame, poiché l’energia di legame (∼ 9 Kev) del rame – elemento più
leggero- é inferiore all’energia della riga X Kα dell'argento (∼ 22 Kev). Ne consegue il verificarsi
dell’effetto di eccitazione secondaria della fluorescenza caratteristica del rame che si somma a
quella primaria prodotta dall’irraggiamento dall’esterno.
Di ciò bisogna tenere conto se si vuole calcolare la concentrazione di rame, cioè eseguire l’analisi
quantitativa della composizione della moneta.
La ionizzazione dell’atomo é condizione necessaria preliminare per ottenere l’emissione della
fluorescenza X caratteristica. Come indicato in fig 9,la ionizzazione può essere prodotta per effetto
dell’assorbimento da parte dell’atomo di un fotone (analisi XRF) o per effetto della collisione con
un protone (analisi PIXE). Si potrebbero usare anche elettroni -qui non indicato- (analisi SEM)
Indipendentemente dal metodo di ionizzazione, si ha in generale che l’emissione della fluorescenza
X caratteristica é in concorrenza con un fenomeno, che non trattiamo, che consiste nella emissione,
invece che di un fotone X, di un elettrone periferico (Emissione di Auger). Questo secondo
fenomeno per gli elementi leggeri é in effetti dominante sulla emissione XRF, inoltre l’energia della
fluorescenza X ancora per gli elementi leggeri ha valori troppo bassi per avere una buona efficienza
di rivelazione. Come conseguenza, l’analisi XRF non é applicabile per elementi di numero atomico
inferiore, approssimativamente, a quello del silicio ( Z=14).
Dalla figura 10 alla 15 sono rappresentati alcuni esempi di analisi PIXE condotte in diversi musei
del mondo.
Si noti il risultato sorprendente che impiegando i protoni accelerati con un acceleratore si può
eseguire la misura in aria. Nella fig.16 ,in particolare, é mostrata la traccia luminosa di alcuni
centimetri formata in aria da protoni di alcuni Mev, che si ottiene con una esposizione fotografica
convenientemente lunga, dovuta alla eccitazione dei livelli elettronici più esterni degli atomi di
azoto dell’aria.
Questo notevole vantaggio della tecnica PIXE per l’esame di oggetti ingombranti, come dipinti per
es., non é offerto dalla tecnica SEM che impiega elettroni per la quale é necessario operare nel
vuoto e, quindi, si presta ad analisi di oggetti di dimensione ridotta e, per di più, l’oggetto deve
essere metallico o reso conduttore, mediante doratura o ricopertura per deposizione di un sottile
strato di carbonio, per impedire che si generino alte tensioni elettrostatiche dovuto all’accumulo
delle cariche degli elettroni sulla superficie dell’oggetto. Come mostrato nella fig 17 ,il percorso
degli elettroni in un mezzo fisico é estremamente irregolare per effetto delle interazione con gli
elettroni atomici, mentre nel caso dei protoni, che hanno una massa di circa 2000 volte maggiore di
quella degli elettroni, il percorso in un mezzo assorbente,in generale, é essenzialmente rettilineo. E’
pertanto essenziale al fine di dirigere esattamente il fascio di elettroni su un punto dell’oggetto
operare nel vuoto.
Nella stessa fig. 17 é illustrata la grande differenza degli spettri X prodotti dagli elettroni e dai
protoni dotati approssimativamente della stessa velocità ( quindi, con energie ben differenti). Nel
caso degli elettroni si produce un gran contributo di fondo nello spettro dovuto al fenomeno di
Bremstrahlung da parte degli elettroni per effetto del violento frenamento da essi subito nel mezzo.
Come é illustrato nella stessa figura, vengono coperte e cancellate le righe dei raggi X caratteristici,
relativi a elementi in minore concentrazione che sono evidenti, invece, nello spettro prodotto dai
protoni.
In compenso, l’impiego degli elettroni nella tecnica SEM permette di focalizzare il fascio in zone
microscopiche fino a pochi micron di estensione nelle quali può essere localizzata la presenza di un
aggregato denso di un certo elemento. In questo caso il segnale degli X caratteristici localizzato sul
punto irraggiato é intenso. E’ possibile, così, ottenere la mappa di distribuzione dei diversi elementi
alla superficie, operando una regolare scansione per righe parallele della superficie in esame e
selezionando di volta in volta la riga X caratteristica di ogni elemento rivelato.
L’analisi XRF, come é mostrato nelle fig. 18, 19, 20, si ottiene con mezzi molto più semplici e
economici che l’analisi PIXE ed é possibile anche fare uso di apparecchiature portatili. Nel caso
illustrato dell’analisi della Corona Ferrea di Monza i raggi X prodotti da un tubo vengono
focalizzati mediante un capillare di vetro su un punto, evidenziato con un raggio Laser, di circa 100
micron di diametro, scelto di volta in volta su una zona smaltata, una di vetro,o su una parte
metallica.
Le figure dalla 21 alla 24 e dalla 30 alla 45 fanno parte di materiale illustrativo della tecnica PIXE
ricevuto dal Prof. Mandò del dipartimento di Fisica di Firenze.
In esse sono presentate in modo semplice e diretto le proprietà delle analisi IBA in generale e
inoltre si riportano interessanti esempi di informazioni riguardanti antichi codici miniati o
documenti autentici redatti con inchiostro di Galileo Galilei ottenute dalla analisi essenzialmente
qualitativa degli spettri PIXE.
Nelle figure 29 e 30 si fa riferimento a una proprietà generale tipica della Fisica atomica, ma della
quale non c’è riscontro nella Fisica nucleare. Essa consiste nella possibilità di identificare leggi
perfettamente regolari per la variazione di quantità caratteristiche degli atomi in dipendenza dal
fatto fondamentale che la legge di attrazione elettrostatica, o di Coulomb, che tiene insieme elettroni
negativi e nucleo positivo nell’atomo é perfettamente nota e esprimibile mediante il numero
atomico Z come parametro atomico variabile. Al contrario, non esiste una possibilità di
rappresentare in modo altrettanto semplice la forza nucleare che tiene uniti i nucleoni nel nucleo.
Nel caso della emissione XRF questa regolarità, o legge di scala, é evidente dalla panoramica
sistematica degli spettri di emissione X al variare del numero atomico Z presentata in fig. 29. In
aggiunta, nella fig. 30 sono presentati per confronto lo spettro degli X ottenuto in un’analisi PIXE e
lo spettro γ ottenuto in una analisi PIGE dallo stesso campione. Nel primo spettro é evidente la
dipendenza regolare dell’energia dei raggi X dal numero atomico, mentre una analoga legge di
dipendenza dell’energia dei raggi γ é del tutto assente nello spettro PIGE.
Analisi RBS
Questa analisi, che appartiene alla serie delle IBA analysis é basata, e da qui deriva il suo nome, su
una delle fondamentali esperienze nella storia della Fisica condotta nel 1911 da Rutherford che
costituisce la prova certa della esistenza di un nucleo positivo al centro dello spazio dell’atomo
occupato dagli elettroni
L’alternativa, in linea di principio possibile per il sistema globalmente neutro costituente l’atomo,
era allora rappresentata dal modello atomico di Thompson secondo il quale il volume atomico
sarebbe uniformemente riempito da cariche negative –gli elettroni- e da cariche positive dello stesso
valore.
L’esperienza cruciale per verificare quale dei due modelli fosse corretto fu eseguita con i mezzi
assai rudimentali dell’epoca da Rutherford utilizzando come proiettili le particelle α emesse da una
sorgente di isotopo radioattivo Ra 226 per bombardare, all’interno di una cameretta metallica vuota
di aria, un sottilissimo foglio di oro metallico. Il principio dell’esperienza é che se una particella α
attraversa il volume atomico descritto dal modello di Thompson, per effetto della compensazione
fra le forze di segno opposto generate dalle cariche positive e da quelle negative, subirebbe una
deviazione piccola o nulla rispetto la direzione iniziale del moto.
Nel caso che l’atomo sia costituito, invece, da un nucleo repulsivo centrale e dagli elettroni che,
sulla scala delle distanze nucleari, possono essere considerati a distanza infinita e quindi di nessuna
efficacia nel contrastare la deviazione dovuta all’effetto delle carica positiva nucleare, si devono
osservare per le particelle α grandi deviazioni dalla traiettoria rettilinea iniziale. Ciò é stato
confermato dall’esperienza.
Si ricorda brevemente che il raggio del nucleo é stimato dell’ordine di 10-13 cm, mentre quello
dell’atomo é dell’ordine di 10-8 cm, cioè, in scala, se il raggio fosse di 1m., gli elettroni
orbiterebbero in media alla distanza di 100 Km. (!) Inoltre tutta la massa dell’atomo é in pratica
concentrata nel nucleo e possiamo, quindi, considerare l’atomo come uno spazio vuoto occupato
dagli elettroni.
L’esperienza originale é stata condotta con gli atomi di oro a motivo del fatto che questo metallo é
facilmente riducibile in fogli sottilissimi che possono essere attraversati dalle particelle α del Radio,
ma qualsiasi atomo dà luogo al fenomeno di scattering (diffusione).
Il principio dell’analisi RBS si basa sul fatto che l’energia finale di una particella che é diffusa
all’indietro, con un angolo prossimo a 180°, che, cioè, ha subito un processo di retrodiffusione
(backscattering), dipende dalla massa dell’atomo urtato, secondo le leggi fondamentali di
conservazione dell’energia cinetica e della quantità di moto valide nel fenomeno dell’urto elastico.
Se la massa dell’atomo urtato é molto più grande di quella della particella α, che é uno ione di elio
di massa 4, come in effetti si verifica per l’atomo di oro, la particella torna indietro con quasi tutta
la sua energia. Se, all’altro estremo, la particella urta un nucleo di elio, cioè un nucleo con la stessa
massa, in un urto perfettamente frontale, la particella cede tutta la sua energia al nucleo di elio
urtato, che parte in avanti con la stessa velocità della particella urtante e, in questo caso limite, dopo
l’urto la particella ha energia 0.
Si noti che questo fenomeno é del tutto generale e non dipende dal tipo di interazione
(gravitazionale, elettrica, nucleare ) esistente fra le masse che si urtano. Il trasferimento totale di
energia cinetica in un urto frontale fra due sfere identiche é, infatti, facilmente osservabile nel gioco
del biliardo o delle bocce.
Le figure da 41 a 55 illustrano quanto spiegato sull’analisi RBS e forniscono alcuni esempi di
simulazione numerica e di misure sperimentali. In particolare, la fig. 55 mostra uno spettro RBS
ottenuto dall’analisi della punta metallica di una freccia di epoca medioevale rinvenuta in Cina.
Si noti da questo esempio che gli spettri di energia delle particelle retrodiffuse hanno un valore
massimo corrispondente all’energia di rinculo dopo l’urto con gli atomi in superficie. I contributi
allo spettro di energia via, via minore corrispondono con gli urti in profondità per i quali bisogna
tenere in conto che si ha una diminuzione dell’energia delle particelle α per frenamento sia nel
percorso di andata che in quello di ritorno. Il fatto che l’intensità a più bassa energia sia maggiore
dipende dal fatto che con calcoli teorici si spiega che la probabilità che si verifichi una collisione
all’indietro aumenta al diminuire dell’energia della particella urtante che, infatti, é rallentata
nell’avanzare all’interno del campione in analisi.
Si noti per concludere che le particelle α possono percorrere in materiale solido spessori dell’ordine
dei microns, pertanto la tecnica RBS é da considerarsi un’ analisi superficiale.