Spade «cinquedea» in Ungheria (con otto illustrazioni)

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Spade «cinquedea» in Ungheria (con otto illustrazioni)
SPA DE «C INQ UEDEA» IN U N G H E R IA
Sino al XIV secolo, le armi di modello tedesco, fabbricate
secondo la tecnica tedesca, servivano di norma nell’equipaggia­
mento di un esercito. In Inghilterra e in Francia troviamo la
forma di spada usata in Germania. Ma, a partire da questo tempo,
nella fabbricazione delle armi si fa sentire sempre più deci­
samente l’influsso italiano, che cominciò in grazia dell’arte della
scherma, sviluppatasi a Venezia, a Bologna e a Firenze, e che
ben presto si aprì la via verso la Francia e la Germania. Sulla
lenta trasformazione della forma delle spade, esercitarono una
grande influenza i girovaghi allievi degli schermidori italiani,
capitati in ogni parte del continente, e detti 1 «Compagni di S.
Marco» o i «Compagni schermidori». N el XIV secolo, facendosi
le armature sempre più perfette e pesanti, anche le lame dove­
vano subire un aumento di peso, perché il colpo sortisse l’effetto
desiderato. La lama a due tagli fu usata sempre più spesso, e
perciò troviamo assai raramente delle spade da combattimento
del tempo, con la costa e l’incavo. Tuttavia, per far sì che questa
lama pesante fosse lo stesso facilmente maneggevole, e che il suo
peso non fosse eccessivo, il profilo ne veniva sempre più assotti­
gliato verso la punta, cioè si faceva una punta molto lunga. Nel
XIV secolo, in Italia e in Spagna, in luogo della spada da combatti­
mento, si creò un nuovo tipo di spada, da portare ogni giorno,
per ornamento — usata in città dai nobili e dai borghesi, e nei
villaggi dai contadini — in cui la forma della lama era determinata
da necessità differenti da quelle della battaglia.
La cura della sicurezza personale fu la causa principale
della sua origine. La lama di queste armi di difesa era di solito
leggera e corta, adatta a uno stretto corpo a corpo, così da poter
essere portata senza molestia. Possiamo considerare queste armi
di difesa come elementi di transizione dalla spada alla sciabola.
Sullo scorcio del secolo XIV, nell’Italia divisa in fazioni, si formò
un tipo speciale di arma di difesa, che nella letteratura delle armi
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è conosciuta come «lingua di bue» (in lat. lingula, antico ted.
gabilot, frane, langue de boeuf, spagn. punal, in gl. anelace).
La tarda riproduzione dell’antico parazonio, apparve per
la prima volta a Venezia e a Firenze, e, con la sua forma carat­
teristica, si diffuse rapidamente in tutta l’Italia, la Francia e la
Borgogna, mentre più tardi diventò di moda tra i cittadini e i
borghesi tedeschi. Il più importante luogo di produzione, nel
sec. XV, era Verona. A Verona e a Venezia quest’arma era cono­
sciuta col nome di «cinquedea» (cinque dita), perché la radice
della lama era larga cinque dita, cioè aveva precisamente la lar­
ghezza di una mano. La potremmo considerare anche un pugnale,
ma per la sua foggia la possiamo riguardare come una specie di
spada di difesa (Haustvehr). La sua lama ha la forma di triangolo
allungato, con i tagli che corrono diritti verso la punta; il gaviglia.no
s’incurva a parabola verso la lama ; l’impugnatura è d ’osso, con
rosette di rame traforate ; il pomo, di forma piatta, è orlato di
una piastrina di rame, ornata di incisioni. Spesso nel fodero trovava
posto anche un coltellino (batardeau) . Si portava dietro, a destra,
appesa alla cintura.
D i solito, le lame delle «cinquedea» erano adorne di orna­
menti all’acquafòrte. Le prime incisioni all’acquafòrte su lama,
secondo quanto si può provare, risalgono a Ercole de’Fideli,
un orafo di Ferrara. Nacque intorno al 1465, e lavorò alla
corte di Ferrara a cominciare circa dal 1480. La sua fama
è dovuta alle armi ornamentali, che sono importanti cimeli del
Rinascimento. L’opera sua più stupenda è il pugnale da lui foggiato
nel 1498 per Cesare Borgia, la «Reine des épées», attualmente in
possesso del Principe di Teano, Duca di Sermoneta, a Roma,
mentre il fodero è conservato a Londra, nel Museo Vittoria e
Alberto.1 Le incisioni di Fideli sulle lame, eseguite alla maniera
fine e minuta delle silografie italiane, ci permettono di gettare
uno sguardo sullo spirito e sul linguaggio delle forme del primo
Rinascimento. Tra le numerose lame uscite dalla sua bottega,
conosciamo un esemplare contrassegnato col suo nome, esposto
nella raccolta della Zeughaus di Berlino. £ caratteristico che nei
suoi disegni non si trovano scene della Bibbia, ma le ispirazioni
sono tratte dalla mitologia.
Il
Rinascimento portò un essenziale cambiamento nel gusto,
in tutta l’Europa. In ogni oggetto artistico si può avvertire il suo
influsso diretto o indiretto. N ell’epoca aurea del Rinascimento,
la sensibilità degli artisti era sviluppata a tal punto, che anche gli
Fig. I. — «Cinquedea»
Museo comunale — Szom bathely
Fig. 2. — La scena di Muzio Scevola. Particolare della «cinquedea» di Szombathely
Fig. 3. — Il giudizio di Paride. Particolare della «cinquedea» di Szom bathely
Fig. 4. — Il trio n fo d ’Amore sulla «cinquedea» di Berlino
Fig. 5. — A ltro particolare della «cinquedea» di Berlino
F ig . 6. — « C in q u e d e a »
M u seo N az. U ngherese — Budapest
F ig . 7. — P articolare della «cinquedea» del M useo N az. U ngherese di B u d ap est
F ig . 8. — A ltro p a rtico la re della «cinquedee.» del M useo N az. U n g h e rese di B udapest
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oggetti più insignificanti venivano foggiati con cura e buon gusto,
allo stesso modo dei capolavori.
Questa volta vogliamo parlare di tre cimeli, ai quali dà
particolare importanza il fatto che uno di essi si trova in possesso
della città di Szombathely, dono di Sefert pascià2 (Fig. 1). Su
un Iato della «cinquedea» di Szombathely vediamo Muzio Scevola
che tiene la mano sul fuoco (Fig. 2) : davanti a lui, su di un trono
elevato, siede il Re. L ’armatura di Muzio Scevola, il suo cimiero
ornato di piume ondeggianti, rappresentano la tipica concezione
quattrocentesca del soldato romano. Sullo sfondo si attardano
dei cavalieri, coperti di simili adorne armature. La scena è intarsiata
d’oro, così come quella sull’altro lato, che rappresenta il giudizio
di Paride. Davanti a Paride che siede sotto un albero ombroso,
si aggirano ignude le dee, contrariamente alle figurazioni più
tarde, in cui soltanto Venere appare svestita (Fig. 3).
Ambedue le scene sono state ispirate dalla pittura italiana
quattrocentesca, e più precisamente dalle silografie e acqueforti
da questa derivate. Una certa secchezza e rigidità di disegno nel
trattare le figure a bruschi chiaroscuri, in forme brutali e reali­
stiche, richiama alla memoria la pittura ferrarese, e più di tutti
forse il maggior artista ferrarese del tempo, Francesco Cossa.
Invece la tecnica della rappresentazione ricorda molto le
incisioni in rame di Andrea Mantegna, che in quei tempi erano
diffusissime.
La «cinquedea» di Szombathely, per il soggetto e per la
lavorazione insieme, appartiene al gruppo trattato da L au ts\
nel quale vi sono dei pezzi, le cui raffigurazioni furono riprodotte
su altre spade, come il Muzio Scevola della «ciquedea» dell’Armeria
Reale di Torino*, o il Giudizio di Paride che si può vedere su
una lama nel Musée de l’Armée di Parigi5. In questa serie, la
«cinquedea» di Szombathely è uno dei pezzi meglio conservati
e testimonia una meravigliosa abilità artistica.6
Gli altri due cimeli che vorremmo ricordare, sono le «cin­
quedea» della Zeughaus di Berlino e del Museo Nazionale di
Budapest. Le fini incisioni dell’esemplare di Berlino rappresen­
tano il trionfo di Amore (Fig. 4). N ello sfondo appaiono i ruderi
di antiche costruzioni, come quelli che davano un carattere umani­
stico e archeologico alle pitture del Mantegna. Su ambedue i lati,
la composizione è divisa orizzontalmente in due parti. Osser­
viamo che la tecnica di questo lavoro non è a intarsio d ’oro, ma
ad acquafòrte. Su l’altro lato della «cinquedea» di Berlino, il suo
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autore, Fideli mise la propria firma. Non c e dubbio che ci tro­
viamo di fronte a una sua opera autentica' (Fig. 5).
Riteniamo opera del Fideli pure la «cinquedea» del Museo
Nazionale Ungherese (Fig. 6), uno dei più preziosi gioielli di
questo gruppo, donata dal barone Francesco Révay. Su ambedue
i lati, (Figg. 7-8), come nell’esemplare di Berlino, ci sono due striscie lavorate da una parte, e due dall’altra. Le raffigurazioni sono
ispirate dalla mitologia, ma non possiamo stabilirne con precisione
i soggetti. Risalta la figura di un giovinetto con una tromba, che
prende parte a una lotta selvaggia. La maniera della rappresenta­
zione, la disposizione delle figure, la decorazione ornamentale,
che termina verso la lama con una fila di bottoni tanto in quella
di Berlino che in quella di Budapest, rendono indubbio il fatto
che qui ci troviamo di fronte a un’opera del Fideli. Questo perciò
è uno dei pezzi più preziosi del gruppo delle armi d’origine italiana
del nostro Museo.8
G
io v a n n i
K almàr
NOTE
: Kunstlcr-Lexikon, voi. XI, p. 535.
V ILMOS : Renaissancekori tdrgyak. a vasmegyei régiségtàrból
(Oggetti dell’epoca rinascimentale, nel museo di antichità del comitato di
Vas). «Vcheológiai Értesi'to'», nuova serie, voi. Ili, 1884, p. 175.
3 J an L auts : Eine Gruppe Ferraresischer Cinquedeen aus dem Ende
des 15. Jahrhunderts. «Zeitschrift fiir Historische Waffen und Kostiimkunde».
Berlin 1935, voi. XIV, P. 122.
4 Cat. Angelucci, fase. 6, p. 303.
5 Cat. J. 777.
® L’iscrizione sulla piastra di rame, su un lato dell’impugnatura,
dice : NUNQUAM POTEST NON ESSE VIRTUTI LOCOS.
7 PaulPost: DasZeughaus. Die Waffensammlung I. Berlin 1929, p. 54.
8 Iscrizione della lama : FATIS DE REGITUR MORTALE GENUS OMNE SOLUM
FORTI PATRIA EST. Iscrizione su di una piastra di rame, su un lato dell’im­
pugnatura : PROPTER + CANES + ET HOMINES + BESTIALES. Cfr. PuLSZK Y
KÀROLY : Renaissancekori tdrgyak a Nemzeti Mùzeum Régiségtdrdból (Oggetti
dell’epoca rinascimentale, dalla raccolta di antichità del Museo Nazionale).
«Archeológiai Értesi'to». Nuova serie, voi II, 1882—83, p. 231. — Anche Zoltàn
Tóth avanzò l’ipotesi che si trattasse di un’opera di Fideli. Vedi la sua
Guida delle raccolte storiche. Budapest 1938, p. 32.
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2 Li P P