VII - Pegaso
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VII - Pegaso
INSEGNAMENTO DI DIRITTO PENALE II LEZIONE VII “IL FURTO DI ARMI, MUNIZIONI ED ESPLOSIVI” PROF. MICHELE DI IESU Diritto Penale II Lezione VII Indice 1 Introduzione --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 3 2 Ipotesi Di Furti C.D. «Minori» ----------------------------------------------------------------------------------------------- 4 3 Sottrazione Di Cose Comuni (Art. 627) ----------------------------------------------------------------------------------- 16 4 Rapina In Generale (Art. 628) ---------------------------------------------------------------------------------------------- 18 5 Rapina Propria (Art 628, 1°Comma) -------------------------------------------------------------------------------------- 19 6 Rapina Impropria (Art. 628, 2° Comma) --------------------------------------------------------------------------------- 28 Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 2 di 31 Diritto Penale II Lezione VII 1 Introduzione L’art 4 della L 8-8-1977, n 533 prevede come autonoma ipotesi aggravata di furto quello commesso su armi, munizioni od esplosivi nelle armerie ovvero in deposito o in altri locali adibiti alla custodia di essi. Come appare evidente, si tratta di una ipotesi particolare di furto aggravato e in considerazione del corpo del reato e in considerazione del luogo in cui viene commesso. Per i concetti di «armi», si veda quanto detto al Capitolo Secondo, Sez. Iii, § 6. «Armene, depositi o altri locali adibiti alla custodia delle armi, munizioni od esplosivi» sono tutti i locali aventi specifica destinazione al fine indicato non ricorre, dunque, il delitto aggravato di cui all’articolo in esame quando il furto avvenga in un appartamento privato. Si procede d’ufficio col rito direttissimo e la competenza è del Tribunale in composizione monocratica. La procedibilità d’ufficio è stata ribadita ed esplicata dall’art 14 della L 25-6- 1999, n 205. Sono applicabili le misure cautelari personali, l’arresto in flagranza è obbligatorio anche se si tratta di tentativo, il fermo è consentito. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 3 di 31 Diritto Penale II Lezione VII 2 Ipotesi di furti c.d. «minori» L’art 626 prevede tre ipotesi di furto, e cioè il furto d’uso, ilfurto lieve per bisogno e lo spigolamento abusivo, esaminiamoli. Furto d’uso (art, 626 n. 1) Consiste nel fatto di chiunque ha commesso un furto al solo scopo di fare uso momentaneo della cosa sottratta, restituendola immediatamente dopo l’uso. Tale delitto si distingue dal furto comune per gli elementi che lo contraddistinguono a) quello psicologico, consistente nell’intenzione di far uso momentaneo della cosa sottratta (il dolo, cioè, comprende un fine ulteriore rispetto a quello del furto), b) quello oggettivo, consistente nel semplice uso momentaneo della cosa e tale da non alterarla, renderla inservibile o distruggerla, e nella successiva immediata restituzione della cosa stessa, restituzione che deve essere completa e volontaria, anche se non spontanea La restituzione implica necessariamente la consegna della cosa alla persona derubata, essendo sufficiente un qualsiasi atto che reintegra la stessa nel possesso. Secondo la giurisprudenza e la dottrina, non basta la semplice intenzione di restituire, ma occorre la restituzione effettiva Tuttavia, la Corte Costituzionale, con sentenza n 1085 del 1988, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art 626 n 1 comma primo nella parte in cui non estende la disciplina ivi prevista all’ipotesi in cui la mancata restituzione della cosa sottratta sia dovuta a caso fortuito o a forza maggiore. Si discute circa l’ammissibilità del tentativo. MANZINI lo esclude, ritenendo che il reato presuppone la restituzione che non può avvenire se non dopo la consumazione del furto. ANTOLISEI, invece, lo ritiene ammissibile, in quanto, altrimenti l’ipotesi tentata verrebbe punita più gravemente di quella consumata. Va osservato, pero, che, praticamente, è molto difficile configurare l’ipotesi di tentativo in questo particolare caso. Furto per bisogno grave e urgente (art 626 n. 2) Ricorre tale reato, quando il furto è commesso su cose di tenue valore onde provvedere ad un grave ed urgente bisogno. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 4 di 31 Diritto Penale II Lezione VII Tale reato si distingue dal furto comune per l’oggetto materiale e per l’elemento soggettivo a) oggetto materiale deve essere una cosa di tenue valore, la tenuità del valore va valutata con criterio oggettivo e non soggettivo, la cosa, inoltre, deve essere atta a soddisfare il bisogno urgente e grave dell’agente o di altri La giurisprudenza è costante nell’affermare che lo stato di bisogno di cui parla l’art 626 n 2 presenta elementi differenziali rispetto allo stato di necessita, in quanto mentre l’art 54 richiede che il pericolo non sia stato volontariamente causato dal soggetto, I’ art 626 n 2 prescinde da questa condizione e richiede soltanto la urgenza del bisogno, la quale puo manifestarsi anche in mancanza di un pericolo attuale, come pei lo stato di necessita Con riferimento allo stato di indigenza, si è precisato che esso, senz’altro, determina un generico stato di bisogno, che è grave ed urgente quando riguardi la fame ed il freddo che condizionano lo stesso diritto alla vita. Tuttavia, si e aggiunto, ad integrare il grave ed urgente bisogno previsto dall’ art 626 n 2 è necessario che l’agente, per poter sopperire all’indigenza stessa, non avesse la possibilità di ricorrere alla pubblica assistenza o beneficenza (cosi MANZINI) Il bisogno, inoltre, deve considerarsi «grave quando la mancata soddisfazione di esso può cagionare un danno rilevante, urgente allorché la sua soddisfazione non può esser differita senza notevole danno (cosi ANTOLISEI). Si è ritenuta la sussistenza del reato in esame nel caso di chi abbia sottratto un modesto quantitativo di legna per cuocere il pane o per riscaldarsi o per riscaldare un ragazzo infermo, e ne] caso di chi abbia raccolto una manciata di foraggio per non far morire di inedia il proprio cavallo, b) elemento soggettivo il dolo di questo reato è caratterizzato (come elemento ulteriore rispetto al dolo del reato di furto comune) dalla consapevolezza di agire su cosa di tenue valore per provvedere ad un grave ed urgente bisogno. Secondo ANTOLISEI, l’errore sulla sussistenza del bisogno o sulla tenuità del valore comporta, in analogia all’esimente putativa ex art.59, la responsabilità dell’agente per il reato in esame e non pei quello di furto comune. Spigolamento, rastrellamento e raspollatura abusivi (art. 626 n. 3). Il fatto consiste nello spigolare, rastrellare o raspollare nei fondi altrui non ancora spogliati interamente del raccolto. In particolare • lo spigolare si riferisce alle spighe rimaste dopo la mietitura; • il rastrellare ai residui delle erbe falciate; • il raspollare ai grappoli d’uva sfuggiti alla vendemmia. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 5 di 31 Diritto Penale II Lezione VII Presupposto del reato è che il fondo non sia stato ancora interamente spogliato del raccolto, se il raccolto è, invece, avvenuto, non si ha alcun reato, in quanto i residui debbono considerarsi res derelictae. Pena ed istituti processuali. La pena per i tre tipi di furto esaminati è della reclusione fino ad 1 anno e della multa fino a euro 206,00. I reati sono procedibili a querela di parte e la competenza è del Pretore [Tribunale monocratico]. Misure cautelari personali, arresto in flagranza e fermo non sono consentiti. Si ricordi che per il disposto dell’ultimo comma dell’ art 626 risponde di furto comune aggravato chi abbia commesso uno dei tre reati indicati col concorso di taluna delle circostanze indicate nei nn 1, 2, 3 e 4 dell’art 625. Sono applicabili le sanzioni sostitutive ex artt 53 e segg L 689/81. Giurisprudenza Cosa mobile Ai fini del reato di furto la «cosa mobile» va intesa in senso realistico dovendosi considerare tali non solo tutte le cose di per se mobili, cioè quelle che hanno l’attitudine a muoversi da se medesime o ad essere trasportate da luogo a luogo, ma anche le cose che possono essere mobilizzate adopera dello teso ladro mediante la loro avulsione od enucleazione, o ricorrendo ad analoghe attività materiali Costituisce, pertanto, furto l’asportazione e l’impossessamento di una protesi dentaria tolta ad un cadavere (Cass 8-11-1984, n 9802). 2. La patente di guida è una res non commerciabile per la stretta inerenza personale al suo titolare e perché è insuscettibile di essere oggetto di possesso e di uso da parte di terzi; ne consegue che colui il quale trova una patente smarrita e non la riconsegna o ai legittimo titolare o agli agenti di polizia commette il delitto di furto e non già quello di appropriazione di cose smarrite (Cass. 29 10-1984, n. 9028). 3 L’energia elettrica somministrata dall’ENEL costituisce cosa mobile (Cass 1991). Altruità della cosa In tema di furto, ai fini della sussistenza dell’altruità della cosa, non occorre che sia individuata la persona offesa, essendo sufficiente l’accertamento dell’appartenenza della cosa stessa Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 6 di 31 Diritto Penale II Lezione VII a qualcuno diverso dall’autore della condotta furtiva, a nulla rilevando la circostanza che essa sia attualmente e materialmente incustodita (Cass. 2-5-1973, n. 887). 2. La cosa rubata e poi abbandonata dal ladro non può essere considerata res derelicta la cui appropriazione sia lecita a chiunque perché non vi è abbandono senza la volontà dell’avente diritto e tale non può certamente ritenersi quella del ladro. Ne consegue che, per la mancanza della derelictio la cosa rubata e poi abbandonata dal ladro deve considerarsi nuovamente nel possesso dell’avente diritto; costituisce, pertanto,furto in danno del propri etario l’impossessamento di cose già rubate da altri; ed in tal caso, in relazione alla condotta del proprietario e non a quella del ladro che abbandona la cosa rubata, è configurabile l’aggravante dell’esposizione alla pubblica fede (Cass. 12-6-1986, n. 5454). L’impossessamento di vongole esistenti allo stato naturale, in zona di mare sulla quale esiste un diritto esclusivo di pesca, da parte di terzi non legittimati, non integra il reato di furto perché manca l’altruità della cosa, essendo le stesse «res nullius» al pari di tutte le altre specie ittiche che vivono in acque libere; tale comportamento integra la contravvenzione di cui al combinato disposto degli artt. 15, comma primo, lett. e) e 24, comma terzo, legge 14 luglio 1965 n. 963 sulla pesca marittima, che punisce,--con l’arresto o con l’ammenda, a querela della persona offesa, chiunque non osservi il divieto di sottrarre od asportare, senza il consenso dell’avente diritto, gli organismi acquatici che si trovino in spazi acquei sottratti al libero uso e riservato agli stabilimenti di pesca (Cass. 22-3-1995, n. 3051). Profitto Nel reato di furto il profitto può consistere in una qualsiasi utilità e vantaggio, anche di natura non patrimoniale, ed è sufficiente che il soggetto attivo (a nulla giuridicamente rilevando la destinazione che egli dà alla cosa sottratta) abbia operato per il soddisfacimento di un qualsiasi interesse anche psichico, e quindi anche per ragioni di interesse di studio (Cass. 9-5-1985, n. 4471). La sottrazione di un oggetto fatta con l’intento puramente scherzoso non può integrare l’ipotesi di furto, “in quanto l’intento «ioci causa», essendo incompatibile con il fine di trarre profitto, esclude il dolo specifico di detto reato (Cass. 4-11 - 1991,n. 11027). Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 7 di 31 Diritto Penale II Lezione VII Consumazione Poiché rispetto alla previsione dell’art. 624 c.p. non assumono rilievo né il criterio spaziale né il criterio temporale, colui che abbia nascosto sulla propria persona la cosa sottratta, deve rispondere di furto consumato e non semplicemente tentato anche se non si sia allontanato dal luogo della sottrazione ed abbia esercitato sulla cosa un potere del tutto momentaneo, essendo stato costretto ad abbandonare la refurtiva subito dopo il fatto, per il pronto intervènto dell’avente diritto dopo la sottrazione. Solo qualora tale intervento, all’insaputa del soggetto attivo, si sia verificato ancor prima della sottrazione, avendo il detentore e gli agenti di polizia seguito e sorvegliato il ladro nelle diverse fasi dell’azione furtiva, in guisa da poterla interrompere in qualsiasi momento, il delitto non può considerarsi consumato con l’occultamento della cosa sulla persona del colpevole, poiché nelle circostanze accennate tale manovra non realizza l’effettivo e sia pure temporaneo impossessamento da parte del soggetto attivo e la correlativa sottrazione della «res» alla sfera di vigilanza e di controllo diretto dell’offeso (Cass. 5-4-1991, n. 3747). Ai fini della distinzione tra furto consumato e furto tentato, non hanno rilevanza né il criterio spaziale, né il criterio temporale. Perché il reato possa dirsi consumato, dunque, e sufficiente la sottrazione della cosa alla disponibilità del detentore ed il correlativo impossessamento (conseguimento della fisica ed autonoma disponibilità) di essa da parte dell’agente, anche per breve lasso di tempo Né la consumazione è esclusa dalla circostanza che l’agente sia stato costretto ad abbandonare la refurtiva subito dopo la sottrazione, a causa del pronto intervento dell’avente diritto o della forza pubblica Solo ove vi sia stata la vigilanza di costoro, all’insaputa dell’agente e nel corso dell’azione delittuosa, sicché questa avrebbe potuto essere bloccata, il furto non può considerarsi consumato Ciò perché in tali condizioni, anche se l’agente si fosse impossessato della cosa, non si sarebbe potuto realizzare l’autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva, rimasta sempre nella sfera di diretto controllo e vigilanza dell’offeso (Cass 18-1-1993, Cass 28-4- 1995, n 4743). Per la ravvisabilità del delitto di tentato furto non è necessaria l’esistenza della «res furtiva», dovendosi avere riguardo alla situazione che l’agente si era prospettato al momento dell’azione criminosa. Pertanto, non ricorre l’ipotesi del reato impossibile quando la mancanza dell’oggetto cui tende l’agente sia soltanto temporanea ed accidentale (Cass 18-1-1994, n 377). Quando, per le caratteristiche della situazione concreta, le forze dell’ordine non siano libere di intervenire in ogni momento della azione criminosa ma debbono attendere il compimento di Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 8 di 31 Diritto Penale II Lezione VII questa, e da escludere che le stesse abbiano continuativamente mantenuto il controllo e la vigilanza sulla refurtiva che, sia pure temporaneamente, deve considerarsi nella piena disponibilità degli autori del furto i quali, a causa delle condizioni sfavorevoli alle forze dell’ordine, ben potrebbero allontanarsi impunemente con essa. In tal caso, il furto deve ritenersi consumato, e non già tentato, a nulla rilevando che per l’intervento delle forze dell’ordine i colpevoli non abbiano consegnato il profitto in via definitiva, in quanto hanno avuto, sia pure per breve tempo, l’autonoma ed esclusiva disponibilità della cosa (Nella fattispecie i Carabinieri erano stati costretti ad intervenire all’ultimo momento per le particolari circostanze di tempo e luogo, (notte ed aperta campagna) (Cass. 15-31995, n 5901). In tema di furto, qualora la condotta dell’agente riguardi una pluralità di cose di pertinenza dello stesso possessore e il ladro operi in un medesimo contesto temporale e spaziale, impossessandosi di una parte di esse e non riuscendo, per cause indipendenti dalla sua volontà, ad impossessarsi di altre esistenti nello stesso luogo, l’azione complessa, essendo progressiva, deve essere considerata unica, in quanto la parte più rilevante già posta in essere assorbe quella «in itinere» Essa realizza quindi un solo reato consumato delle cose sottratte, non vertendosi né nell’ipotesi di tentativo di furto né in quella di furto consumato in concorso con il tentativo. (Nella specie, l’agente si era impossessato di alcune cose all’interno di una auto- vettura nella quale era penetrato, ed era stato colto sul fatto mentre tentava di impossessarsi di altri oggetti ivi esistenti) (Cass. 1-3-1997, n. 1985). «Furto venatorio»: abolizione della figura Divenute inapplicabili, ex art. 30 comma terzo, L. 11-2-1992, n. 157 le disposizioni sul furto, l’abbattimento di un animale, nei cui confronti, per le prescrizioni del calendario venatorio, non è consentita la caccia, commesso in data anteriore all’entrata in vigore della detta legge, non può neppure integrare gli estremi della contravvenzione di cui all’art. 30, comma primo lett. h) della stessa legge, non potendo riconoscersi a questa norma efficacia retroattiva, in quanto sarebbe punito come reato un fatto che, al momento in cui era stato commesso, costituiva illecito amministrativo ai sensi dell’ art. 31 comma primo lett. c), legge 27 dicembre 1977, n. 968, e non essendo possibile configurare un rapporto di successione dileggi rilevante ex art. 2 comma terzo cod. pen. tra le fattispecie di cui agli artt. 624 e segg. cod. pen. e quelle di cui al predetto art. 30 comma primo legge n. 157 del 1992 (Cass. Sez. un., 23-9-1993, n. 8650). Nell’ipotesi di caccia di faiole — specie non cacciabile — è ravvisabile il reato di cui all’art. 30 lett. h) legge 11 febbraio 1992, n. 157 e non più il delitto di furto (Cass. 22-1-1993, n. 519). Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 9 di 31 Diritto Penale II Lezione VII Furto di energia elettrica Il caso dell’utente che si avvalga di corrente elettrica industriale a scopo di illuminazione può configurare furto aggravato o truffa a seconda se l’abusivo allacciamento dell’impianto di illuminazione a quello della corrente industriale avvenga prima o dopo del contatore dell’energia industriale. Poiché il momento consumativo del reato è quello della registrazione e misurazione operata dal contatore, l’allaccio abusivo integra impossessamento di energia elettrica non ancora entrata nel possesso del consumatore, qualora lo stesso avvenga prima del contatore, quando ancora l’energia è posseduta dall’impresa fornitrice. Se, invece, l’allaccio abusivo avvenga dopo il contatore e quindi dopo che mediante la registrazione e la misurazione l’utente ha acquistato il possesso dell’energia, l’inganno subito dal fornitore (circa l’utilizzazione dell’energia stessa come illuminazione invece che per uso industriale, per lucrare indebitamente la differenza della relativa tariffa), integra il reato di truffa (Cass. 19-4-1980, n. 5163). Furto nei supermercati ed in altri negozi di vendita al pubblico. Nei supermercati e nei grandi magazzini, dove vige il sistema del cosiddetto «selfservice» (cioè il prelievo diretto degli oggetti esposti sui banchi di vendita), il cliente acquista la disponibilità degli oggetti direttamente prelevati soltanto dopo averli pagati alla cassa. Mentre, prima del pagamento, ne è soltanto un detentore materiale. Pertanto, chi occulta gli oggetti prelevati sulla propria persona, in tal modo realizzandone la signoria autonoma, cioè impossessandosene, commette il delitto di furto, e non già quello di appropriazione indebita o di insolvenza fraudolenta (Cass. 2-6-1977, n. 6941). Integra il delitto di furto e non quello di insolvenza fraudolenta il fatto dell’avventore dei grandi magazzini che prelevi la merce esposta sui banchi di vendita e la occulti allontanandosi ovvero non provveda al pagamento del prezzo all’atto del passaggio innanzi alla cassa Invero, in tale ipotesi, non soltanto il semplice prelevamento della merce dai banchi di esposizione non puo essere assunto come manifestazione di volontà volta all’ accettazione dell’offerta e quindi non e idoneo a determinare la conclusione del contratto (presupposto necessario dei delitto di insolvenza fraudolenta), bensì quel prelevamento medesimo, congiunto al successivo occultamento della merce o all’evasione del pagamento del prezzo, realizza gli elementi tipici del delitto di furto (sottrazione della merce stessa, mediante impossessamento da parte dell’agente e correlativo spossessamento del proprietario (Cass 7-6-1972, n 1037). Risponde del delitto di furto, in quanto si impossessa di una cosa mobile altrui, non ancora entrata nella sua autonoma disponibilità, colui che in un negozio di vendita al minuto chieda di acquistare delle merce e, avutane la disponibilità materiale da parte del negoziante, si allontani con Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 10 di 31 Diritto Penale II Lezione VII la stessa, senza pagarne il prezzo (Fattispecie nella quale un tabaccaio aveva posto sul bancone, dopo averle prelevate da uno scaffale, le stecche di sigarette richieste dal cliente, che si era allontanato poicon la merce, senza pagare, mentre l’esercente provvedeva a sbrigare altri avventori) (Cass. 12-6-1995, n. 6831). Circostanze Il furto aggravato dall’introduzione in edificio abitativo condominiale, attraverso parti comuni o pertinenze di esso, e reato complesso, unificandosi in esso, quale circostanza aggravante, la violazione di domicilio consumata anche nei confronti dei condomini poiché questa costituisce reato — mezzo, legato da nesso di strumentalità a quello di furto, preminente, del quale integra la circostanza — in tal caso l’amministrazione condominiale, come il singolo condomino, riceve indiretta tutela penale e, in quanto soggetto danneggiato dal reato, complessivamente considerato, può costituirsi parte civile per il risarcimento del danno patito (Cass 28-7-1987, n 8790). 2 La figura giuridica del furto con strappo lascia il posto a quella della rapina tutte le volte che la violenza impiegata dall’agente non si eserciti esclusivamente sulla cosa, ma si estenda anche volontariamente alla persona, quale sviluppo dell’azione rivolta all’inizio soltanto all’impiego della forza fisica contro la cosa. Pertanto, qualora nel compimento dell’azione criminosa cadano per terra sia l’agente che la vittima e quest’ultima venga trascinata per qualche metro per il fatto che la borsetta (oggetto della violenza) da essa trattenuta per resistere allo strappo resti impigliata nella manica dell’agente, se non si rinviene nel complesso dello stesso nemmeno il dolo eventuale, non si è in presenza del piu grave delitto di rapina (Cass.28-10-1987, n. 11025). Deve ritenersi la sussistenza dell’aggravante dell’abuso di relazioni di prestazione d’opera, di cui all’art. 61 n. 11 c.p., essendo irrilevante la circostanza che all’epoca in cui fu commesso il furto l’imputato non fosse più alle dipendenze della persona offesa dal reato, qualora risulti accertato che l’autore della impresa criminosa abbia tratto profitto dalle condizioni favorevoli create dal preesistente rapporto di lavoro (nella specie l’imputato aveva lavorato in qualità di cuoco per cinque anni nell’albergo del derubato ed aveva avuto modo di rendersi conto che era facile penetrare nell’edificio attraverso una finestra della cucina, che sapeva difettosa, per entrare in possesso della chiave della cassaforte) (Cass. 31-5-1990, n. 7714). Ai fini della configurabilità della circostanza aggravante prevista dall’art. 625, n, 2 c.p., mezzo fraudolento è qualsiasi attività che sorp renda o soverchi con 1 ‘insidia la contraria volontà Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 11 di 31 Diritto Penale II Lezione VII del detentore della cosa; tal è l’introduzione nel luogo del furto per via diversa da quella ordinaria (Cass. 7-5-1985, n. 4415). Costituisce furto aggravato dalla circostanza della destrezza quello compiuto in un negozio escludendo la vigilanza degli interessati; per la sua sussistenza è sufficiente che si sia potuto approfittare di uno stato di tempo e di luogo tale da attenuare la logica attenzione della parte lesa nel mantenere il dominio ed il possesso della cosa, senza che sia necessaria una attività dell’agente nel causare la distrazione nella sorveglianza (nella specie, la disattenzione del commesso era stata provocata dal comportamento dell’agente) (Cass. 16-1-1987, n. 335). Ricorre 1’aggravante dell’esposizione alla pubblica fede nel caso di furto di veicolo in sosta su un area di proprietà privata, ma priva di recinzione o di altra forma di protezione e soggetta al transito di terzi (Cass. 13-1-1988, n. 313). L’affidamento di un’autovettura ad un cosiddetto posteggiatore abusivo non comporta la sottoposizione del veicolo a quella vigilanza che esclude l’aggravante dell’esposizione alla pubblica fede. Ciò perché il rapporto che si stabilisce, secondo la comune esperienza, tra l’utente ed un operatore di tal genere, ha ad oggetto non già la custodia del veicolo stesso bensì la prestazione della sola attività eventualmente necessaria ad evitare che la sosta dell’ autovettura in spazi pubblici a ciò non destinati costituisca intralcio alla fruizione — invece consentita — di spazi contigui da parte di altri proprietari di veicoli, pure ivi lasciati in sosta (Cass. 27-1- 1994, n. 973). La sottrazione di un portafoglio dall’interno di una borsa da donna, lasciata aperta e appoggiata su una poltroncina di una discoteca, integra il reato di furto aggravato ai sensi dell’art. 625 n. 7 cod. pen. dall’esposizione per consuetudine della cosa pubblica fede, rientrando nelle abitudini sociali e nella pratica di fatto lasciare incustodite la propria forza da parte di chi in discoteca abbandoni temporaneamente il posto per andare a ballare (Cass. 13-3-1995, n. 2477). In caso di furto di libri da una biblioteca privata aperta al pubblico sussiste l’aggravante di aver commesso il fatto su cose destinate a pubblica utilità (Cass. 4-4-1987, n. 4119). Per il reato di furto commesso sui capi di bestiame riuniti in gregge o in mandria di cui all’art. 625, n. 8 c.p., la determinazione della sussistenza della mandria è rimessa all’apprezzamento del giudice, il quale deve tenere presente l’oggetto della tutela penale della norma, cioè la salvaguardia della economia e del patrimonio zootecnico (Cass. 1-3-1985). Ai fini dell’applicazione della circostanza attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità, di cui all’art 62 n 4 c p, e giuridicamente irrilevante la circostanza che parte della refurtiva sia stata restituita al derubato, giacché 1’attenuante in questione ha riferimento alla entità della Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 12 di 31 Diritto Penale II Lezione VII dlminu7lone patrimoniale cagionata direttamente dall’azione del colpevole nel momento della continuazione del reato, con esclusione di ogni altro elemento o circostanza successivi al reato medesimo (Cass. 28-9-1987, n. 10075). Nei delitti contro il patrimonio l’attenuante prevista dall’art, 62 n. 4 cod. pen, è applicabile, ove ne ricorrano i presupposti, indipendentemente dalla gravità delle conseguenze dell’evento poiché la legge 7 febbraio 1990 n 19, prevedendo l’estensione dell’attenuante ai delitti determinati da motivi di lucro, solo per questi ha fissato il limite ulteriore della particolare tenuità anche dell’evento, conseguente (Nell’affermare il principio di cui in massima la corte ha ritenuto che dovesse essere applicata l’attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità in una ipotesi di furto in ospedale, da parte di un tossicodipendente, di farmaci ipnotici per un ridotto valore commerciale, indipendentemente dalla pericolosità del farmaco sottratto) (Cass 31-5-1997, n 5134). Differenze da altri reati ed eventuale concorso In terna di distinzione tra furto e appropriazione indebita, è decisiva l’indagine circa il potere di disponibilità sul bene da parte dell’agente. Se questo sussiste, il mancato rispetto dei limiti in ordine alla utilizzabilità del bene integra il reato di appropriazione indebita; in caso contrario, è configurabile il reato di furto. Conformemente a tale principio, deve ritenersi sussistere il reato di furto a carico del dipendente di una società operante nel settore della vigilanza privata e del trasporto valori che sottragga il denaro a lui affidato esclusivamente per l’espletamento di una attività di ordine materiale, quale il trasporto, il deposito, la conservazione e la consegna di tale bene, con le connesse operazioni burocratiche In tale ipotesi, infatti, l’agente non disponendo autonomamente del denaro, nel senso giuridico sopra evidenziato, con la sottrazione di esso se ne «impossessa», così realizzando la fattispecie criminosa di cui all’art 624 cod pen (Cass 5-3-1997, n 2032). L’elemento differenziale tra il delitto di furto e quello di rapina assume giuridica rilevanza soltanto dal momento in cui viene concretamente adoperata, non anche quando rimane nelle intenzioni dell’agente, giacché in tal caso trova applicazione il principio «cogitationis poenam nemo patitur». Nel caso, pertanto, di armi portate addosso ma non usate è configurabile l’ipotesi legislativa del furto aggravato ai sensi, dell’art. 625 n. 3 c.p. e non quello della rapina (Cass. 19-21990). Nell’ipotesi del detenuto che evada indossando indumenti della amministrazione penitenziaria non può ravvisarsi, tra le disposizioni di cui agli artt. 385 e 624 c p, un concorso apparente di norme, con conseguente assorbimento del furto nel reato di evasione, ostandovi sia la Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 13 di 31 Diritto Penale II Lezione VII differente materialità dei diversi episodi delittuosi, sia la diversa obiettività giuridica dei due reati, consistente per il furto nell’inviolabilità del patrimonio e per l’evasione nell’autorità delle decisioni giudiziarie (Cass. 22-1-1987, n. 657). Non sussiste concorso della contravvenzione prevista dall’art, 707 c.p. con il reato di tentato furto, anche se non viene contestata l’aggravante della violenza sulle cose per mancanza di segni di effrazione (Cass. 24-2-1987, n, 2439). Il delitto di furto di materiale inerte sottratto dall’alveo di un torrente mediante escavazione dello stesso non rimane assorbito nel reato di cui agli artt. 133, 142 R.D. 25 luglio 1904, n. 523, e 374 Legge 20marzo 1865, n. 2248 ma concorre con questo. Il principio di specialità previsto dall’art, 15 cod. pen. non può infatti, operare, in quanto la contravvenzione punisce comportamenti dal legislatore ritenuti pericolosi per l’assetto idrogeologico del territorio e, quindi, lesivi di un interesse essenzialmente pubblico che può risultare in concreto vulnerato anche senza che abbiano luogo lo impossessamento e l’asportazione del materiale, mentre l’essenza giuridica del delitto di furto è costituita dalla violazione del diritto di proprietà, pubblica o privata, e la sua materialità postula necessariamente la sottrazione e l’impossessamento della cosa (Cass. 20-10-1995, n. 10453). Furto d’uso Per la configurabilità del furto d’uso occorrono due elementi essenziali: il primo caratterizzato dal fine esclusivo di fare uso momentaneo della «res» sottratta; l’altro ha carattere oggettivo e concerne la restituzione che, dopo l’uso, deve essere effettuata. Tale restituzione deve essere volontaria, e ciò deve presentarsi come libera attuazione dell’iniziale intenzione di restituire; tutte le cause, pertanto, che determinano una coazione alla restituzione, rendono applicabile il titolo comune di furto, e così pure tutte le cause, anche indipendenti dalla volontà dei colpevole, che impediscono la restituzione (Cass. 22-6-1990, n. 9090). Elemento costitutivo del delitto di furto d’uso, previsto dall’art. 626 comma primo, n. 1 c.p., è la restituzione immediata dopo l’uso (cui va equiparata la mancata restituzione dovuta a caso fortuito o a forza maggiore) della cosa al suo possessore da parte dell’autore della sottrazione. La restituzione, se non implica la materiale consegna della refurtiva al derubato, esige peraltro la reintegrazione ditale soggetto nel possesso della cosa (con riferimento al caso di specie la Cassazione ha precisato che la reintegrazione non può consistere nell’abbandono della cosa — anche quando si tratti di autovettura — in luogo prossimo ad una caserma dei carabinieri, posto che Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 14 di 31 Diritto Penale II Lezione VII una tale condotta è idonea soltanto a rendere meno aleatorio il recupero della cosa, ma non rimette questa nella disponibilità del possessore) (Cass, 3-3-1990, n. 3104). Non è ammissibile il tentativo in ordine al reato di furto d’uso, essendo obiettivamente esclusa la possibilità di restituzione, a causa del mancato impossessamento della cosa oggetto dei reato (Cass. 29-3-1989, n. 4447). Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 15 di 31 Diritto Penale II Lezione VII 3 Sottrazione di cose comuni (Art. 627) Nozione Tale delitto consiste nel fatto del comproprietario, del socio o del coerede il quale per procurare a sé o ad altri un profitto, si impossessa della cosa comune, sottraendola a chi la detiene. Elemento materiale. Trattasi di reato proprio in quanto soggetto attivo può essere soltanto quel soggetto che riveste la qualità di comproprietario, socio o coerede. Una parte della dottrina identifica la figura del socio esclusivamente nel soggetto membro di una società di persone caratterizzata dall’assenza di una personalità giuridica autonoma diversa da quella dei soci, a differenza di quanto si verifica per la società di capitali, dove la creazione di un soggetto autonomo rispetto ai soci comporta che la titolarità del relativo patrimonio sia attribuita allo stesso ente societario, sicché i soci non possono considerarsi comproprietari del patrimonio. Il rilievo è, pero, respinto dalla prevalente dottrina in base alla considerazione che anche gli enti sforniti di personalità giuridica, come la società di persone, sono dotate di una propria soggettività giuridica distinta da quella dei soci. Ecco perché si è affermato che, ai fini della norma in esame, ciò che rileva non è tanto la titolarità del patrimonio quanto la sua destinazione in base alla quale è possibile distinguere tra le ipotesi in cui il bene oggetto di sottrazione sia divenuto parte integrante dell’ente e quelle in cui esso mantiene comunque un collegamento con la persona dei soci. La giurisprudenza è in genere orientata nel senso che l’impossessamento di cose commesso dal socio di un qualsiasi tipo di società integra il reato di appropriazione indebita e non già quello in esame. Restano in ogni caso fuori dall’ ipotesi delittuosa in esame gli impossessamenti compiuti da associati in partecipazione, coloni e mezzadri (per essi si avrà appropriazione indebita). Il fatto materiale consiste nell’impossessarsi della cosa comune sottraendola a chi la detiene; se è lo stesso detentore che si appropria della cosa comune si avrà il reato di cui all’art. 646; presupposto del reato è, dunque, il fatto che l’agente non abbia la detenzione della cosa comune. Elemento soggettivo L’elemento soggettivo di tale reato è lo stesso del delitto di furto, con in più la consapevolezza di impossessarsi di una cosa comune. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 16 di 31 Diritto Penale II Lezione VII Circostanze e cause di non punibilità Discusso è il problema se siano o meno applicabili all’art. 627 le circostanze aggravanti speciali previste dall’art. 65; sembra preferibile, tuttavia, la tesi negativa. Il capoverso dell’art. 627 prevede, infine, una causa speciale di non punibilità: non è punibile, infatti, l’agente che abbia commesso il fatto su cose fungibili (1) ed il valore di esse non ecceda la quota di sua spettanza. La non punibilità si giustifica col fatto che la sottrazione di cose fungibili, nei limiti della quota di spettanza, non lede il diritto degli altri comproprietari. Pena ed istituti processuali La pena è della reclusione fino a 2 anni o della multa da EURO 20,00 a EURO 200,00. Si procede a querela e la competenza è del Pretore [Tribunale monocratico]. Misure cautelari personali, arresto e fermo non sono consentiti. Sono applicabili le sanzioni sostitutive ex artt. 53 e segg. L. 689/8 1. Giurisprudenza La norma dell’art. 627 c.p. deve ritenersi applicabile anche nel caso in cui il fatto sia stato commesso dal comproprietario, che sia al tempo stesso detentore non esclusivo della cosa (nella specie un albero, posto sulla linea di confine tra due fondi e detenuto da entrambi i proprietari di questi, era stato tagliato ed utilizzato da uno dei codetentori a danno dell’altro) (Cass. 5-3-1966, n. 1405). La causa di non punibilità prevista dal secondo comma dell’art. 627 c.p. (sottrazione di cose fungibili da parte del comproprietario, socio o coerede, se il valore di esse non eccede la quota a lui spettante) non è applicabile se il fatto integra l’appropriazione indebita, non essendo ipotizzabile una «sottrazione» da parte di chi sia già possessore della cosa (Cass. 10 novembre 1977, n. 14192). Non rientrano nell’ipotesi delittuosa prevista dall’art. 627 cod. pen. le associazioni in partecipazione, dato che in esse unico proprietario è 1’ associante e gli associati hanno solo diritto ad una partecipazione agli utili (Cass. 13-1 1-1975, n. 10298). Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 17 di 31 Diritto Penale II Lezione VII 4 Rapina in generale (art. 628) L’art. 628 prevede, sotto il generico titolo di rapina, due diverse ipotesi criminose, il cui elemento comune è dato dall’impossessamento di cose mobili altrui e dall’uso di violenza o minaccia alla persona. Si ricordi che fungibili sono le cose che possono facilmente sostituirsi con altre dello stesso valore, come il denaro, il grano etc. Le due figure criminose sono comunemente indicate come rapina pro pria e rapina impropria, esaminiamole. Commette il reato di rapina propria chiunque, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, mediante violenza alla persona o minaccia, si impossessa della cosa mobile àltrui sottraendola a chi la detiene. Commette il reato di rapina impropria chiunque adopera violenza o minaccia immediatamente dopo la sottrazione, per assicurare a sé o ad altri il possesso della cosa sottratta o per procurare a sé o ad altri impunità. In entrambi i casi, ricorre la figura del reato complesso di cui all’ art 84, cioè di una fattispecie i cui elementi costitutivi fondano due autonome figure criminose che, nella fattispecie in esame, sono il furto e la violenza privata La differenza tra i due tipi di rapina sta nel fatto che in quella propria la violenza privata precede il furto (è commessa cioè al fine di impossessarsi di una cosa altrui) mentre in quella impropria è il furto che precede la violenza privata (quest’ultima, cioè, è commessa al fine di assicurarsi il possesso della cosa rubata o al fine di assicurarsi l’impunità per il furto commesso). Esaminiamo, separatamente, le due figure nei paragrafi che seguono. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 18 di 31 Diritto Penale II Lezione VII 5 Rapina propria (Art 628, 1°comma) Elemento materiale (consumazione e tentativo). Generalità Concetto di violenza e di minaccia. Soggetto attivo del reato di rapina propria è chiunque. Non è necessario che colui il quale pone in essere la violenza o la minaccia e colui il quale effettua 1’impossessamento si identifichino nella stessa persona, purché la condotta del primo sia funzionale a quella del secondo Taluni, inoltre, ritengono che ove il soggetto attivo sia un pubblico ufficiale, e ricorrendone i presupposti di legge, in luogo della rapina sarà configurabile il reato di concussione (così MAGGIORE). Oggetto materiale è la cosa mobile altrui. L’azione criminosa è identica a quella del furto, con in più l’elemento della violenza o della minaccia. Per violenza si deve intendere qualsiasi impiego di energia fisica diretto a vincere un ostacolo reale o supposto. A tale tipo di violenza (c.d. propria) è equiparata la violenza impropria, consistente nel porre in essere attività finalizzate a ridurre la vittima in stato di totale o parziale incapacità di volere o di agire (es.: mediante narcosi o ipnotismo). Secondo la giurisprudenza, perché si realizzi la minaccia è sufficiente che il pregiudizio minacciato, con parole o con atti, in modo espresso o tacito, sia idoneo a produrre normalmente l’effetto di turbare o diminuire la libertà psichica e morale della vittima senza che occorra che tale effetto si sia realmente verificato (cfr quanto è stato detto a proposito del reato di minaccia). Non è configurabile il reato di rapina, bensì quello di furto aggravato a norma dell’art. 6] n. 5 quando l’agente, in luogo di porre in esame una minaccia, si limiti ad approfittare di uno stato di intimidazione della vittima preesistente e a lui non imputabile, allo scopo di sottrargli la cosa oggetto del reato (così FIANDACA). La violenza e la minaccia devono essere dirette contro una persona; ogni qual volta, quindi, la violenza venga usata contro una cosa ricorrerà il reato di furto aggravato (art. 625 n. 4; vedi retro) e non di rapina. Non rileva, invece, che la violenza o la minaccia sia esercitata contro il derubato ovvero contro altra persona anche non presente: così, commetterà rapina chi minaccia la vittima di uccidergli il figlio per impossessarsi di ciò che ha con sé (così ANTOLISEI, MANZINI, CONTIERI e, in giurisprudenza, Cass. 23-2-1993, n. 1771). Si discute, nel caso in cui la violenza o la minaccia sia esercitata su persona diversa dalla vittima, se entrambe debbano ritenersi danneggiate dal reato in esame. La dottrina prevalente e la giurisprudenza ritengono soggetti passivi del reato entrambi i soggetti; CONTIERI, invece, ritiene Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 19 di 31 Diritto Penale II Lezione VII che unico soggetto passivo del reato di rapina sia colui che ha subìto la lesione patrimoniale e non anche colui che ha subìto la violenza o la minaccia, anche se a quest’ultimo andrà riconosciuta la qualità di danneggiato dal reato. Discusso è anche il problema se in caso di violenza o minaccia a più persone il reato sia unico o si configuri una pluralità di rapine unificate dal vincolo della continuazione. La Cassazione al riguardo distingue: • se la violenza o minaccia viene realizzata contro più persone che congiuntamente hanno la detenzione delle cose avute di mira dall’agente il reato è unico; • se, al contrario, gli oggetti sono nella detenzione di persone che ne hanno la autonoma disponibilità, senza alcun vincolo tra loro, e vengano sottratti separatamente con uso di violenza o minaccia contro ciascuno dei possessori, si avranno altrettanti delitti di rapina quante sono le persone rapinate, unificati dal vincolo della continuazione (fattispecie delle più rapine eseguite nel corso di un unico assalto ad un locale pubblico ed in danno di tutti gli avventori). Tra la violenza e la minaccia deve sussistere un rapporto di mezzo a scopo rispetto alla sottrazione ed all’impossessamento; deve esserci, cioè, un flesso di causalità efficiente tra violenza o minaccia ed impossessamento, nel senso che questo sia conseguenza di quella (cfr Cass 31-101995, n 10812). L’impossessamento e la differenza con l’estorsione. È opinione comune che per aversi impossessamento il soggetto debba sottrarre con le proprie mani la cosa alla vittima, poiché, se è quest’ultima a consegnarla all’aggressore, ricorre la diversa figura criminosa dell’estorsione. Tale opinione è senz’altro esatta ma, come osserva giustamente ANTOLISEI, deve essere precisata, in quanto vi sono dei casi in cui, anche se è la vittima a consegnare la cosa all’aggressore, la sua azione non può dirsi volontaria essendo essa nella piena mercé dell’aggressore (è il caso di chi consegna il portafogli all’aggressore sotto la minaccia di una pistola). È, perciò, opinione ormai consolidata anche in giurisprudenza che la differenza tra rapina ed estorsione non sta tanto nei fatto che nella rapina i’ agente si impossessa egli stesso della cosa altrui mentre nell’estorsione l’impossessamento avviene per un comportamento positivo della vittima che è indotta, a seguito della violenza o minaccia, a consegnaie la cosa, ma risiede nella possibilità di scelta da parte della vittima tra il male minacciato e la consegna della cosa. Si ha, pertanto, rapina ogni qual volta la vittima sia stata costretta, nell’imminenza del danno e per l’immediatezza dell’imposizione, a consegnare subito la cosa, non potendosi, in tal caso, Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 20 di 31 Diritto Penale II Lezione VII considerare la consegna espressione di una volontà, sia pure coartata, dato che la vittima viene in realtà a trovarsi alla mercé dell’aggressore, al cui volere non può sottrarsi Al riguardo ANTOLISEI parla di: coazione assoluta, che non lascia possibilità di scelta, in caso di rapina, coazione relativa, che lascia un margine di scelta al soggetto passivo, in caso di estorsione In senso contrano è, invece, MANZINI che ritiene sussistere l’estorsione ogni qual volta la consegna della cosa sia fatta dalla vittima, anche se coartata in via assoluta, e la rapina ogni qual volta e l’agente di sua mano che si impossessa della cosa. La rapina propria si consuma con 1’ avvenuto impossessamento della cosa da parte dell’agente (così Cass 6-9-1990, n 12268), che si traduca nell’acquisto della mera disponibilità materiale della cosa stessa, anche sé temporaneo e nello stesso luogo in cui la condotta è stata posta in essere (così Cass. 30-1-1998, n. 1237). Il tentativo è senz’altro configurabile, e si realizza quando la condotta dell’agente sia potenzialmente idonea a produrre l’impossessamento della cosa mobile altrui mediante violenza o minaccia, e quando la direzione univoca degli atti renda manifesta la volontà di conseguire l’intento non ottenuto per ragioni indipendenti dalla volontà dell’agente (Cass. 25-3-1994, n. 3596). Anche in questa ipotesi, per l’impossessamento, si pongono gli stessi problemi già esaminati per il furto. Elemento soggettivo Il dolo del reato di rapina propria consiste nella coscienza e volontà di impossessarsi della cosa mobile altrui, sottraendola al detentore, accompagnata dalla coscienza e volontà di adoperare a tale scopo violenza o minaccia. Occorre, altresì, l’intento dell’agente di conseguire un ingiusto profitto (dolo specifico). Il profitto, come già osservato, può consistere in qualsiasi utilità, anche non patrimoniale, è essenziale, però, che esso sia ingiusto. Pertanto, resta escluso il reato di rapina, e ricorrerà la diversa ipotesi prevista dall’ art. 393 quando il reo abbia agito nella soggettiva convinzione della liceità del profitto, in quanto frutto di un diritto tutelabile dall’ autorità giudiziaria (così Cass. 12-8-1997, n. 7911). Da ciò consegue che sarà ingiusto il profitto ogni volta che la pretesa fatta valere dal soggetto agente non riceva alcuna tutela dall’ordinamento giuridico. Circostanze aggravanti speciali Le aggravanti introdotte dalla L. 14-10-1974, n. 497. Il problema della loro natura giuridica. Il terzo comma dell’art. 628, modificato dalla legge 14-10-1974 n. 497 intitolata Nuove norme contro la criminalità, prevede due aggravanti speciali per il delitto di rapina, aggravanti che ricorrono: se la violenza o minaccia è commessa con armi, o da persona travisata o da più persone riunite. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 21 di 31 Diritto Penale II Lezione VII Ai fini della configurabilità dell’aggravante è sufficiente anche il porto di un’arma giocattolo (sprovvista del tappo rosso), ciò ai sensi dell’art. 5, ult. comma, L, 110/75 (in tal senso v. anche Cass. Sez. Un. 23-3-1992, n. 3394). Discusso è se per la sussistenza dell’aggravante dell’arma è sufficiente che essa sia semplicemente portata in modo tale da incutere timore o se essa debba essere spianata o brandita contro la vittima, nel primo senso e ANTOLISEI, nel secondo la Cassazione Con riferimento al travisamento dell’agente, esso deve consistere in una qualunque «alterazione o celamento dell’aspetto fisico tali da renderne difficoltoso il riconoscimento, a nulla rilevando il successivo riconoscimento» (Cass. 16-5-1987, n 6298). Quanto, infine, alle più persone riunite è pacifico, in dottrina (cfr ANTOLISEI, MANZINI) ed in giurisprudenza, che per la sussistenza dell’aggravante è sufficiente che il fatto sia commesso da almeno due persone E chiaro, altresì, che tale aggravante non va confusa con l’ipotesi di concorso di persone nel reato cosi, ad esempio, non ricorre l’aggravante in esame quando un solo rapinatore entri in banca per commettere il reato mentre gli altri complici lo aspettano fuon in macchina o quando, nel momento in cui viene posta in essere la violenza o la minaccia, uno dei due correi si sia già dato alla fuga o allontanato. Sui rapporti tra l’aggravante delle più persone riunite ed il concorso di persone nel delitto di rapina si è espressa di recente la Cassazione (21-9-1988; 28-3-1989), precisando che «l’aggravante» delle «più persone riunite» nel reato di rapina, rileva per la simultanea presenza di una pluralità di soggetti nel luogo e nel momento della sua consumazione in inequivocabile rapporto causale con la stessa Essa si giustifica per gli effetti fisici e psicologici che, a causa della pluralità degli aggressori e della loro simultanea presenza si producono sulla vittima, di cui viene eliminata o ridotta la forza di reazione e non può, pertanto, identificarsi con il semplice concorso di persone nel reato in mancanza di questi ulteriori elementi caratterizzanti, cosi che, mentre il concorso di tale tipo non può coesistere con l’aggravante, dalla quale viene necessariamente assorbito, esso non perde la sua autonomia nel reato di rapina, quando dell’aggravante non contenga tutti gli elementi qualificanti. E pacifico, infine, in giurisprudenza che per la sussistenza dell’aggravante delle più persone riunite non è necessario che tutti i concorrenti si siano resi autori della condotta tipica del delitto di rapina, essendo sufficiente la semplice partecipazione criminosa, ai cui firn basta la sola presenza sul luogo del delitto, purché sia valsa da sostegno ed incoraggiamento dell’opera dell’autore (Cass 2 1-9-1988 cit), se la violenza consiste nel porre taluno in stato di incapacità di volere o di agire. Lo stato di incapacità può essere procurato con qualunque mezzo e può concernere tanto la libertà di volere che la libertà di agire. L’incapacità di agire deve intendersi nel senso di una Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 22 di 31 Diritto Penale II Lezione VII limitazione alla libertà di muoversi in cui venga posta la vittima ai firn della consumazione della rapina e per il tempo strettamente necessario alla consumazione stessa, altrimenti si avrà, in caso di protrazione ulteriore, sequestro di persona in concorso col reato di rapina (diversa è, come vedremo, la figura del sequestro di persona a scopo di estorsione). Le due aggravanti aggiunte al testo originario dell’art 628 dalla L 497 del 1974 hanno dato luogo ad una disputa dottrinaria e giurisprudenziale sulla portata da attribuire alla previsione legislativa. Prima della modifica legislativa la dottrina e la giurisprudenza ritenevano che le ipotesi previste dal n, 1 dei 3° comma dell’art. 628, nei testo originario, costituissero ciascuna una aggravante distinta e separata, di modo che per ognuna di esse andava operato un autonomo e distinto aumento di pena. Dopo le modifiche apportate dalla L. 497 del 1974 si ritiene, invece, che le aggravanti previste dai numeri i e 2 dell’ultimo comma dell’ art. 628, nel testo appunto modificato, non conservino più il carattere di autonomia loro riconosciuto sotto il vigore del testo normativo precedente, con la conseguenza che il concorso ditali aggravanti non comporta l’aumento automatico della pena. In sostanza, si ritiene che a seguito della nuova legge il terzo comma dell’ art: 628 preveda una figura unitaria di reato per la quale è stabilita una pena edittale autonoma, non suscettiva di singoli e progressivi aumenti bensì determinabile liberamente dal giudice, nell’esercizio di quella potestà discrezionale di cui gode, tra il minimo ed il massimo ivi previsto; se le aggravanti concorrono troverà applicazione la norma del 40 comma dell’art. 63. In dottrina nello stesso senso si è espresso LA GRECA. L’aggravante introdotta dalla L. 13-9-1982, n. 646. L’art. 9 della già ricordata L. 13 settembre 1982, n. 646, contenente disposizioni per combattere il fenomeno mafioso (vedi retro, sub art. 4]6bis), ha introdotto all’ultimo comma dell’ art. 628 una terza aggravante, che ricorre se la violenza o la minaccia è posta in essere da persona che fa parte dell’associazione di cui all’art. 4l6bis. Secondo i più recenti orientamenti giurisprudenziali, l’aggravante in esame ricorre già in caso di mera appartenenza all’associazione mafiosa, e ciò in quanto non è necessario «l’accertamento in concreto dell’uso della forza intimidatrice derivante da tale appartenenza» (Cass. 16-3-1990, n. 3792). Per la configurazione della partecipazione all’associazione di tipo mafioso si rinvia a quanto detto a proposito dell’ art, 41 6bis. L’aggravante introdotta dalla L. 8-8-1977, n. 533 Il già ricordato art. 4 della L. 8-8-1977, n. 533 ha, poi, introdotto una autonoma aggravante, che ricorre quando l’agente si impossessa di armi, munizioni o esplosivi commettendo il fatto nelle armerie, ovvero in depositi o in altri locali adibiti alla custodia di essi. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 23 di 31 Diritto Penale II Lezione VII Valgono al riguardo le considerazioni svolte con riferimento all’ analoga aggravante introdotta dallo stesso articolo per il furto. L’aggravante introdotta dal D.L. 13-5-1991, n. 152. Ai sensi dell’art. 6 del D.L. 13-5-1991, n. 152, convertito in L. 12-7-1991, n. 203, le pene stabilite per il delitto in esame sono aumentate da un terzo alla metà, se il fatto è commesso da persona sottoposta con provvedimento definitivo ad una misura di prevenzione durante il periodo previsto di applicazione e sino a tre anni dal momento in cui ne è cessata l’esecuzione. Alla pena è sempre aggiunta una misura di sicurezza detentiva. Pene ed istituti processuali La pena per la rapina semplice è prevista nel codice penale all’articolo 628. Si procede d’ufficio e la competenza è del Tribunale [Tribunale monocratico, collegiale per le ipotesi aggravate I Le misure cautelari personali sono sempre applicabili L’arresto in flagranza è sempre obbligatorio Il fermo è sempre consentito. Giurisprudenza Per la configurabilità del reato di rapina (art 628 c p), ad integrare l’elemento della minaccia è sufficiente qualsiasi comportamento o atteggiamento verso il soggetto passivo idoneo ad incutere timore e a suscitare la preoccupazione di un danno ingiusto Integra tale elemento il pencolo di subire un investimento in cui l’agente, alla guida di un motociclo, pone la parte lesa, costretto a fei mare la propria autovettura e a subire uno scippo (Cass 18-2-199 1, n 2224). L’elemento materiale della minaccia, ai fini della configurabilità del delitto di rapina, può ricavarsi anche dal comportamento deciso, perentorio ed univoco che sia astrattamente idoneo a produrre l’effetto di turbare o diminuire la libertà psichica e morale del soggetto passivo, specie quando questi sia rimasto vittima di identici e precedenti delitti (Cass 88/180216). Si configura il delitto di rapina anche quando la vittima, che si trova nella piena mercé dell’aggressore, si determini alla consegna della cosa Invero, in tal caso, si tratta di un atto puramente materiale, cui non può attribuirsi rilevanza alcuna, posto che manca ogni possibilità di scelta tra il male minacciato e la consegna della cosa (Cass 27 febbraio 1978, n 2238). In caso di sottrazione di una cosa mobile al cospetto del detentore, dopo che questi e stato vittima dei reati di violazione di domicilio commesso con violenza sulle cose ed alla persona e di violenza sessuale, l’estremo della minaccia come modalità d’azione della sottrazione ed elemento costitutivo della rapina e in re ipsa, senza bisogno di un’ulteriore attività minacciosa da parte dell’agente direttamente collegata con l’azione furtiva, dovendosi aver riguardo all’ attività complessiva del colpevole, improntata tutta alla sopraffazione del soggetto passivo, il quale non può Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 24 di 31 Diritto Penale II Lezione VII non risentire delle precedenti costrizioni nell’assistere impotente alla depredazione dei suoi averi (Cass 28-7-1980, n 9301). L’impossessamento, quale momento consumativo del delitto di rapina , non esige affatto il requisito della definitività della sottrazione, ma si realizza appena l’agente abbia conseguito la disponibilità materiale della cosa sottratta, sia pure per breve intervallo di tempo e nello stesso luogo, senza possibilità per la vittima di recuperarne il possesso con il normale esercizio del potere di vigilanza e custodia, bensì soltanto tramite un’azione violenta personale o da parte di terzi (Cass. 6-9-1990, n. 12268). Nel delitto di rapina il profitto può concentrarsi in qualsiasi utilità, anche solo morale. In qualsiasi soddisfazione o godimento che l’agente si riprometta di ritrarre, anche non immediatamente, dalla propria azione, purché questa sia attuata impossessandosi con violenza o minaccia della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene (fattispecie in tema di sottrazione della pistola di ordinanza ad un carabiniere, nel corso di una violenta colluttazione) (Cass. 31-51990, n. 7778). Il criterio differenziale tra il delitto di rapina e quello di furto con strappo è costituito dalla diversa direzione della violenza che può investire direttamente la persona che detiene la cosa ovvero essere esercitata esclusivamente sulla cosa; in quest’ultimo caso si ha furto con strappo, anche se dalla sua esecuzione, a causa della relazione fra persona e cosa, può derivare qualche ripercussione, indiretta ed involontaria, sulla persona; ma quando la cosa è particolarmente aderente al corpo del possessore e costui, istintivamente o deliberatamente, contrasta la sottrazione, la violenza necessariamente si estende alla persona in quanto l’agente non deve superare soltanto la forza di coesione inerente al normale contatto della cosa con la parte lesa, ma deve vincerne la resistenza; in tal caso si vuole usare violenza direttamente contro la persona allo scopo di farle subire lo spossessamento della cosa (nella specie: è stata ritenuta la sussistenza del reato di rapina a carico di soggetto che sporgendosi da un’auto in marcia e dando strappi ad una borsa che era tenuta a tracolla da una donna aveva trascinato costei per qualche metro sulla carreggiata facendola rotolare per terra fino a quando non si era spezzata la cinghia della borsa) (Cass. 25-5-1985, n. 5146). Deve ritenersi ricorrere il delitto di rapina propria in luogo in quello di furto con strappo quando l’azione violenta in origine esercitata sulla cosa, per la particolare adesione o connessione della cosa medesima al corpo del possessore e per la resistenza da questi opposta, si estenda necessariamente alla persona del soggetto passivo; sussiste, infatti, l’estremo della violenza alla persona sia che essa venga usata alla stessa direttamente, sia che, insistendo sulla cosa, essa si Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 25 di 31 Diritto Penale II Lezione VII traduca inuna violenza che investe comunque il soggetto passivo (Cass. 15-1-1990, n. 298). Ai fini dell’esistenza dell’aggravante delle più persone riunite per il delitto di rapina, è necessaria la simultanea effettiva presenza delle più persone nel luogo in cui la violenza e la minaccia si realizzano, ed è del tutto irrilevante che il fatto venga commesso materialmente da una sola persona, qualora 1’ altra si trovi a brevissima distanza a far da «palo» e cioè a contribuire attivamente alla realizzazione del crimine (Cass. 19-12-1987, n. 12958). Dal disposto dell’art.4, comma secondo, della legge 18 aprile 1975, n. 110, secondo il quale devono considerarsi armi, sia pure improprie, tutti quegli strumenti, anche non da punta o da taglio, che, in particolari circostanze di tempo o di luogo, possano essere utilizzati per l’offesa alla persona, deriva che anche un «matterello» o un «randello di legno», quando sia utilizzato a fine di minaccia e in un contesto aggressivo e quindi senza giustificato motivo, diventa uno strumento atto ad offendere e deve quindi considerarsi arma, anche ai fini dell’applicazione delle relative aggravanti previste dall’art 628, comma terzo, n i e dall’art 585 c p (nell’affermare il principio di cui in massima la Cassazione ha altresì escluso che fosse invocabile la normativa contenuta negli artt. 42 e segg. del t.u.l.p.s. e nell’art. 45 del relativo regolamento, perché superata dal predetto art. 4 della legge n. 110 del 1975, che ha esteso la categoria delle «armi improprie», senza peraltro peccare di indeterminatezza) (Cass. 5-4-1991, n. 3760). In tema di rapina, l’aggravante prevista dal terzo comma n. 3 dell’art. 628 c.p. è integrata dalla mera appartenenza alla associazione di tipo mafioso rilevante come fatto storico anche se precedente alla introduzione dell’espressa previsione di cui all’art. 4l6bis c.p. i— non essendo richiesto l’accertamento in concreto dell’uso della forza intimidatrice derivante dalla predetta appartenenza (Cass 16-3-1990, n 3792). Il delitto di sequestro di persona resta assorbito dal reato di rapina aggravata a norma del n. 2 del secondo capoverso dell’art. 628 c.p. (reato complesso) soltanto quando la violenza usata per il sequestro si identifichi e si esaurisca col mezzo immediato di esecuzione della rapina stessa, non quando invece ne preceda l’attuazione con carattere di reato assolutamente autonomo anche se finalisticamente collegato con quello successivo (rapina), ancora da porre in esecuzione, o ne segua l’attuazione per un tempo non strettamente necessario alla consumazione della rapina e, perciò, con carattere di condotta delittuosa autonoma, anche se finalisticamente collegata a detto reato. Pertanto la privazione della libertà personale costituisce ipotesi aggravata del delitto di rapina e rimane in esso assorbita solo quando la stessa si trovi in rapporto funzionale con la esecuzione della rapina medesima, mentre nell’ipotesi in cui la privazione della libertà non abbia Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 26 di 31 Diritto Penale II Lezione VII una durata limitata al tempo strettamente necessario alla consumazione della rapina, ma si protragga oltre tale termine temporale, il reato de quo concorre con il delitto di sequestro di persona (Cass 54-1991,n 3768). Per la configurabilità del tentativo di rapina occorre che la condotta dell’agente sia potenzialmente idonea a produrre l’impossessamento della cosa mobile altrui, mediante violenza o minaccia e che la direzione univoca degli atti, desumibile da qualsiasi elemento di prova, renda manifesta la volontà di conseguire l’intento criminoso (Nella fattispecie, ove l’univocità degli atti risultava pure dalle ammissioni dell’imputato, è stato stabilito che integra il tentativo di rapina l’atto di dirigersi verso i locali d’una banca impugnando una pistola) (Cass. 25-3-1994, n. 3596). La configurabilità del tentativo di rapina non può essere esclusa per la presenza presso la banca ai cui danni la condotta era diretta, di un dispositivo antirapina Quest’ultimo infatti non rende «impossibile» l’azione criminosa sia perché non intrinsecamente riferibile ai mezzi ed all’azione del colpevole, sia per la possibilità di suo non funzionamento e/o di funzionamento difettoso (Cass 194-1995, n 4187). In ordine alla configurazione del reato di rapina (art. 628 cod. pen.), la violenza — come la minaccia — non sono elementi costitutivi, e rimangono perciò in essa assorbiti in forza del principio di specialità, soltanto quanto tra essi intercede un nesso causale, con carattere di immediatezza, per cui l’impossessamento derivi direttamente dalla violenza stessa (Cass. 31-101995, n. 10812). Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 27 di 31 Diritto Penale II Lezione VII 6 Rapina impropria (Art. 628, 2° comma) Elemento materiale: generalità Al pari della rapina propria, la rapina impropria costituisce una figura di furto al quale la violenza o minaccia si aggiunge, in un secondo momento, con l’effetto di dar luogo ad una configurazione delittuosa complessa, con diversa oggettività giuridica. Nella rapina impropria, però, come detto, la violenza o la minaccia vengono usate dopo la sottrazione della cosa, per assicurare il possesso della stessa a sé o ad altri ovvero per assicurarsi l’impunità. La violenza o la minaccia può essere esercitata sia contro la vittima sia contro un terzo che comunque potrebbe determinare la perdita del possesso della cosa sottratta, come ad esempio gli agenti della forza pubblica (così Cass. 5-4-1991, n. 922). È il caso del ladro che, sorpreso in flagranza, collutta con la vittima per impossessarsi definitivamente della cosa sottratta o usa violenza o minaccia, alla vittima o all’agente della forza pubblica per sottrarsi alla cattura e scappare. La violenza può consistere anche nel solo fatto di mettere le mani addosso al derubato che tenti di impedire il trasporto della cosa rubata e in uno strattone dato alla vittima dal colpevole al fine di farlo cadere e ritardare l’inseguimento. La Cassazione e la dottrina (cfr. in particolare MANZINI) ritengono che al concetto di impunità di cui all’articolo in esame debba attribuirsi un significato ampio, tale da comprendere 1’ attività volta a sottrarsi a tutte le conseguenze penali e processuali del reato commesso, quali la denuncia, il fermo, l’arresto, il riconoscimento. Concetto di immediatezza Si discute sul requisito della immediatezza della violenza e della minaccia richiesto dal 2° comma dell’art. 628. In giurisprudenza è pacifica l’opinione che l’avverbio immediatamente non deve essere interpretato in senso rigorosamente letterale (cioè nel senso che tra la sottrazione e l’uso della violenza o minaccia non debba intercorrere alcun lasso di tempo) bensì nel senso che tra la sottrazione della cosa e la violenza o minaccia vi. sia uno stretto legame psicologico e temporale (inteso quest’ultimo nel senso di flagranza o quasi flagranza delineato dall’ ari 237 del codice di procedura penale) tale da imprimere all’ azione complessiva una configurazione unitaria (cfr. Cass. 8-1-1985, n. 113 che appunto richiama l’art, 237c.p.p. e precisa che il periodo temporale intercorso tra la sottrazione e la violenza deve essere di breve entità). Nello stesso senso è la dottrina Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 28 di 31 Diritto Penale II Lezione VII dominante. In particolare, nota ANTOLISEI, «l’immediatezza tra la sottrazione e la violenza o minaccia non va intesa nel senso che debba mancare assolutamente un intervallo di tempo tra l’una e l’altra, ma nel senso che dèbbano susseguirsi senza una soluzione di continuità che superi i termini della flagranza nel reato». Con maggior precisione, afferma MANZINI, «il requisito della immediatezza importa che tra il momento in cui si è verificata la sottrazione e quello dell’uso della violenza o minaccia, non sia intercorso un tempo sufficiente, non si sia verificato un evento idoneo a rompere ml nesso della contestualità dell’azione complessiva, cioè la violenza o la minaccia deve esser usata nella flagranza o quasi flagranza del furto». In senso contrario è ORMANNI, per il quale la violenza deve essere usata mentre la cosa è ancora nella sfera di disponibilità e signoria del soggetto passivo, il quale reagisca proprio per conservarne e non per riottenerne il possesso. In sostanza, l’Autore ritiene che l’uso della violenza o minaccia debba essere compiuto prima che il furto possa ritenersi consumato, e cioè prima che l’agente si sia impossessato della cosa. In quest’ultimo senso si sono pronunciati anche FERRANTE e ZAGREBELSKY. Per FIANDACA l’immediatezza non va intesa in senso cronologico, bensì come sinonimo di mancato completamento della fase esecutiva del furto. Tale momento coincide con quello in cui l’agente comincia a sottrarsi dalla sfera di sorveglianza del soggetto passivo, allo scopo di creare sulla cosa sottratta un nuovo possesso A tal scopo, la violenza puo realizzarsi anche in luogo diverso da quello della sottrazione (es in caso di inseguimento) Consumazione e tentativo La rapina impropria si consuma nel momento in cui viene usata la violenza o la minaccia a seguito della sottrazione. Nessun dubbio si pone circa 1’ ammissibilità del tentativo, che si ha ogni qual volta il ladro, dopo essersi impossessato della cosa, cerchi, senza riuscirvi, di usare violenza o minaccia alla vittima per uno dei fini indicati (così ANTOLISEI). Quid iuris nel caso in cui il soggetto adoperi violenza o minaccia per assicurarsi 1’ impunità dopo aver compiuto atti esecutivi diretti alla consumazione del furto, atti che si sono arrestati in itinere per cause estranee alla volontà dell’agente? Secondo una corrente giurisprudenziale (così, ad esempio, Cass 31-1-1991, n 1291), anche in tal caso si avrebbe tentativo di rapina impropria. Tale tesi appare però inaccettabile in quanto, come osserva rettamente la dottrina (cfr ANTOLISEI, ZAGREBELSKY, TASCONE), tale interpretazione è in contrasto con la struttura che il legislatore ha dato alla rapina impropria, che si Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 29 di 31 Diritto Penale II Lezione VII consuma con l’uso della violenza o minaccia mentre l’elemento della sottrazione ne costituisce un presupposto che, quindi, deve essere realizzato anche nel tentativo. Nell’ipotesi prospettata, dunque, più rettamente l’agente dovrà essere chiamato a rispondere di tentato furto in concorso con violenza privata o minaccia. Elemento soggettivo Come per la rapina propria, il dolo della rapina impropria è specifico, in quanto ne è elemento costitutivo lo scopo di assicurare a sé o ad altri il possesso della cosa sottratta o di procurare a sé o ad altri l’impunità. Istituti processuali Vale quanto detto con riferimento alla rapina propria, con la differenza che per tale figura non è prevista l’aggravante ex art. 4 L. 8-8-1977, n. 533. Giurisprudenza Ai fini della sussistenza del reato di rapina impropria, la violenza deve essere esercitata nei confronti della persona e deve tendere ad impedire al derubato di ritornare in possesso della cosa sottrattagli ovvero a procurare l’impunità all’agente, La violenza consiste nell’estrinsecazione di energia fisica che arrechi pregiudizio alla persona e può essere esercitata con qualsiasi strumento. È, quindi, anche con un mezzo meccanico, quale la automobile, non destinato per sua natura all’offesa. Nel caso di fuga, bisogna verificare quindi, se non sono stati travalicati i limiti normali di uso dell’ autoveicolo ovvero se sono state usate manovre dirette ad ostacolare l’attività di persone non incombente minaccia alla loro incolumità (fattispecie di violenza al derubato che nel tentativo di ostacolare la fuga dell’autore del furto del veicolo si era aggrappato allo sportello per togliere le chiavi dal cruscotto ed era perciò caduto sul selciato in seguito alla brusca partenza del ladro) (Cass. 3-4-1990, n. 4761). Sussiste il tentativo di rapina impropria quando l’agente dopo aver compiuto atti idonei all’impossessamento della cosa altrui che si sono arrestati in «itinere» per cause indipendenti dalla sua volontà adoperi violenza o minaccia per assicurarsi i’ impunità (Cass. 31-1-1991, n. 1291). Nella rapina impropria la violenza o la minaccia può essere posta in essere anche in luogo diverso da quello della sottrazione ed in pregiudizio di persona diversa dal derubato ed ancorché la sottrazione non sia venuta a conoscenza della persona nei cui confronti la violenza o la minaccia venga esercitata. Per la configurazione del reato, invero, non è richiesta la contestualità temporale tra la sottrazione e l’uso della violenza o della minaccia, ma è invece necessario e sufficiente che tra le due diverse attività intercorra un arco di tempo tale da non interrompere il nesso di contestualità Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 30 di 31 Diritto Penale II Lezione VII dell’azione complessiva, e cioè che dette attività si presentino come un’azione unitaria posta in essere al fine di impedire al derubato di tornare in possesso delle cose sottratte o di assicurare al colpevole l’impunità. Ciò comporta che sia ancora in atto non la sottrazione, bensì l’assicurazione dell’impossessamento della cosa, o che sia in corso di svolgimento la reazione difensiva privata o repressiva pubblica, sempre che tra la sottrazione e l’uso della violenza o della minaccia intercorra un intervallo di tempo idoneo a realizzare, secondo principi di ordine logico, i requisiti della quasi flagranza. (Cass. 5-4-1991, n. 3721). È inammissibile il concorso delle due ipotesi di rapina, proprie e impropria, le quali si comportano rispetto alla tutela dello stesso bene come mezzi diversi per un medesimo scopo. In conseguenza se si usa violenza o minaccia per sottrarre una cosa mobile altrui e, subito dopo la violenta sottrazione si usa ancora violenza o minaccia per assicurarsene il possesso o per procurare a sé o ad altri l’impunità, il delitto di rapina resta unico. La condotta violenta o minacciosa rivolta ad assicurare il possesso ovvero a garantire la impunità manca di una propria tipicità se la sottrazione è già stata violenta, dato che per la rapina impropria è necessario che la sottrazione non sia stata violenta perché viceversa viene a mancare un requisito necessario per la sua configurabilità. Se, però, l’agente commette altri fatti reati per assicurarsi l’impossessamento o l’impunità, al di fuori della condotta tipica della rapina impropria e dopo la rapina propria, essi restano a carico dell’agente medesimo e non vengono assorbiti dalla rapina (fattispecie di inseguimento dei rapinatori ed esplosione di colpi di arma da fuoco di costoro contro gli inseguitori, fatto, per il quale non è stato ritenuto il concorso tra rapine proprie e rapine improprie) (Cass. 29-51990, n. 7379). Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 31 di 31