Consulta e scarica la guida breve Frida Khalo!

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Consulta e scarica la guida breve Frida Khalo!
Frida Kahlo
Scuderie del Quirinale
dal 20 marzo al 31 agosto 2014
IL GIOCO DEL LOTTO
PER L’ARTE
Il Gioco del Lotto è da sempre legato all’arte. Se ne ritrovano tracce già a fine
Seicento quando, ad esempio, Papa Innocenzo XII autorizzò a riversare le
entrate de Il Gioco del Lotto per il completamento di palazzo di Montecitorio,
l’attuale sede della Camera dei Deputati italiana. Oppure, quando nel 1731
Papa Clemente XII decise di destinare i proventi del Lotto al finanziamento
di opere architettoniche e di pubblica utilità, come la costruzione della
Fontana di Trevi. Da ciò, si può ben comprendere perché Lottomatica, che
gestisce Il Gioco del Lotto per conto dello Stato, abbia voluto proseguire in
questa tradizione. Per Il Gioco del Lotto, infatti, sostenere la cultura significa
contribuire a tramandare una tradizione e una storia. La storia della cultura
del nostro Paese. Il sostegno de Il Gioco del Lotto alla mostra di Frida Kahlo
rappresenta una conferma del felice connubio tra il gioco più famoso d’Italia
e la grande arte, che diventa così un’opportunità per crescere e per coltivare
la cultura, il talento, il sapere.
Autoritratto con treccia
1941
The Vergel Foundation
Collezione Jacques and Natasha Gelman
Città del Messico
PiùTua
l’arte
Il gioco più tuo.
Il gioco più tuo.
FRIDA KAHLO
Non vi è dubbio che il mito formatosi attorno alla figura di Frida Kahlo
(1907-1954) abbia ormai assunto una dimensione globale; icona
indiscussa della cultura messicana novecentesca, venerata anticipatrice
del movimento femminista, marchio di culto del merchandising universale,
seducente soggetto del cinema hollywoodiano, Frida Kahlo si offre alla
cultura contemporanea attraverso un inestricabile legame arte-vita tra i
più affascinanti nella storia del XX secolo. Eppure i suoi dipinti non sono
soltanto lo specchio della sua vicenda biografica, segnata a fuoco dalle
ingiurie fisiche e psichiche subite nel terribile incidente in cui fu coinvolta
all’età di 17 anni. La sua arte si fonde con la storia e lo spirito del mondo a lei
contemporaneo, riflettendo le trasformazioni sociali e culturali che portarono
alla Rivoluzione messicana e che ad essa seguirono.
Allo stesso tempo l’arte di Frida Kahlo è un’espressione dell’avanguardia
artistica e dell’esuberanza culturale del suo tempo e lo studio della sua
opera, pur sempre originalissima, permette di intersecare le traiettorie di tutti
i principali movimenti culturali internazionali del suo tempo, dal Modernismo
al Surrealismo, dalla Nuova Oggettività al cosiddetto Realismo magico.
A sessant’anni dalla morte, questa esposizione intende dimostrare che
la fama planetaria delle opere di Frida Kahlo non deriva solo dal fascino
talvolta morboso della sua vicenda biografica, attraversata da incontri
fatali, accese passioni e forti sofferenze; ma si fonda innanzitutto sul potere
evocativo della sua arte.
Entusiasmata dalle nuove potenzialità aperte dalle avanguardie
internazionali, Frida seppe trasfigurare il proprio mondo interiore in un
linguaggio artistico inimitabile che ancora oggi continua, infallibilmente,
a esercitare un effetto magico sull’osservatore. Il tempo ha dimostrato
che seppe esprimere con grande anticipo, nella sua opera, temi assoluti
e fondamentali rispetto alla sensibilità dell’uomo moderno: il contrasto tra
individuo e società, l’identità nazionale e il rapporto con le proprie radici,
l’amore e la sofferenza, la realtà e la trascendenza.
UNA VOCAZIONE
NON ACCADEMICA
A seguito della rivoluzione messicana (1910-1917), i maggiori artisti del paese
avevano iniziato ad abbandonare l’insegnamento tradizionale dell’arte
impartito nelle accademie, scoprendo la forza del paesaggio, del popolo e
delle tradizioni della loro terra e avviando scuole en plein air, in parallelo a
quanto proclamato dalle avanguardie europee. Lo Stridentismo fu la corrente
che in Messico intercettò le principali sfide lanciate in Europa dai movimenti
futuristi con il loro desiderio di tabula rasa nei confronti di ogni tradizione.
Fin dal suo esordio in pittura, nel 1925, Frida guardò con entusiasmo all’arte
rivoluzionaria degli stridentisti, ma anche all’opera dei pittori David Alfaro
Siqueiros, Clemente Orozco e, soprattutto, Diego Rivera che anni dopo divenne
suo marito. Diversamente da Frida, Diego si era lungamente formato, prima
in Accademia e poi nei lunghi soggiorni di studio in Europa. Le sue pitture
murali, concepite come elementi di un processo di educazione del popolo e
destinate a luoghi pubblici di rilievo, lo avevano reso in breve tempo un artista
conosciuto e ammirato a livello internazionale.
Frida Kahlo non ebbe modo di acquisire una formazione accademica,
costruendosi da sola la propria cultura artistica attraverso un’osservazione
intuitiva dell’arte che vedeva attorno a sé. Aiutando suo padre, il fotografo di
origine tedesca Guillermo Kahlo, nei lavori di ritocco fotografico, fece le sue
prime esperienze con la pittura e sviluppò quel tipico tocco di pennello che ne
caratterizzerà l’opera. Attraverso gli affreschi di Rivera, capì l’importanza della
lezione del Rinascimento italiano, interesse che si riflette nell’Autoritratto con
abito di velluto, dipinto nel 1929 per il suo compagno dell’epoca, Alejandro
Gómez Arias, con l’intenzione di echeggiare il linearismo di Botticelli entro
un gusto già modernista. I dipinti raccolti in questa sala, tutti realizzati nello
stesso stretto giro di anni, restituiscono bene il clima artistico dell’epoca, dove
influssi cubisti e futuristi, come nel Ritratto di Miguel N. Lira, si affiancano a
opere di spirito fortemente anti-accademico ispirate allo Stridentismo (Erminia e
Salvadora e Ritratto di Miriam Penansky, entrambi esposti qui per la prima volta).
SCUOLA DI PITTURA EN PLEN AIR.
DAI SOBBORGHI ALLA METROPOLI
GLI STATI UNITI. LA SCOPERTA
DEL NUOVO MONDO DELL’ARTE
Frida Kahlo nacque nel 1907 a Coyoacán, un piccolo villaggio di Città del
Messico. Qui era la casa della sua famiglia, in cui trascorrerà gran parte
della sua vita e dove morirà, nel 1954 a 47 anni. La “Casa Blu” è oggi
diventata un museo a lei dedicato.
Il mondo della giovane Frida era piccolo. All’età di 18 anni andò a lezioni
di disegno per qualche tempo da un amico del padre, un grafico che la
introdusse alle tecniche dell’incisione.
Ma l’arte non era la strada che la famiglia aveva scelto per lei: Frida voleva
diventare medico e iniziò a frequentare i corsi preparatori che davano
accesso all’università. Il 17 settembre 1925, l’autobus che la conduceva in
città per i corsi fu coinvolto in un terribile incidente; tre passeggeri persero
la vita e Frida scampò per un soffio alla morte, riportando tre fratture al
bacino, undici alla gamba destra e una ferita profonda, provocata da un
corrimano di metallo che le aveva perforato il fianco sinistro lesionando
anche gli organi genitali esterni.
L’incidente, con le sue conseguenze, vanificò i progetti universitari di Frida
che nel corso della lunga convalescenza decise di diventare pittrice. I
suoi primi lavori già mostrano i segni di un’emotività altalenante, ma
evidenziano al contempo la sensibilità di una giovane donna che si
risveglia alla vita.
Nei suoi primi disegni raffiguranti Coyoacán o località vicine e realizzati
secondo le nuove tendenze della pittura en plein air, si avverte l’influenza
dell’opera La Mulita del giovane artista Abraham Angel, morto nel 1924
a soli 19 anni e autore di alcuni rari dipinti in stile naïf considerati tra i più
importanti e ricercati dell’arte messicana moderna.
Poco dopo il suo matrimonio con Rivera, Frida Kahlo accompagnò il marito
negli Stati Uniti, tuffandosi con entusiasmo nella vita culturale delle moderne
metropoli americane, San Francisco, Detroit, New York.
Lontana dal suo paese, Frida si concentrò sulla propria identità nazionale,
osservando quel mondo e comparandolo con quello da cui proveniva. Iniziò
a dipingere autoritratti di formato ridotto in cui sembra voler scavare sempre
più a fondo nella propria interiorità. Continuerà per tutta la vita a ritrarre sé
stessa, tanto che circa la metà della sua produzione è costituita da autoritratti.
Attraverso i diversi attributi che di volta in volta assegna alla propria immagine
trattandola come un’icona sacra, conferirà alle sue autorappresentazioni
significati sempre nuovi. Nei suoi dipinti iniziano ad avvertirsi gli influssi dei
movimenti europei contemporanei come il Realismo Magico italiano, qui
esemplificato da un’opera di Gino Severini, e la Nuova Oggettività tedesca,
rappresentata da un ritratto di Carlo Mense.
A Detroit, nel 1932, Frida Kahlo ebbe un aborto. Nelle settimane di questa
gravidanza indesiderata le fu al fianco il dottor Eloesser, ricambiato
dall’affettuoso ritratto in mostra. L’artista elaborò la traumatica esperienza
dell’aborto nel dipinto Henry Ford Hospital, il cui studio preparatorio è qui
esposto. Durante questo periodo le fu vicina anche Lucienne Bloch, figlia del
compositore Ernst Bloch. Assieme lavorarono alla litografia Frida e l’aborto.
Il soggiorno americano si interruppe bruscamente nel 1933, quando il murale
che Rivera stava realizzando nel Rockefeller Center di New York fu rifiutato
dal committente per la presenza di un ritratto di Lenin. A questo episodio fa
riferimento Il mio vestito è appeso là, capolavoro realizzato in quello stesso
anno. Negli anni seguenti Frida tornerà più volte negli Stati Uniti. Nel 1938
Julien Levy, famoso gallerista di New York che aveva portato in America i
surrealisti parigini, organizzerà la prima personale dell’artista.
L’INCONTRO
CON IL SURREALISMO
Autoritratto con collana di spine e colibrì
1940
Olio su lamina metallica, cm 63,5 × 49,5
Cat. Rag. 76
Nickolas Muray Collection
Austin, University of Texas,
Harry Ransom Center
Nell’aprile 1938 André Breton, teorico del Surrealismo, giunse in Messico
per una serie di conferenze. Tale movimento aveva trovato fin dalle sue
origini ampia diffusione nelle riviste letterarie messicane. Rivera, che aveva
già conosciuto Breton durante il suo soggiorno a Parigi, lo invitò insieme
a sua moglie Jacqueline Lamba a stabilirsi presso la loro casa-studio. Nel
frattempo Frida aveva offerto ospitalità presso i genitori a Coyoacán anche
al rivoluzionario russo Lev Trotsky e a sua moglie Natalia, in fuga da Stalin,
cui il Messico aveva dato asilo grazie all’intervento di Rivera. Trotsky, Breton
e Rivera scrissero il Manifesto per un’arte rivoluzionaria indipendente, in cui
rivendicavano l’assoluta libertà del pensiero artistico.
Breton riconobbe nei quadri di Frida Kahlo una forma peculiare di Surrealismo
tipica del carattere messicano e firmò la prefazione al catalogo della mostra
di Frida che si tenne a New York quello stesso anno. Frida fu molto vicina
al movimento surrealista, ai suoi protagonisti, alle loro concezioni dell’arte.
Nel 1944 scrisse: “Il Surrealismo è la magica sorpresa di trovare un leone
in un armadio dove si è certi di trovare delle camicie”, immagine che ben
rappresenta la sua idea del gioco intellettuale surrealista.
Il cronico sentimento di solitudine e di vuoto esistenziale dell’artista, trovò un
sostegno salvifico nelle forme espressive del Surrealismo. Frida dipinse una
serie di alcuni piccoli autoritratti in cui rivolgeva i propri desideri verso un
mondo trascendente, raffigurandoli nello stile degli ex voto tradizionali. Tali
immagini vanno lette non solo come recupero di una forma di arte popolare,
ma anche come veri e propri desideri tesi a precorrere il destino. Questo
slancio verso un mondo trascendentale rivela nell’artista un ampio spettro di
speranze e desideri surreali.
L’Autoritratto con collana di spine è un capolavoro assoluto che trae origine dal
dipinto Winged Domino del surrealista inglese Roland Penrose, qui evocato da
un bel disegno preparatorio in cui delle farfalle succhiano il nutrimento di una
donna fino a trasformarla in marmo.
ARTISTA DI SUCCESSO
E INSEGNANTE ACCADEMICA
SOPRAVVIVERE
GRAZIE ALL’AMORE COSMICO
Frida Kahlo arrivò alla celebrità, per lo meno in Messico, assai prima della
sua morte. Anche se in parte oscurata dalla fama pubblica e ufficiale di
Rivera, negli ambienti della contro-cultura messicana, nei circoli bohémien
come pure nel circuito degli artisti, Frida divenne una vera e propria star.
Dopo il successo internazionale ottenuto con le personali di New York
(galleria Julien Levy) e di Parigi (galleria Renou et Colle), organizzata da
André Breton nel 1939, Frida nel 1942 fu invitata a partecipare alla mostra 20
th Century Portrait al Museum of Modern Art di New York e l’anno seguente,
sempre a New York, partecipò a una rassegna di artiste organizzata da
Peggy Guggenheim.
Sempre nel 1942 il ministro dell’Istruzione la chiamò a insegnare
all’accademia “La Esmeralda”, appena istituita, garantendole in questo
modo l’autonomia economica tanto attesa e desiderata. Non le ci volle
molto a conquistare la simpatia degli studenti e presto raccolse attorno a
sé un piccolo gruppo di seguaci che si facevano chiamare ‘Los Fridos’. Nel
grande Autoritratto con scimmie Frida si rappresenta come un’insegnante
orgogliosa del suo piccolo gruppo di studenti, umoristicamente raffigurati
sotto forma di scimmiette adoranti.
All’opera di Frida Kahlo si interessavano ora anche importanti collezionisti e
mercanti d’arte che iniziavano a sostenerla con acquisti e commissioni. Tra
questi il produttore cinematografico Arcady Boytler, amico fidato dell’artista,
ma soprattutto Jacques e Natasha Gelman, giunti in Messico poco dopo lo
scoppio della seconda guerra mondiale per aprire oltreoceano un’impresa
di produzione cinematografica. Un’importante parte delle opere esposte in
questa mostra provengono dalla formidabile raccolta da loro formata.
Anche il ritratto di Marucha Lavín fu commissionato a Frida da un suo
collezionista, il ricco ingegnere José Domingo Lavín. Per dare enfasi alla
figura, Frida adottò il formato classico del tondo, echeggiando le Madonne
del Rinascimento italiano.
La cultura messicana è caratterizzata da un forte dualismo, da un’idea
dell’equilibrio come risultato dell’interagire di uomo e donna, vita e
morte, sole e luna. Nelle sue opere Frida Kahlo ha rappresentato con
molta frequenza il motivo dei due astri, inteso come riferimento cosmico
di qualsiasi unione terrena e quindi anche della sua relazione d’amore
con Diego Rivera.
Anche nel dipinto L’abbraccio amorevole dell’Universo, la Terra (il Messico),
Diego, io e il signor Xolotl, capolavoro assoluto realizzato nel 1949,
Frida rappresenta il suo desiderio di conciliare entro un’unità cosmica
l’opposizione insanabile tra lei e Rivera. Tutti i quadri esposti in questa sala
raccontano del costante anelito dell’uomo all’unione, e allo stesso tempo
illustrano la tragica consapevolezza di come questa unione sia in ultima
istanza impossibile.
Agli inizi degli anni Cinquanta Frida dipinse sole e luna perfino sul suo corsetto
ortopedico. Lo decorò come fosse un’armatura medievale, con formule magiche
e formule esorcistiche, la falce e il martello della sua fede comunista e i due astri
che dovevano salvaguardare lei e il bambino che mai avrebbe potuto avere.
La stessa idea ispira il capolavoro Mosè dove un bambino nascituro, protetto da
schiere di dei ed eroi, viene salvato da un destino di morte, proprio come Mosè.
Con un salto all’indietro nel Messico precolombiano, il piccolo quadro Il
superstite mostra la solitudine di un sopravvissuto che tenta di riconnettersi
col suo passato ancestrale; una solitudine che, come un vecchio pensiero
che non si fa scacciare, torna sempre a galla nel ricordo. Analogamente,
il quadro Ricordo della Valkiria, della pittrice Remedios Varo, racconta la
delusione e la malinconia derivante dalla difficoltà delle donne, in un mondo
dominato dagli uomini, a liberarsi dal un ruolo di costrizione rappresentato
dal corsetto slacciato. Questa piccola opera fu esposta nel 1940 a Città del
Messico in occasione della mostra internazionale del Surrealismo, dove
anche Kahlo partecipò con il capolavoro Le due Frida.
FRIDA COME ICONA.
I RITRATTI DI NICKOLAS MURAY
E DI LEO MATIZ
Furono molti i fotografi che nella figura e nel modo di essere di Frida Kahlo
riconobbero al primo colpo la forza ieratica dell’icona. Già il padre, fotografo
anch’egli, l’aveva scelta come modella, preferendola agli altri membri della
famiglia. Più tardi, per i fotografi stranieri che si trovavano di passaggio in
Messico, divenne quasi un obbligo professionale far visita a Frida Kahlo per
immortalarla. Bussarono alla sua porta i più famosi artisti del momento:
Tina Modotti, Edwards Weston, Manuel Alvarez Bravo, Gisèle Freund, Martin
Munkácsi, Immogen Cunningham, Fritz Henle, solo per citare alcuni autori
delle fotografie più note. Appare chiaro, d’altronde, che la stessa Frida si
prestava volentieri al gioco del mettere in scena se stessa.
Nel corso della trentennale relazione che ebbe con l’artista, per un certo periodo
anche amorosa, il fotografo americano Nickolas Muray ritrasse molte volte Frida
Kahlo. A New York, Muray fu un pioniere della fotografia a colori, che realizzava
con la tecnica dei filtri prima della scoperta della pellicola a colori. Come fotografo
di grandi personalità femminili e, più tardi, come specialista in campo pubblicitario,
Muray riuscì a combinare abilità tecnica, talento evocativo e stile. Per Frida Kahlo
su una panchina bianca del 1939 ideò una messa in scena che esaltava lo stile
eccentrico e variopinto della pittrice, catturandone allo stesso tempo l’espressione
misteriosa e straniante, con lo sguardo fisso, rivolto verso l’osservatore, e con
un sorriso sulle labbra a metà tra il beffardo e lo sforzato. La fotografia che la
ritrae avvolta nel suo rebozo color magenta (il tipico mantello della tradizione
messicana) rappresenta una delle immagini più compiute su cui si è costruito il
mito “Frida”. Fu del resto uno degli scatti preferiti di Frida che, assimilando il rebozo
al proprio amore per Muray, sentiva così su di sé il suo costante abbraccio.
In questa sezione sono esposte non soltanto le fotografie di Muray, celebri in tutto
il mondo, ma anche le immagini catturate dal grande fotografo colombiano Leo
Matiz, rimaste fino a oggi inedite e qui esposte per la prima volta. Le foto in bianco
e nero che Matiz scattò nella “Casa Blu” di Coyoacán documentano gli incontri
degli artisti, le allegre gite in campagna, i viaggi verso Xochimilco e sono tra le
pochissime immagini che ci mostrano Frida Kahlo in un clima di soave distensione
e di leggerezza.
L’ESPRESSIONE DELLE EMOZIONI
E DEL DESIDERIO
Nel 1937 iniziava la lunga amicizia tra Frida Kahlo e Olga Campos, a quel
tempo giovane studentessa di psicologia. Nella clinica psichiatrica di Città
del Messico, Olga aveva sperimentato nuove terapie basate sulla pittura,
mostrando a Frida i lavori realizzati dai pazienti. In seguito, quando nel
1949 Rivera chiese la separazione aprendo per Frida le porte di una grave
crisi, Olga propose all’amica di rielaborare attraverso la pittura i pensieri
di suicidio che iniziavano ad affliggerla, per tentare di guarirla. Nasce così
Emozioni, la serie di disegni a pastello esposta in questa sala. I sentimenti
qui portati in superficie mostrano in maniera impressionante quanto, nel
mondo emotivo di Frida, il dolore e l’amore fossero vicini tra loro, tanto che
nel visualizzarli quasi non sapeva tenerli distinti.
In molti altri disegni, come anche in alcune pagine del suo diario, affiora
un universo di visioni erotiche senza censura, dove appare evidente che i
desideri di Frida non sono rivolti solo verso Diego, ma anche verso altri, amici
e amanti, rispetto ai quali si comportava da donna libera ed emancipata.
Nella serie di disegni a seppia dalle intricatissime composizioni nota col
nome di Carma, i vari corpi si assemblano in unità complesse e inscindibili
proprio come, appunto, il ‘karma’ che ricompone i destini di ciascuno.
In maniera ancora più libera, Frida conferisce forma visiva alle sue
passioni nei cosiddetti Disegni della casa, dove sembra andare in cerca
di uno sbocco positivo dall’universo caotico delle proprie pulsioni. Dopo il
caos primigenio di erotismo e sessualità, la serie si chiude con l’immagine
dell’uomo e della donna pacificati, che riposano sotto un tetto coperto di
raggi luminosi. Tutte queste immagini di fantasia non erano concepite per
il pubblico, come i suoi dipinti a olio, ma servivano all’artista come esercizi
personali, memorie intime condensate in immagini, proprio come avviene
nelle pagine del diario, composto tra il 1946 e il 1954.
METAMORFOSI. LE NATURE MORTE
E LE ULTIME AUTO-RAPPRESENTAZIONI
Frida Kahlo considerò sempre le nature morte alla stregua di autoritratti
impliciti. All’inizio, nei dipinti della fine degli anni Trenta e primi anni
Quaranta, vi rappresenta soprattutto simboli della sessualità e del
desiderio, come appare chiaramente in Frutti della terra o in La sposa
che si spaventa vedendo la vita aperta. Verso la fine del suo percorso
artistico, emergono da questi dipinti soprattutto sentimenti di malinconia e
scoramento, come in Sguardi del 1951, dove le forme della noce di cocco si
trasfigurano nei tratti di un volto addolorato.
Dagli inizi degli anni Cinquanta Frida Kahlo, la cui salute era nel frattempo
molto peggiorata, dipinse sempre più spesso nature morte. Sarebbero
stati quadri più facili da vendere, diceva, ed erano anche più semplici da
realizzare. Salomon Grimberg, tra i maggiori esperti di Frida Kahlo, osserva
che per l’artista sarebbe stato più facile esprimere le proprie pulsioni e
sofferenze in forma nascosta, evitando di rappresentare il proprio fisico
deteriorato. Anche le nature morte più tarde, dunque, pur sempre legate
alla tradizione di questo genere di pittura, sono concepite come forme di
auto-rappresentazione che trasmettono, dietro l’apparenza variopinta, il
senso funebre di un Memento mori.
Autoritratto come girasole, ultimo dipinto a olio realizzato da Frida e a lungo
ritenuto disperso, fu salvato per pura casualità da un domestico che lo vide
tra i rifiuti. Qui l’artista, con una pittura ormai sommaria e drammaticamente
espressiva, si rappresenta come un girasole appassito che china la testa al
tramonto del sole. Siede davanti al muro di una fornace da mattoni, in cui
noci di cocco e vecchi pezzi di legno sono utilizzati per alimentare il fuoco.
L’immagine della fornace appare, sul finire del percorso dell’artista, non
soltanto nei dipinti, ma anche nel diario come metafora dell’amore che
attraverso il dolore consuma come il fuoco. Tutta la sua capacità di amare
appare bruciata e offesa: le lunghe, terribili sofferenze subite hanno
prostrato gravemente Frida Kahlo, che assiste ormai impotente al rogo dei
propri desideri.
Pensando a Diego
1943
Olio su masonite, cm 76 × 61
Cat. Rag. 89
The Jacques and Natasha Gelman
Collection of 20th Century
Mexican Art and The Vergel Foundation
Scuderie del Quirinale - Via XXIV Maggio, 16 - Roma