Le dismissioni del patrimonio pubblico: un piano per ridurre il debito

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Le dismissioni del patrimonio pubblico: un piano per ridurre il debito
Le dismissioni del patrimonio pubblico: un piano per ridurre il debito e avviare un
circolo virtuoso per la crescita e lo sviluppo
(a cura di Antonino SCALFARO - già Consigliere del CNEL)
Finalmente il Governo, con il consenso e le sollecitazioni dei partiti che lo sostengono in Parlamento, ha
deciso di mettere nell’Agenda dei provvedimenti del prossimo settembre il tema della riduzione del debito
pubblico attraverso un programma di dismissioni del patrimonio immobiliare e non.
Diciamo finalmente perché questa decisione riteniamo arrivi con ritardo.
Che un elevato debito pubblico in rapporto al PIL, come quello italiano, fosse un grave ostacolo alla crescita,
un vero e proprio cappio al collo dell’Italia, non è una scoperta recente.
Negli ultimi due tre anni vari soggetti – personalità, istituzioni e forze sociali - hanno indicato i motivi e la
necessità di intervenire per ridurlo e avanzato anche proposte di merito, in particolare, intervenendo con un
piano di consistenti dismissioni del patrimonio pubblico.
Ma per tanto tempo ci si è illusi di poter gestire il debito contando sugli avanzi primari o si e preferito
coltivare strade alternative come le proposte della mutualizzazione a livello europeo della parte di debito
eccedente il 60% del PIL, attraverso gli EUROBOND, o della possibilità di introdurre una patrimoniale sui
grandi patrimoni (una tantum e poi ordinaria).
La riduzione del debito pubblico attraverso le dismissioni del patrimonio pubblico che era il terreno di
responsabilità più diretta del nostro Paese e dei suoi governanti è stato trascurato e per lungo tempo rinviato.
Ciò nonostante vi siano state sollecitazioni e proposte che non si sono trasformate in progetti operativi e
organici assunti dal Governo con proposte di legge.
Quando è andata bene il tema è stato affrontato quasi come appendice di altri provvedimenti più ampi e mai
con provvedimenti ad hoc.
Sembra che ogni volta che l’Italia e il Governo si muovono e assumono provvedimenti importanti di riforme
per “la crescita”lo facciano sull’onda delle emergenze e per impegni-vincoli europei.
Così come per il pareggio di bilancio, la riduzione del debito pubblico al 60% del PIL è ormai un obbligo per
l’Italia. E, infatti, l’Italia ha messo in atto, sia per il pareggio strutturale del bilancio sia per la riduzione del
debito pubblico, gli impegni derivanti dalle decisioni europee in tempi strettissimi. Ha inserito in Costituzione
il principio del pareggio di bilancio e ha adottato “ il fiscal compact” con il quale si impegna a ridurre il debito
oltre il 60% del PIL di 1/20 all’anno( circa 50 miliardi all’anno per 20 anni).
Non intendo qui sostenere che l’intervento sul patrimonio pubblico dovesse essere alternativo ai
provvedimenti di riforma che nel frattempo sono stati adottati, ma sono convinto che se si fosse intervenuti
per tempo - parallelamente alle riforme avviate - il quadro economico e sociale sarebbe oggi più sostenibile e
le prospettive della ripresa , dello sviluppo e della crescita più realistiche.
Sono maturate finalmente le condizioni e le convinzioni perché il Governo d’intesa con le forze politiche che
lo sostengono in Parlamento assuma pienamente l’iniziativa di un provvedimento organico per abbattere il
debito pubblico?
Siamo veramente alla vigilia di una nuova fase che apre un circolo virtuoso?
Riduzione del debito, riduzione del costo del debito, liberare risorse per la crescita.
Non è superfluo ricordare e sottolineare che sul tema “riduzione del debito attraverso cessioni del
patrimonio pubblico” il Governo ha già il consenso del Parlamento con la risoluzione votata da Camera e
Senato sul Documento di Economia e Finanza ⁽¹⁾ e avrebbe pure il consenso delle forze sociali che nel tempo
si sono espresse favorevolmente.
⁽¹⁾ “Ad avviare, attraverso il pieno coinvolgimento di tutti i livelli di governo, un percorso volto ad accelerare
l’abbattimento dello stock di debito pubblico valutando, in particolare la possibilità di adottare a tal fine un piano
straordinario di dismissioni del patrimonio pubblico, in modo da favorire, non solo il contenimento della spesa per
interessi, ma anche la riduzione del differenziale di rendimento tra i titoli italiani e quelli tedeschi derivanti dalla ridotta
necessità di procedere a nuove emissioni.”