il libro delle case celesti
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il libro delle case celesti
LibertàEdizioni Renzo Franzini IL LIBRO DELLE CASE CELESTI LibertàEdizioni a Amelia e al suo giardino IL LIBRO DELLE CASE CELESTI il libro delle case celesti può essere assunto come ideale proseguimento dell’atlante marino, ma anche come testo autonomo, nella qualità di memoria o diario effettivo di un anno che va dal settembre 2003 al settembre 2004, con la precisa intenzione di comporre un testo per ciascun giorno, e rammentando che un’opera dei giorni non significa necessariamente una cronaca dei giorni, benché la comprenda; vedansi a tale proposito i brani riferiti ai fatti di madrid, o gli altri che riportano in modo meno diretto altre vicende violente di questo secolo violento per costituzione e per elaborazione di valori. alle due estremità, quasi autonomamente, lo sviluppo di due costellazioni: quale ne sia il tema, potrei dirlo, approssimativamente diretto verso l’istinto della fondazione. 6 1/2 settembre 2003 stanotte una ragna irretiva il valore delle stelle e della oscurità proiettando il mondo dell’ora in una resa imprecisa spaventosa di nude proporzioni e salivi fino al punto nevralgico della eternità fino al sensibile acutizzarsi di un verbo primitivo rumore voce canto rumore salivi alle case celesti nel sogno delle vegetazioni farfalle piccole bianche notturne tra le erbe e la luna bassa e le parole lontane oltre le menzogne quotidiane come un’onda vagante sopra i talchi de gli oceani dentro alle migrazioni nelle mobili ombre del giardino e sulle cose di allora 7 8 costellazione 1 9 10 3-9 connessioni d’ombra virate da subito invisibili in tali esordi ventosi di stagione rinnovata quali voci sfiorano l’udito in un silenzio di evocazione nubi e vento nugoli di polveri si solleva la vita 4-9 compilato il modulo della visita le spese prepagate il rigore mentale l’afrore degli esseri svincolati da ogni strategia testa piatta come spappolata e forse spappolata e senza storia 5-9 la grande plaga dell’arsura del mondo si manifesta sotto ardenti mescidanze degli autunni panni stesi rossi e blu stesi sui cavi e le rondini rare 11 6 – 9 (dedicato a m m) (caro amico tutto il possibile è possibile se detto non vedo sul tuo volto segni di felicità ragioni nervose quasi chiedessi salute una salute o un modo lo chiamo cortesia o misura vanamente - piccoli vortici di foglie residuali giostrano sopra campi smarriti l’ora meridiana si modula nei candidi teli di silenzio le ombre si sciolgono e una mescola di bianco e di nero si insedia nelle linee di fuga dello spazio erodendone la stabilità se da impossibile derivi il possibile se esso sia riflesso di un lontano tentato nel gesto vano di cattura (comprendimi se la baldanza con la quale proclami il tuo ozio fosse corroborata da autenticità altro sarebbe forse la tua vita annoto di te (:) opacità cespugliosa biancastra collagene scomodo figure salse geometrie residue soluzioni minerali un rito temporaneo del dentro polveri sospese nella fissità del mattino voragini ordine del clima sopra i corpi del presente) 7-9 sempre tocchi di vanità nel cortile / adesso si alza il vento tra presenze vidimanti del pomeriggio astrale / si alzano larghe nubi velate si placa il vento nel loro capoverso 8-9 l’aria rasa tra le foglie secche molto prima della consuetudine frammenti carte strappate sminuzzate artigliate quando le calde ingiunzioni si moderano nell’ordine esteso delle piogge prime 12 9-9 stampe sopra i comò ma i ritratti possiedono la materia mostruosa della magia l’indelicato possesso dell’altro il violato mistero di un volto catturato poi lontano nel tempo (sai bene non amo le biografie per il fascino terribile delle cronologie e del dopo quando a me mancheranno i corpi e i corpi sfumati nella morte non sapranno del loro perdurare in una incerta creta di lucore intanto fissato nel moto fluttuante e perpetuo il progressivo degrado dei documenti la perdita di valore dei riferimenti così in una condizione di ubriachezza si crede la vita sensata soltanto) 10 - 9 tutelarsi in riflessi di metallo mentre le cose si fissano a una ragione di esistenza piuttosto fragile e coglie quasi una curiosità naturalissima per la morte e una valuta di cortesia antica il muro bianco i panni stesi la placazione delle passioni un corpo invecchiato appesantito nella spuma della foschia recente 13 11 - 9 oggi dopo il plenilunio di là dove l’occhio si annulla i deserti espongono povere mercanzie pietruzze stoffette brandelli di miraggi totali condotti via dal vento un brillio confuso di meditazione accanto a letti prosciugati presso le sorgenti crotali lamine stonate domestiche farfalle (come puoi collocarti nella serie ma sei e rimani nell’asciutto sudore della terra) ( dolorosi colori si consegnano ai sensi la intensa bellezza di settembre e dolorosa e quasi lancinante di luce nitida e levigata e il punto ancora rosseggiante dove il sole aveva ferito l’orizzonte ) copierai i tuoi proventi dal libro delle ore dell’anno dedicato adesso sei qualcosa di sospeso in un cortile adesso di nessuno volgerti non puoi né puoi guardare se non il muschio dove l’acqua suole quando scende bagnare il tuo presente impresso di ignoranze e ore di ore ore di momenti sosti nel sorgere del vento nel piegamento estremo delle chiome quanto sarà di noi invero non importa 12 - 9 dammi il tuo sguardo voglio vedere il nord la sublime emergenza del suo freddo il largo piano dello spazio denso la miniatura delle cose estreme 14 13 - 9 settembre inquieto dona strani sospiri [tocchi nel cranio pensiero dopo pensiero il planisfero delle tue nostalgie ora nell’ora del ramo di fiume della età non più smarrita immagini la futura illeggibilità delle parole tue per un uso venuto meno per una consuetudine non più consueta e l’espandersi di una violenza maggiore (essendo in una ipotesi non poi tanto estrema la lingua l’arma estrema e prima) di te la fragilità di un tessuto tracciato con la salute incerta di albe insonni e di risvegli con l’odore ancora di sfondo del fumo di altri corpi stimando nulla le promesse in un giaciglio diviso con le mani nude] hanno chiesto di te in un altro porto dove però non rammento quanto a me sembro vivo lo sono ma solo in apparenza di figura la stultitia di loro mi ha reso perduto alla vita inabile anche alla morte nessuno siede accanto nei giorni rituali del ricordo il mese mi rapina e degrada con albe di luna imprevedibili sollevazioni di uragani in una quiete di clima senza nube se ho riscosso il pegno di una lingua cosiddetta morta accadde solo per provarla viva nel mio dettato di parlante solo tale in ascolto mi rendi inusuale alle mie fantasie sopra di te nello stelo illeso della mia irrequietezza di cui osservi petali in una corona di noia 14 - 9 notti insonni si tingono del vento marino odoroso corposo felice perturbazioni dispiegandosi veleggiano nello sconfinato periplo di piazze dove ripara la natura di noi acquietati per un poco dal bisogno di contatto e di sragione 15 15 - 9 nei giorni dedicati al tuo anno vele nelle pianure la pelle di velluto di un piccolo ramarro fissato nella morte 16 - 9 scialbe strutture del mai tono dimesso smesso lo smalto alterato il risvolto della luce l’aspetto nel libro letto sotto cose calanti (una filtrante imperfezione d’aria semina nei corpi febbrili condizioni) 17 - 9 trama tra la luna e la odissea sabbiosa dello spazio calligrafica calcificazione dopo la increspatura della aurora un nuovo cielo si ricarica di noi nelle radure rare tra i punti di attracco luminosi 18 - 9 da quali estreme provenienze arranca ora la mia voce inascoltata alla deriva nel fosco di folle senza sguardo 16 19 - 9 si imbeve il nostro campo del tragico settembre sonno semiubriaco intimità di calma estemporanea futuro di un sogno finito altro anche di non identificato come un anno dagli anni raccolto in albi di fotografie 20 - 9 [(aiutami a trovare la piccola cosa perduta in sé non ha valore ma ne ha molto per me - hai visitato un lungo corridoio la voce proveniva da una radio nel punto inerziale della biforcazione - la prego la prego servono a me i tovaglioli - hai pagato le cose del tempo gli orientali boulevard) mi consegni dunque un tuo sogno traversante il permeabile confine del corno delle unghie ti chiedi se davvero hai chiamato il nome di lei un certo ricorrente arretrarsi delle storie nella forma ricorrente delle arti visitate o praticate intensamente e vane non siamo nulla finalmente liberati dai vincoli di proprietà assumiamo l’amica indolenza camminando sulle suole della storia nel principio di una età disincantata] oggi le cose si immergono nella foschia del sole poi scompaiono presente completo pensi allo sfumato tremore entro il quale riposano i sensi 17 21 - 9 hai cominciato a osservare l’inverno dalle vigilie dell’ingrediente autunno la veste smagliante di due cachi due fuochi nel nero della notte e profumi senza documenti estremo il silenzio dell’opera l’approdo negato senza alcuna opposizione rinnovata distanza nel muto sostare alle soglie della mente indagatrice 22 - 9 tintinnano i metalli delle grucce si tende questo giorno di pallori si è mosso il vento prigioniero della valle 23 - 9 sarà forse la nebbia a invecchiare gli eversivi modi delle ore correnti e un articolo vuoto del proprio riferire 18 il libro delle case celesti 19 20 24 - 9 le nebbie parevano solo in una inerzia secretamente mobile dove ora irrompono le grandi burrasche e i suoni scroscianti dei verdi deformi nei voli scempi degli uccelli neri le ortiche feriscono di meno il tossico buono si addolcisce penetrato dal modo degli autunni 21 25 - 9 fugge così la tua persona nell’onda lunghissima di chete bufere là dove rimuore la mia ombra io la mia ombra non concedo 26 - 9 sempre l’alto protendersi dell’alba colpisce le chiome più alte indorandole della intelligenza dell’oriente aprendosi le terre nelle membra vanno nella carenza delle vostre memorie sta il filo incongruo di quanto rimane non i ricordi appartenenti a altri [distonie di sereno sono la noia imperfetta di giardini sotto effetti di cose riflettenti] 27 - 9 la caduta del fiume verso il gorgo trascina il cielo verso innocui abissi il cielo mobile e largo risale allargando l’aperto della piazza dalla linea dei profili delle case basse nel brusiare poi chiassoso delle voci giovanili le arcate scelgono la tolleranza ampia rimanere nell’armonico disciolto dello spazio al tavolo della ora indefinita nel tonico effetto di un convito muto 22 28 - 9 quasi forzoso attivarsi di un principio decaduto ripreso riverificato se si creda alla assenza del passato al provenire dovunque del presente [cosa sia la conclusione di una idea rivolta opposizione accanimento o si appartenga alla assenza di respiro (torni così nel principio delle attese quando le notti picchettano i recinti)] ora pare di udire la pioggia è invece l’aria a ingannare tra le inerzie legnose del giardino 29 - 9 in una crepa zenitale l’aurora appena tinta dai colori delle braci ultime sovra flaccide pieghevolezze di corpi vegetali illesi (hai visto il tuo volto ripetuto in altri volti tratti nudi l’acutezza fissa degli occhi a sbiadirlo nella pasta irriproducibile delle tinte di qui) fine falce di luna la farfalla serale convoca sulla guancia la parola trasparente della nube blu 30 - 9 sono questi semisogni si sentiva dire forse viviamo due volte o nessuna (sopra leggere cromie del presto il telo degli eventi emanava respiri di domestica ambiguità) (si chiude la casa di settembre) 23 1 ottobre 2003 l’impedimento risiede in una sostanza spessa e però non immobile anzi ricettiva in una essenza di indocile sublime aspra delicatezza la quale induce l’incerto influsso di un pensiero di oziosa meditazione di quelle possibili comincianti intorno a possibili fughe è il canto del lontano dove le acque sospirano il moto apparente verso acque altre poiché nulla è ritorno strana ogni rivelazione ottobre spreme la qualità delle notti la sostanza espressiva voluminosa greve in un succo mattinale di madidi panni ancora e mani deluse nel palpamento a prova niente proprio niente nel tuo principio di regolarità così debole rispetto a gli eventi così ostinato in essi sia si ritrovino sia si prospettino e le minute catastrofi del giorno si inanellano al piacevole aspetto delle aperture dei fiori vecchia fiaba mietuta dall’ignobile leggerezza di una età detta matura quando l’idea dell’essere è collazione di un ordine disordine di eventi soffiano su pavidi fuochi di crepuscoli profumi stopposi delle erbe già vecchie sopra i tragitti ostinati degli scarabei una faglia ha spezzato la continuità della memorazione tra infanzia e detta così maturità dove le intermittenze ovvero in un carsico andamento l’infanzia si fa ascoltare nella qualità di ostinato profumo di fieno bagnato e foglie (quale profumo appartiene alla tua intimità) 24 2 - 10 permane l’oggi una gravezza adagiata obesa sopra i volumi ordinari di una edilizia umana [città proiettata nei campi delle utopie sopra sabbiose fondamenta e di paludi e chirurgiche azioni di ricostruzione (nel marzo di allora hai assaporato quanto la forza di una idea covi in sé la propria debolezza se ripetuta dai detti dei volgari qualcuno tuttavia ha lasciato del sangue sul selciato svanito poi nei soliloqui ottusi dei commenti)] 3 - 10 (stamane) concretezza dello spazio tra i suoli e il primo aspetto del cielo nella penetrabile densità della foschia blu ove andava originandosi contrasto tra elementi e l’occidente tutto ne subisce il fascino 4 - 10 alla fine nel gesto di volgersi a lato lo sguardo ha sostato sulla icona triplice dei boschi e le nebbie e il primo chiaro cielo quello era il punto di abbandono esito di un agito ritorno e prima altre aurore avevano imbrigliato nei fiati mattinali implosioni abbondanti di luce (certo siamo un poco spenti in questo periodo tocca un tale compito oramai antico vagare nelle valli col titolo subìto di padri di noi stessi e senza altra prole) 25 5 - 10 cascàmi scarti rottami il ripetuto del mare negli specchietti appesi controvento polveri fini di derive di luna eri tra i rimasti su i blocchi di cemento te risaliva ottobre nei cantieri delle piogge fedeli alle speranze buttate negli scoli hai carezzato la tua pietosa nudità e le altre accovacciate sotto l’egida delle foglie del riparo indigenza povertà sapore di cose invecchiate ti ha visitato il sentore del mare profughe figurazioni di dune echi catturati amplificati di giochi lanciati a distanza 6 - 10 apertura lata nello sguardo orientale tra il settentrione e l’est cosa dunque farai della stazione dei tuoi tramonti cataloghi brevi da piccole visioni irrisoria natura di uno sfarfallio di fiori felice ancora dentro i nuovi freddi (accolto il dilagare della aurora poi lo sguardo si è volto introdotto nel magnetismo tra l’oriente e il nord compiuta forma di perfezione) 7 - 10 le mani affondano nel sangue del cielo il sangue cola negli auspici delle piche profezia o dono già stato la maschera funebre nell’oro della aurora nel primo tumulto del rischio della vita (sono ancora lontane le rive della salvezza) 26 8 - 10 tre volte subìto l’influsso dello stormo tre volte lo sguardo si è fermato sull’albero nel campo solitario sull’odore dolce del concime volevi ricomporre l’incanto della scena il giallo cromo le pareti sullo sfondo la asimmetria prospettica tra i becchi delle gru l’incerto sonno dei metalli tra le erbe i sassi levigati nei terreni duri ma lo smalto totale del sole i barbagli felici delle cose sotto la matrice protettrice il triplice volo dello stormo l’albero del mondo solitario fresco intenso profumo di concime 9 - 10 capita a volte non bastino i piccoli strumenti sopra il comodino a supportare il compito intimo di accanirsi in una vocale o nell’intoppo subìto come scacco quando il cielo si sfascia in una fase intermedia di neutralità tutto si dissolve nello sguardo liquidi residui degli atolli materie dormienti dei vulcani spenti l’agire indoloroso della morte in un principio di serena limpidezza 10 - 10 nel senso grumoso del pomeriggio di un modo rappreso delle ore la identità dell’essere del nulla pare toccarsi come un pensiero puro 27 11 - 10 bella luce la luna appena stata piena la beava del riflesso di metallo facile nel moto rettilineo scivolando sopra la frontiera ((sento uno sfaldamento poco a poco dentro una fuga di me in forma indefinibile adesso quasi mancanza o lentezza mai prima conosciute entrato in una dimensione dove la maturazione somiglia a imbalbamento e nel volgersi dell’anno alla sua riva il gelido cantone delle more rosseggia del pigmento degli autunni)) l’usuale regione all’improvviso rendeva stranito il tuo corpo incontravi un effetto di estrema lontananza quasi tracciata lì fosse una frontiera una vela gonfiata dal vento delle ere e ora l’ingiunzione alla sosta il commovente incantamento del bosco la penombra il dilatarsi di una fonazione si risaliva il tempo nella vibrazione compito intenso di ignoranze prossimo il precipizio delle rive a deserti petrosi a specchi ciechi di acque verso serene posture di relitti addormentati sulle dune 12 - 10 vedo le ombre dei vivi le materie friabili dei corpi la erosione delle carni continua nelle frizioni agli altri impercettibili solo nell’oggi tenuità di celeste e vagabonde nuvole il resto quasi una asprezza arginata dal tepore di un pomeriggio tranquillo una civetta e un’altra (appartieni alla stirpe di nessuno sei della stirpe dei senza dimora) 28 a sé 13 - 10 di nuovo non sai bene né come né quando la confusione dei piani intersecantisi comporti linee di orizzonte pure ma accetti il tormentoso sonno e le visioni la insinuazione di una parete bianca a schermo lo spugnoso rancore di chi dorme inesorabilmente si va verso il nodove 14 - 10 ti sei narrato ma in una forma tarda in una lingua non tua in un modo diverso dove ti sai altro e tutti e nessuno o esempio scaduto a meraviglia 15 - 10 le porte tagliarono la sera bocche scordate sulle labbra l’intenso intimo costituente pallore il fosco rumore dei monti remora felice delle valli lontane 29 16 - 10 la alta capitolazione della luna il vitreo aspetto del giardino sotto orione l’influsso di cristallo della notte chiara (mi chiami dalle tue lontananze e osservi il perpetuo differirsi di oceàno quasi da un libro mi dici del dolore o della incomprensione scrivi dubbi le cose precipitarle covarle in un nido di oscurità) 17 - 10 sole svelato in una area pura di spazialità fumi de gli insediamenti imbevuti del primo colore dell’aurora sorgente dai tagli di cirri ora la plumbea utilità di una nube avanza dai campi del settentrione il nostro silenzio pascola le pareti della tua stanza adibita a rassegna di anonimi ritratti le polveri sanno l’istanza del delirio finti passi sotto spoglie leggere la aria orientale risale alle radici del tuo presente tempo 18 - 10 oppure esiste una fatalità solo presunta più forte di ogni volontà ma allora immersi nel suo umore ignoto si prosegue alla deriva il freddo dell’alba ti assale miraggio la carne di pietra lagune sulle lagune 30 19 - 10 le vostre sterili forme di ricordo non approdano a nulla e nulla forse è accaduto e non siete passati attese di un frutto lasciato a marcire tra le foglie di adesso valicavi la tua era le tortore bianche dell’amore infantile i sassolini lasciati a lievitare i pochi giochi di legno nel sole [freddo nelle sale dove passi veloci rimuovono parole e le braci spente come possiamo facciamo cosa siamo là era qualcosa di concluso tra sterpaglie e sottobosco fino al dolore di quanto era di fronte una pagliuzza trasferita dalla orientale rapina del caos] foschie campanili di sabbia colore vano delle vane sostanze giorno scremato dagli inverni in attesa sui ventri bianchi delle catene 20 - 10 poi sorge la sera da uno scudo leggero di perturbazione dal modulo riflesso delle onde i lumi svuotano i siti le recenti corse le morose composizioni di un saluto nella forma di labbra contro labbra e le geometriche fioriture dei volumi la disillusione incrocia in un lago molto prossimo la notte si rannicchia nel canale e dorme dove le pietre carezzano le acque non è comparsa luna sopra i gioghi dei tetti 31 21 - 10 l’alba colmava di foschia gli anfratti e i fossi e le piccole convalli e i loci già maturi degli autunni tessendoli di quanto dopo poco svanirà nel profumo di bagnato delle cose chiuse ancora nella vita di un pensiero ami tali discese verso i profondi inverni pensi a coloro i quali senza nomi hanno agito nella illusione di tramandare qualcosa di perduto 22 - 10 immersi in un fosco indefinito i corpi galleggiano pesantemente nella smemoratezza [generico non protetto hai sceso le scale di un aldilà locale riflesso nel vetro del crepuscolo il sembiante possedeva la estranea naturalezza di una presenza pronta a concretizzarsi nella disposizione di un futuro ingredire tra le cose mobili e atti di erosione [solerte e anticipatrice retorica della astensione 23 - 10 tratteniamo tenui ipotesi impressioni dell’ora dell’oggi parole prestate al silenzio un quarto di tono restituito all’enigma mano di cera dita affusolate dita antiche velate di splendore / i morti non somigliano a se stessi essi non somigliano a nessuno essi non sono non sono nessuno 32 24 - 10 le secche nocche della polvere ti hanno accompagnato l’odore quasi acido oramai dei cibi dalle sere di prima l’inverno entrato nella notte in cucina il ristagno azzurro di fuori la stanca landa siderea del giardino 25 - 10 le sagome dei boschi contro il primo crepuscolo il tracciato delle nubi verso il loro destino riti di uccelli sopra i terreni questo era ti lasciavi osservare senza nulla agire se non la ventura del corpo nella misera futilità della esistenza (quale bella notte stiamo infantilmente invecchiando nel disegno tracciato da altre mani certi giorni sei vuoto o refrattario a accogliere flessioni atonali degli spazi aperti e delle zone dove l’umido lurido sole di ottobre ancora tarda a approdare alla felice cortesia delle finestre) 26 - 10 soccorri la anomalia del giorno con la speranza vuota fioriscono le brine delle notti sui prati generati dal ricordo la morte degli dei da sempre predicata 33 27 - 10 (ti hanno chiesto cosa fosse allegoria hai mostrato disposizioni senza intento concluse solo nel gesto indicatore ti hanno chiesto cosa fosse indifferenza hai citato il tuo vagare sempre non sai se abbiano compreso quanto l’opera si mescoli all’essere dell’essere dell’uomo al divenire in atto alla violenza della forma senza corpo d’amore) i cani sono morti penombra nel primo pomeriggio conciliabolo oscuro della pioggia accompagni le ultime cose oltre la recinzione verso i sentieri alti negli scavalcamenti verso i boschi e le indefinite forme delle rive intento antico confabulio dimesso sostanza degli eventi futili quasi irrisorie un palpito di foglie flocculio di filamenti la sospensione eterea di un brano di crisalide leggere le tracce dispariscono nei varchi aggrovigliati del fosco sottobosco il profumo del fango e la carnosa scorza delle erbe 28 - 10 i colli galleggiano nei mari densi delle foschie albali gli esseri si rifocillano alle sorgive dei bar sostano tra un riflesso e l’alone di un volto rasato alla toilette rimane una ferita ruvida nell’aria precoce avvertibile varianza della età 34 29 - 10 immagini straniere dai tuoi sonni profondi le mura delle palpebre tutelano i tuoi luoghi giaci sotto abiti dimessi nelle narici l’odore della carne cruda di vicoli violati hai vagato nella piazza di trascorsi miracoli tra epoche non tue ricordi virtuali pallidi digitali la rima del grigiore sopra i tetti latrine fetide nelle università l’odore andato via nel mezzo di altri esseri (questo corpo che ha raccolto saperi una volta morto non sarà più nulla) 30 - 10 l’oro delle foglie giace nel prato la terra in grembo accoglie il sole si diluisce l’arcano metallo del pomeriggio nell’intruglio biancastro del crepuscolo la diffusa liquida tensione si appiana nel proveniente fresco della fatua oscurità 31 - 10 dammi tema motivo parola nella disciplina di questo anno stanziale nella coltre amara e protettiva l’orto lunare di etiche forse invecchiate impallidisce l’ombra degli oggetti nel mondo squilibrato delle sedici il planisfero appeso alla parete scala uno a uno della vita indossata la natura si bea della pioggia incline a miti ridondanze di una nota resecata non è scempio il vento tra i canneti (si chiude la casa di ottobre) 35 disciplina coltivi e 1 novembre 2003 (descrizione occidentale) sopra le meditazioni intense dei centri commerciali incoronati da nomi luminosi profilati dallo spazio oscuro delle profondità completi finalmente isolati in sé vuoti disabitati sereni disposti verso grassi asfalti neri nettati dal battesimo dell’acqua branchi bradi di piloni di cemento piantati nelle mescole sassose sventrate già vecchie costruzioni rammentate da superstiti facciate ghirlande di lampioni pensiline di plexiglass sotto cui soliloquia il sonno di una automobile qualche passo fa il magnetico impulso dei metalli sotto le scolte passeggere del vento finalmente qui travasa l’infinito nel finito altrimenti impossibile rito nell’artificio puro senza umana presenza epifania del mondo trasformato (in un giorno lentissimo sovrabbondante reti di ferro nelle distanze fradice dei campi sotto il cordame di pioggia annunciata il pomeriggio si rilascia pesante sopra gli esseri tutti sopra il corpo dell’essere dilaniando ogni opposizione con una fredda melancholia) 36 2 - 11 circùm-navigazione della morte le coste i volti dei golfi diversi la sua geografia ero in procinto di partire assieme agli altri nel tono bianco smagliante di un giorno aereo solcato dai gabbiani e i cirri leggieri del sereno osservavo i portolani le mappe e le carte dispiegate rammento una cifra la distanza il punto più lontano di una terra dalle terre essa aveva la forza di incantarmi nei quattro numeri della composizione difficile uscire dai sogni condurne oltre il sonno la materia risuonavano però certo le voci l’incedere più tardi di due termini il resto e accanto accanto quanto resta così rintoccavano in me col martellio vellutoso dei ritorni piani e pensavo un pensiero cosa resta di noi nell’esempio di case affacciate sulle immobili acque dei varchi se il pieno dei giorni tracimi verso un nulla di inutili apparenze o sia rimanenza non un poco da un molto perduto bensì la essenza nutrita dell’esistere chi allora o cosa sarebbe partito se tale il resto si offriva se nell’andarmene - io tanto chiedevo - questo restasse di me scrivimi hai detto e ti scrivo nello smalto imprevisto di un lucido limpido giorno dei morti dopo le brume vischiose delle notti e le piogge di un tempo generato scrivo il respiro di un sogno sognato sulle rive di un mare sconosciuto guardo il giallo impastato di verde delle foglie autunnali del noce penso alla attuale ricorrenza alla sua ricorrenza nel momento e forse eravamo già morti e forse nel resto restiamo ( viaggio di un anno nel sogno delle nevi oltre i mondi folti delle brume poco lontana alle rive la luna naviga l’oscuro sereno) 37 3 - 11 quello è il paese dei volti desiderati tutte si corrispondono le età (nello spiazzo ai piedi della rupe hai parcheggiato e orinato gli edifici nel basso vallone oltre le chiome dei boschi e i tornanti odore di catrame lattine schiacciate appiattite rifiuti e marciume avevi adorato i cigni fermi nel corpo fosco della corrente grigiargento essi vivevano sublimi una animale indifferenza tu eri soltanto estemporaneo caso effimero fuori dalla loro assoluta contingenza 4 - 11 così sia un fatale segugio sulle tracce di animali trasparenti planano lievi dagli alberi i merli neri foglie sopra i terreni non noi nelle fratte del buio nella penombra dileguante 5 - 11 abbandonata l’antica esistenza le foglie cercano metamorfosi nei suoli se nel ricordo della sera il male si divide e si scinde erodendosi e corrodendosi e quando poi oltre i presunti corpi delle nebbie gli astri sfioreranno la tensione della fantasia nulla si sappia di conforto il bene neppure trascorso 38 6 - 11 forse il madore complesso dei modi di sempre o le felicità lineari delle guerre non chiedono al modo geometrico di una etica l’indirizzo di una quiete costante essendo la quiete un ostacolo il primo e più arduo al faticoso innescarsi della vita nel raggio di oscura potenza passeremo del tutto ignorando il passaggio 7 - 11 vento felice da est a guidare il pensiero a settentrione ha asciugato la notte cumulato le cose leggere negli antri sollevato i lembi al meridione 8 - 11 (ora solo ignoro le età della vita eppure già mi sento consumato) chiaro è quanto ti avvolga e prema il tempo della confusione organizzato in modo di lievemente sconnessi argomenti brevi perdite delle memorie citate lo stesso affastellarsi di un catalogo neppure enunciato il piano della vita dichiarato si svuota degli istanti del presente dovrai ora tentare un ripristino ridisegnare / mappe di corpi ricollocare le terre scoperte i dolori l’immite speranza in un triangolo oscuro di respiro stasera sarai di nuovo al nord col carretto degli anni colmato a dismisura di domande e non so come si possa evitare il gioco inerziale della nostalgia [nei viaggi oramai senza ritorno osservavi gli scialli di nubi irretite nelle trame dei boschi quando l’oracolo dei monti generava la pioggia degli inverni (nessuno possiede alcunché ma abbracciare le ombre è diffuso)] 39 9 - 11 ostaggio della vita si ruota nella gravitazione di un magnete illuso da minimi miracoli istituzioni quali decadenza e amore o la differenza la stessa matrice della diversità sono corrose l’infinitesimo scarto del riflesso diventa nel paragone un incolmabile ambito di alienazione dunque un mondo di illusioni se la pioggia era solo erosione del vento tra le prede sparute delle siepi eppure il corpo era nella concretezza del clima severa pungente nella risacca delle acque quasi nell’indugio dei fanghi tra i boschi però pareva ancora la pioggia solo vento esasperante grattava gli esilissimi membri di un piccolo noce tessendo un mondo fatuo di impropri riflessi paragoni traballanti analogie morgana febbrile dei sensi 10 - 11 il pieno aspetto della luna inclina sopra i vapori nella ora della assenza delle ombre nel disvelamento delle cose quando sorge nell’alba la forma delle cose [il giardino si è fatto essenziale ma nella trama scoperta non è la scoperta delle cose (e) nella scienza dell’alba passiva esse lamentano la sofferenza inutile dello svelamento] 11 - 11 la scienza stessa non sa più assaporare nel numero la intensa qualità di imprecisione il formulario ha perso una incidenza umanamente celeste e si procede nella occupazione (è profondo il colore del giorno forse alimentato da un mare lontano) 40 12 - 11 (preghiera terrena) (constatazione) personae scancellate dagli spostamenti d’aria delle esplosioni nullificate dal lampo nucleare sterminate nelle cremazioni sminuzzate nei sacrifici tribali disapparite per causa di regimi annichilite e senza narrazione maleficate personae dalle attività produttive le quali indagano lo spirito fatuo del gruppo e poi stanno a guardare la bianca litote delle mani non utili più [(se avrai raccolto se non avrai raccolto l’odissea è sempre di nessuno ma se già al viaggio non credi già non esiste alcuna odissea) neppure le ceneri delle nuove retoriche sanno penetrare il grande silenzio di tale viva pullulante ecatombe] (conseguenza) stai - semplicemente stai - non basito no medusato catturato dallo sguardo della ex pianura al cospetto della mescola umana di stirpi anonimizzate dal convulso motore del danaro stai al cospetto di correnti violentate di vegetazioni plastificate di vento tossificato di terre macellate da chimici fertilizzanti stai nelle mire di schiere quotidianamente intente nella opera di confermazione di un oramai ben rodato sistema le cui propaggini artigliano l’universo mondo le fedi in esso i credi e le discipline aliene e i tentativi di modificazione e gli altri di opposizione stai - talora - sulle ripe cangianti di acque un tempo sacre dove - un tempo - sapevi meditare e - ora - sempre più in una sfera di rarità - ancora sei inciso da fasi spaziali di estrema magnifica tensione poiché - colà ancora dalla terra deriva una emanazione di frequenze le quali te costringono a una felicissima passività di raccordo - poi - travasato oltre un confine non vedibile ritrovi gli istrumenti cartacei con cui sui sentieri gli amori cosiddetti clandestini si sono nettati con la fretta di una ragionevole paura - ora ritorni ai principi di una consumata civiltà la quale ha conquistato decisiva la smemoratezza consegnando imagines et loci alle onomastiche tecnologie figurali a retoriche ternarie a sistemi integrati di catturazione - ma se quotidianamente tu ti rifiuti così dentro e fuori il corpo in contrappasso tu (fuori dalla speranza di un condivisibile coi più contrasto fuori dalla ostinazione della convinzione per il tramite delle parole fuori da ogni anche certezza trascendente e fuori da ogni aggruppamento) ancora ascolti la pulsazione della terra e l’ordine di una salvezza 41 13 - 11 bianchi fumi ascendono il primo chiarore dai campi della fine della notte le cose irrigidite dentro i freddi sotto oblique lune e tempeste materiche di oscurità avanzi alle pendici di una vita non tua tralasci il resto o consideri l’alto dovere di una traslazione subìto il fascino di un difetto minimo lo sguardo di nessuno scivolava dal piano delle costellazioni al pianoro profondo di un universo limitato oramai vicino ridotto a fatue narrazioni di astri senza nome 14 - 11 ora è cieco il contributo dello sguardo sopra gli innominabili vige la sospensione cosa ne sai dei principi infelici delle acque la fatica vicina di una origine e l’affannoso scaturire mite è l’opera del giorno una ampia teoria del ritorno sulle orme già nuove dei tracciati inoperosi e schivi 15 - 11 scomparsi negli ordini di fumo dispersi gli atti tutti anche la terra tace ammutita e messa via subentrano i rami delle assenze esiliando forme fatue di ripristini 42 16 - 11 (descrizione occidentale) il fumo uccide si annotava nel cenacolo della memoria traendo dal vuoto pacchetto delle sigarette sotto il porfido del cielo dove andavano traversando apparsi all’orizzonte di una vita sagome puntute di gabbiani diluite pressoché della stessa materia di foschia si andava peraltro riflettendo l’alto tasso di plastiche avariate disoramai usurate frante presso frantumi di bottiglie accanto a i transennamenti da quartieri ove si compiono i sonni convulsi delle cose stoccate inoltre le monumentalità di vetrocemento presso aree ancora in questa età contemporanea per un poco non occupate però sì già saldate al futuro da picchettature di duro metallo colore della ruggine l’ipocondria spenta di erbaglia palustre ove scatta intensa tremitante la corsa di una lepre a graticci di legno si aggrappano festoni di teli plasticati del colore delle arance artificiali cedevoli sopra la non più coriacea crosta terrestre così da mostrarsi gli steli di lappole nella faglia sottilissima tra la cordolatura e il nero asfalto non si fa niente resto di resti di resti ora non prima non adesso e non mai ombre appoggiate ai corpi neppure ombre e pulviscolo neppure nulla in tali ingiunzioni di averi 43 17 - 11 la zona si offriva al campo rassegnato dello sguardo subentravano anche approssimazioni della detta vita cose dotate appena di una forma tuguri capanni ricoveri precari in un corrivo mondo di penombre - tempi delle febbri dei mormorii di sotto la eco annullata delle scale le voci di coloro giunti in visita - il paradosso sta realmente in un indefinito sempre più prossimo in un fumoso dove oggetti dislocati isolati soli rimangono quasi segni di china sul foglio pastoso senza trasparenza (e in qualche luogo non reggimentato la intesa smarrisce la ragione di un domani o la meta o quanto resta di un pensiero del possibile altro trascendenza o infinitudine) si è voltato il tempo del mistero in un crepuscolo di serenità 18 - 11 un certo male della ripetizione artiglia le pareti con la discrezione medicale di una cura condotta dalla apparente malattia di un giardino dove le foglie raccolte attorno al tronco del noce indicano altre attenzioni e primaverile un dolceamaro profumo si insinua in questa prolusione degli inverni concordi e gentilmente sollevati nella stirpe aerea delle grosse brume (hai scelto una nuova residenza domandi se veramente si abbia perduto qualcosa se la attuale realtà sia la somma inconclusa di una perdita la calda estate di due giorni fa è l’odore amaro delle viole siero colloso nelle mani dopo l’effetto di un contatto inuso) 44 19 - 11 errante una trasformazione conduce verso i fossi i mattutini animali e gli scossi alti corpi vegetali oppressi nel risveglio grondante dentro i freddi si arranca nell’arretrante cammino perché si crede a una lontana direzione giorno scialbo nel quale molto dovuto avresti fare e nulla hai fatto qualche povero pensiero alle ore un oggetto di cristallo il rumore di una caduta eri colto in un modo di insonne apparenza quando giunse frantumante un battesimo di vetri 20 - 11 il caso della notte galleggia nell’esiguo residuo delle piogge di ieri specchiando sé in una filtrazione di risvolti convogli valicano lenti il rumore discreto degli addii 21 - 11 adombramento non era tormento alla fase crescente del crepuscolo e ristava poi fino alla bruma sulle plaghe delle sorti delle cacce è un ritrovato silenzio a predicarsi tra i filari le voci si ripercorrono in rinnovata agilità sull’adagiarsi naturale degli accenti ove si apprende il filo del racconto in una molle monotonia priva di incaglio 45 22 - 11 protocolli si succedono a protocolli intanto il fumo si adagia sopra i verdi campi notturni in un complesso clima di temporali inedito cosa si possa agire in questa terra della schiavitù ricorsiva parlari omologhi si tacitano nel notempo delle ere contemporanee (ricoveri nicchie punti di osservazione alternative tenute per sé sotto i convogli panciuti delle nebbie) 23 - 11 gioco di nacchere al buio ritorno di maschere vive vivamente dentro un trito carnevale in un paese da sempre in disarmo lo stupore fermato a contenere lo schifo delle sue conseguenze 46 24 - 11 moto mai sussidiario visione febbricitante sempre come dopo i risvegli dalle grandi fatiche il foglio delle terre la concava sghemba torsione dei colli velati e la voragine grande di sotto la mente non trova riposo nell’apparire innocuo degli oggetti disposti su i coltivi per la malia quasi greve e sottile la erosione permane da forme di visioni diffuse foschie ora a tratti più folte disvelano per discontinuità la minacciosa continua leggerezza di un territorio sospeso sopra i vuoti corpi delle regioni profonde ma giunto poi nel cuore del paese ritrovi forme di ricomposizione momenti di pienezza o comprensione vivida del tempo raccolto tutto nel movimento unisono degli esseri su un totale di evi adunati tra l’infantile stabilità delle facciate e un pensiero semplicissimo di scomparizione un a fresco già visto in altre età sempre la stessa pensavi e questa rimanenza dell’antico cosiddetto sparirà brillerà nell’aria e cancellare e sparire poi riedificare le cosazioni anomale di un oggi sempre stato ne traevi - del tempo - una agonia - felice la origine diffusa di un sapere indecidibile nella noia tranquillissima dove eri seduto alla foce di un bar sotto l’insegna comune nella piazza di una imprevista elargizione dell’essere qui (il limite degli astri delle forze limite poteri limite schiere disperse rintocchi tarocchi ossessivi battito palpito di metalli poi l’infinitesimo piccolo dettaglio) 47 25 - 11 l’abbrutimento è in questo non silvano ammutimento dei campi le rocce arcaiche ma il tempo vissuto raccolto risale nello spazio dove hai ventilato vissuto un estraneo presente questo distingui nel regime delle attuali apparenze oggi larghe scie bianche tagliano la zona del celeste visibile dalla finestra rintocca la campana il modo dei mattini e avvertibile una vibrazione nelle costruzioni antiche con l’indispensabile vocalio di una lingua salvatica di consonanze brusche e strascicata (fragili scosse politiche fanno oscillare le croci dure di questa terra da sempre in disarmo un cane passa la lingua sulle nere pozzanghere su i fanghi torbidi nella aria cupa delle sere delle auto sosta sopra odori secreti e le erbe disidratate e i cementi piscia poi riprende sicuro il corso della stenta passeggiata per le quartierazioni irregolari del paese delle fetide croci) 26 - 11 la pioggia stride contro il rude elemento della atmosfera mesta ma folle va per i sonni giornata cupa bellissima di monadi ventose e strascichi di vele a ideali meridiani 48 27 - 11 l’alba trasceglieva nell’abito complesso un oro chiaro e una candida schiuma sul rigo orizzontale della ascesa degli astri diversi dopo la notte dunque una visibilità articolata nel sottomondo dove perenne il torpore delle macchine bruisce nessun reperto nessuna reliquia o resto di qualche valore tutto è stato demandato alla cura grezza degli esecutori 28 - 11 guardo il volto brumoso dell’origine colore del vino il fumo azzurro sopra i campi e i boschi la commozione varia del cielo nei giorni compresi da questa postfazione i cementi trasudano le acque piovute hanno volti forti nel madore sotto il limpido fosco del mattino soli isolati stanziano sopra le terre fumanti crude resistenti il rettilineo flesso della luce si scioglie ledendo docilmente le fissità precarie le memorie dei tempi dell’anno le fasi di arretramento un liscio sorvolare le quote dei paesi tramonto precoce della luna dentro l’abisso viola del la nube dalle cave di nebbia emergono i contorni irregolari dei lumi 49 29 - 11 la notte non ha orizzonte dunque non conosce distanza dunque annulla il sentore della profezia dunque ignora il motore del passato la notte dunque naviga la luna ignara di golfi e di approdi (indugia la sua mesta maestà nessuno nessuno conosce le note rubate al cantico tradotto da altre lingue presenza di un grande malinteso dove si brucia la falda degli inverni) 30 - 11 la grande illusione della nebbia trascinava i mondi delle immagini dentro i recinti dei giardini e gli orti ne gli astri verdi di recenti verdure (si è parlato della oscurità tra noi dietro le braci e i residui idoli di fuoco un consuntivo intorno a quanto fatto nessun crepuscolo ti orienta se pure cerchi nature antiche sonni pallidi dell’ultimo di un mese o dei tralicci la teoria indefinita né notti o giorni né riposo o forza il fermo passo di un sentore inquieto null’altro sul foglio di viaggio diario di un a bordo senza luoghi miserie vegetali ricondotte oltre recinti di passi vietati roselline arcaiche erbette nerastre terriccio tra placche di sassi e calcina (si chiude la casa di novembre) 50 1 dicembre 2003 ha sorpreso la sfuggente flessibile pallida ombra proiettata dai torpori delle ansie del passaggio sopra il muro leggera svanita sorbita dal nero del giardino ma eri tu tu eri condotto nella forma del corpo dentro allo spazio del primo tuo apparire tra l’alone oramai fiacco del lampione e la bianca parete della concretezza 51 2 - 12 dagli altopiani si mescola il vento caldo sinuoso orientale e cala sulle terre basse senza profezia giorno folle di robe scompaginate la scarpa slacciata l’improvviso tragitto fianco a fianco ai muri delle case umane il viale delle puttane le macule dei platani lo slargo della piazza del mercato odori di verdure e lordure altro macerato dai secchi gesti delle creature fino al murmure grattio della pioggia e le briciole perse sul sentiero rimani e sei ora già stato e non sarai satura del freddo degli altipiani l’aria calda delle regioni orientali travolge felice i campi delle valli 3 - 12 spiovuto da poco o poco più strada iscurita alberi passivi gallinelle nel campo sotto lune peregrine volto spinto alle diciassette dell’ovest alle arate coltivazioni della nube violacea all’equilibrio sollevato dalle streghe condotto dai vicoli alle carte celesti di una casa in rovina 52 4 - 12 era serena la terra sotto i maschi astri nudi e feroci i pugni piantati nello spazio con l’appesantimento grave febbricitante della brutalità in una simile congiunzione trema il tratto del tempo si incrina la luce si sbriciola l’accento acuto delle piche occorrerebbe una sospensione atti diversi la logica di un rispetto necessario alla oscura tradizione senza voce la notturna varietà di una lezione ma incertezze altre inducono a tacitare la giusta deviazione dalla norma 5 - 12 il moto della terra avvolge la sorgente del sole nel torpore animale dei sobborghi poi riaffiora la luna addosso una malinconia enorme e senza cause 6 - 12 il pianto ha cessato di lavare il volto il volto ricomposto dimentico ora però delle piccole necessità del momento rimane in una neutralità risentita particola di riferimento non perfettamente filtrato manca un effettivo rilievo delle cause alle quali si affidino le mani di una risalita scorcio di edificio accanto a cielo spoglio 53 7 - 12 il vento solo dischiude semi nel freddo ai suoi lati la calma di calme più estreme rimane sui giardini fioriture a dicembre artiglio precoce dell’inverno (hai camminato tra padiglioni vuoti della estate hai giocato coi tempi di queste ultime notti lunghissime) 8 - 12 sotto il metallico blu riflesso della luna e spessi i passi per tutto il grande cielo sopra il gorgo segnavi le forme delle costellazioni tramontanti col dito piantato in uno zenit mentale né pellegrini né altro le suole sull’asfalto l’erba già ghiacciata il profilo sfuocato dei monti divorati dalla oscurità quando poi si svanirà senza nulla sapere se quanto si è saputo bene o male rimanga in una viva teca in un volto sognato o nelle annotazioni fatte a margine da uno zelante nessuno (dopo) la piazza pareva più piccola abbordabile certo di quanto negli indefiniti sentori di fine estate permaneva una fluidità verso le larghe voragini dei tempi di foreste e lo spazio imminente si travolge senza rumore per una volontà di sperdimento tale la precaria edizione di un sito sottraentesi a percezioni parziali di cercatori di etiche possibili tra urla di chiusura e gli impiastri fumosi di bar nell’odore di corpi seminudi [golena universale quella scorsa larghissima disfantesi unità] 54 9 - 12 come riposi angustiati in sogni di malaugurio cerchino nell’anima dei risvegli nel voluttuoso cangiante della notte in una larga cavità fatta di bruma trasparente e serena come i fumi ascendano dai fossi le valli dalle valli nessuno lascia cose provvisorie eredità sempre complete e non casuali l’inconcluso corrisponde a quanto si è concluso (ripari sempre in edifici neutri dotati di punti di seduta non caldi non protetti dal freddo destino imbarazzato di straniero in cerca di nessuno) 10 - 12 possono valere anche prove cosiddette abortite nevi azzurre sotto la luna e dopo il suo tramonto dietro la doppia notte della nube forse lo spargimento è quanto di più fascinoso e nobile si generi dalle loro visioni dalle invenzioni dei riflessi da un corpo denudato levigato ora semidischiuso posto in una non morte situato in una non esistenza 11 - 12 uscito da una olivastra spaccatura il vento sottile tra le foglie poche e i rami stenchi nulla si ferma tutto è indifferente 55 12 - 12 natura quieta sopra un davanzale tre bicchieri un barattolo dietro uno scuro sopra fossili plaghe di muro l’erba del dicembre il tenero terreno delle piogge pannocchie sgranate stoppie nere l’uccisione protraentesi degli alberi rami e cortecce ammucchiate nelle acque la troppa precipitazione dello sguardo cosa significhi isolato un ohhh dilatato nelle scorie di un pensiero isolato l’altro muto restare dell’impercetto come si compia nella uccisione il trauma dei boschi le fioriture delle foglie morte sono le dense brine del gennaio spesso sopra i terreni duri della povertà 13 - 12 si fosse un sordo sospiro un canto riscosso da un lavoro di niente o corpo disposto in diagonale esposto al riflesso degli sguardi senza morte o vergogna o dignità indefinibile radice o spoglia deforme da un sogno evocato di passato riflusso sempre di un oggi precipitosamente proteso contro sé di giorno in giorno trascorrono pensieri tentazioni di sfinimento rilievi di una forza rinnovata nel compito impervio senza premio sola una data là sul calendario di ere non arate soccorre talvolta un tentativo di trovare leggi patti per evitare il modo delle discipline (si sbilancia la nebbia nel falso corpo d’ora) 56 14 - 12 accade a queste verginità messe all’incanto vilipese svendute giovani volti soli vergognosi uomini no grandi bambini assonnati illesi temporaneamente e ancora illusi pallori estremi su facce mormoranti passivi stremati sfiniti camere ombrose di pulviscolo unito al fumo delle sigarette oltre le palificazioni e le reti esistono gli altri innominabili invisibili terra uguale e divisa (nessuno rammenta più le coalizioni ne deriva un rischio più esteso di evenienze instabili episodi letali in verità la luce del confine lingueggia povere mani dentro a poveri corpi con un balzo i cani superano trincee fiutano i terreni rilasciano spruzzi di urina di estranea adattabilità) 15 - 12 vortice di foglie la svolta all’angolo di vento nei crocili le code soleggiate delle piche c’era già dunque nello sbandamento dei gruppi aggrovigliati delle nebbie cupe il profilante giorno aprentesi allo sguardo e va lontano lo spazio nella alta primavera di dicembre 57 16 - 12 nei cammini dei solstizi sbocciano i fiori del freddo alle albe dei loro territori corvi cercano l’est e nei tramonti vividi tornano alle veglie dell’ovest nei cammini dei solstizi nell’inutile tragitto di un’ombra nascondersi allo scaturire abbagliante di un pomeriggio svelato salvo tra cose vicine rivedute e non corrette quasi conclusa la fatica leggera dei colloqui senza passioni il tramonto scorre nel crepuscolo calmo delle cose senza passione giovinezza ineffabile e tardiva 17 - 12 poi solo cose appena proposte sfumate ma leggermente inazioni di ombre voli sopra i boschi bianchi bianchi aironi ritorni dei morti il rosso dei rami dei salici murmure suono della immobile terra 18 - 12 forse lasciato abbandonato momentaneamente le cose irrorate dal giallo melmoso della lampada conversano ora semitrasparenti poi scompaiono temperate dagli ozi della fine dei giorni le vite lasciate riaggallano tra le pieghe o sopra tavoli sommessi le tazze il bicchiere le voci giungono nei vuoti docile felice malinconia di punti dove si svolta verso campi maceri povertà del libro delle voci isolata e restituita all’ambito delle solitudini 58 19 - 12 nell’ora della paura senza consolazione sotto l’ultima germinazione del buio sotto il primo oneroso pronunciamento delle ali nel liscio pertugio di un crepuscolo invano 20 - 12 tracci il segno del tuo tatto il punto forse non coglibile nel quale gli esseri cominciano a entrare nella morte senza oppressione sciolta la tensione della esistenza 21 - 12 gli anni lo spazio comprendi il tuo essere stato mutevole e passeggero teatrino nelle quinte dell’alba la nebbia piove il giorno non si sveglia essere in atto aprirsi faticoso nel moto difforme di un locale universo le terre nere ascendono al diagonale effetto dello sguardo 59 22 - 12 correnti deboli screziano la atarassia degli alberi rimando a mosse preventive scosse negli angoli protetti spento scorticato il modo dell’esistere la qualità del tempo nella cucina fredda un bicchiere un foglietto appuntato smisurate proporzioni dell’infinitesimale 23 - 12 tu non hai chiesto questo tempo opaco né sei stato richiesto se ci pensi (scrivi alle pareti dell’alba nel vento occidentale nessuno i maestri rimangono inuditi o tacciono o sanno l’inutile velo della conoscenza oggi nel solitario volo di un uccello il puro cielo era vasto poi è accaduta una opacità uno spasmo di luce e poi lo svelamento del sole (così nelle celesti radici dell’alba un volo solitario propagava ovunque il pensiero di una ampiezza immisurabile) 60 24 - 12 hai annotato in una zona di distrattissima attenzione un dato empirico corroborabile no là dove ieri avevi liberato / lo spazio da un ingombro di cose da buttare / ora riposa una sedia quasi il luogo o altra volontà / chiedesse occupazione nudo forte lo stilo di un albero erba asciutta frusciante sotto il passo astri verdi nessuno senza suono unica udita una presenza tra gli arbusti grovigliati grandi case dormono affondate sotto il volo puntuto dei gabbiani 25 - 12 ancora la stanza sa di notte dell’alito degli astri delle brine dei suoli acuminati dei cammini spirituali dove episodiche si scuotono le azioni senza ferire mai ora la vita si è matematicamente ridotta il passaggio dei giorni si stria del sapore impreciso della morte solo l’alone della presenza a lato a lato dei coloro ai quali non si è dato a sufficienza e forse il tardi somiglia all’assoluto i canti delle donne spolpano il frutto degli inverni 26 - 12 i cani stemperano la distonia dell’insieme separando i guaiti nel vento trasparenti i voli degli insetti sedizione di polvere d’oro i cani a volte la pazienza loro infelice è il dono più grande le acque hanno appianato questioni differenti tra terreni si specchia il fiume nelle candide sabbie dei morti 61 27 - 12 tono freddo dell’oggi da maggio impazzito coltre vellutata incertezza dei ripristini non conosco la natura persa della nube il limo della materia la cortese adesso disposizione sopra il giardino nella cadente ora e un principio di parziale profezia nel perenne participio del confine hai confrontato un patrimonio di dolore col carico degli altri indifferenti ma non eri nella verità né sapevi impossibile il confronto tutto ritorna a nulla una ipotesi il nulla soltanto inutilmente continua la terra a fare sorgere il sole 28 - 12 lascia crescere l’epidermide parca del giorno sull’altra metà del volto del giardino il complesso esito dell’ora collega gli elementi fondendoli in un tono pacato azzurrogrigio sopra il corso delle acque e le sabbie poi l’alveo dove preludiava ma presto il tramonto ascoltavi la vita dell’ora nell’effetto complesso di distanza 62 29 - 12 (per un ordine della risposta / dedicato) piove dentro un cielo flaccido neppure febbricitante sopra la fragile perversità di figure apprese attorno a grumi di abitudini un volume di tocchi di tristezza organizzata nelle forme di ripari poco sicuri paratie malchiuse rugginose da ieri la consegna di un aspetto dove si è sciolto l’amalgama della ora placida concentrata nel feltro azzurrogrigio di un tono unificatore le ultime notizie non parlano di nulla noi non siamo noi non esistiamo la vita è venuta a mancare in un circolo vizioso dove cieca presunzione non ha proposte di varianti siamo qui per arrivare alla fine a una fine soltanto si assiste sempre a addii di età di esseri epoche non più fatti non più esseri non più niente solo il romore calante della pioggia senza tempo così siamo ampolle sibille barbagli e più si accumulano feste più la tristezza prende nel centro del corpo e si fatica a metterla da parte a questa civiltà manca una risposta manca una voce consapevole di offrirla cioè una vera consolazione un modo vero per comprendere e donare quelle proposte troppo dirette troppo troppo lineari e dirette e senza profondità non l’avere e neppure un tale essere la insufficienza stessa della quantità la quale non sa trasmutarsi in qualità alla nostra civiltà manca dunque la parola (questo è quanto) esitiamo e esistiamo in ciò si colloca la perdita non netta ma gradualmente inesorabile della direzione e della meta a questa civiltà manca la densità della durata la precisione della disciplina senza opera la vanità stessa del compito eseguito manca l’aria flessibile della quiete il riposo della inquietudine nel travaglio amico del pensiero a questa civiltà manca la risposta poiché non sempre si può risuolare la domanda la medesima sullo stupore monco di giorni troppo maturi di vuoti poiché se si pronuncia si è occorre essere e non abbandonare 63 [negli alti cimiteri dei rami oscillano smisuratamente poco le ultime spoglie l’aria degli oggi innumerevoli tortura i siti dei definiti sonni carcasse scudi molli dei fanghi muschi rinvigoriti nessuna abitudine è ammessa nel vigoroso modulio sopra gesti sussurrati da segnali elementari come forme ora adornate di un bagno di tristezza evocata dai congedi fumosi volti che non più rivedrai mani sugli schienali abiti del colore perso di una notte specifica attribuita a altri e reagiva così quando a metà di te stesso eri non ricapitolabile non riassumibile ma quasi chiaro e lineare dai tortuosi cammini dei solstizi] [ la carestia è un modello di possibilità forse non tanto estreme esistere tra gli esseri erosione corrosione corruzione emenda quanto puoi se puoi di quanto hai fatto agli altri gli orrori quotidiani e le parole pronunciate contro / il cambio giunge imprevisto sibillino traccia di un barbaglio o la tortura rapidissima di brividi e sudore questa la risposta il tocco appuntito acuminato della rovina qui non esiste bagliore o brillanza 30 - 12 l’illimite del mese mostrava il limite di sé adagiandosi smagliante nelle coste (non immagini nulla dopo le superfici non hai visto paesaggi non hai sentito cose o predato le regioni degli altri non hai amato nessuno forse dimmi ti amo un’altra volta come ti è accaduto nel sogno dove buono non eri dove anche la bontà segnava il passo neppure forse la morte dirà la cosa non il segreto la cosa la quale si presenta ma non si fa scolpire lo sconfinato oggi l’unione col no limite la pressione perpetua dei differenti ritmi 64 31 - 12 i giorni esistono non esistono i mesi gli anni gli anni non esistono esistono le stagioni e le stagioni si rinnovano nei giorni trovando accoglienze felici laddove altro sarebbe richiesto dalla cieca previsione degli uomini stamane mi sono svegliato o piuttosto sono stato condotto alla veglia da un ritorno obliquo di parole intorno al modo solo uno tra i tanti il nostro di approcciarsi alle cose sconosciute una sorta di aggiustamento una immatura sempre metodologia così riportato nella breve insistente memoria del mattino di questo mattino nebulizzato e poi deciso nella pioggia nel suo volgersi invisibile alle ombre di un sempre già tardo pomeriggio quando altro nel prosieguo è intervenuto pensiero o semiconsiderazione su come si apprenda non si è allenati a comprendere quanto attende nella mobile onda degli eventi possibili poco si è ammaestrati e impreparati molto agli accadimenti sempre una unica volta una unica e prima volta nel corso iniquo e sdrucciolevole dei giorni senza ore di cose senza contorno di sprofilature diafane o accecanti ho pensato alla possibilità di un progetto di pedagogia realizzata sulle pagine di un libro a venire successivamente ho accolto le seguenti parole ( : ) aggiustamenti meticci quando si tenti di penetrare la cosa e l’incertezza si protende oltre il corpo oltre i confini variegati delle linee di definizione eppure si propongono placebi con insistenza quasi si conoscesse il groviglio il garbuglio del protendersi (il nostro) e le modalità di uno scontro - respiro tuttavia un incrocio di felicità il terreno dove cresce l’erba del prato è molle e in esso gli escrementi del cane si accomodano presso i tronchi lacrimanti e neri ( : ) unica pedagogia un personale cercato esperire in una orbita di dopoconsapevolezza nella ostensione sul corpo nel contatto diretto del pensiero nei giorni nelle ore negli attimi di turbamento tra un bicchiere e una sofferenza questo è quanto ho appreso assieme alla solitudine fertile delle pagine approfondite in solitudine e dimenticate e riprese in un dialogo a lato ma a tal punto fervente da porre sul piatto delle bilance un tramonto appuntato alla vita e un vento viola conduttore di distacchi 65 non ci sono programmi neppure indicazioni se non le casuali trovate nelle cose di riporto tra le strane atmosfere delle crescite in uno spazio vicino e sconosciuto il locale abbagliamento nei rumori delle vacche nelle stalle gli odori stantii delle carni la fine della vergogna e un dolore irrisarcibile privato del peso dei ricordi cosa siamo non so talora pare la vita tensione a cui la morte offrirà soluzione poi le particelle di noi troveranno occasioni di non atteso molle ottundimento non c’è ascesa o discesa il mondo si irretisce negli spettri degli esseri umani con ampia innocenza e ignoranza ma quanta speranza se non esistono gli anni se i mesi non sono nulla se il mondo dei giorni si abbiglia di tutte le stagioni (si chiude la casa di dicembre) 66 1 gennaio 2004 il canto della primavera germoglia in questo giorno del poi caduto umore delle nebbie il tepore si posa nei corpi titillando l’inerzia dell’essere e pareva oscurarsi il settentrione 67 2-1 siamo sempre ancora alla frontiera la frontiera non è stata superata (i.j.) i fiori non hanno nome i nomi sono nella ignoranza presuntuosa degli uomini non so nulla dei fiori non so nulla dei nomi mozziconi di parole indugiano nell’ora della corrente discesa da lontane latitudini generate dalla luna le ombre degli alberi si fondono sopra i sentieri radi del magma della palude gelido il vento nell’universo transitorio e traballante 3-1 luna nera sole spento fiato disarmonico di oggetti senza luogo 4-1 alle spoglie degli inverni c’è un istinto dell’alba nel medio giorno ancora (il senso di cumulo degli anni di cose di fogli cose accanto a cose e senza nulla rimangono illusioni intorno a quanto fatto forse nei tempi delle nevi quando pareva arretrato il processo del giardino la meditazione del prato la statica degli steli e i cieli articolano la legge del tempo il calicanto fiorisce oltre la pallida continuità delle cronologie 68 5-1 hai perduto le età nelle memorie nelle fuggevoli esitazioni dell’attuale sei nel registro degli archivi vecchi occhi non hanno per te quelli nuovi 6-1 catturata dalle reti della oscurità la pallida illusione dei lampioni si smarrisce diradandosi nei prismi delle nebbie (sprofondavano i piedi nella mota impronte d’altri alimentavano sorgive lussureggianti alberi e il silenzio invece là dove incisi nel canto coi velluti delle lame muti uccelli giacevano sui tavoli delle anatomie il candore delle vesti anziane ventilava l’afa delle rive forse ti eri sbagliato e quelli appartenevano ai vivi e tu solcavi le spiagge dei morti) (al di qua del tuo sogno spaventoso nell’attesa di un dopo inarrivabile ne i terreni educati e neri fioriscono le verze tra i ghiacci e le brine il fuoco si rannicchia sotto il ceppo e parla) in giorni simili le distanze ove l’ansa franta delle nebbie è uno spazio liscio quasi neutro solo solo prossimo lontananza ma vicina dove i profili delle ore possiedono la consistenza di giochi di ombra sulle tele tese di una notturna apparizione poi il crepuscolo dilata le origini ancora di una sera notturna e i modi rinnovati del suo posarsi inerte (nei tempi delle more nell’onda dei rintocchi da paesi immaginati non sai dove andrai se avrai altre forme e nomi altri recheranno insegne tardive delle cose) 69 7-1 [siede fedele tra le cose tue la paura compagna delle carsiche linee della vita (pacifiche maree delle notti si ritirano dalle sabbie viola di gennaio)] dovremmo essere gentili col corpo della terra scorrere trascorrere leggeri e senza voce essere solo ascolto nel volto del cielo numioso sfiorare i suoli verdi e le brine e le pallide membra delle acque essere essere docili ai mobili cambi dell’aria poi declinare senza rumore alcuno ai lati di orti senza nome (immatura e fedele la terra accoglie un’altra vita) 8-1 la mia già vita marcata scorre accanto alla tua indefinita ancora la stanza resa opaca dal medio colore di una data scadenza la febbre passeggera le presenze ormai si sono fissate nei luoghi stabiliti nulla del loro antico spavento 70 9-1 la nebulosa blu del crepuscolo giunge fino al prossimo apparire dei prati prima del ciglio nero della strada nel fondale della dissolvenza l’adombramento dell’ora entra nella camera non tua dove pure hai deposto cose ritenute appartenerti senza vero diritto o possesso o proprietà tra breve le mani scioglieranno nel buio gesti ciechi cercheranno una consegna alla avidità di questo corpo in questa ora dalle derive opalescenti di un prima alle pendici della cosa che sei tra cose e nel momento di un primo leggero spasimo di cedimento nella apprensione più franca del momentaneo e rapido fluire sul bordo della cosa che non sei nell’indugio di un cauto riapparire la luna ulula graffiata dalle nubi 10 - 1 qui dove sei giunto oltre il bordo sfilacciato fosforescente della nube la sosta si è pulita nessuna implicazione natura senza mistero corpo alla deriva e nude le figure delle cose e il puro gennaio luminosità così poco incline agli inutili ornati agli eccessi non geometrico piuttosto sottile nel mostrare la radice semplice delle cose l’essenza di ogni maestà l’esercizio immoto di continuità sotto il crollo della nube apparente sopra il fresco prostrarsi delle erbe nel massimo tormento delle acque imprigionate 71 11 - 1 la notte si è chiusa in questa tarda mattina il rotolio del fiato bianco dei terreni migra lentamente sulle erbe le ulcere dei lampioni si placano si schiudono le tristi settimane della consapevolezza di te i manifesti grovigli del sottobosco là lo scricciolo ripara senza sicurezza e nell’alone del volo prima delle evoluzioni i grandi aironi indagano i terreni 12 - 1 il giorno è entrato nell’ombra si è inoltrato nel fosco di una luna invisibile nella magnetica cupa materia di un largo presente ora sovrastante e sopraggiunto le immature timide apparenze di prima giacciono svendute 13 - 1 alla fine rimane la cosa in un poltrire sfumante come te alle semplici decantazioni di gennaio atono tenace (sovente i diari amerebbero spaziature di bianco e non vergati dalla noia di forzate inclinazioni a colmare i vuoti dei giorni con vuote annotazioni intorno a false verità rimarrebbero dunque nelle pose di allora) 72 14 - 1 non vuoi nulla ma neppure appartenenza scegli il circoscritto labirinto dei protocolli geometrici del giardino passi le dita sul croccante lichene qualcuno sempre veglia su una stabile sterile insonnia indocile ansia proveniente da una età non vissuta né recata dalla nostalgia pagine di altri parole di altri i loro propri gesti ti appartengono se per te hanno valore e comprendi la realtà di un solenne discreto anonimato la nebbia di gennaio reca in sé il bianco colore del limpido nascosto (nella zona della descrizione un mormorio ora ottundente di pensieri) i corvi neri frutti degli alberi essenziali posati sul piombo dello sfondo nelle semplici zone di confine delle descrizioni) 15 - 1 ti saluta lo splendore del giorno l’impronta primaverile di una azione qui nella tua vita mutata il vento ancora il non cronico vento sopra corpi magri sopra voci affilate sotto il prossimo sparire della nebbia si spostano così le fiabe della luce sopra le rame vuote del giardino e una intenzione lontana dello sguardo la inattesa primavera di gennaio apre a profumi della nuova età si struscia sugli antichi strumenti i secchi amenti dell’acero il silenzio l’odore dell’abete il barbaro viaggio della nube l’acqua padre madre la terra (il giorno complesso ti confonde) non dormi col vento e io non dormo mai forse questa l’esistenza questo l’irragionevole sempre vegliare 73 16 - 1 lascia qualcosa al ritorno qualcosa recherai dai tuoi cammini delle bufere l’incolpevole atto il fresco disperdersi dell’aria (scrivo di te naturalmente mentre altri dormono sfiancati nelle stanze malsane scrivo di una condizione sperperata la nube trapassata nei varchi dalla luce e quanto sia trascorso finalmente non si sa 17 - 1 là non c’è niente ma è proprio un tale niente ad attirarmi (un giorno queste terre salperanno scioglieranno gli ormeggi distruggendo felici le nuove divisioni accadrà sotto il protettore disincanto delle notti gesti intimi intensi covati nelle prigionie) 18 - 1 esci nel vento da oriente nel rovinoso felice mutamento verso lontane sezioni di equinozi tra i tronchi rugginosi e le armoniose flessioni del bambù sopra i cedevoli fanghi attraversiamo noi stessi con la assurda malvagità di chi si pensa immortale è tutto inutile vano e inutile e tutto così privo di tutto 74 19 - 1 come reliquie di perse retrovie la vita corre e perde le memorie come la invisibile sutura di una origine è nel chiarore boreale di una notte mai completamente dischiusa (quando si è finiti nelle secche della vita non c’è più nulla da fare se non aspettare le maree o altro) 20 - 1 nel campo della legge la alonatura delle precisazioni rende difficile ai labbri la promessa la provincia del diritto conduce al tramonto delle utopie rimane il corpo ulcerato da paesaggi sopra cui volano gli uccelli spazzini cosa resta da fare in questa esigua eredità in un deposito di polveri infedeli nella ruvida rete delle rame tra cui traluce un tramonto senza nome l’acqua cade ancora nelle eque fatiscenze dell’essere poi sale nell’invisibile mattino delle gocciole si fa meno acuta la sofferenza si trasforma in piacere la rinuncia 75 21 - 1 lo stesso zelo negli eccessi è modo per trovare una qualche linea di sicurezza nel campo spaventoso di un’alea sconfinato le domande si rilasciano nella esitazione di una laguna bianca isola di carne nella carne liquida della laguna anima o i frammenti di quanto si era raccolto somministrati e poi buttati via con la vergogna di chi ora crede di avere compreso 22 - 1 chi chiama chi chiama chi chiama senza alzare la voce nel movimento delle lucciole la pasta fervente del profumo violenta dolcezza dei sipari pomeridiani poi notti brevi dilatate oltre te vacillando nel mondo degli altri accanto al quale hai posato le tue cose la polvere nelle mani persistente chi chiami con crescente desiderio l’acqua della notte si scolora non c’è principio e non c’è fine quel mondo era già questo mondo fermati se puoi alludo al canto noioso dei presenti dimentico troppo dei presenti istanti (le erbe alte dove nuota il corpo sotto la sferza dei piccoli graffi poi gratti il primo strato della pelle fino a quasi segnarla col sangue togli il male facendoti male) 23 - 1 quando poi giunge la neve il frusciante silenzio del flocculio calmissimo torna la nostalgia del suo profumo antico 76 24 - 1 (dedicato) quiete pascolavano le isole come sempre e un bastimento sorgeva all’orizzonte (c’è un modo diverso per sapere diverso dal dovere avverso delle semplici virtù quotidiane ) hai camminato accanto alle tue orme (c’è un passo non veduto oltre il quale nulla importa e se importa è irrisorio il corpo di qualcuno il mentre dell’ultimo ruvido la fioca spremitura da un ardore velato) ti prego non andartene non andare ti prego ho ancora bisogno di te della tua vita sopra la mia vita 25 - 1 i pensieri hanno lingue di gatto scorticano ruvidamente e a lungo il corpo della mente pensieri lingue di gatto tra i fossi le acque nere inattingibile follia della generazione 26 - 1 ridevano i bambini nel gioco estemporaneo di liberare feroci la rete dalla brina la brina disfacendosi fine in una polvere fine ricadeva albe crepuscolari malate ingialliscono nella fine del pomeriggio 77 27 - 1 in questa totale notte torbida (vita colma di merda merda colma di vita) il ribaltamento degli equilibri ha provocato conseguenze onerose aggravi quasi non tollerabili accrezioni passavi nel quarto di esistenza presso i cosiddetti capannoni e qualche roca voce di rana e terre ulteriori e un ringhio di cane forse magari mormorii di fantasmi smarritisi dove nulla è più come domani e domani galleggia sopra fatui fuochi dei morti in questa notte totale spaventosamente e profonda 28 - 1 (il miele del sole maculava l’asfalto sotto i grandi platani nell’ultima feria dell’agosto alla fine e sapevi qualcosa del luogo benché mai lo avessi visitato e qualcosa il luogo sapeva di te e invadeva una grande nostalgia senza contorni di una cosa accaduta forse mai) cosa rechi dunque con te in queste cupe meraviglie di riflesso passi di altri rumorano o semplicemente i tuoi passi in una eco riascoltata ma tuoi e la speranza di un modo altro dell’essere qui senza tramezzi davanti alla follia di una maniera d’essere che sei non siamo d’altri spesso però tra tanti corpi e luoghi e tempi forse (l’universo è passivo e non ti vedi allo specchio) 78 29 - 1 non sei ancora vecchio e ancora non ti appartieni (fuori le nebbie traballano le lavora le costringe turbandole incavandole il vento lento e forte in questi addii normali naturale permane un cenno un contenuto vuoto e non riempibile guscio trasparente permeabile invisibile e ostinato lì una domanda priva di parole soluzione seminata all’aria l’infanzia il paese del dopo) 30 - 1 si incanta l’aria nei piccoli cortili invischiandosi nei teli trasandati ti allontani quando pare ti colga la cosa cercata la parola quasi volessi disimpegnandoti dimenticarla e spaventato scegli l’abbandono penso al fragile incanto di un corpo alla debolezza infinita e nessuna infinita spumosa marea lo protegge guscio di tutela o lontananza quanta infinita dolcezza e debolezza il corpo che siamo 79 31 - 1 dagli alti camini il fumo si allarga sfilacciato matto indeciso gravita sopra gli oggetti cadenti più in là dove sbrecciato lo stradello scava malamente la natura della sera gli aironi riprendono il volo contro i lampi lontani le sagome disegnano ascese diagonali dalle acque nere la tenebra è violata da un rapace silenzioso luna sottile di gennaio combina notturne alchimie e il muto spostamento degli oscuri predatori compone fumi dai camini alti il peso cianotico della atmosfera (si chiude la casa di gennaio) 80 1 febbraio 2004 oltre le porte dell’abbandono i lavori del giardino possibili corrispondenze e tu in altro luogo non sei nello zaino sogni divenuti realtà recitazioni richieste a pagamento note sottolineate intorno all’arte linee grigioscure sotto linee nere hai posto la questione al tu riflesso passa tra le fresche acque piovane una corrente di mesi primitivi sabbie polverose sulle rive dall’alto dei meli lo sguardo vagava i lagrimosi mattini dell’ottobre le giornate ora soffrono la anestesia bradicardica del pomeriggio più largo le terre cretose si rassodano mostrano zolle sotto le pertiche lunghe delle ombre prede contese tra rapaci e spazzini sfiori le carni invisibili del tempo e ti ferisci appena 81 2-2 la morte si colloca come termine alla possibile indeterminatezza di una resistenza degli anni in altri dunque di un prolungamento indefinito della vita oltre il dato puramente burocratico della constatazione della morte in quanto valutato non si pretende risieda alcunché di consolatorio essendo la consolazione un modo vano di tentare l’impossibile ritorno poiché una assenza è tale e non ha vicariato vi si intendano piuttosto riflesso o resto quali echi concreti di una esistenza ove a contare sono battimenti e alonature 3-2 il corpo lascia una calda impronta (la questione delle presenze non è così definitiva o deleteria esse sono in te semplicemente torni ad occupartene diciamo a evocarle semplicemente per bisogno ci si occupa degli altri solo al momento opportuno o forse sono gli altri a disturbare) in tanta fragilità meraviglia l’energia in tanta precarietà la speranza delle semine 4-2 le stanze accolgono il fluido calmo del tramonto covandone il trionfo momentaneo poi scivola febbre sottile nel buco protettore della oscurità dunque l’incontro è finito il saluto un congedo non voce suasiva ferimento senza sangue il pensiero si produce nel dolore 82 5-2 l’orrore corrodente delle feste il cupo volto delle ricorrenze non ha più influsso sopra questi giorni paziente e lungo gennaio ha scavato un lungo vallo munendolo di noia ora corre febbraio sopra i mattini bassi per lo straniero ovunque e conosciuto di fronte un tramonto di luna segnata dallo stilo dei rami neri basso un accenno di condensa l’intera calotta del cielo pulito tersa quasi 6-2 poiché non hai composto parole d’amore forse non hai amato dunque non hai veduto il corpo riflesso nel corpo dell’altro dunque non hai amato te stesso hai reso sterile il talento della vita pretesto solitudine piuttosto sottrazione la luna ha campo grande poi si arrende al modulo tedioso delle valli basse 7-2 era alta poi quando sono cominciati i luoghi delle nebbie soffocata da una alta leggera nuvolazione violacea da quelle parti le terre si modificano tra i sinuosi volumi dei due fiumi lontani ancora dalla confluenza tra nomi riferentisi alle isole disciplina della disobbedienza 83 8-2 la luna scorre via sulla linea irregolare segnata dallo scuro semiaperto e scompare lasciando alonature sulla notte della stanza i padri se ne vanno i figli lo sapevano da prima hanno appreso da subito l’arte di arrangiarsi in solitudine (frasi inneggianti a cambiamenti /movimenti inneggianti a mutamenti) l’aria è bagnata stamattina gli amenti verdechiaro del nocciolo grossi presi da una smania di caduta nebbia sorride alle aperte stanze 9-2 subentra la cosa altra nei pressi della morte oltre lo strato minuzioso sottilissima crisalide appena di crosta la terra molle confonde il passo accogliendolo tenera emanazione del cielo e della terra il monte reagiva al loro incontro in forma di velata consistenza nel cuore visibile dei ghiacci e poi la cosa qui è così disperatamente lontano passata la cosiddetta mezzanotte ma quando si è svegli non esistono linee di confine e i giorni un perdimento unico piuttosto una stasi senza soglie perdutamente perdutamente sciolto verso altri boschi 84 10 - 2 oltre le spoglie stanze del mese scegli i doni della indigenza campi arsi dai freddi dei mattini bianche brine dalle notti lunari il vitreo acume del sole contro gli occhi eppure i cani su i prati secchi i pomeriggi quando cresce un polpastrello di tepore si allungano e dormono nella forgia profonda degli aromi 11 - 2 viviamo d’ombra esistenze vane vanamente cercate lungo linee di un orizzonte ingannevole là i neri corpi dei cani scivolano sulle superfici della notte (quanto a lungo dura il nostro desiderio degli inverni nei fuochi delle potature secchi rametti dei nostri pensieri) 12 - 2 fumosi giorni di puntigliosi freddi gli amenti piegano confortati dal vento inscenano passaggi solitarie sollevandosi le nubi 85 13 - 2 (i cani corrono verso gli spazi scuri verso le cose invisibili agli umani pende latamente una cosa da altezze infime sopra i proni corpi aspetti le cose di sempre) 14 - 2 ti ha detto (:) le povere cose ma vere trattienile solo con te un orto coltivato nei mesi senza luce un muro graffiato da dita di bambino cose di intensa incidenza intima forse anche di autenticità 15 - 2 il mare era calmissimo e silenzioso e le isole esso sconfinava nella madida foschia senza distanza verso dove scomparivano i battelli (altrove(:) il vento spinoso di febbraio le sue regolari anomalie gli istanti solitari degli aironi bianchi leggere le lepri sulle zolle e i fossi e le putride acque 16 - 2 (dedicato) ce ne andiamo liberati dallo spirito del mondo così negli interni degli ultimi mattini delle nebbie così avvolti dai sudari estremi nelle piaghe marginate dai giardini rapido scompare l’ultimo tepore della notte nei risvegli delle ombre vagabonde 86 17 - 2 nomi ripetuti vanamente vanamente soffi nei casi di una guerra inoperosa forse bianchi tormenti suoni della paura il pensiero appoggiato al callo della luce cartigli di temperature date concentriche di anni spaiati poi ti sollevi cammina cammina la tua fana illusione (lo scialbo pomeriggio intuisce i ritorni sottratto all’area della nostalgia) 18 - 2 un cane abbaia nella quinta del mattino perimetrato dal sabbioso istituto di un orizzonte di oggetti e rumori in una sede parzialmente protetta illusioni raccolte nelle teche blande inermi straccetti campanellini di argilla trombette statuine la paura cresciuta negli anni immaturi (quando crescerai mi rimproveri) il dolceamaro sapore di un confabulio così fraterno in fasi di lata dissipazione medagliette di metallo senza pregio fiori tra pagine di ieri capelli raccolti in un nodo di filo umide maschere da carnevali il territorio improvviso dell’aria la tormenta inscritta nel lampione strane miserie il balcone delle cose di là 87 19 - 2 componi un catalogo delle cose perdute (bambini i bambini e le altre faccende di ieri le dita ferite i piedini se non torni per tempo) dunque è questo è questo ritornare indietro ma il passato il perduto il respiro troppo largo di pareti dove ancora gli oggetti sono ombre appena diffuse alonature componi un catalogo delle paure perdere lo sperpero riverbero riflesso ottemperare a una legge ignorata libretto di risparmio con le cifre un pupazzo di pezza la finestra di luce il temporale il sacrificio dei corpi l’etimologica fragranza del perduto questo presto non tempo no le cose piccoline bianche camicine stirate di lino pronte al tatto smarrito e non più le stanze non vuote neppure riempite però gli echi di oggi riflessi di voi di ora sfuggite questo non tempo no non presente componi un catalogo delle intensità di oggetti annotati in una assai privata gerarchia mani strette durante l’accompagno non c’è compensazione alcuna e mai equilibrio nella densità spirano da nord tormente di febbraio (parlami della paura delle interruzioni de i compiti sostituiti con falsi giochi così capita di dovere rivedere e correggere e manipolare la infinita vergogna costruita) 20 - 2 odore di dolci fritti agli angoli dove il vento batte dopo la linea bianca delle maturazioni l’attraente compagine del macrocosmo cinerino in questi autunni lontani primaverili autunni boreali dietro la linea bianca sotto cui avvengono le maturazioni 88 21 - 2 frammenti da un tempo migliore non ce ne sono qui il tempo è circoscritto inserito tra cornicine e cortili coatti sovrastato da i passaggi delle perturbazioni opulente rapinatrici guardate a vista dai becchi delle cornacchie sassolini figurine hai così modificato la quantità nascostamente affinché non attribuissero a te il tentativo sbagliato 22 - 2 a tanta imprevista abbondanza nelle acque succederanno siccità di anomalie parla di cose perdute non perse dice il confine della tua infanzia altre morti di tempi inabituati più in là non vedi nulla (o non c’è nulla almeno) ascolto la pioggia il respiro profondo di lei il valore profondo di quanto non conosco 23 - 2 nell’ordine dei contrasti di questo contrasto il chiaro lo scuro il vago e l’indefinito il morbido il vellutato racconto di cose accadute l’oziosa siepe degli eventi accanto col sovraccarico di note stese a lato un margine di veli il primitivo impulso di nascondersi l’aspro rude l’acre lo scabro l’acuto il puntuto si insinua l’arte della recitazione dietro vetri di condensa e nel risparmio incolpevole di avari insensati tesori 89 24 - 2 parole dai silenzi delle alture conversazioni nel profumo di un tè presso mani generose poi di nuovo si va controvoglia a tentare le cose non educato sei scialbo sotto le acque natura della tua condizione quasi unica oggi e quella fosse solo solo una metamorfosi come nel mezzogiorno tramuta sé la neve in pioggia poi la pioggia in neve giostra rapida durante la caduta nel mezzogiorno qui dove pure cadendo si trasformerà 25 - 2 alle porte dell’est si aggrappano le brine malinteso disagio la stessa scansione tra essere e essere insita nella definizione di quanto ha subìto nome di tempo se sentissi di essere tempo non avresti paura ne subisci descrizioni rumore di margini colmi di quanto dai centri è andato perduto camminavano a lato sonni fossili de i capannoni costellazioni di umane luminarie (estetizzante negare il tempo filosofico affermarne l’ignoranza) 90 e le 26 - 2 credo non ci siamo intesi in questo (temete piccolo lo sforzo fin qui agito e questo resto è enorme e non ha peso è neve bianca e fredda di febbraio la breve neve di un inverno intimorito) 27 - 2 contro il giallo della notte i paraventi degli scuri hanno scarso potere e le stanze qui non è luogo per anomalie le gazze vestite dell’inverno gli aironi gonfi compatto e dolcissimo un livore dopo il ciglio della strada oltre sagome di china lo spazio chiude la distanza molto presto in una calma azzurigna di fondale migrano gabbiani lontani e trasparenti nere plaghe tra chiazze e strisce bianche le cose tutte intrise di cielo i campanili filtrati dalle nebbie le docce dei tetti i luoghi più soli della buona solitudine poi misteriosamente ha preso a nevicare 91 28 - 2 l’opacità possiede nei bui il capace impulso di un baluginio la vita delle cose creduta inesistente la vuota materia invisibile e tocca discreto ti sfiora il polpastrello del tempo ne ignori l’azione recando lo sguardo al fondo confuso e dimentico dimentichi il cielo degli antichi poi giungi nei luoghi della confluenza e ti stordisce il silenzio del caos proclive mormorio di verità come si dice pispiglio di fantasime correzioni sciolte nei chiarori e mai capitolate se mai accada un indizio nelle azioni di poi (caro amico la nostra vita senza dimora dipende dalla altrui pazienza dal grado alcolico della euforia passeggera e dagli autunni prospettici già in questa fase sghemba di febbraio le strane nevi i fervorosi ghiacci le brume pelose gli alberi di china traversi la diversa geografia col sonno tracimato oltre le palpebre fino a perderti nella onda delle strade spàzzati via talora lo ricordi i chilometri dagli abiti indossati ancora il nord tenta i tuoi sensi con gli influssi delle tormente era di ieri era senza domani (fiocchi flaccidi grassi verso sentieri terrosi dei giardini neri oltre siepi inerpicate e scure e le paludose distanze e i cavi de i tralicci trascini le tue carni stanche sopra cigli maculati felici sguazzano i piedi nelle pozzanghere infantili non hai mai chiesto resurrezioni mai sei veramente caduto) 92 29 - 2 felice luce di brevi stagioni fiori di neve attese di domani cataloghi di sfiorite bellezze non sono i ricordi non raccolti protetti nelle polveri in fretta si è sciolta la neve soffre adesso la terra il vento dell’ovest (si chiude la casa di febbraio) 93 1 marzo 2004 alba severa senza sole bevuta dalle grandi sorgive marginali residui di recenti passeggere invasioni il vento diagnostico dei possibili altera le cose ferme rivivendone le forme in un flessibile motore di salute nulla si perde deriviamo dal fiotto aspro del rinnovo di un anno generazioni senza padri padri senza genealogie hanno confuso la libertà col senza limite sempre della indisciplina 94 2-3 camminato sotto il tramonto accampati nelle riserve ai margini degli abitati grandi casamenti denudati stazionavano tra le escavazioni e i becchi delle gru mestamente si accecano le luci terre morbide freddo ancora intenso più lentamente calano i soli 3-3 persi persi persi nelle angosce delle nevi dispariti persi i corpi tumefatti membra sanguinanti nei libri contabili de i morti boschi nudi sorbivano il disco del sole nella calma dei cammini fredda a lungo ho interrogato i modi scortesi della vita di noi la preferenza all’inganno la tendenza alla ipocrisia all’infelice lato della maldicenza vòlto lo sguardo allo sguardo animale alla facilità con la quale si cancella la vita di un insetto forse il vostro cuore aveva pulsato l’indecifrabile rintocco delle grandi foreste l’animo selvaggio delle origini balbetiisuonigridimormorii talvolta variazioni confuse giungevano dai siti delle acque fluendo poi alle soglie delle foci né io so cosa sia io non ho visto le foci l’estremo colloquiale delle onde 95 4-3 (l’eccedenza donata spaventa le soglie delle mani senza questua) le tante le troppe odissee i cieli alla deriva le tante troppe ore perdute nel cammino le poche strade percorse il pericolo dei doni le paure e dopo il sangue secco sul selciato aspirato dal nord hai varcato le soglie delle mani e nell’incanto straniero dei crepuscoli hai creduto al sorriso sopra visi pieni delle mezzelune di terrore 5-3 solo una leggerissima chiara vena di follia incide il cielo del prealba dopo le strie di luna e le ceneri il passato non è il passato poiché esso è perduto e solo il perduto come tempo della ricerca reagisce quasi corpo muto se punto nel punto della sensibilità né esiste recupero nulla lo è se non già acquisito nel giardino dove i merli scherzano fingendosi prede dei cani poi svanito il luogo macero del sole il vento reagiva ispido poco sopra i neri escrementi delle mandrie 6-3 in questo leggero leggero arretramento delle notti stanche un grado limitato di tensione nelle voci sovrastate dal rumore stantio di voci stente altre residui di forzate infermità la merda delle mandrie profumava i tuoi cammini 96 7-3 silenzi delle nevi ruvidi rumori degli spalatori tonfi dai rami flessi assenza di odori bagnato impregnato di morbido freddo si vorrebbe dire questo non sappiamo non sappiamo non sappiamo e fuori la luna batte contro la grande nube e la neve rischiara il buio non sappiamo quanto sia dentro le cose l’accumulo violento delle cose 8-3 tra gli spessori della noia affannosi la vita scorre assieme al grovigliato sgocciolio delle acque del disgelo sembri ma non sei in questo non essere e essere si giocano spaziature di riverbero e malinteso sottoposti a mezzi di semplificazione si manca di veri nomi si è solo sigle comuni accade a marzo ricovero di inverni originari 97 9 - 3 (dedicato) cammino nella luce di luna bagnata dall’intorno delle nevi il riflesso si impasta del sereno turbolento delle notti agitate da una inconciliabile resistenza al complesso coartante delle cose scendi le scale della innocenza gravandoti del peso di certezze crude (((forme rapite all’alea erano il diafano protendersi delle rive immobili ai passi dell’acqua nei pressi e l’umore freddo delle estati quando si impregnano del madore cupo delle notti guardavi più in là rapimenti delle sorgenti alberi oscuri posti velati dagli incanti degli assopimenti polvere bianca sulle scarpe presto l’incontro sarebbe terminato un brivido dunque di separazione elargiva gesti di covata finitudine))) oggi l’aspetto cadaverico del giorno ha il volto della luna / fumano le nevi si sollevano sopra il rosa metallico de i ghiacci // tenebre spaventose vaiolate accolgono l’angoscia degli inverni la paura morbida della vita il rovescio oscuro delle latitudini utopie fossili si schiantano in frantumi di sofferenza l’essere tufaceo della debolezza si incrina tra le pareti oblunghe degli incubi mani fumose viaggi sono la disperazione passaggio di automobili contro la veste azzurra del giardino 10 - 3 le grandi stagioni hanno molti inverni cerchi nelle acque dove placa sé la pioggia tormentosa l’aria districa senza scioglierlo l’ordine dei nodi (sonni cemeteriali di cementazioni ispide carcasse imbrattate di fango) 98 11 - 3 (della ingiusta morte) [inclusione nell’elenco degli esclusi - legende ove siano marcati da asterischi i malati senza mezzi economici tipologie anarchiche anarcosindacalisti anarcoinsurrezionalisti anarcoindividualisti anarconichilisti anarcoidi e simpatizzanti etc. pedofili non regolarizzati dalle chiese e ìrr regolari in genere in quanto non iscritti alla anagrafe ufficiale dei valori (il grande soffio delle sollevazioni si è placato o qualche ordine ha colpito la sua corsa lasciandone residui di esclusione e orrore le acque hanno invaso meste terre di rivolta soffocandone in mòlta premesse di lusinghe sognate dagli erranti nella desolazione seducente tra isole recate nei centri dei deserti) araldicamente torna la carogna irsuta sul ciglio della strada imbrattata dalle bave dello asfalto segue elenco degli inclusi (:) imprenditori faccendieri sf fruttatori illusionisti e maghi di finanze puttane d’alto bordo (santi ficate a lato) venditori segue lista dei ministri del governo ] 99 12 - 3 (alla madrid del giorno prima) prima la grande ombra dello stormo ha cercato orientamento riempiendo la parete dello spazio poi ha deciso direzione a lato le terre motose e le scarne reliquie delle valli (passeranno anche questi morti grave tanta rapida neutralità breve effetto di assiomi tormentosi) se poi il poi non sfuggisse poi l’appena poi l’appena dopo l’istante appena nell’immediato dopo se ancora resistesse il suo duro trattenersi nel palpitante dolore dell’appena dopo nello smarrente senso di accaduto appena appena prima del caso delle voci appena appena prima dei toni di memoria l’istante appena tra un prima e unaora e laora stessa segnata e senza passo possa allora istituirla il presente il silenzio acutissimo tra il tuono del prima e le grida dell’immediato appena nell’arte ancora di una immane solitudine i crepuscoli si fanno più larghi e le sere larghi di penombre dove quietati sono rinnovati i dolci profili dei luoghi (fuggivi dunque notizie di catastrofi per meglio penetrarne la sostanza) 13 - 3 (proseguimento) il tracollo del momento si insinua nelle fessure assieme alle cose di denaturate nature le eccedenze dei lampioni penetrano negli occhi sfrontatamente deturpando la descrizione della ora tarda e non tarda l’impressione si articolava di un gioco non concluso cogli oggetti serviti nel prima abbandonati al progrediente disincanto /quali sono i morti quali i vivi domandi se le ripetute cronache degli eventi sviliscano il potere della sofferenza corrodano la intensità del dolore /stiamo imparando a dimenticare di noi le parole e le cose a non essere e essere ma non a diluire il soffio della vita nelle anse di memorie artificiali ma tutto questo lo abbiamo già appreso ora è altro altro da sé le memorie poiché sapranno poi vivere sole luoghi senza vita senza e senza morte (qui siamo salvati non salvi però) 100 14 - 3 qualcuno aveva fatto visita io era solo in una ora semiserale o in un pomeriggio bruno e soleggiato carico dei falsi sonni dei corpi sudati percussione delle cose in crescita sotto il cielo di mezzo invasiva turbolenza di un tepore nel cuore senza amore e necessario il gonfiarsi noioso delle cose un avido sentore di sperpero dunque nella apparente solitudine dei luoghi sperpero sfacciato e l’eccedenza forse tutto senza controllo a tuo parere -chiedo- la morte è virtù grande o vergogna 15 - 3 (dedicato) (i pochi resti della mia vita ora sono in te li tieni e li trattieni li riformuli nel caso dei presenti d’amore) nel silenzio pietrificato istituzionale burocratico si scioglie scancellato il dolore accanto lascia nei luoghi la tragica ironia di questa età di fondo reca fiori su lapidi nude e non conosce i modi del compianto gli aironi si orientano sicuri nelle spire della oscurità 101 16 - 3 silenzi pietrificati voci pietrificate il sangue ha smarrito la strada della vita atti neutri gesti senza consegne quale compito se compito nell’accaduto estremo di volti sfigurati morti già morti carogne abbigliate quando il sole possiede la parete in una noia sanguinosa di estate e le sparute insistenze sono trasporti di cose accantonate in disordine senza alfabeti la terra ora quasi bassa e pesa lascia correre i sensi verso l’ostacolo ottuso delle umiliazioni [catalogo degli assenti (:) coloro ai quali è mancato il terreno sotto i piedi non sono precipitati bensì segnati dalla paura] [orditure di bava sul cuscino cola dalle labbra la voglia del sonno (ora davvero sperso nella incognita grave delle lingue non hai dove nascondere gli atti necessari alla natura tua fisica e semplice esci dunque nel caldo inaccettabile sovrabbondante debordante le nevi di ieri ma non richiesti gli eccessi dell’oggi la partitura delle febbri lasciti da antiche biblioteche ora cantine ora frigidari ora semplici scafi contro le stelle vuote ma poi nelle ridenti pastose stagioni del tuo invecchiamento lacrime sulle cortecce la linfa usuale della sensualità (vivo un arcipelago sconosciuto dissociato dislocato impressioni tattili momentanee quasi di sogni diurni feroci momentanee esistenze tratteggiate da figure senza approdo esule non non sedentario sempre perduto senza nostalgia se non per un lido intravisto la paura visita quotidiana la miseria delle mani dove tentino un appiglio nella cosa bruta se mai una ricomposizione possa nel plenilunio nel mezzo dei suoi giorni smembrati impalliditi dell’incuria nervosi respiri di metallo riverberano lunghi nell’inquieta corte di pomeriggi flosci dominii di domande cavillosa mestizia del corpo indolore in equinozio ancora 102 ancora vivi mobili arcipelaghi dove le isole non danno orientamento (le raganelle screziano liquide l’armonico dello spazio) evocavi gli scialli delle foschie la notte bassa tranquilla dei coltivi parlavi del bosco di come noi lo abbiamo da tempo immemorabile perduto e col bosco il segreto e i suoi custodi la notte però molto tenera e teporosa era richiamo ai conviti nascosti nascosti nella casa segmentata dai contrasti adesso si aspetta una altra alba 17 - 3 nell’emisfero della stanza le ombre perdono sostanza e qualità lo spento arrivo delle cose si colloca nel modulo sbilanciato dell’ancora l’oscurità si ritrae si ritira si sospende più tardi ti occuperà una altra età e ne sarai smarrito c’erano volte di immenso incantamento breve ma immenso quando nel vento sui lucidi argini correvano rintocchi di campana è il nord è il nord si udiva dire sassolini preziosi possedevano il grande candore delle odorose percezioni il bambino curiosava bianche superfici di un corpo non suo biologie differenti e altre forme nei piccoli luoghi senza infermità tra cianfrusaglie e vimini il magnetismo anonimo del verso seducente delle raganelle risuona nella notte in apparenza calma e stellata però sopra questa regione (alla fine forse tutto parrà preparato là dove vige invece la più larga aleatorietà confini sogni) 103 18 - 3 rammenti del poco fa ora appena la madreperla e questo sul mobile accanto al letto era il farsi frammentario di un sogno l’aria del mese ora la frantuma ulteriormente quasi fa freddo quasi sotto l’arco più largo separazioni recenti o convenzioni incerte rinnovano le procedure (è la mia una grande stanchezza ma lucida stanchezza da fine della vita o da preludio alle discese verso il dove nulla più accadrà) ho scelto di operare a questo modo di cose pullulanti sempre sull’orlo della caduta sul bordo delle braci spente nell’intruglio ulceroso di cordolature mai per intero ripristinate ricapitolazioni impossibili tagli di sole sopportano il terrore delle stanze preparate per le visite conduci altrove la tua insistenza trovi qualcosa poi non trovi nulla (la terra emana caldo l’aria si impregna del fumo buono delle potature) 104 19 - 3 cielo a sud est cartilagine di bava acquea illimpida petrosa biancastra mescidanza tra il mare non più e le esauste propaggini del fiume (abito una età conforme dove il totale degli eccessi è consuetudine ci si abitua alle morti violente le si attende poi non le si attende più si subisce il compito anagrafico della depennazione difficili gli autoritratti e le definizioni stentate cronologie rincorrono trascorsi giorni giorni di giorni schermi di barriere e nulla accade veramente più toccano inutili consuetudini forse quasi certi di vivere una fine di esperienza) gli orti vegetano storditi dalle potature convalescenti osservano le ferite sanguinanti alieno il profumo delle pianure 20 - 3 ingannevole follia del superamento profonda tolleranza dentro al limite questo hai accudito nelle cose di una età di dissolvenze rapide di rapidi fili disconnessi e tronchi prigioniero di te per disciplina e scelta sondi lo spazio chiuso sapendone illusoria la frontiera l’acqua cammina scivola sull’acqua dalle coatte prospettive sorgono profili di borghi palpitazione ovunque pulsazione livellate sopra i sentieri le secche merde d’oro dei cavalli 105 21 - 3 non rispondo ai dettami su continui inutili ricordi dimenticati oggetti polverosi restati a poltrire nelle penombre accanto alle bottiglie oggetti di metallo o recipienti ora non più ordinati ritorna dunque il non obiettivo congiungimento con una strana pena pensierosa e claudicante in cui confronti l’ora con il non confrontabile allora e non è la nostalgia di una luce spiovente dall’alto o gli scambi di detti da finestra a finestra così dentro ai crepuscoli la notte era fosca gravosa sopra i rumori delle stelle sopra i profili sprofondati delle cose gli uccelli pigolano strepitano cincischiano tra le siepi potate e i ciuffi d’erba vigorosi e forti [(tenti la salute di un sonetto la dolce rima di una voce amica sai delle alterne vicende l’aspetto di una fase di evidenza antica] era dunque un dispiegarsi lato della tenebra chiudi gli occhi alle agite prebende di violenza il polpastrello sopra un insetto la suola sopra una foglia comincia dal poco la ottusità ombra la mia vacillante sul prato tutti ombre vacillanti consistenza sfuggente sempre illesa illusione di forme effimeri tratti modificati sulle pelli di lucidi prati in tanto febbrile fretta di rinnovamento resta la condizione della età senza ritorno (le stagioni chiedi moriranno dove sarai quando io mancherò conoscerà la terra tanta forza) 106 22 - 3 elevatissima e prona sopra le margherite decapitate nel giardino l’alba nutriva le passioni delle nubi morfologie diverse dei piani del cielo invaso da una luce eccedente accecata dalla luce lo sconfinamento in fuga verso est piomba in verticale l’azzurro in occidente morboso irrequieto fagocitante accanto il nord inquieto denso di tempeste il vertice del cosmo lontano in diagonale poi l’equilibrante adombramento della nube (questo va scritto (:) io era dentro a tanto movimento geometrico e vedibile quasi confuso dai toni differenti della limpidezza) la trasparenza prona della sparizione ora volge all’impossibile ogni chiara partizione tra le cose e te (come avessi arato campi d’aria estirpato erba insistente tracciato vanità nelle aree della tempesta) 107 23 - 3 [l’efficiente industria della frode incula se ancora si ha culo da prestare il vorticoso rifacimento delle carni il tentativo di una eterna giovinezza nel mostruoso delle parti condotte verso abiti archeologici di materiali presto polverizzati eccesso di viscosità visiva eccedenza carnacea in sovrappiù oltre la quale sta soltanto - e già esiste - faticosa la lotta contro uno inconoscibile tempo contro il voluttuoso degrado delle carni squartamento pura macellazione canone attuale (dopo tutto cosa volete ridete mangiate scherzate di che cazzo vi lamentate)] il colore del passato è una tinta illividita dal sapore della dimenticanza (naturalmente come si sa si è come si è in un presto giro di debolezza tutto risuona metallico sotto i chiodi della pioggia e nulla c’è da opporre alla misura insinuante dell’acqua) bellezza perduta delle coste raggiunta amarezza degli interni questo è il paese dell’oltre oltreterre oltremare oltre le sere di sempre sulle linee di orizzonti seminati nel principio del disfacimento nulla è più nulla è in questo paese dell’oltre di nessuno se un valore si chieda o l’abito dimesso di una cortesia o altro l’eloquenza silenziosa del rispetto sogni di possibili armonie tramontano agli approdi di battelli alle fughe dai carghi nelle sere suoli duri duri durissimi cementi armati del ferro non piegabile non coercibile della ipocrisia grevi cementi de i casamenti armati contro le coste del paese di un tempo della sera e le sere e le notti e il giorno cancellato e le acque tumefatte e nereunte si sbricioli stanca la terra e cerchi di viaggiare assieme ai fiumi e tu chiedi tu anche un altro esilio dopo le perdute compiante regioni ove quiete cercata quieti il cerchio finalmente del tuo sguardo 108 24 - 3 i giorni sono qui particolari affatto tutti tutti particolari segnati da edemi vaiolature varie bruciature fredde da soli dell’inverno ma tanto soli solitari e schivi nel paese di nessuno bestie timorose non rilasciano mai gli escrementi annusano un poco più in là irrigidite in una altra purezza // addosso ho l’odore dei tragitti nelle ore travolgenti delle primavere poesia del tu silenzioso a cui si appoggia l’io o una estranea forse non sublime finzione 25 - 3 scavalcamenti le vigenti terre salutavi la luna mascherata nei canali neri e negli estremi ritrovi i temporali violava la chiara oscurità un rapace e spaventata un’anatra fuggiva (l’odore degli insediamenti ha un potere acido di polvere di legno e colle dolciastre e vernici tra le spire di cobalto del lontano dove latrano i cani tormentati creature grandi di metallo placate dai fanghi attendono sghembe interventi delle arsure folli e preziosi ranuncoli selvaggi 109 26 - 3 il tedioso rumore di un autocarro messo in moto raspa le vecchie divinità dello spazio scancellandone bruto e macerante i resti sassi tritati erbine fracide siedo nella grande stanza accanto alle pagine sfogliate scandisco me stesso nel tesoro di rose resistenti sulle altre pagine e voci pispigliate di gioie non più commutabili pigre le voci si aggirano per fondazioni scavate dove suole il primo strato della paternità della terra vòlto in vergogna da uno scempio inconsapevolmente inatteso o improprio l’epidermide pulsa sotto i segni della erranza in questi campi estremi e casamenti popolati e le ore dette da i tamburi diarchia di noia e indefinito a cui nulla si oppone perché non fa male a destra il traffico si misura sulla strada con lentezza quasi calcolata piccoli popoli scompaiono altri non sorgono dagli orizzonti sfregiati di adesso i cani vivono del rito di saluto ogni congedo li colma di risentimento passa accanto un rumore qualunque la mano di uomo questuante la vostra indifferenza crea nemici (i cuori sono più creduli e crudeli non scalfibili duri anche di fronte alla verità di volti senza destino di occhi già smarriti di repliche infinite di una richiesta vagabonda duri non scalfibili duri all’innocenza incapaci impropri inaffidabili) 110 27 - 3 la mano sulla tempia guidava la fronte dolcemente verso il golfo del collo dove allora potevi riposare la stanchezza infinita dei giorni (ora chiedo il tuo corpo infantile ascoltarne il respiro regolare succube sempre io delle notti amante della loro oscurità ricordi gli ultimi marzi come furono le consegne dei giorni se toccarono a premio o promessa come furono gli ultimi marzi quali consegne recarono i giorni luttuose cose lambirono le stanze e un lucore severo di fino allora non creduta crudeltà come furono le azioni se furono lo spento possesso dei vuoti o una cartina anomala di volti a cui devolvere qualcosa di fattivo - poco gioco troppo rapido e rivolte lasciò sulle piazze il grido degli idranti quali furono i mesi e le consegne agitate dal silenzio ancora l’inquietudine di allora ti è a lato compagna più fedele del respiro colmi marzi delle opere del lutto nelle città ventose delle piogge amori peregrini e senza scampo e le opere altre delle lune sotto i cieli furono dunque morti violente i tumulti sfociati nelle piazze nei silenzi delle estati sanguinose / i treni le stazioni nelle notti l’alba marina nelle perse corsie poi la strada tortuosa dell’interno dai cieli passivi di allora confusi da gridi confusi cresceva nuova una storia vietata al racconto e alla memoria il volto oggi della generazione [(passò le mani tre volte sulla schiena e i fianchi quasi tu fossi la prima volta percepito poi ti impose col palmo sulla nuca il riposo nel golfo del suo collo) nessuna volontà si oppone a quanto era nel tuo sconosciuto divenire e chiedi isolamento non vedi già l’essere isolato dal regime attivato da tempo nello spazio di eccezione dal neutro placito di una vita aliena le tracce delle cose dentro te - la pelle si disquama nella recita di vecchie partiture] le lepri si rincorrono ruotando dentro i marzi 111 28 - 3 (dedicato) petali fioriscono nel cielo degli ultimi mattini (le mani avevano conosciuto un corpo disteso sotto te o sopra te hai contato le caselle delle ultime follie le inconcepibili ragioni degli uomini un tentativo di entrare nelle cose diceva (:) siamo piccoli -così nel dopocena di piatti e bicchieridiceva (:) più vicini a piante agli animali incapaci di concepire l’universo lontani dal tutto lontano per limite nostro un limite di presunzione la presunzione di comprendere non l’umiltà del derivare sempre cadevi nella notte umorale in un regime da te stesso costruito pareva scomparire la paura del corpo degradato della morte in un pianto felice di tenebra // dovrebbe bastare il dono ineffabile di un verso la regione del vento il soffio misterioso da una recita non esiste lo spazio e si smarrisce il tempo la mia vita animale troppo piccola per il grande universo decadi senza lentezza in uno strano finale temerario 112 29 - 3 i casi delle notturne scritture sotto l’influsso caldo del vino durante le azioni di riassunto degli oggetti stoviglie lavate treni di passaggio casi parole troncate nervosamente grammatiche di vita poco assai normative la poesia sola forzata dai giorni convoca una strana insistente passione enorme un dolore di ignoranza non scalfibile non colmabile oggi dopo oggi dopo oggi ancora l’ignoranza assoluta della vita anche corpi senza vita proiettano mobili ombre giorno bianco il sole lo prosciuga donare è il rischio maggiore [vista la grande notte primaverile portare in alto la luna e ristare poi attonita la luna] 113 30 - 3 sei ancora nel golfo del sogno alle pendici di pareti di sasso tra vasi di piante isterilite più avanti nel crocile teloni rosso sangue chiudono voragini di luoghi colpiti la terra /si dice/ ha tremato dopo una onda di caldo eccessivo (veri i viaggi in queste incognite albali quando penetri i corpi dei sogni comprendendone dunque la minaccia o piuttosto la sua consuetudine il principio vitale la paura preferisci restare nel cavo di penombra evitando l’affronto del fuori macabra meraviglia abracadabra dell’inganno trascina poi nella comunità lo spirito ottuso della comunanza tentativi di inutile conciliazione (eravamo già morti adesso narriamo i loro sogni) nello spazio etereo mai solitario si allarga l’odore amaro della primavera fiori bianchi e gialli alberi sradicati per le rive scoscese dal compito sottile delle acque il respiro risale le coste lucidando le erbe poi implode nei folti 114 31 - 3 atmosfera impietrita qualcosa delle sorti si bilancia in questo atto liminale (cosa manca alle tue ore se graffi la parete gessosa del presente con lo stilo smangiato di una unghia sfiancata già quali stati rievochi invano in una storpia speranza freccette contro insoliti bersagli bianchi cerchi concentrici tracciati sul legno del portone della casa abitata un tempo da una giovane troppo generosa ma sperpero non è nel darsi cova piuttosto nel rifiuto mascherato da quota di pudore o da morale condita nell’istante lo sperpero non è nel darsi ti ritrai nel covo di una inerzia lacerante e spaventosa nell’arte del volgere il capo (si chiude la casa di marzo) 115 1 aprile 2004 l’aereo scivolava sul piano blu dello spazio occidentale luminoso molto limpido accanto alle stelle ultime e pulite poco dopo nel primissimo crepuscolo nebbie calde dolcissime avrebbero abitato il brusco aprile filtrarono limbi o limiti la conca della valle oggetti pietrificati in forme monche tralicci grandi orditure di rami purificati leggeri oracolari oltre i borghi industriali il sole traspirò sotto una garza di prima calura 116 2-4 in questa mancanza in questa non indulgente mancanza in questa attiva desolante pigrizia di risposta in un lascito di cianfrusaglie si disorienta in sé l’istinto alla salvezza si stramaledica la opra travagliosa de i disturbatori li si stramaledica non una sola ma infinite volte i disturbatori di animali piante minerali e si stramaledicano i territori acquisiti in nome della economicavanzatademocrazia stramaledetta e della stramaledetta cosiddetta legalità e della pornocrazia le si stramaledica e i ventri pieni di metallo mortale dei bombardatori in nome della libertà e le figurazioni ad essa annesse la si stramaledica e così sia segue catalogo della merda ove rientrano i pedofili benedetti dall’ecumenica mano dei cosiddetti preti e delle chiese tutte (tale luogomondo che è e non è pervaso dal catalogo della a normalità la stessa poi memoria sabbiosa sparirà) 117 3-4 un merlo canta nei quartieri vuoti fino alle opere interrotte nei giardini fughe precipitose hanno indotto abbandoni forzosi di oggetti progetti intenzioni e qualcosa di esasperatamente rimandato giace sui ventri degli asfalti si sapeva sarebbe accaduto prima o poi il canto del merlo riprende tra i fiori rifioriti da poco cerco isolamento il passo lento della vita nuova quella scritta per ultima nelle secche di regioni inaccoglienti tra sudori di genti perdute e un aldilà mai più ridefinito città vuota di giardini desolati opere di escavazione sospese sottese forse a fughe da i quartieri esseri stranieri pezzi di scacchiera spaziata da soli buttati contro i sassi tanto silenzio e tale taglia l’aria fendendola uno stormo di piccioni alberi recisi uccisioni altre di cose stanche pare o forse uccisioni di parole tutto però permane nella norma pare / appena dopo il trapasso / l’intelligenza smarrita ari avida il campo dei propositi e questo è il primo passo della nuova condizione poi pare / la smemoratezza greve una tristezza gravosa insormontabile poi rivisitazione senza risultato valesse un giardino accanto a cui passano treni della notte quale ospizio di inquiete eredità ma dopo pare / l’esperienza scada a semplice sragione e inanità pare vada così dopo elenchi e cataloghi e le valutazioni avrai subìto un interrogatorio (non ho visto nessuno nessuno e io era cercando un altro io così diverso fuori da ogni limite ombra sull’uscio bianco rovistato nel resto dei vani una impronta levigata via) di rari timori tormentano le tortore l’artigliante vena delle brume 118 (di quel secolo ricordo la rapidità la fretta con la quale una certa ingenuità venne cerchiata avvolta ripulita nel giro di tre anni in risalita toccò efficienza e impopolarità posizioni credute comuni sfiorirono recise alla radice quando è il momento della verità gli amici più recenti si sottraggono gli altri più antichi se ne sono andati altri sono condotti alle prigioni /come mai ti ostini a ricordare/ settanta sette settantàsètte settanta nove e otto / ti ostini nella conta in disaccordo e troppa oscurità giacobinismo macerato e polveri di amare tentazioni serietà e l’altro termine coerenza tutta pappa cattolica e fascista ora il tuo passo risiede in altra età (comprendi le madri mani sporche di terra sedute ai tavoli di lunghe giovinezze) dello stupore odierno dell’attuale torpore anche tuo non sia commento una grazia ricevuta [fosse più completa la notte e vettoriale se si sapesse dormire un po’ di più] riprendono i travagli delle cose tonfi botti martellate qualcuno pare zappi sopra l’altra riva settantasette settanta sette settanta nove e otto non è questo l’ordine no ma poco importa / scarpe bagnate bagnate piedi calze intrise bagnate di grossa rugiada sulla nerboruta erba non alta ancora (nelle strida dei fagiani fu sorpreso dai cani) 4-4 mi rilascio nel solco del tuo corpo serenamente nella matrice e sopra nel cerchio delle stanze l’odore della pelle protegge la doppia nudità il giardino gioco di blu sotto il sole della luna sotto il dominio delle ombre rilanciate ricerca di una condizione stabile o della incolta regione senza frodi 119 5-4 le lucciole riannoderanno l’intensità dei folti nevicano petali bianchi dall’albicocco in fiore (faccenda un po’ bruta vergognarsi di sé posarsi là vedersi cosa usurata da mani viziose canovacci straccetti con cui ci si netta senza invero pulire così nel progresso amaro del corpo verso un’altra volta e // fuori da ogni retorica un tentativo di serietà è stato attivato in qualche modo nella disciplina nel disordine necessario dell’età nel sentimento di mancare ancora nella vita e nel gioco sempre attento forse a nulla è servito se altre voci appannano l’attesa adulato dal tema delle vespe rammenti le coste a cui approdano le vele degli oceani il principio pesante delle sabbie subitamente divenute fredde ora chiedi una saggezza capace di arginare la angoscia rimontante una alga putrida colore della buccia marcia del frutto dell’arancio soffoca i fossati luna su cielo vischioso 120 6-4 come ti chiami lo ignori ancora preferisci mancare dell’annuncio del nome ancora sei profilatura e nota sopra i bordi di uno stile sconosciuto ancora (sotto i chiodi della pioggia l’acqua trema nel fossato coperto con qualche linea di febbre tra le vegetazioni gli alberi tacciono i metalli originano l’aurora di questi secoli bruciati appesi ai fogli) reduci del tempo cianfrusaglia cianotica pappa contaminata ficcata in un concime chimico l’esteso altro universo tace senza senso - bottiglie prese per il collo martoriate contro corpi già perdutamente lesi e messi in concia pallide carnose emanazioni da i fallimenti pedagogici aborti di esperienza o appartenenza esiti idiotici resti cupi di superfici opache propaggini ruvide di una razza meschina e rarissimissimamente magnifica si scelga la variante del campo annullatore 121 7-4 giungono fino agli usci bianchi sostano alimentando mormorii di breve passo se ne vanno scortati dal non senso il tutto nell’opera proclive del giardino sotto l’acqua del brusco avaro aprile rompete tutto portate via tutto e se qualcuno si ribella uccidete tutti lenzuola libri utensili usci danari finestre schiodate e le donne pulitrici violate valletti lacchè portateli tutti da me per dio per i santi ed il re (fu quello un giorno luttuoso condotto a processi quel giorno l’aprile brusco e selvaggio il folle scettico maggio l’estate sanguigna di giugno poi pianse il settembre dorato difficile dare volto al disarmonico pensiero di una scoria pattuita con l’oblio difficile in quell’aprile aspro di contorno accadde tutto volutamente e svelto tutto accadde nel giorno del ritorno incidenza inattingibile di eventi fluenza fatale degli atti di accusa (procedure purissime speciali archiviazioni condanne prigionie segue elenco de i prigioni clerici et docenti incaricati etc. in numero de 857 per un totale sopra il quale riflette re e (il giorno sette io non lo ricordo io non ricordo nulla io non ho memoria o archivio personale né tengo diario non leggo il giornale non scrivo articoli di fondo né ho accessi a tecniche speciali disimpegnato vivo nella incredulità esito nello stupore soltanto ho sentito solo ho dovuto udire ma senza l’intenzione pertanto chiedo scusa oggi fanno quanti anni non ricordo io non so nulla io non so nulla e taccio (no non li hanno condotti in uno stadio ma separati divisi sparpagliati una diaspora nuova smarrita e pilotata) la mia memoria patteggia con l’oblio 122 8-4 accumulate pesantemente sulla linea dell’orizzonte e pareva affondare sotto il loro peso le grandi perturbazioni basse riposavano in una sedizione di dopo la tempesta calamitava nord disastrose energie dai luoghi con le apparenze blu degli altipiani il fradicio scempio dei siti sgocciolava radunato nell’odore annullante dell’acqua ora si apre brusca l’aurora colore delle mani (prima o poi l’orizzonte sarebbe sprofondato o lo avrebbe aiutato la notte adesso hai perduto la traccia hai smarrito le forme del sentiero coltivando il declino del noi) grandi corpi fumosi continuano a sorgere dal piano leggendario delle nevi in un altro punto il margine delle nubi si è elevato in alto su i grandi rapaci contemplatori cavi 9-4 fiori caduti scaduti petali smangiati ghiaia il pelo dei semi dei platani (regime notturno cosine dal buio macchioline ammassi globulari) bambini rincorrono piccioni inutilmente volgendosi dopo a i genitori (siamo forse non siamo e questo è quanto pare più vero sotto il magnete della nube bassa sotto il margine sfrangiato nel porsi nero dei boschi nel bianco delle nevi non siamo nulla ascoltavi poi ridevi senza sapere un perché) 123 10 - 4 (dedicato) la tua voce seria si accosta alla parete e dice sì in una lingua altra dove rimane tutto quanto eri a cui ti aggrappi in una volta intera ma del campo di ieri delle sue ricchezze si è filtrata unica la forza dalla desolazione di lavori abbandonati non è dunque un pensiero della fine il fiume scorre a lato dopo l’argine e la siepe nella pioggia volteggiano rondoni e balestrucci i fagiani schiomano il silenzio il campo ancora è vivo addormentato però sotto quanto rimane degli alberi da frutto svelti divelti fatti a pezzi addormentato attende nuove età attende l’eucalipto e la camelia l’erba cresce dentro ai sonni le cose forse accadono da sé 11 - 4 gli animali popolano i sogni muti miti smisuratamente delicati nell’ombra le femmine leccano i cadaveri albava il tramonto incandescendo senza enfasi alcuna strie di adolescenza o fatturate bende di ferite vecchie il rettifilo si allunga fino a poi giace in un crocile oscuro (eri dentro a una quota di tensione dentro a una diffamazione della vita il ciglio della strada col passo corpulento della disperazione) 124 12 - 4 sfogli il destino di pagine dimesse di erbolari ne abbandoni più tardi la natura muta cerchi radici tra gli scavi e i luoghi nell’abisso immaginario di un movimento inerte (cielo di gesso aspro dissidio delle rame contro vento materiale precisione de i cani ostinata cupezza de i giardini la concava pianura si allunga oltre il possibile e il percepibile oltre aree larghe di terra nuda e grigia consuetudini della caduta principio della amarezza) 125 13 - 4 la plaga fangosa fioriva di oggetti edificandi nei freddi rettili di siti di penombra grigio di cielo di terre spazio lugubre di sterili fantasmi duri volti legnosi ma buoni le voci smarrite nei geli delle scuole di queste sorti nessuno discute di questi giochi senza combinazione tragiche piogge infracidano le sepolture si sviliscono le zone delle questue popoli morti divorano l’aria bucata dei crepuscoli luride provenienze da sogni martoriati gesti di nettatura grezza di nera di pavimenti dove si è giaciuto febbrilmente pesanti laceri abiti e convenzioni frante membra nude valicano i possessi della tenebra qualcuno pispiglia palesi segreti de i trasferimenti // pioverà per sempre sulle isole ferme sopra i tetti rampicanti sulle fragili patrie di parole dedicate alla sconfitta // dai tuoi tempi le generazioni sono fuggite nessuno sapeva risalire ai veri nomi agli antefatti alle leggende dei vicoli minori e le foreste e la fine de i sentieri // sospesi nelle brume livide membra conoscono la forza annichilente delle attese / / continui mutamenti confondono il senso della comunità derivano mescolanze improprie conflitti minimi sfociano in rivalità più ampie poi placate per via dei nuovi arrivi e nuovi addii inimicizie mutate in alleanze fratture date per definitive ricuciono nel volgersi di sguardi illegalità riconosciute a legge 126 arbitrati anneriti di cordogli svelti di un’arma usata poi buttata via [si fosse immaginato il tutto avremmo scelto l’idea del confine perenne il maturo consiglio del divieto e la perpetua falcidia di noi] ((anche imagini assolate delle rive dei fiumi d’estate alvei prosciugati da mandate corrosive di caldura alberi nebulosi complessi artifici di morgane e la semplice penuria di cicale)) ma questo giunge dopo dopo la morbosa flessione delle marce e la ignoranza dello annichilimento \\ così si impara a rubare) non si finisce mai nel moto molare della materia serena e divina è la sofferenza perenne il dolore cavi neri contro cielo grigio altro non c’è tutto il resto appartiene al silenzio delle pagine scritte 127 14 - 4 esposto al continuo malinteso dell’aprile al misterico abominio del medesimo al livido emisperio dello sperpero (dolce luce di sole calda nell’aria fredda dei fanghi mutevoli na nebiulina fina fina pòna slèpa ad sul (puri e diversi nella terra del sacro) (da dove provieni tu piccola qui nella mansarda in ginocchio sopra il pavimento a compitare grandi fogli a quadretti china sopra le matite e i colori la madre era fuggita - ora si cercano rifugi e lei dove era alla quale volevi dichiarare il tuo amore tua madre ha avuto paura degli uomini venuti da lontano e cuciva durante la festa mentre gli altri continuavano a mangiare tre cani neri una vacca impazzita e le altre in branco sopra la strada bianca sopra la strada alta e un dolore forse non ti appartiene un dolore recitato / raccontato adesso in questo amaro mese in cui cadono i fiori abitavamo tutti quanti la casa quella di ieri quella di oggi quella / (?) possibile di domani ma l’ultima era la casa del tempo la originava una lacerazione di risveglio gli altri/tutti erano giovani e vecchi senza essere vecchi incisi però da strane maschere di carne o invecchiati ma fuori da i calendari così accadevano queste rivoluzioni così giungevano inediti i ritorni succederà una ricapitolazione del resto vaglio o potenza nascosta riedita complesso di forze prima negate laghi della pioggia arcipelaghi della desolazione 128 15 - 4 (a mia madre) [(vuoi vedere oceani smaglianti isole flesse nelle spiagge abbaglianti le palme ricordo dei venti solamente il profumo della tua giovinezza)] mi guardo in te e per te perché tu possa dire di me qualcosa silente nelle valli sotto gli archi dei portici e le vie dove i randagi si erano fermati a erigere case e le preghiere nostri i gesti di gesso nostre storie legnose i pupazzi le piccole corone nostro tutto nostro tutto riposto tutto messo via mentre tu giungi con la sposa d’aprile a calcare le ghiaie di sole sulle erbe cresciute tra le crepe e non sai niente e ancora non sai niente né io so nulla di me traverso te in questo lago negro di scompiglio ancorato alle pendici di massi che provengono 15/16 - 4 in questo sito di deriva impreciso conchiusa e di detriti trasformati in miraggi sarò domani come le volte altre come gli anni della nostra effrazione del grido frenato della parca comprensione di una etica della povertà credimi ho rinunciato a molte parole 129 16 - 4 ora approdo a questa nuova zona della vita sotto lo sguardo cieco di un uomo collocato in me quell’anno i terremoti segnarono le case anno di terremoti e case gialle tu fosti visitato dal di fuori risucchiato fino a quando abbandonasti con la forza ogni tuo nudo avere tu nella casa nuda questo è quanto si innalza nelle tenebre né dove né quando essere in questo sito secondo in questa piccola parte in una pienezza agrodolce felice (in verità non c’è appartenenza alcuna non apparteniamo nulla ci appartiene non è il precario ma il solido specie specifica di fissità) erbe carnose nutrite dalle acque dell’aprile) 17 - 4 (dedicato a marco v) proprio nel cuore della perturbazione nel corpo oceanico della nube veleggi verso là con addosso il profumo delle acque ti sciogli dall’odore muffoso dal macabro odore delle democrazie la bella luce pomeridiana non illumina la tua scomparsa né aiuta a comprendere se sperpero o meta felice sia stata nel rito dei binari verso il mondo cercato nulla sappiamo però pare andiamo nel principio appena della vita nuova si giunge senza partenza si parte senza destino polvere lo spessore di noi nella luce immoderata di aprile sui corpi molli di sotto li compreme li oppreme li snatura nella giuntura malevola dell’asse e dei cieli segue altro rito di evocazione [chiudete le porte tutte chiudete le porte al regno largo di chi presto busserà non aprite al tocco gentile lo straniero ha volti conosciuti e conduce nel numero la sorte (aria arida stantia delle metropoli lo scandalo di una conoscenza nella immatura pretesa del mese la fretta delle generazioni)] 130 18 - 4 il fragile universo di liquido cristallo trova fragile equilibrio nei terrori dell’alba (l’evocazione conduce il bianco momento del rimpianto labile incertezza di un modo della vita) la finestra apre al giardino immerso nel violaceo ingresso della stanza (la pianura appariva realmente dal miraggio dello sfondo velato chiara azzurrina recepita nel dorso di una mano (recavi sulla fronte un bianco fazzoletto - da tempo è morto il bambino da quanto - chiedevi piangendo per un battesimo bianco bianca esequia cerimonia bianca nel lutto bianco delle cose nel sole timido non sereno di oggi sommessi tutti parevano attorno non attoniti no ma composti nella comprensione tu solo non riuscivi (io solo io solo) a comprendere conoscevano la mia ignoranza provavano distaccata pietà non compassione abbigliati dei colori dell’intorno vegliavano già forse sul mio corpo petrose farfalle restano aggrappate al concreto spaziarsi dell’aria [si può pur sempre essere abili e non concludere nulla dormire la densità dei mattini scalfire l’aula distorta di questa vasta metà e (gli animali comprendono i cani affrescano il giorno coi richiami )] 131 19 - 4 (idillio) nella sottoluce pigra sotto la pioggia pedalando l’inerzia ai nodi dell’acqua la giovane donna scioglieva i capelli lungo il ciglio della strada superata la china del fossato avanzava felice saltellando una bambina colori poveri belli di volti ardenti composti quasi in una avida bramosa follia (il distanziamento progressivo del cielo sfilato smangiato inutilmente esplorato smarrisce creando vera angoscia di voragine spinta nella piccola tazza dove i fondi si sono sedimentati in un disegno di opaco non destino) 132 20 - 4 l’alba sopravvive al proprio canto il vento si innamora delle contraddizioni poiché l’alba allarga il proprio campo intenso alberi ghiaia vuoto acume di cielo sugli stanziamenti lo statico alloro l’erba scavata dagli uragani l’irenica condizione dei mari il pigro silenzio pullulante il profumo di legni e metallo lo stesso sudore della pelle nei corpi affaticati e felici il dolore delle onde il canto sfibrante della fine fu l’alta somma del sole a dichiarare oltraggio e figure fu l’apparizione delle costellazioni la loro alta innocenza in una fase notturna del dì fu l’alta ragione degli azzurri in un punto di tutte le stagioni il murmure linguaggio fino allora compreso degli esseri profondi e del vento fu l’improvvisa nostalgia nell’ignoranza improvvisa e sconosciuta le labbra presero a incontrarsi in inconsueti torpori di menzogna qualcuno pianse la fronte sopra il polso altri risero incapaci di sapere passò sull’abbaglio dello zenit una ombra larghissima di nulla quartieri sventolano sopra lidi ribelli le insenature sospirano l’amplesso delle brume scogli donano sessi alle risacche brusche dove tu andrai è luogo molto prossimo tormenta l’agave la carne della roccia 133 21 - 4 gli usignuoli intrecciano dialoghi nelle promiscue scene delle siepi sotto l’arco irregolare dei pianeti sotto le volte della oscurità cosa hai accanto a te a chi chiedi protezione per i sonni incerti condotti da mattini primitivi di rugiada quale oggetto scandisce il respiro amuleto preghiera simulacro riparo fragile al vento degli eterni (il fondale attutiva la cromatica qualità del grigio ottundendo le opposizioni sorbendovi le proporzioni in ombre illudendole ingannandole le ombre in un impasto di simile alla pioggia il mare vorticò creando un gorgo pigro raccolse le ombre dei gabbiani fremettero le coste si rivide scempiata la luna) 22 - 4 l’aria fiorisce una muffina di foschia in questi tempi di speranze immature l’invisibile ordine delle fratture compone nel disequilibrio una statica delle flussioni a cui offre l’improprio nome di quiete mancano ancora parole adeguate per dire per essere quanto si è manca la vita (il pensiero di sé figure spostamenti nell’ordine dei vuoti) un vento meridiano grattugia le foglie delle strade odori di cose bagnate riponi gli anni nei cassetti delle doti non marcati dal sigillo degli inganni 134 23 - 4 qualcosa del fosco dolore di una faccenda domestica malamente nascosta la gobba della luna a ponente appena un falcetto come si dice sotto l’astro folgorante ma velato liberati dal sole cieli chiari larghi nel flusso verso le sere vanno i grandi quartieri vaneggiano gli spiazzi e i piazzali e i lisci asfalti sotto volte di lampioni qualche rimorchio di proporzioni enormi sosta disusato hai rovistato dentro le consegne gli usurati fogli di accompagnamento insegne loghi oggetti trasferiti campi ancora liberi pietre traforate ore di ere di età poi qualcosa di non saputo ore di istanti di istanti di manchevolezze l’indolenza quasi fosse di altri (amiamo dunque confonderci ancora mescolando alle parole di prima un fascino della precisione dilatata alle visioni di un cosmo antico antico dominio di figure non procediamo più nelle letture vele di metallo contro una arida metafisica di vento) 24 - 4 alla fine era tutto molto vicino piccolo e vicino e il gioco quello di catturare le prede e il profumo dell’erba crescente e le vivide stagioni degli inverni nell’aprile fascinoso e malcontento sulle case affioranti di formiche non so - come farai se saprai se potrai il giro lungo di una umiliazione tra i tarassachi gialli e le loro brumose conseguenze 135 25 - 4 (nel momento acuto della disperazione - e tu sei disperato ancora ma non acutamente interviene la folgorazione o l’evento creduto impossibile ancora il travaglio non ha impostazione somiglia piuttosto a una dissipazione condita di moti di esaltazione o rimorso o il fantasma trasparente di una forma cui altre forme sono state assegnate seguono considerazioni sulla solitudine caro amico non ho consiglio o verità non ho consolazioni né tollero chi ne sciorini molto è illusione e si è soli ora qui nella persistenza di una meta alla quale non ti sai adeguare l’inadattabilità è pari alla definitezza quasi fossi un riflesso riflesso di un altro e il ritardo con cui sopraggiunge una certa impropria chiarezza presto molto presto decadente punti di riferimento punti di dissipazione o la sovrapposizione del campo dei magneti fisica invisibile dei moti delle voci voci su voci concordia inusuale (punti di fuggevolezza punti di riferimento) fede disciplina abbandono follia abbattimento di tutte le illusioni questa la presenza attuale tributo al proprio essere cosa nel buio principio buio del mondo sconosciuto scendere e salire la stessa direzione e conta non disperdersi conta non erodere i margini di altre indicazioni scegliere il limite del proprio destino (la morte no) (piuttosto la vita) mi ha scritto (:) hai visto le nuvole sfiorano i nostri volti oggi ho l’impressione di toccarle di immergermi nella loro soffice forma velata immagine pura col cielo così nitido (trattengo parole ricevute e aspetto il volto nel tempo che rimane) 136 (?) siamo geograficamente cosa cosa siamo nello spazio nel quale ci muoviamo rimane solo il racconto spesso oscuro l’irraggiungibile altro in forma di allusione rimane solo il doposolitudine non come non perché intoccabile pura epifania ripristino rabbocco insufficiente aggiustatura alla quale non si crede) la bufera ha scosso gli equilibri del giardino spargendo l’argento delle foglie sopra il verde dell’erba tagliata ma i merli perpetuano la cerca e il sole si riflette nelle vene del luogo caricandolo del lume delle ombre isolato piuttosto nel grande silenzio di ieri quando andava organizzandosi la nube e l’orlo della tempesta era il vedibile appena sorriso delle nevi (tra le braccia tengo una bambina eterna il vuoto catturato da occhi senza sguardo occhi colmi del vuoto so allora quanto gravida sia la distanza quanto sempre si sia separati) 26 - 4 giorno colmo di una atmosfera a cui la mente assegna la definizione di tristezza l’estremo candore un modulo di diaspore e fenomeni ma così così labilmente passeggeri e limpidi materici nell’apparire e prensili così virtualmente composti in un disordine di mese celeste quanto della condizione del corpo del tormento ansioso del crepuscolo poi si vive nel periodo calde correnti ascensionali della lentezza e della speculazione trasportano la pigrizia dei falchi fino a dove la vista si tramuta in illusione 137 27 - 4 l’assembleare compito degli uccelli rovina nelle grandi insenature dei giardini nel miracoloso mondo della cerca aprile sommerso dal florilegio cosmico l’intensa declinazione retorica del sé cammina sul filo dell’abisso 28 - 4 falciati i morti soffioni toccati dalla luce brillano liquidi riflessi garrula la rondine vola nel fienile gira in tondo in un cortile randagia una bambina aprile spiega i doni del profondo in trame intense di grosse fioriture ma qualcuno ne tronca gli steli conducendoli alle lapidi di nuovo nella stoffaga acqua del bacile 29 - 4 sotto il loto grigio della nube scivola sinuoso il dorato timbro della mattina sui peli degli animali si scandisce sopra gli spinosi limoni il nervosismo del clima agitando le vegetazioni manca il campo di attrazione manca la forza del richiamo nella polluzione delle primavere 138 30 - 4 abiti ancora le mattine invernali le discrete tazze della vita oziosa della pura pigrizia abiti ancora le brevilinee provviste di intimità nel parco diffondersi del tono di lampade cieche vado verso dove non c’è / alberi indicano l’arrivo della pioggia (si chiude la casa di aprile) 139 1 - 5 - 2004 il tuono ha sfiorato lontano il pomeriggio solare di un complessivo movimento nella elegiaca stagione di maggio ora la calma è questione di fraseggi tra l’ombratura e il chiaro (trascorsi dispersi per le strade sotterrati dall’odore della notte e il buio dominante di una schiva ora abbiamo vissuto anche noi esseri di estrema debolezza come mai dunque pare non si tolleri adesso la vita addosso agli altri forse per ammanco di memoria o per invidia di queste nuove età cecità di chi non può vedere natura oppure necessaria della differenza rinnovano le bianche fioriture le ortiche generose 140 2-5 pare dopo una certa età si prenda il cammino verso una sconosciuta infanzia le vespe valicano pesanti i passi verdi degli scarabei onerosa aria piena degli odori ritrae il vetro un falso temporale generato dal gioco dei riflessi intanto incanutisce il cielo e si avvicina era apparsa la luna nel mattino pieno foglioline foglioline serpentelli galline non sai se l’età tradisca ma la epidermide si fa più squamosa e la stanchezza arriva le ore più impensate torpore anoressia tormento di speranze 3-5 tracollo della cosa definita esistenza i sensi cercano appigli quando brucia i riposi la domanda generica intorno a quanto si è / alla cosa che si è (giorno non nato non cresciuto stabilito in una stanza oscurata visitato dall’osceno di una bufera ripiove sugli asfalti illuminati dai tediosi arancioni dei lampioni) donne alte alle finestre alte affacciano bianche i lunghi colli al mormorio fine della pioggia 141 4-5 gli animali presiedono al rito osservano con occhi lenti e tristi forse comprendono ma adagiano i musi sopra i suoli sospirando giorni nei quali ti manchi e residente in un sito non riconosciuto amareggi l’aria delle burrasche nella previsione dell’eclissi ora le crescite si sono compiute si sono compiute le varianti poche vacanze negate impegnano i folti in una opera aperta di mascheramento 5-5 alla piena epifania della luna e le stelle un oscuro brillio di pace è la concentrazione di un evento accaduto tra le parole e la grande conchiglia sul piano del comò dove ancora si vive il gusto asprigno di un mare mai visitato (a noi toccherà soffrire sopportare accettare leggere infide populazioni il disgustoso nettare degli altri e conoscere la perfezione) 142 6-5 il loto nero della dissipazione ha carezzato il volto immaturo della stanza dove ritrovi consueto lo smarrimento la separazione consueta da un regime di adesione a qualcosa riflessi come frantumi da un giorno non registrato dalle cronache stracciate dalla bufera la quale né trascina né consuma ma ignora e ignorando assieme svanisce purga la parola distillandola dall’alone rumoroso della contaminazione col filtro speculativo di intervalli valutatori in una meravigliosa correzione 7-5 le terre nuvolose si sono spostate (ma è quanto accadeva ieri) sereni capannoni nel sole delle sere tonale profondità la linea dell’alpe profilo delle nevi blu 143 8-5 furti o ricordi dal campo dei sogni sono forse le identiche cose scalfitture di ignoranza nuova o cartoline vive di arche in controluce intensità delle ferite procurate un labbro tumefatto da giochi sopra il ghiaccio la faccia sfigurata contro i sassi le febbri antiche amiche degli inverni (a tale proposito quanto mi hai scritto la settimana scorsa ha una sua precisione a una certa cifra si tende a ritornare) così si scivola sopra i terreni vallonati accanto ai nuovi fiumi interruzioni impreviste smarriscono ma accolgono paesi allineati le respiranti arcate dei palazzi tutelati dal vuoto dei quartieri (sono a quest’ora tutti a mangiare o tutti siamo fantasmi di noi stessi) (torna a dirmi qualcosa se lo vedi se incontri qualcuno o mandami notizie in qualche modo fatti insomma non dimenticare - rideva accanto alle care fioriture delle prime stupite camelie descrivendo lo stento del carpino romito nel caldo eccessivo dell’estate scorsa lo sfinimento gravante e la quasi persa speranza di una regione equa) non credo da tempo alla libertà (oltre la curva scompare il profilo dei tetti comincia la pioggia si ferisce il volto nei rametti infoltiti dalle piene di adesso) spesso parli sommessamente non ascolti nemmeno da bambino ho creduto ostinatamente oltre anche l’evidenza e non si tratta di propensione alla fantasia preferirei definirla resistenza neppure a questa età mi sento cresciuto rifletto sulla maturità quasi una beffa o modo per comprendere mi dico l’epifanica reazione della morte poiché ho stabilito le bugie non hanno le gambe corte la fatina le ha storte i conigli irrompono nel rito della sorte 144 9-5 tu non eri e non sei ma saliva il fosco permeabile sopra il corso delle terre al sole e si faceva più fredda la condizione dei luoghi e pensavi a quanto nel giorno avevi concesso alla vacanza al profumo dell’erba tagliata alle recise pratoline alla riva dei frassini commento precedente a una vita ancora non voluta però comunque dichiarata nuova il vento del sud dilapida il bianco sole dei tuoi primi anni degli incerti tuoi anni altri non sai rendere ragioni o nature i papaveri crescono dovunque 10 - 5 dentro all’impasto di maggio col risvolto della nube o la odissea di una soluzione al cobalto sopra cui si attutiva l’effetto del sole fino alla riva dei frassini e degli ireos fino a un limite di passi come di come di una processione le suole il ricordo lo stesso fresco ancora ricresciuto nel tronco di quest’anno snaturato (così raggiungo la piccola passione quando attendo allungato sul letto l’arrivo di qualcuno fuori canta il merlo fuori placa il giorno la perturbazione tu culli la mente delle cose recenti spostandone la eco cos’era e era era forse un niente ma ascoltavi e preferivi qui tra le diverse genti accostare gli scuri accendere la luce nel buio artificiale come sempre essere nello isolamento) luna apparente luna indegna luna nel principio di noie mondane e passeggere il territorio della notte trema crepa si sfalda duramente 145 11 - 5 nulla in questi luoghi affondati dove arriva radente l’impulso liquido della aurora e il corno della solitudine non conosce protezione (tu tremi tu tremi al contatto se tocchi l’arteria di un corpo accanto a te a te somigliante tu tremi tu temi la vita) 12 - 5 il mattino il mattino guardo l’indolente oriente mandare immite e calda un’aria di tempesta il pomeriggio sogno passo così il mio perduto tempo (erano condizioni di declino nessuno poté intervenire ma il vento all’improvviso calò di intensità calò poi riprese a raspare e raspare tra le foglie e i resti e strappare e rapire per poco caldo e tenebroso di altri porti) 13 - 5 quali regioni descrive l’usignuolo cantando dai bassi delle siepi quali ragioni offre la mia voce nel canto disperato senza attese (fu un viaggio notturno la brace riflessa dal lunotto i rari altri fari l’umido desertico dell’alba un dolce incubo di storia ai lati dentro al buio regolare delle cose follie alle spalle le città trascorse ripensi al poco archiviato all’archiviato poco della vita a quanto scemi il peso del ricordo) 146 14 - 5 accosta l’udito alle aule vuote alle scuole disertate ai cortili dove sola è la voce degli alberi e le cessate piogge prosciugano nei rivi muschiosi dei cammini delle acque il brusio perpetuo delle polveri sfiora l’alito dell’abisso vicinissimo 15 - 5 l’alba incide in chiaroscuro i corpi nutrendosi di essi ingressi sporchi di urina persi intonaci schiamazzi di fratrie litigiose sprofondamento nella mistificazione grande della storia nocolore stento su i giardini 16 - 5 rapidi riflessi colore del miele slittano sulla parete ora passa lontana una burrasca ne deriva l’uragano sotto il sole bianco e dentro ai grandi verdi l’impetuosa stagione si ritrova i fieni morti saranno raccolti scomparendo 17 - 5 fioriscono le robinie flessibili sfiorisce il corpo in un baleno oscuro e sotto nuova luna impallidiscono i petali nei fossi i semi imputridiscono (la intera infrastruttura del tempo dilaga nel giardino) 147 18 - 5 esiliato felice trascinato dalle calde correnti ascensionali un sacchetto penetrava l’alto azzurrocielo i gabbiani spazzini ruotavano e planavano nasali e chiocci sopra le discariche un soffio teporoso trasportava l’odore delle plastiche imbevuto a regioni più profonde dell’umore delle cose rifiutate liberato dalle voci degli altri segui il tuo vuoto ubriaco di vino e di sole 19 - 5 non rammenti l’ultimo gesto e gli errori intervenuti le azioni agite le cose fatte il corpo nello spazio la tradizione delle fondamenta gli oggetti stessi delle discussioni non rammenti più nulla se mai qualcosa è stato l’ultimo scorcio della notte di ieri la punta delle dita di un incubo se poi tenterai correzioni possibili comprenderai di non avere udito [(in qualità di documenti veniamo dimenticati tutto non autorizzato ((fuori un vento forte ripuliva il giardino c’era un aspetto nelle cose incomprensibile)) cosa accade cosa accadeva a questo punto e come nel saluto agli orli dei fischi ansimanti dei cani sulle soglie la provocante mole della oscurità] mi invii dai tuoi sonni oracolari inni alle nature evanescenti di conversari affannosi col profumo intorno di una tardiva estate poi parti e veleggi verso sud con un bagaglio minimo la mente colma di futuri in un ricordo di insonnie misteriose ma è quanto indimostrabile interminabile della fine a sconvolgere il siero della continuità 148 20 - 5 se parola sia altro da un comune rigurgito di cibo rifiutato e rimandato giù (come mai stanotte non potevi non riuscivi non sapevi entrare nel magma bianco del sonno e celeste come mai turbamento da quale eri tu tormentato sopra il tuo stesso corpo le visioni atre l’armonico dell’interminabile la scossa cruda del non sentire intorno ) 149 21 - 5 bambino questo è il tuo anno zero non hai ancora una cifra da offrire a riferimento vivi e non vivi galleggi in un incantamento di forme ancora vaghe grandi e rumori i quali non comprendono e tu comprendi loro nell’odore nel sapore preciso della condizione ti ho posato sul letto a pancia in giù ti ho grattato la schiena hai dormito dopo qualche rampogna tra te e la natura onerosa del tuo anno zero fuori fuori davvero da un’era fuori da un fascio di voci noiose e renitenti così puro nello spazio dei tragitti tra le stanze nel golfo di tempo senza nome perché ancora ti rinuncia la parola e ti accoglie un sonno protettivo sotto uno sguardo sospeso e serenato ti aspettano cure possibili difficili cose della esistenza inquieta ti faranno smarrito e dubitoso saprai del procurare dolore del riceverne anche in una dismisura di contrasti non è questo il mondo augurabile a te e neppure il migliore tra i tanti ma è e ti tocca in una incomprensibile teoria di apprendimento ripristino e di riaggiustamento oggi ho passeggiato frettoloso le scorie di strade levigate dall’estate tardiva ma violenta per vederti sorridere senza ancora certezze ignaro di quanto accadrà ma sia pure un istante isolato possa ancora visitarti nel domani ( vento di pazzia caldo secco feroce indolente in un maggio neutrale e disattento - oggi era quel giorno - lo spazio sprofonda nello spazio l’acqua abbassa la linea di confine ) 150 22 - 5 (soffiava vento forte ieri e le vie di accesso ai paesi muovevano a grandi libertà stavi coniugando la fine di un’era forse descrivendo una breve distonia l’effetto di un raffreddore lo scempio cronico della indisposizione al qui ma le ere non concludono o implodono // scuole sospese libri bruciati o peggio allineati in dormienti biblioteche mani nel fango benigna incrostatura profumo di fieno illimitato seducente lungolargo pomeriggio [ti svegli nel miele cullante di voci di ozi di bambini oltre gli angoli del sonno in una soluzione atemporale clacson di automobili il luogo del corpo la sua geografia fatta di echi soli il letto una provincia il giardino una età priva di cifre nascondiglio la siepe ronzano pacifiche le azioni degli insetti oltre le quinte del mondo conosciuto (hai dormito un sonno bianco fino alle voci dei giochi dei bambini e nel risveglio eri senza età)] 23 - 5 la intemperante luce sulle foglie del noce si placa nel passaggio delle nubi mutevoli randagie il vento sfiora le rose rampicanti e se ne va là si presume il mare e l’anno è già finito 151 24 - 5 cerchi di ombrosa luce ove si risiede cerchi d’ombra ove si succede nel magnetico mondo degli inganni le streghe interrogano l’ipocrisia degli altri senza stupore senza presunzione le punisce la paura altrui la mole stenta della illusione lo stento timore della disillusione 25 - 5 un forse appena germogliato e già vizzito in un declino subìto patito quando spoglie umide di sole marcano i siti dei giochi delle estati i ripostigli pullulano di trasparenti intensità nella età magnifica e feroce delle gare perse forse troppo difficili con chi più cresciuto sapeva ingiuriare ferendo gli indifesi la debolezza non è è la malvagità della domanda posta con la fine crudeltà di una incipiente fine delle cose [(le morti giunsero puntuali nello stesso mese di tre anni in tre con la cadenza atona dell’è coltivando un campo di silenzio e inquieto) un’aria adunca sposta i rami poi li ricompone] viaggiatori mai partiti sanno il tardo inclinarsi delle piane verso le onde pietrificate dei monti e le regioni convulse del cielo il miraggio di un arrivo prudenza della follia 26 - 5 la polvere bianca dei ricordi si disperde nella pazzia di maggio del disporsi ulteriore nulla si sa se servirà per costruire altro quanto urga ancora e quanto resti a gravare nel fiordo della cosa che si è 152 27 - 5 donne offrono nulla nulla c’è da scambiare in una posa tra i fiori sfioriti dei giardini nelle cure dei prossimi inverni l’inquietudine tua cerca il sentiero oltre la siepe degli usignuoli e i sassi della massicciata verso i cammini dei tralicci smemorati i cani digrignano tormentati la voce incurvandola in un broglio di umori storditi dalla violenza dell’abbaglio pomeridiano dopo soltanto i merli restano a fischiare sopra il filo oscuro degli eventi qualcosa non so cosa ha sfiorato il prato delle diciassette 28 - 5 l’uggiolio nella coltura del buio riconduce il tormento dei cani la veglia abrade lentissima la febbre del corpo così comincia la lunga agonia delle ore prime delle future tenebre corso delle opere acutissime dei cani aspre le torsioni nelle gabbie le mattine si rovesciano senza posa sopra i voli le rose inclinano sporgendoli i petali perplessi dalle stanze ora qui adesso una natura sabbiosa grigiogialla dove dorme la fine della pioggia 153 29 - 5 non sei stato abbandonato in una terra straniera ti è toccato in sorte in questa vita seconda di cui hai colto solo adesso la essenza allora quando sei rinato hai ricevuto in compito un dovere un sapere incomparabilmente ignoto di cui nulla conosci però senti ti avvicina al poco della cosa al puro volume della semplicità utopia le città utopia le campagne affondate le isole senza ritorno il mare si allargano lande di robinie 30 - 5 ascolti il tormentoso ticchettio cinguettio tedioso degli uccelli la afonia del traffico passi il polpastrello sull’orrore di una conchiglia grande le cose i volti sfigurati semidistrutti dall’uso dello sguardo la linea dei guaiti dei cani della vita (già ti differisci nella sera) hai ticchettato la catastrofe in un compito creduto impresa sublime invece quasi fallimento travaglio in attesa della fine 31 - 5 i cani della vita conducono agli orli neri delle costellazioni il mese salta violento fatato distorto in questo vincolo estremo irriducibile tragico patetico ultima ragione di una esistenza vana (si chiude la casa di maggio) 154 1 giugno 2004 [fuori è un anonimo punto di flussione dell’anno arco amorfo palpabilmente ineffabile si avvertono esistenze avvolte da una bonaccia sieracea scioglimento dei più tenaci vincoli o esilii corpi abbandonano umori di agonie irrisolte e i coloro sfiorati chiedono soltanto nell’efebo mistero della vita] il tuo sangue ha la stessa forma sempre cade nello stesso punto certo solleviamo le passioni ma ne siamo torturati 155 2 - 6 (descrizione occidentale) oggi c’è un cielo grigio che mi rende veramente inquieto (sms da mm) l’ipertrofica massiccia presenza delle folle lascia sede alla metafisica notturna apparente desolazione dove si è tra pensiline dei carrelli e parcheggi vuoti e le illusioni dei lampioni inutili gerarchie di merci tacciono stoccate sotto la tenebra bianca e nebulosa si vaga dimentichi di mete parlando di nudi corpi solo così così soltanto per non udire le frequenze dell’abisso si cercherà in altri tempi un feticcio a nuovo ornamento delle aule bianche sul fronte altissimo delle grandi discariche sotto il volo lubrico dei gabbiani come adesso sotto le volte dei tigli inodori si lascia a lato trascorrendoli i cassonetti grigi e ricomponi il vuoto artigliandoti le mani si è mai stati cose usate usurate dimén ticate si è mai stati oggetti sottratti alle mani di qualcuno utensili logorati dal lavorio di questa etica totalizzante e ipnotica uno chiede qualcosa una moneta o altra merce di scambio ridendo gli si dà una sigaretta e il volto cerca un equilibrio oscuro mentre la tenebra bianca si sorregge e si solo per poco sopravvive l’aldilà l’altrove cosiddetto la fantasia di un luogo migliorato si è proprio accanto ad esso nelle forme compiute riciclabili mutuabili e passeggere aldilà un aldiqua di virtuosi epifenomeni mancati senza struggimento depredati fagocitati triturati espulsi fuori aldilà tale tessile precisione nello scomporre nello archiviare perché si compia la cancellazione ora il pallido occidente vela gli insediamenti e ancora si annotava il negro tenore delle acque amorfe di sotto i coltivi e si annotava (:) qui no destino o meta e poi incolori totali della esistenza e poi ancora per adeguatamente concludere (:) standomene così sopra il cortile sporco della stagione (più tardi si osservava una lucciola presso la siepe) 156 3-6 condizione meteorologica degli esseri adeguata allo stabile dimesso dei luoghi devotamente le tortore preparano il nido filo d’erba dopo filo di filo devotamente il mondo animale completa rigoroso un compito di riproduzione devotamente qualche individuo si allontana dagli abitati verso regioni di eccezione un volo sublime sovrasta dopo gli abitati voluminosi parallelepipedi dei boschi questa cosa implosa dopo il balenio della notte il turbinio dell’uragano i petali dispersi sopra l’erba (come stai non so forse troppo compreso nella parte del profeta accecato silenziato condotto in catene nel centro di città quasi in un bacile di sogno si specchiasse un volto alle mie spalle e io volgendomi incontrassi nulla // oscuro sonno perpetuo degli altri o il tuo nelle veglie apparenti 4-6 la noia abbagliante delle grandi aperture di calura schioda i luoghi facendoli oscillare in una lontananza di impressioni spremiture di caos dense di morti improvvise abbacinanti energie di ritorno scotimenti duri contro il duro cielo (il dondolio declinante dei rami avulso da ogni titolo di ora di stagione gli stivali di gomma verde gli attrezzi allineati contro il muro pala zappa badile rastrello il terreno rivoltato a metà l’altra ancora a riposo rimarrà quell’anno della fine dell’orto del nuovo giardino curato da altre mani breve verticale intensità fino al nucleo più denso di quanto hai salvato il resto una deriva di foglie sotto l’impulso meticoloso della oscurità) 157 5-6 racconti i tuoi viaggi verso corti vuote delle giovani donne sboccate alla osteria dove la notte si chiude perpetuo nei tigli lo sgocciolio di questo mese invaso da purezze materiche di vento ardua sera proiettata al volume levigato e bruno di uragano dopo il vento stregato il pomeriggio sopito ripreso e inquadrata nell’ambito dei fari transeunte la pioggia è un brulicante fugace sfavillio negli oscuri albori hai cercato invano concordanze tra te e te ancora appartieni alla collosa mollezza della sbornia non sai vigilare sugli anni hai tentato un equilibrio sui piedi hai ceduto e vagato con la mente in una questua vuota solo un ratto sparito tra le erbe il gracidio composito nel campo la puntiforme brillanza della pioggia e nascerà di nuovo il suo prima costellazioni effimere il passaggio di un pianeta sopra il sole tarocchi meteore l’avariato veleno dell’aria il sapore di ortica del vino [non è ancora silenzio claustrale nelle chiuse sedi ipotecate al tempo] 6-6 passano gli uragani nella notte spargendo petali e vento intenso brilla il mattino disegna ornature di ombre sopra i prati nulla nel principio nulla nella fine angoscia sconfinata tra gli estremi (eri fermo al favoloso delle infanzie stregato da indugi di paure hai tracciato cammini di fuga incontrando dovunque la cosa ora la tua infanzia non esiste più chiedi all’ombra un riparo di parete vanamente intendendone la prova // colti dal tono precipite della lucidità non si abbandona più la posizione camminato sotto la stellata profumo d’acacia e di rose attorno gli echi ricadevano canzoni 158 7-6 l’esplosione della luce schiacciata sui selciati dal mattino provoca ombre violente nell’indolente compito di giugno localmente piccoli vortici qualche ramo nudo e secco veglia la disillusione a cui è destinato ((?) la morte dilatazione si fa penosa quasi pietosa tanta domanda fragile per esito e ridicola) svanisce in fretta la memoria della tempesta breve non so la sua 8-6 io andava così pensando nel torbido mulinio della solarità del mese quando serpi e rose convivono amando siti spinosi il silenzio verrà silenziato tacitato vietato tramutato nel confuso miraggio dei rumori così nel fermo abito caldo dei luoghi e ancora (:) i morti conducono ai vivi e i vivi prima o poi saranno morti e i morti si cancelleranno le cose resteranno immemorabili e miti sotto ventosi tentacoli di polveri (bruciavano equinozi i fuochi sui riposi delle terre) la notte profuma di tiglio e sanguinetta aspra quasi acida e voluttuosa i galli scorticano la oscurità i pianeti orbitano torcendosi e si sposta la crosta della terra in millimetriche geologiche rapine 9-6 cercavi nell’universo mondo una traccia possibile dentro alla noia indolenza subivi l’influenza magistrale del farmaco la rallentata vanità dei tuoi propositi il canto degli usignuoli tale nei principii dell’alba primeva (il buio alterava le parole lampada accanto a bottiglie) 159 10 - 6 il farmaco si allunga sulla spiaggia del corpo nell’ora dello zenit il corpo riluce dello oscuro barbaglio sotto carezze ignote quando sarai molto tardi una traccia di lumaca sulla polvere 11 - 6 tenti ancora la possibilità dentro lo sfascio nella forma di un avvertimento o del richiamo nei modi oppure di un rimprovero civile a cui sai - pare - nessuno porga orecchio chiedi donde provenga al giardino tanta costanza poi volgi la attenzione agli oggetti costruiti e alle discariche la mente si dirige qualcosa divide dall’ordine disordine una misura appresa mai a memoria un catalogo di azioni poche semplici note la paura non la morte la fame la sete essere e sopravvivere affari sbrigati senza volgersi alcuno si abita un altro sito dove nulla - pare - appartiene visitiamo in qualche modo pulpiti di domani la fredda consistenza delle carni in filigrana il grumo del viso la sposa fatata delle nevi - intrappolate da sé le grandi vespe disperano il soffitto alla ricerca di una ulteriore noia nell’accecante astro dei mesi del digiuno soffiava ieri nella sera un morbo caldo sulle spighe semimature e sulle lame dei fiori palustri soffiava caldo verso le versioni di una terra mescolata alle maledizioni un tormento di aria calda e violenta a torcere folle le foglie in un bianco di argento ossidato la cera del cielo parlava di incendi ingredienti strappati alle terre e portati dovunque la notte riverserà la paura degli astri funamboli insani (chiudi i conti abbassando le palpebre stringendole sulle pupille contro il suono mostruoso dell’uragano i cani vegliano fedeli i turbamenti delle menti più deboli 160 12 - 6 perché ti volgi come ti volgi dove ti volgi a quali punti scardinati erranti sulle avide croste dei deserti nubi tese di neri balenii (i piedi calano pesanti sui gradini le grandi macchine delle stagioni arpionano i corpi alle pareti e appesi pencolano nel polverio dei ripostigli nell’atomico brillio inquadrato da un raggio diagonale ti volgi all’azzurro implacabile o quella notte sorse nella oscurità un lato bianco di continente in cielo propendevano gli alberi a partire vaghi e feroci scossi suoli e foglie ma l’alba fu una enorme delazione piansero le erbe il sangue dei comparsi (lasciami nel semisonno metamorfico dentro le figure di una ricostruzione senza filo carte geografiche mobili tracciano estimi immemorabili un nome spostato una insorgenza di piani il mare la cassetta zattera nave veliero lo sconosciuto smagrire del prima e dopo (ma - pare - avverrà nel quarto delle notti una frequenza dalle superfici e tu saprai di averla raggiunta) // il cielo comincia dal basso per questo ne siamo gli abitanti 13 - 6 una nicchia di rara penombra nel picco del giorno ricoverava sul cavo accanto al palo una civetta tardiva di cacce nello spazio aperto devastato della valle tentava sottrazione al fagocitante non mistero dell’essere e non essere dell’essere forse appena nella violenza del racconto del vento e le apparenti mestizie delle spighe e le erbe prostrate e le acque levigate dei canali accanto allo sprezzante manifesto dei papaveri scivolava così sull’asfalto l’ombra rapida di una rondine in volo nel largo teso dei gironi della nube l’imperante presente si scinde sparendo i corpi dei giorni divorandoli 161 13/14 - 6 petali persi delle rose setosi stanno sfibrati sopra le erbe sotto le coltri notturne 14 - 6 tutto il circostante dall’orizzonte tempestoso sopra le catene al torbido intruglio del fossato a lato pareva oppresso dalla gravità faticosa la sua epifania un volo sghembo affannoso intimorito la fuga delle gallinelle il nervosismo opaco delle anatre e nel riflesso i papaveri capovolti nell’alea delle acque (inqualificabile opposizione delle cose) dire l’attimo convulso della storia di un volo la ricaduta trepida tra gli spazi erbosi dire l’oscuro turbamento dentro dove il branco ha preso un movimento di paura dire anche la nube di fondale sollevata dire tale dell’oggi indicibilità il tatto madido freddo dei petali nel prato voluttuosi stranamente e lisci umore ancora vivo dei petali perduti 15 - 6 lasciami in questa penombra forse più pura della complessa impurità dove si respira e sarà distorto l’apparente vero e il nero dei boschi e il celeste etereo delle sabbie cose dovute dopo e prima riparo nella marca bruna dove deboli difese salvano però dall’incanto mostruoso di un glabro mese immaturo e già cresciuto strepiti di uccelli globi di foschia ventilate sfasature piene troppo di tempo triturato il corpo si discioglie in una ignota matrice di calma (è la terra non si sfugge alla terra - g.t.) 162 16 - 6 presto tutto sarà finito anche la araldica invadenza dei papaveri grovigli di tempi precipitano nella noia devastante delle spighe il grande tempo è morto il presente prospettico perpetuo moto di una distanza certa ora è la tattile fisica attualità nel fruscio degli elementi nella stretta dove si filtra l’impulso della vita nelle prossime estati vedrai le ombre parlerai con esse dei tuoi passi e mai più ritornati 17 - 6 hai tradito procurato dolore hai tentato raramente la sorte questo il dato immediato più forte paura o mancanza di coraggio statica epilessia di un urlo abbagliato di fogliame dietro voci interrogative e roche tutto è giocato le masse delle polveri ricadono compatte sui deserti mietuti hai cercato misure hai trovato la morte il sole uno sbiavido pus sul metallo azzurrigno degli asfalti 163 18 - 6 condizioni simili annullano facoltà di riflessione accecano il mistero del pensiero implodono ingolfano il respiro sarà una afa progressiva accanto al margine dei luoghi coltivati sopra i verbi delle rane frammenti di ricordo leggere devozioni le grandi notti tradizionali sorvolano i tuoi corpi divisi i corsi sfuggenti oltre le date i calcoli fissati nelle pagine ruvide di vecchi abbecedari il caso si avvicina sulle erbe si allontana recando cose vive nei trapassi 19 - 6 anche l’oggi possiede l’istinto morboso allo sfascio al trascurarsi anonimo di oggetti e cose foschia profonda in orizzonte nullo e il torbido tradursi nell’illimpido la mattia del vento alimenta l’improprio sfarfallio di polveri e pagliuzze se ne trae a conseguenza l’allucinante barbaglio di una ala bianca in volo la tensione tra occaso e settentrione una promiscuità di moti disastrati violenza massima di sperperi conclusi le correnti dei passati evolvono nella ottusione opaca sopra i sudori complessi sopra gli erbosi vizi delle terre e il disorientamento degli stormi e si comprende adesso l’oberato dei gesti l’incolore e l’arsura l’astinenza totale il macilento abito dei siti questo sarà domani un altro ignoto lo stesso ma altro di domani (le noci della tenebra piombano sui suoli storpiando il fruscio tra il fogliame e rami e si dilata il tonfo nelle erbe il siero nero delle scorze verdi l’amarezza dei petali vizziti) totale azzurrigna la nube opaca ha ora posto ordine inquieto sopra i luoghi i luoghi intendono e non reagiscono 164 20 - 6 (sequenza) greve coperto ventoso calco di gesso ancora in facimento i ragni hanno tessuto una tale anomalia di ore collose di ricarico di inutili tensioni giungerà forse la pioggia dalle falde del solstizio e salirà per i tronchi de i noci gli uccelli piombano cattivi nei bambù i neri uccelli nelle oscure parti sulle foglie delle rose le gocce della pioggia il fogliame scosso si torce si protende la frutta poltrisce nei cesti e fermenta la buccia crespa delle pesche bacia la pelle molle dell’albicocca scura reciproche si intridono del siero sei ritornato dai luoghi silenziosi e dalla calma inquieta proposta dal cielo completo delle nubi prima sotto rarissima una pioggia poi nel caldo regime del sole uscivano le lepri nessuno si affacciava alle porte osservato lo eri dal tuo stesso cammino a ritroso là dietro il fogliame nero appare e scompare un pianeta l’orsa maggiore è zenitale il cielo oscuro dà tranquillità esso tessuto da punti luminosi indica la traccia del finito offre ai sensi una disposizione alla voce qualcosa come un nome (e poi è fresca la qualità dell’aria il vino gonfia le dita e vuoi dunque dormire) 165 21 - 6 il cane sentiva le lepri ne vedevi l’ordito turbato nelle scosse secche dei vertici dell’erba muovevano la danza triste dei sonni delle terre giungeva l’odore di un fuoco nel tonico fresco della pioggia poi le rane nei fossi il ronzio di un insetto indagatore il passo ancora innocente nell’ingresso il mistero della luna cresciuta sopra l’oscura stasi del giardino nero 22 - 6 crepuscolo ore 3 e 30 nel telo moroso l’ombrello di penombra aperto sul giardino l’inquietudine infinita di fasi senza fine punto sincretico di tentativi vani nei cammini dei solstizi nelle occasioni di sempre nelle sempre occasioni di ere sempre identiche si riapre la questione dei coloro apparsi in sogno possibili fratture le cassure un consiglio mormorato poi trascritto nel distendersi opaco di un crepuscolo e prealba e prelucore la pazienza stessa delle foglie (come sai eravamo accanto all’albero quando il temporale ci colse sapevamo il rischio della passione ma i campi avevano il respiro alto di una voragine di noia e noi colti dal suono ristavamo pietrificati nell’oneroso avvolgimento della nota del tuono ripetuto spaventoso lo spaventoso passaggio di una ombra) il sonno marcisce imputridisce la ragione del riposo 166 san benedetto/gorgo ore 4 e 30) campiture ancora di grano tralicci disorientati nell’inerzia dei vapori le civette attendono nei crotali dell’alba un caffè e una brioche sono quanto di meglio possa offrire un giorno appena fatto in verità la piazza non è piazza piuttosto puro spazio anfiteatro accomodato tra piccole facciate teatrali potrebbe all’improvviso scagionarsi ma preferisce scorci di sutura le apparenze resistono così alla invadenza della dilatazione sali spiga dal diaul va su va su a cui poi fai seguire le case affondano riparano nei folti cammini nel raccordo vigoroso dei sensi nello storpiato complesso di pensieri accantonati dal punto dell’oriente lasci alle spalle i pinnacoli de i campanili addentrandoti nel sereno di una nube fatta rara e viola dolcemente conosci il nord la sfumata altra tensione dei terreni e le riapparizioni delle lepri completa è l’osmosi dei vapori quando sorprende il freddo della luce si adatta il corpo all’umore bagnato della brezza alle complesse spartizioni di potere marcate da escrementi poco oltre la riva la corrente dimentica di sé e plastiche galleggiano immobili bottiglie mentre i pesci balzano fuori dai fieni falciati giunge l’odore insistente i tetti recano vecchie marche di brine poi il sole accade la nube si riforma 167 23 - 6 ho dunque sperperato scialacquato arato un campo sterile di corpo con insistenza ottusa col male della ostinazione la presunzione di avere compreso quando nulla ancora lo è // poco sopra il sole la intensità perduta e la luna era madida affogata nella condensa sonni appesantiti nel campo appesantito della notte i parlottii confusi sotto i rami in questi lutti onerosi della luna il territorio è basso adesso il loro la vita è dove esiste è solo questo la vita è dove esiste 24 - 6 tutto ti sfugge gli stessi corpi abbracciati brume svanite nel disciogliersi dei giorni non è facile esistere in tali condizioni le notti oceaniche non asciugano nulla gli oziosi panni madidi di te i desideri di spaesamento la nebulosa di paura attorno aggiungi il vento dell’oggi le trombette delle vespe cercatrici (qualcosa ti deve essere accaduto credo si tratti della vita per te la tua vita individua dispiegata coi definiti limiti e orizzonti sei giunto tardi per chiedermi qualcosa io non ho voce per simili notizie più tardi ti accompagno nel saluto affondiamo ancora dentro al buio esserci accanto è quasi un palliativo ma nel saluto l’angoscia ti riavvolge) prede dei nostri infantili ristagni gli alberi sospirano pensosi (i bambini si appartavano nei recessi della casa si scambiavano reciproci segreti deviate parole azioni proporzioni) 168 25 - 6 l’espropriazione della memoria comincia da medaglioni di parole sciolte poi nel regime del semisonno le premonizioni non hanno nulla di particolare si evolvono in forme umilissime di oggetti qualcosa si sottrae inabile al chiarore docile alla insistenza cogliendo la corrispondenza tra il cumulo dei giorni sopra te e le tue sottrazioni dentro essi (come stai mi interroga la voce nessun riparo all’obbligo di indagare la qualità della domanda il modo in piedi la schiena contro il muro) rondoni alla deriva nel cielo polveroso metti le mani nella sabbia gioca con il mare 169 26 - 6 il risveglio è un rito senza meta sotto la fresca trasparenza delle sabbie reca la luna il fantasma di sé si riversa completo l’autunno di giugno sugli alberi alti e flessibili dunque è trascorso quanto agito essere doveva dalle livide mani di istanti dopo istanti le terre fragili salivano verso le voragini del sole ossessivo depredandone il campo e nascondendolo i rondoni cullati in individui naufragi e lontanissimi trascorre sopra i pellegrini la intenzione delle estati svigorite e i prossimi torridi sanno vecchie sfinite eredità senza passioni nel campo indolente del cielo si smarriscono i rondoni (poiché gli spazi tutti stanno diventando ingovernabili) giorno questo di capitolazioni cieli smarriti nei colori perdono tensione e si dilatano aprendo alle separazioni late e lontananze l’ora si smarrisce si smarrisce il senso dell’insieme allora l’immobilità precaria inerme di una stagione superata sperse correnti campiture vaste orizzonti tormentosi lembi bianchi oggetti isolati immobili solo nella apparenza ormai sconfitta da un ordine di uscita dalla scena (inverni cosmici cancelleranno le passioni e non saranno i nomi a rievocarne i lidi) alimentata da lunghe prospettive tra gli stabilimenti l’eco dei versi degli uccelli riempiva le zone metafisiche fondali astratti nature artificiali il glicine spompato nei fiori storpiava le voci nel riverbero i suoni del silenzio 170 27 - 6 volevo per sempre dominare lo sconosciuto regno senza tempo dove la morte passeggia incapace di essere atroce ci siamo addormentati sul fare del mattino così abbiamo creduto ma la ora non era così tarda e era già trascorsa la stagione [(gli uccelli valicano lo sguardo è fumoso l’ovest del sud la babayaga l’ha portata via si stringono i lacci del tempo) cerca le uova covate segrete tra foglie appuntite e terrose cavità mani di terra e sassolini mani intimorite dalla pelle delle rane quanto mi dai pretendi quanto vuoi la debole luce della lampadina apre al grande mondo delle botti] 28 - 6 avere paura la prima grande vita la seconda tentare di arginare la paura confinandola nel limite raggiunto e non varcato (sei alle prese con l’incapacità di sciogliere il nodo del sogno scaglie di scorie depositi di onda sulla sabbia nuda solo parole del non non hai mutato volto non hai mutato corpo) il caffè penetra caldo dentro alla febbre notturna della mente ho imparato a nascondermi senza artificio solo stando in silenzio e in inazione (difesa era proprio nel varcare coi bianchi sassolini tra le dita il gambo dell’ortica finalmente reso innocuo dal tatto abituato) da dove deriva la spaventosa natura nella quale agite tale pareva intercedere la sabbia condotta nel vento della loro inquietudine 171 28/29 - 6 tentacoli della trasparenza le foglie bianche dell’acero bevono il giallo riflesso della luna la luna trema e cala 29 - 6 dove vai vuoi seguire gli inganni della vita da nessuna parte le parti giungono a me ne ascolto devotamente il ritorno hai seminato amarezza raccolto un acre stupore questa la perla della tua eredità quale opaco istinto sottrae alla pietà quale bianco terrore già arpioni le umide piante di settembre 30 - 6 l’immaginifico mondo partecipa del vostro turbamento nel giardino incolto i bambini giocano a nascondino non si trovano soffiano via il tempo delle fate cattive conti la faccia delle lune sulle dita chi erano i bambini dove erano i volti loro sconosciuti le fronti fresche di sudore antico dove era il campo madido di ottobre la palla la siepe la piccola morbida noia ridono alcuni anni maturano lenti altri in fretta decadono tutto però indifferente agli umani tentativi di redimerne il corso nelle date gli anni sono irredimibili e ignoti recitano segrete esitazioni (può capitare di incontrarne la fine in un istante di perduta tensione quando colgano i sensi impreparati un fermo assoluto delle cose) 172 30 - 6 / 1 - 7 il noce concorda con le acque della tua fantasia (si chiude la casa di giugno) 173 1 luglio 2004 te salveranno i sogni le parole degli anni la piccola ferita succhiata avidamente il sapore metallico del sangue te salveranno i sogni le tue avare derive nei luoghi della sera allora il vento titillava sensualmente le foglie della vita da qualche parte era bufera raggiunta e superata invisibilmente l’incaglio fastidioso di una scheggia dopo tolta via con la punta incandescente dell’ago affumicato 174 2-7 così si comincia il giorno liberando il corpo dalle scorie della notte o della vita forse lo stesso una ignoranza e l’inquietudine di dove o di visioni di profili sempre più sempre distesi verso un là arrangiato nella frettolosa toeletta dentro a stanzini asfittici poi fuori nella smagliante indifferenza colto dal bagliore di un ricordo senza conseguenze nel dialogo incerto con l’età nel mare calmo dei vulcani spenti si cerca una consolazione 3-7 la nube tracima dolore dalle luci degli agglomerati ma la luna trapela ferma dal gesto della terra sopra le mandrie bianche sopra i campi arsi e chiari di vento verso l’invisibile eterno del crepuscolo ti formuli in una portentosa catatonia cammini fino ai limiti dei passi tra alghe aggrovigliate e forme vegetali dei tracciati delle acque sulle sabbie grigi e bianchi i corpi nuvolosi 4-7 dunque lo spazio non esiste esistono luoghi della sua apparizione punti dove si forma respira poi scompare l’indifferente esito della vacanza ripara allora all’ombra dei bar tra un lunghissimo caffè e un bicchiere di acqua fresca e naturale si interrompe così lo scorrimento le donne traversano tanta tanta inanità con la facile andatura della esperienza vaghi sottovento sotto il sole nella ipnotica meraviglia delle cose lontane piatti appezzamenti delle rocce marine il falso tormento dei gabbiani la nebbia calerà sopra i tuoi passi sopra le alghe colore della sera 175 5-7 nulla da rilevare in questo ovest atlantico nella inquieta latitudine della mente sotto la poca pioggia sotto i teli protettivi sopra le terrazze dove qualcuno distrattamente mangia nulla da rilevare neppure del domani amorfo in una distrazione dolorosa del campo non arato delle opere (è stato un mutamento nell’ordine del suono là il luogo comprendeva un altro spazio un intervallo altro qualcosa di accaduto e si sentiva l’ingresso non cercato in un proibito non saputo lamentavano nasali i gabbiani e si affacciavano oltre poco le dune ronchi stenchi di foreste ustionate nulla giungeva d’altro o solo il fisso resistere delle cose minacciose l’inquietudine rinata nel tuo corpo i piedi penetrati nell’odore salmastro dalle alghe dopo sei tornato sfiorando fischi minacciosi e bassi di uomini nudi accovacciati sulle rocce mentre le donne scoprivano i seni oltre le dune il volo del falcone // la // pace del dominio // scosso ma // non tanto dalla presenza estrema di una orma nuova sconosciuta invadente il mare calmo la risacca appena ho visto creature a metà palpitanti timorose sporgere dalle erbe aride cresciute sulle sabbie altre sotto lune bianche e ferme spaventose uomini cercatori si allontanavano fino al limite d’arretramento della marea cauti movimenti di rapina e loro tra le sabbie e gli abbaglianti candori di garzette si cammina dove prima era l’oceano si ascolta il liquido brusio delle conchiglie 6-7 la costanza del vento ha sciolto le terre dal compito duro di restare le terre migrano senza destinazioni (così sulle pagine bianche il possibile di quanto non accade) l’oceano si protende verso il proprio limite disposto in una calma bassa di progressivo arretramento anche il soffio del vento si fa più delicato bacia la tua mano tacciono i gabbaini molto di quanto giunge cortese allo sguardo possiede la grazia di un devoto cliname di una moderata evoluzione 176 7-7 come piattini dei morti ticchettati dalle pallide unghie i metalli delle alberature giungono secchi agli orecchi dai moli visitati dalla eco alta del fiotto sotto le spente voci della notte il grande deserto delle sabbie tu sei qui nell’area di mezzo di un mondo ricresciuto 8 - 7 (combray) come sai il tempo è inevitabile e qui la terra riluceva di sé (la casa è fermata il giardino inviolabile il prato battuto da giovani fiori poi volati via l’acqua scorre nei lavatoi il vischio cresce sui pioppi e ieri la terra reagiva alla oscura densità della pioggia generando da sé colore e luce (la terra vallonata e già mietuta rispondeva all’ombra delle piogge) 9 -7 (paris) permetterà questo anno grande una deroga alle leggi del piano disastroso del progetto agito di un libro delle ore e quanto agito sente risente del clima del canto privato sei un acrobata stanco speri tra le poche soluzioni l’errore accaduto durante l’esercizio disattenzione da poco ma fatale una parziale esiziale deviazione l’acqua occupa astrazioni metafisiche (il momento della pioggia è fuori dalla finestra nel vento della sera nel moto delle nubi nella folla ora rara nel rancido della città) 177 10 - 7 i treni continuano a passare le cose non appartenenti più sempre più cose oggetti di nessuno l’aria tra le foglie l’immancabile infine resoconto la tempesta ha soffiato sopra lei lei era e era ora non è e non sarai più nulla l’intangibile inattingibile regno del non più dentro la spoglia di una recitazione nature immobili da ore crepuscolari // coglie una strana chiarezza una bianca limpidezza quasi // qui dove il mondo comincia e finisce e qualcuno si ferma a osservare punti forse di nulla alberi fioriti verdi e gialli la morte accanto nel riposo dei campi il sole se ne va coi grandi galeoni delle nubi 11 - 7 rovinose albe si fingono di luce tarda languente questo luglio deriva sotto il sole ventoso di una stagione di tanta anomalia coglieva dunque quanto definivi tale senso del tempo lancinante qui - ripetevi prende la noia il bisogno di andarsene via nel nitido clima aggiungevi però anche una vera pienezza della vita la tua la mia in una fretta premessa e snocciolata il cedimento stesso dei clinami è imprevedibile nel muto riordino di un incomprensibile totale 178 12 - 7 dove sei le galline mi hanno beccato la mano io le credevo più buone la campanella annuncia l’arrivo del treno col suono la nonna è andata via ritornerà ma non so dirti quando sotto il cupo mestiere del dicembre l’impasto di uova e farina (faccende tutte da tenere segrete in luoghi non frequentati cantine colme di oggetti storditi talora se una mano ne tenti la polverosa matrice o l’industria addormentata senza gli usi l’intento stesso di uno sguardo curioso quando indaghi lo scroscio e il temporale dalle sconnessure degli scuri) 13 - 7 il filo del mese si dipana nel filo fresco del vento mattinale opere di cerca tra le foglie il moderato tenore dell’ora la imprevista frescura del pomeriggio primo dirà di vuoti apparenti di memoria tutto di quanto agito rimane forse per questo intollerabile // il violento colore del papavero il riverbero di luce di una fiera e si risiede in dubitosa debolezza nel cavo bagnato dal sudore troppo nel febbrile ozio dell’opera la natura della attività si consuma e si rinvigorisce in lunghi momenti di raccolta timorosi di una perdita secca o di una visita cercata il vento conduce solo polvere e rabbia nei sonni sotto il suo influsso 179 14 - 7 (sbarchi) il risvolto dell’ombra conosce attente perlustrazioni di autunni futuri e progressivi la tenera rugiadosa mattina marcata dalla discreta emanazione della lampada ha condotto note intorno a noi ((?) siamo forse sfuggiti alla influenza delle fate maligne ai loro specchi ciechi pochi soli viandanti pensieri molto calmi schivano i raggiri saggi viandanti e giganti percorrono vuote foreste dove ancora riparano miti gli occhi degli animali impauriti) si cercasse una condizione intermedia o piuttosto piuttosto la marca bruna della limpidezza da cui sorgono decise le domande quali potresti eludere quali tacitare (come mai noi come mai come mai le recenti occasioni e l’occidente inquieto e la impossibile requie e poi mani rivolte alle richieste e la fatica e le questue) occasioni di arrivi sono altre occasioni di rifiuto per nulla cedere per non dare e non dare per negare i doni alle bianche oltranze degli arrivi picchia sopra le aride rive dei moli il labbro snaturato delle acque sporche // stanchi sfibrati e stanchi sfibrati e sfiniti e senza pace ancora atti di indaffarata accoglienza guanti di gomma di dati medicali medicali sopra membra sopra sotto sotto torbide nudità di cieli resi vuoti ma tu eri incondivisibile // trattenevi la parola per il troppo fervore della chiacchiera altrui // tacevi // nell’incanto malvagio delle voci ho visto poco e poco so dell’ultimo sbarco poco ho veduto molto immaginato poiché pare nulla arrivi per caso e qualcuno debba sempre pagare al fine di creare 180 una questione di un porto smarrito tra le onde ignare non c’è stirpe non c’è sede non c’è luogo non c’è spazio per i brevi riposi paghi pure il qualcuno nessuno mancherà del racconto questa volta ignorerai le lune sacre dei buoi divorati la violenza dello smembramento i fumi intensi dei roghi le timide braci mormoranti le ceneri blu sotto il vulcano cessassero di piovere le piogge e il nostro lato oscuro di nascondersi nel lato oscuro delle estati violente (cosa vedi cosa vuoi come mai sei qui nel pianto maggiore delle cose dove le altissime catene nuvolose precipitano livide sull’alpe) 15 - 7 nel documentale stop di relazione o voce le imagini fluttuano in una drammatica descrizione in un rinnovato palpito di dramma oppure accompagnate dalla presa sonora diretta del puro intricarsi incomprensibile di rumori e voci il ricarico del commento rimandato a data da destinarsi in altre sedi mancate la disumana natura si ripete nelle variazioni il mare colore del mare la terra colore della terra come sempre e e il tragitto solo dei corpi a costruire visibilità istituzionali senza corpi nulla accadrebbe e ignare le stagioni rimarrebbero accadute e innocenti (così dunque torturato astratto scisso separato sei dunque guardato a vista ammonito premonito spostato deviato messo nel cerchio della separazione riprendi il tuo piccolo ignobile saggio respiri l’odore del tuo corpo il profumo del caldo entra assieme allo sbilanciamento molle della brezza le azzurre montagne dell’età io valicandole ancora ritorno al tramonto delle vecchie ere incontrandomi ancora e rinnovato) 181 16 - 7 non c’è luna stamane nella mattina della notte e tu non condividi alcunché corpi nudi si congiungono e dividono poi si separano e tutto ritrova lo stato primitivo di inutilità era ieri lo smemorante luogo del quale si pativa la stenta cromia l’iridescenza stenta e la stanchezza cronica oramai nei calchi ancora degli alberi da frutto (cautamente si penetrava nello stallo dominato dall’ordine recente di nulla modificare di non turbare nulla della fine retorica di date non corrispondenti e a ben vedere quelli erano bambini cattivi e faceva un caldo orizzontale aggiungici gli animali sembrava giocassero a memoria un ruolo definito attorno alla terra lanterna moschine nere compivano giri una invadente afasia di vento la pigrizia dei suoli le foglie stregate l’ombra di un volo sopra la tenda bianca 17 - 7 l’esempio giungeva dai circostanti luoghi i campi mietuti i grandi alberi ai lati le complesse immobilità del territorio dove si scorreva e l’apparente conclusione forse indicava un futuro miscelarsi lunghissimo del clima dentro albe vane degli azzurri inverni dialogo segreto e redazione di fatti sconosciuti alle umane stagioni di ceva dovremmo marcarlo questo anno maggiore segnarlo sulle righe brevi del presente e poi la meraviglia se appena incontriamo un sito alberato dice quanto le regioni siano state storpiate marchi la nostra attuale povertà pensavo all’età alla fine protraibile nello slancio ancora al corruttibile spazio dei corpi alla rilevabile loro moderazione il grande tempo si è disteso sopra il finito e lo sovrasta e lo rende inabile l’ago della bussola leggieramente spostato forse i luoghi forse i corpi o una onda di ipnosi dal di fuori calda la sera in notte sé organizza 182 18 - 7 il rancido arancio dei lampioni ha risalito impregnandolo l’ultimo ottuso attonito cielo della notte abbassandolo a quote miserabili rotola addosso la notte di ieri nella stiva larga del corpo in semiluce tutto accade nel giorno irraggiungibile pezzi di voci e altro assemblati sghembi in un confuso taglio di torpore molto è accaduto senza fretta proprio così arrivato giunto a riva e stato lì docilissimo privo della fretta dei ritorni e si era cresciuto nel tutore polposo della umidità (per ore siamo stati a parlare e ore prima accanto al giardino poi così irrilevante l’ombra nella casa davanti al focolare inoperoso nel fumo dolce degli zampironi la parola giunge da un gioco nervoso dentro al buio l’inabile stanchezza si avvolge al corpo inabile dell’ora e quanto esiste manca di contrasti nella inerzia completa di ignoranze cercate (: passerà la giornata dentro allo stile spazioso di deboli tensioni augurale il piacevole questo testo dell’estate quando si remighi incuranti del tempo dentro alle scaglie di sole dei giardini) 183 19 - 7 difficile nascondersi al moto ingrediente delle albe benché l’oscurità sia più distesa e le ampie orditure del pensiero volgano al dato scaramantico del quanto delle ombre senza conoscere il limite sospinto nelle regole nuove e i pianti di richiamo di animali incatenati la residenza stabile i compiti fissati si irrorano del vino del crepuscolo dopo quanto agito dopo quanto annotato dopo anche le sanzioni prese contro tentativi di evasione in ferie inutili sfuggite a devozioni tutto per nulla ma pare altra variante non si apra alla magra stagione dell’essere forse altro non sono mai stato una finestra poco illuminata un rientro in condizioni improbabili ipocrisia anche poco velata un bisogno favoloso di risolvere presto o tardi gli uccelli canteranno non uditi (ma io non so nulla non vedo nulla io non sento nulla adesso anche una idea della poesia sarebbe a dire il centro propulsore della vita la scansione prevista di indigenza tramutata in ricchezza inconosciuta al tavolo da lavoro gli oggetti mentre tu crei nicchie di disturbo e fuga la civetta ha aperto presto le stanze della notte gridi secchi acuti quasi stenti e monchi 20 - 7 il rumore umano domina gli istinti silenziosi del buio erodendone taglia e qualità né il farmaco ha aperto brecce al desiderio il corpo nuvoloso della mente scontroso ha sillabato questioni di domani il letto una regione inospitale minacciosa la postura degli oggetti ostile tornano i fischi degli uomini diversi le membra dilatate le cose di nessuno instabile creatura del tempo quell’io indefinito a tratti perso in un si contratto in uno spasmo doloroso di assoluta ignoranza 184 21 - 7 in tale miserevole portento di inusitate vocazioni all’ombra il giardino riscopre lontani mezzogiorni e inedite rapine di riporti il fischio degli uccelli si prolunga tra i fogliami polverosi 22 - 7 il profumo del caffè restituisce al confuso del mattino un riposo felice quasi nei depositi una azzurra geografia nel segno della tazza più preziosa quella della abitudine della ripetizione si aggiunga l’ingannatore annichilente caldo la favola delle condizioni le invasioni cosiddette cui segua elenco e destinazione cui segua anche traccia di lugubri parole di comando scegli di stenderti a terra perché sempre e comunque alla fine e dovunque si cade o si potrebbe cadere interverrà in una cortina di soffocamento la greve spossatezza di un movimento vano distonia della gravità timide le mani si ritirano dal campo della visione e senza pena adesso l’ordinatore caffè riavvicina in questa età del mese alle parole rare in cui riapri la questione della tua nostalgia fata devota resa prigioniera partirai a mezzo il giorno rivedrai riverente il mare l’aria felice struscia sopra il pavimento tocca la nuca la luna taglia perfida l’asse il pianeta proiettato lontano 185 23 - 7 il farmaco ha agito lentamente il farmaco della cupezza si è sciolto dentro alla inerzia e ha ripetuto le forme sterili del movimento passi lunghi delle migrazioni di ieri il miscelarsi frenetico delle moltitudini negli abiti delle stazioni cosiddetti rientri indaffarati abrivi dalle coste di cemento le colline trasudano spengendosi dentro sporchi vapori le anomale alchimie di questa notte città dura archeologica principia il resoconto su quaderni dettati da brandelli stracci moralità stoffette picchi di sole su i metalli sfumatura mortale della luce schermata sulle foglie già ingrigite colme della secca opacità di compiti conchiusi 24 - 7 la coltre umorosa della notte d’estate non filtra la veglia e nella veglia torna la grande solitudine contro il suono del resto di fuori qua tra gli oggetti irraggiungibili e gli altri di fuori passano automobili grilli luminosi della tenebra asfissia nelle passioni atonia delle reazioni poi poi sei convenuto nel punto nevralgico delle cicale nel centro del loro stordimento i cammini là delle piogge la flessione dei rami del noce il pianto felice del nocciolo ripetono il placido canto delle erbe e della terra 186 25 - 7 di ieri il punto dove le cicale stordivano con ipnotico clangore forme eccitate da uno stallo nervoso di aria nervosamente attorcigliata violenta agli alberi poco più in là invece di nuovo una bonaccia l’effetto raro di una attesa cavalli a pascolare nel recinto una umana presenza in movimento passaggi di cose nel mobilio neutrale dello spazio l’insieme una teoria scorticata idee invecchiate in troppi vaniloqui sempre i cani sciolgono i lamenti ti arresti alle prime cose segnali cartelli affissi strappati strade sotto il colpo ventoso della vita i polpastrelli saggiano il metallo dei pali indaghi il cielo tagliato dai cavi un rotolio di foglie qualcosa di marino in qualche angolo dove corpi si spogliano poi portati via su mezzi di fortuna (a settembre la follia sopirà in una claudicante aritmia e si riparerà dentro altre scene lotti contro i mondi possibili poiché il mondo è già una possibilità) 187 26 - 7 qualcuno sa ancora giocare al vecchio modo corse gridi finzioni di terrori l’interminabile chiaroveggenza del cielo scopre alti naufragi di voli sopra la piccola regione dove nascono gli echi (uscito nel diverso aspetto del mese rispetto a una norma fissata non perché mai invalicabile invero si era un volto severo di mese e forse piuttosto coinvolto da un pianto di luna strano quanto momentaneamente diviso lontano così ragionava la zona ombrosa dell’oggi quando poi risalendo la terra ha divorato la nube) pare pianga l’anomalia di sé questo mattino fuori da ogni mese un volto preso da un lume strano e quieto dentro a una zona di adombramento lato e cosa sia tale calma e violenta poesia delle cose articolatamente ricomposte e aliene // altri riferimenti giungeranno dal variante appello della mente ancora poi sotto la cappa della notte quale rapimento di incubi trascina i nostri corpi silenziosi e avidi verso l’abisso senza profondità quali colori neutralizzati attraggono a miraggi delle umide cere dei mattini il sapore copioso dell’essere fluisce nell’aria tagliente delle sirene e sopisce così senza misteri 188 27 - 7 colto nella indecifrabile frase della vita distanziato da tutti isolato privo di difese il giardino nel calmo sostare della nube assumi (nel catalogo dell’oggi ossicini rosicchiati rametti da bufere foglie già mature sparse sopra i prati le gestazioni oscure nei silenzi non è l’analogia parziale di una estate anomala bensì il corpo felice degli autunni oceanici a soffiare tra i fogliami e cosa sia tanto ristoro permane nell’onda delle loro esistenze si assottiglia il dialogo tra le generazioni le ultime non sapranno alcunché) 28 - 7 paghi pegno così con una mossa sbagliata lo sguardo colpito da una nuova prospettiva il luglio stordito dalla ventilazione dentro una luce appartenente a altro secante acuta nell’inedito profilo dei luoghi (brevi sere di parole dettate da un cortile i pipistrelli bassi leggende di terrori le cose tutte passano dirai e l’anno pare scavalcare agosto e giungere in un campo impreveduto dirai le cose accadono quando è il momento il vento raspa la carta alla parete il calendario dove mancano i mesi) nelle nostre infanzie cantano rintocchi profondi molto dilatati di campane da distanze leggendarie da solari silenzi da isole di verde e cose dense di vita addormentata nei nostri anni primitivi e inesperti le campane giungono portate da solidi venti della immaginazione dai bruni vapori nell’era del tempo senza tempo ghiaia come sabbia rosa l’avanzamento della luna i chiusi cortili del destino 189 29 - 7 nel concorso dell’ombra la testuggine amara della luna dietro il nero fogliame non più brilla abbacinante la puntiforme teoria dei metalli toccata dall’ora del pomeriggio primo e si proietta nella distanza chiara e profondissima e marina nello spazio inusitatamente aperto 30 - 7 il grande anno è stato così ma senza fine il corso della luna in questa notte è breve tutto accade molto lentamente come foglie di presagi recitate dalle voci miscelate dalle siepi (trascinato nel momentaneo coma nel rosso stordente degli enigmi nella mutila ventilazione l’assopimento degli altri passaggi case strade affacciate al piccolo mondo distorto dilatato l’abbandono completo dell’età) 31 - 7 persona indeterminata tra persone indeterminate tentando di essere nel tempo sfuocato dell’epoca nel nudo dove di una specie incerta cerca pilotata dall’ombra degli alberi dal violento rimbalzo della luce dalla violenza stessa delle cose pronte all’urto e dove esse le cose si accablavano sotto era un ristagno sucido colloso di melme di foglie e legnetti e occasioni radicali di vortici è così vuoto nello slancio un tale tutto non fosse per le lune le sole lune piene sopra i colli verdastri e polverosi (luglio irretisce le promesse di agosto) (si chiude la casa di luglio) 190 1 agosto 2004 si allargano miti i deserti di agosto dove forgiano i canti gli autunni solenni e dormono i metalli degli inverni fedeli molti hanno lasciato la casa quale ti chiedi la casa la conosci le orditure gli spioventi e i voli e un sipario di luce oziosa nell’evolversi pigro del giorno tempo rapito dal tempo movimento rapito dallo spazio sottratto tutto tuttotutto sottratto dal trascinamento violento dove manca un momento di sosta ora fugge lo stesso piccolo campo di dominio sulle azioni private sottoposte al lacerante divorante strascinamento tortuoso verso il nodove e tutto è brutalmente scancellato e smantellato e tolto in tale ordine disordinato di azioni fuorinoi di nogesta nonoinonoi non comprendiamo la claustrofobica fattura l’artificio maleficio stridente l’annichilente tedio ove si disfa il tutto e si scompare cosa sarà della tua specie rara sciolta nel marcio di queste aride zone 191 2-8 nelle grandi planimetrie postindustriali i passeri si posano persi sugli asfalti abbandonati oltre le recinzioni di metallo cose immobilissime come il resto pure finzioni cose campi tosati e alberi e siepi tutto fissato in un punto di sosta adinamismo eccedente e varcarlo fa male una natura inquieta torturata nella bigia prigione del nocielo (devi fuggire andartene via da tale rito illegale dallo sguardo illegale dalla illegalità del complesso cerchiato dall’odio nessun volo possibile nessuna stagione ulteriore si è qui nel recinto del finito davanti alla unica resa dei resti il mite emisfero è scomparso ne rimane il calco soltanto rigore illecito di una separazione le vite sono dove sono nelle città pietrificate nei particolari perduti degli oggetti nelle lande dei corpi dove il corpo distende sconfinato la sconfinata propensione a progredienti erranze rilanciate 3-8 il rumore di fondo perdura nel cuore del notempo del noora poi si sottrae all’udito nell’ordine grammaticale della vita nel suono brancolante di quell’io nella miseria bruta di quel noi il petroso pomeriggio incagliato nell’afa subisce caroselli brevi di brezze allucinate tacciono le cicale tace e il resto perdersi è nulla di un tale sentimento se poi ritrovi un cielo e l’orma del tuo volto contro la bianca aria di un orizzonte salso delle domeniche i pomeriggi nelle cucine 192 vuote 4-8 il trasferimento avvenne per crepuscoli blu e fu regolare tra la apparizione della prima incertezza e il canto squamato degli uccelli fragili pareti di tufo accolsero deboli fantasie e si scorgeva il mare il destino dunque di un rimosso colmo di afasia siamo così ributtati a riva e mancherà il sapore pieno delle ultime estati se mai giovi alla salute del mondo conoscere un tale odore di fatica e vita da dove sorgerà questa aurora fredda struggente da dove la frenesia di un assillo accanto al labbro teso del volto di nessuno (rammenti il tempo in cui la soglia traversava il tuo corpo con la forma di oggettini di rimpiazzo / monete fuori corso scatoline di cartone figurine su foglietti pare - dico pare non esistano coincidenze e neppure concessioni) 193 5-8 il centro nevralgico dei sogni attribuiva alle presenze animali sede e valore di prodigio premonizione presagio di un evento distruttore sarebbe eppure salutare offrire a tale taglio di lezione mirando ai giardini trasudati e a regioni di vortici celesti tocchi corpi ai quali ti negavi per pura ipocrisia o per paura giochi nel fulvo aroma della camera con l’effetto degli specchi deformanti riconoscendo però l’antico volto di te i giorni sono notti di vacanza accompagnate da screzi di motori abiterai il tuo amaro quartiere un bilocale senza pareti nel sentiero di nord sottoposto alle veglie animali ai randagi clamori di corvi e cormorani starai dentro a una povertà spirituale scegliendo più piena vacanza e immorale teso al ripristino dei luoghi cancellati il libero mese di gennaio divagherà verso gli oceani cancellando il tedio morboso delle feste e gli anni rovinosi / ancora risentiamo degli squallidi organismi ordinatori generati dalla nostra ambizione / il settentrione dei temporali manda onde di ventilazione le stanze ristorate poi una voce roca sussurra poco più in là narrando un forse soffio dalle primavere 6-8 nessun golfo di credenza accoglie le visioni salgono i falchi nutrendosi dell’aria quanto dopo accadde un temporale notturno la visita livida sbiadita di poca luna bassa sulla linea retta della tenebra 194 7-8 conosci sì e no le fiabe dei tempi pochi averi vissuti nei cassetti con le cose amiche e passeggere resoconti e cataloghi di piccole ferite nascondigli dietro ai grandi soli tumefazioni dopo le cadute non sai chi sei non se sei stato o cosa rimedi l’indice della postura stanca indichi l’onere di una stenta luna nel buio intorno il fiume il cielo gli echi oggi accadrà come ieri se pensi ai cumuli di resti oltre la feria e il sole cianotico il volto dell’oggi pomeriggio fatto di livido biancore e arancio sotto bordure di afose spogliazioni meglio - come si è letto si avesse ereditato case erranti 8-8 sei cresciuto in un sentore di isole non sapendo quanto esse sottraessero i profili ai regimi geometrici di mappe e meridiani ora conosci le isole e le ignori ora cerchi l’arcipelago dei mari le fumose rapine della felicità luna meticcia bassa sottovento fluisce calma tra gli alberi a intervalli 9-8 i treni se ne vanno percorrono neri il lato più lontano del giardino (hai ascoltato screzianti lamentose parlare le voci di altri dopo lo scroscio sopra le erbe stanche adesso raro il rumore vano anche il silenzio o forse è l’inabile udito del tempo a giocare inganni tortuosi nella pioggia i mattini e le ombre di sole quando fradici a metà dei giorni ci si risveglia rammentando i numeri) mi sono adagiato accanto a partite giocate su tavoli di fortuna accanto alla sorte di corpi travagliati scempiati dalla malattia umori dagli sfinimenti colano sopra metalli opachi rugginosi sopra il rotolio dei motori verso coste inospitali profili di albe notturne isole svaniscono sottratte agli orizzonti 195 10 - 8 il fiato della notte greve di ristagno la stessa tenebra trasuda vapori dolorosi nulla può salire verso l’alto ma poi si indaga leggerissimamente ma poi si è cosa si diventa come si rimane se il buio non reca riposo se l’eccessivo giorno coltiva rapido un ripristino di rare sorde tracce ridicoli amori per le cose di altri il senso di corpi lasciati sopra letti disfatti quasi si avesse chiara una versione ultima cogli il desiderio di volare via ma ancora ti leghi al palo storto di una certezza dubbia confidi incredulo nella sua resistenza evochi il culto della residenza resto ultimo forse della irrequietezza 11 - 8 quando poi il corpo stanco cala su un altro corpo stanco i movimenti si annullano risolvono alla tregua fino a un domani molto defluito e ritardato quando il corpo si abbatte su se stesso e coglie il peso del tempo grande e illeso rimane il comune riporto della veglia fino alla luce del domani assordante illuso giungeranno autunni assoluti porteranno da est il sollievo dei campi velandoli di rara umidità tu non vuoi ferire le cose 196 12 - 8 lontani i grandi alberi nella prima vellutata nebbiolina un faticoso forse si adagia ancora nell’oggi il ramo del nocciolo gravita nell’orbita delle piogge di ieri mondo oltremarino sotto il cupo fascino della notte dopo anni di rigore ancora tolleranti giungeranno senza le visioni ti spingi fuori da ogni origine verso non più tormentosi terreni 13 - 8 negli impenetrabili cieli senza disegni regioni della ignoranza il giardino si apre nell’inchiostro della della notte dilegua verso i naufragi le le alte nubi serene la stella del mattino la appenaluna la dolcezza solenne prima della aurora sfilate le feste della estate concluse no dimenticate sfiorate oppure da un lato effimero di sapore incerto e polveroso l’uragano notturno caldo e allontanato le insistenti zanzare le farfalle impazzite di luce tutto accaduto tutto rotto via 197 14 - 8 è bianca l’alba sopra una linea di sterili oggetti le mandrie agostane osservano i bianchi vapori nei campi l’autunnale fraseggio delle rondini nell’onda radente del sole si coglie il sommesso proclama del dopo fermi lo sguardo alla regione della notte dove fioriva la meraviglia effimera il gioco dei fuochi di artificio l’aria fredda abbracciava un ritrovato infantile stupore la pura attrazione verso le figure protendersi e svanire e rifiorire ancora 15 - 8 qualcosa del tatto vetroso nel suono dentro al quale risiede il movimento l’intrusione sabbiosa in un luogo illegale la magnetica chiarezza di una voce sola un piccolo vasto sapore di asprigno miscelato al dolce di una sera (alla quale ritorni) e non sai quale barcolli sotto te sotto linee di fuga del notturno dilatarti agli esiti del vino 198 16 - 8 se mai fosse stata accettata la dizione dello spazio senza fine avresti condotto l’indagine oltre la gialla tenda sfrangiata in un ripostiglio di oggetti smembrati sedie ad esempio o bottiglie vuote e polverose lo stesso ricarico curioso di una mediocre illuminazione tale proprio ricarico inasprisce la voluttà della fine il senso anche del suo superamento pare piuttosto derivare dalle terre la luna bloccata e da uno stelo sottilissimo di nubescenza bianca e diffusa condizione ove permango quasi intimorito tratteggio di sconosciuto nell’abituale sito dove si è residuo di altri eventi e giochi di lunghe permanenze e ore brevi e minimi accaduti 17 - 8 nel molto discreto pronunciarsi del crepuscolo qualcuno pare ammassi cose facendole rotolare di fatica si sciolgono nell’ultima tenebra i muggiti delle stalle di là dai monti oltre i limbi delle contrade un arco più breve di sole il passo sotto i corni della luna sparente quasi una ricapitolazione delle forme delle passioni crisi errore follia volumetria del sapere un dubbio sorridente la sfiducia anche il limite di sempre e della vita 199 18 - 8 modo diverso la visione forse il temperato compimento dei giardini l’incredulo adattamento a un abituale autunno delle sensazioni il principio di addormentamento delle foglie i merli vivaci sempre nelle albe e anche il vento indifferente alle forme umane dell’oggi indifferente alla umana convulsione di una deriva sognata a lungo conclusa qui nel dominio del tempo il suo calo di tono nel poco di velocità (episodicamente cose leggere levano gli ormeggi da banchine aride ma i mari non conoscono la dimenticanza e i fiori splendono nei pertugi delle donne) sarà abiti ancora i quartieri di allora il nero muschio di celesti scorciati il vellichio rapido dell’aria le facciate alte in prospettiva abiti i quartieri di prima del tuo tempo scaduto pur sapendo la loro sparizione 19 - 8 il filtro sporco dell’afa ventosa ordina all’ora considerazioni di fatto inattuali riprendono i giorni a scorrere inciampando sopra cloniche mosse di questa anestesia vegli su due paesaggi senza pretenderne alcuno l’inerte giorno in cui gli alti portici ancora recavano scheggiature di recenti battaglie e i disabitati corridoi il suono di un flauto nei silenzi delle aule rimangono forme di pietà e incomprensione nel gracidio permanente degli esseri sotto i pesi variabili dei cieli un tempo popolati ora confiscati e sovvertiti l’aria scorre su me sopra me sopra le superfici del corpo disteso il resto della notte trasuda sopra i suoli velando la pianura 200 20 - 8 il terzo decano non ha divinità protettrici pietre metalli talismani trappole solo per i sensi arretrano verso l’essenza le vegetazioni l’immateriale perpetuarsi delle mutazioni trascina le cose verso un regime di polveri brancolano e brancoleranno ancora gli insetti vacillano le mosche spavalde sulle pareti verticali in equilibrio statico 21 - 8 fatalmente hai dormito profondissimamente hai bagnato le mani nell’aroma della nube si ascolta adesso il temporale incombere leggeramente proprio sopra noi (difficile il recupero delle intenzioni di racconti a te stesso narrati da te negli anni dell’apprendistato eppure ne tocchi il sostrato rifletti il tuo stesso presente l’intero cielo di questa nobile ora e distante ora nel sud ovest voluttà di una conquista non violenta e chieta 22 - 8 nel regime dei sogni dell’autunno freneticamente l’eresia delle rondini lo sfioramento dei ventri su i suoli farnetichio di foglie rugginose contro gli screzi bianchi de i sentieri il grande nord nelle foschie amorose 201 23 - 8 il crocile degli anni nel bianco e nero delle fotografie tagli scorci casuali presenze ai bordi delle inquadrature scorrimento immobile degli altri altri sconosciuti o pertinenti il volto oltre il quale la definizione non vela il valore scarso di resti o reliquie metamorfosi di un crepuscolo cupo ombrosa luminosità di un agosto sodo e universale un commercio di cose già usate il bordo corroso delle foglie la chiusura delle sere dove un’altra stagione mi ha percorso 24 - 8 nell’alieno silenzio dei campi si appoggiavano allo spazio rumori di stoviglie della cena tacciono i cani nell’adombramento del sereno (da discepolo a maestro - lo spazio del pensiero l’attesa del ritorno la rifrazione magica di un suono dunque anche l’arte di un istante di annebbiamento e vergogna / rischio maggiore la disattenzione disciplina rimedio parziale / ne consegue una teatralità smemorata una scena ipnotica la fatica stessa della composizione poiché il fulmineo stordisce là dove si chieda limpidezza e nitore) e il pomeriggio si incaglia in un’area adusa smetterla con l’imprendibile ancora 202 25 - 8 avremmo potuto avere volti tagliati a metà dall’odio e dal riconosciuto amore vele piuttosto contro i fumosi apparati delle onde bianche derivare da un segno delle carte da una rivolta di fogli in un cerchio ideale di paura in un taglio sulla fronte ti è toccato pensare altro il caos nostro figlio abbandonato a se stesso rinnegato accetto il rischio del giorno vuoto di uno spazio prestato a una incombenza nebulosa di un attimo di risoluzione nessuno giungerà a dirimere gli scarti istintivi di cavallette piantate sopra i suoli toccasse all’ignoranza ancora un compito di preparazione l’estimo di una eredità dono poverissimo totale misero di cose della vita la traccia della luna è bassa incollata allo sfondo velenoso viaggiare sottocosta per non perdersi 26 - 8 tra pietre bellissima giace la libellula alla fine dei voli tra la graniglia bianca (in tali interferenze della consapevolezza lo sguardo sospende l’arbitrio della vista sereno turbamento senza immagini contemplazione priva di figura non prevedi ma sai tornerà l’amarezza alla sponda delle labbra nell’incolore sublime degli autunni la luna ondeggia in questo senza fine tenti ancora un ritorno dentro all’alea notturno nuoti contro la corrente delle ombre ricresciute il fogliame fruscia nell’incertezza pulsante dei giardini non è consentita alcuna sosta la ampiezza visibile dei luoghi trascina sovente nell’inganno 203 27 - 8 lo smalto del cielo la bianca intensità delle foglie nei prati puri tronchi degli alberi la stagione maturata orizzonti variati nei mattini dunque in tanta precipitazione vane sono le fatiche vani i principii sciolte nell’aria le leggi 28 - 8 la pigrizia giunge impensata nell’ora inattesa del risveglio vedrai il mare domani toccherai il placido cosmo della laguna la luna di seta riflettere il corso dell’oscuro sereno una parca foschia viola trattiene gli orizzonti molto prossimi eppure spira quietante una matrice di corrente fresca nel piano quasi immobile dell’aria quasi afosa periodo confuso forse forse troppo chiaro un ordinato caos di dissolvenze per ogni credo oramai senza futuro negli inselvatichiti secoli recenti la delicata aria proferendo note al mezzogiorno di attese senza sfondo la sera agiva con l’attrazione polita del cielo terso e le immediate nature dei profili dei coltivi 204 29 - 8 spazi nebulosi vagavano le tensioni autunnali irrigidimento bianco delle foglie ostensione dei fiori contrasto di acutezze nei campi delle lune ultimi abissi si offrono innocui tele tessono donne pensandole la notte quale spiro o il respiro di chi sollevi vorticandole le stoppie e le pagliuzze facendole migrare a altri continenti polverosi e alti nello sterile apparente equilibrio delle cose quanto dolore giunga dall’impressione violenta del sole in questi scorci di torride madri di deserti nessuno chiama nessuno ha nome adesso dunque si vaga in terre di ignoranza il cielo incluso nell’arco della loggia invero è sfuggente e spaventoso (molto più ampio spaventoso sfuggente) i rami del nocciolo non toccano la luna sopra la luna il segno delle piogge 30 - 8 hai popolato la casa di vecchie alterazioni hai vergato il giardino con le nebbie di aprile i frutti dormono ancora nelle scorze dei pensieri ci si deve abituare a proposizioni andate fissandosi in una tale recenza difficilmente descrivibile dalla quale si originano inutili tentativi di ricondurre a adolescenze e infanzie // cupure nette le cronologie gli stessi cosiddetti stati d’animo non si sa se varieranno le dimensioni de i vocabolari e i glossari sceglieranno di concludersi sommessamente sommessamente tu ti tradisci e poi rinnovi i patti sommessamente non aspiri a discepoli o maestri scomporre la vita saperla tarata dalla conta il corpo complesso della sbornia evapora molto lentamente e si defila nei metri non precari dove si vorrebbe dormire e non si riesce 205 31 - 8 l’alto spazio accoglieva della luna la grandezza tormentata un po’ più in là nell’altro profondo della superficie dove non giungono i sensi quale altra scena va artigliandosi aliena inimmaginabile cogli lo spavento nel pensiero il limite senza altro o l’altro dell’illimite c’è un lato malato in questa provenienza di ventilazione calda nella già afa lamentosa del primo pomeriggio le vegetazioni strusciano appena talvolta si fa grigio e inquieto il mondo del giardino e non si sveglia conclusione alcuna nella umbratile materia del clima come bambini puramente indefiniendi e ebbri di essere stanchi (si chiude la casa di agosto) 206 1 settembre 2004 l’ultima piena luna dell’estate ha vagato sotto livide nubi dopo lo scroscio e il passaggio del treno e le parole recitate a memoria sotto gli atti di un cielo feroce nella creazione del contrasto non credi alla predicazione della fine sfiori le teorie delle rovine cerchi campi a riposo dove l’ordine del caos si ricompone il vento intanto continua ancora caldo sopra le mutevoli ombre dei fogliami e le maculate terre dopo le poche di ieri piogge scegli tra le pieghe degli eventi un golfo di meditazione in fasi simili tese di violenza una interrogazione schiva ma attenta nel tentativo di non cedere alla cruda conseguenza dopo i corpi dilaniati e i fuochi spenti e le conte degli ammanchi facili follie contro follie ineguali in queste date senza ricompensa tocca una azione di arginamento 207 2-9 foglie minacciose ostili presso soglie dove indurite restano quando i gridi delle civette contano i frantumi della notte è un dato il riposo delle mosche morte nelle trappole dei ragni poco alla volta si cade si cade poco alla volta molto poco alla volta ma inesorabilmente si cade e la palude e i giunchi e le rive di glabra mescolanza ore ore ore quando ti scrivo senza frontiere e le civette dormono e i cani attenti tentano un riposo e io veglio sulla loro incertezza sui canali prosciugati sul profumo biondo dell’autunno il sapore di fragola le viti ancora misto allo sparso concime e sulla pelle un’aria bagnata di tramonto (vagavamo perduti nel mondo conosciuto ignorando le mani il potere di stringersi e violare e nulla si udiva il murmure attorno delle cose che continuano incerti di stupore o del nostro destino la vacanza il senso dunque del vuoto l’impossibile riempimento di uno spazio col si del si è del si fa del si comprende l’erranza stessa in un esilio infelice o quando capiti sublime e tranquillante vedrai mi hanno detto bianche lettere di morti infantili le vele dei grandi orizzonti irregolari e tortuosi e scardinati non cercherai ritorno alcuno protetto da nessuno da nessuno condotto a compimento 208 3-9 come mai la pretesa di violare spazi altrui dove non sai dove dove non puoi dove non hai protezione e nessuno ha invocato il tuo nome non sarai la apparizione prima neppure sarai la successiva dimentichi così lo scabro evolversi del destino delle rondini (notizie di combattimenti alle radici di giovinezze siderali e squilibrate) 4-9 saprai mai essere sereno o la coniugazione dell’affanno fino a un suo tacitamento e riposo è liquido madido appianato il mattino da un pallore perlaceo ancora un poco si risiede nella immobilissima stazione del giardino in un ristagno scandaloso di presenze nel fervore di una falsa decadenza l’ombra del sole sfiora impalpabile le foglie del nostro passato recente nei mondi pericolosi dell’estate gli animali hanno appreso a vegliare esperienza essenziale nelle spietate fioriture degli autunni 5-9 una brezza molto timida sbilancia i rami del carpino anche la rosa canina si scuote danza un riflesso sul soffitto da un’acqua ristagnante di tedio domenicale sarà una sera lunga i treni della notte partiranno a intervalli regolari (avanzamento estendimento elevazione di muri divisori senza soluzione di continuità) 209 6-9 le carcasse dei giorni giacciono sui prati secche foglie presto macerate e rese polvere foglie inabili bianche nello scempio coerente dell’essere 7-9 dagli aspri grumi dei terreni vaghi sorgono insediamenti e tutto è nulla e solo nulla è cosa qualcuno ancora pietosamente invoca la purezza come mai come mai dalle pomeridiane penombre rimangono assiomi di una stagione definibile nelle sottrazioni sottrazioni di riposo di colore sottrazioni di calure permanenti ibridate all’aria che prosciuga 8 - 9 (con mm) l’alto cielo elevatissimo si allarga alla indolenza della vita di là smarrimento o pura astensione appena placa ogni modo della visita annullando la volizione valicamento quasi di quanto si era prima la ineffabile statica dei ruderi i fieni falciati allineati sui campi il nero brillante delle acque il brillio mesmerizzante dei boschi nel vento torrido prosciugatore i passi condotti sul ghiaietto croccante camminiamo dunque bordando praticelli quadrati dove cresce ancora sghemba qualche lapide calcolando tra le date il quanto di una sorte consumata il filo della voce si dipana sul tema della equa misura il modo della moderazione modo e misura e medicina sotto le volte del tempio ormai pagano questo l’inizio di un diario immite di una sequenza nella stagione bianca nella immanenza della precipitazione si biforcano le vite nell’effetto del saluto 210 9-9 stormi scompigliati propendono alla distrazione alla separazione sconfinata la desolazione in questi portici dell’anno l’angoscia rinascente per gli impulsi della vita bianche scaglie lontane rotolano via e i depositi avari delle carni 10 - 9 nella stretta vetrata tra le alte pareti l’azzurrocielo e liscio di cirri oltrevarcato lo zenit verso nord si assapora l’impressione di un divenire incerto come di pioggia consueti rumori di stoviglie non adagiano l’ora sulla posta della serenità sognavi cammini universali silenziosi valichi tra i luoghi covili dove placido l’oceano si ritira e sale e le bianche rose crescono presso le mura e molto si specchia nella fase ventosa della notte 11 - 9 prolusione le sere più preste conducono una feccia corposa di tristezza saluto sussurrato di voci sconosciute i giorni pugnalate nel plesso lunare del corpo le ore rasoiate sulla pelle dei pensieri l’odore vicino della putrefazione impedisce al tedio una assenza breve o la recita di un gioco una volta appagante la ibridata caligine dei luoghi oppreme la afona malia di un non cercato progetto 211 12 - 9 la delazione del giorno accade per allusioni sommesse a atti già compiuti poiché già si è finiti e solo continua un rantolo tedioso fino alla siepe dove un tempo regnavano i giochi sarà un altro sbiavido sbiadito intento cosa fragile e opaca da neppure sfiorare col polpastrello da neppure agitare con la cautela delle figure approntate a difesa // nulla dei tuoi anni d’amore e di apprendistato nulla delle tracce possibili sopra ai corpi di altri delebili dunque e così transeunte il totale nella feccia de i cosiddetti ricordi (di te so la sento la felicità o meglio una tranquillità di te invece io io continuo forse stupidamente per un eccesso di presunzione a stringere i pugni contro la realtà sorseggio dentro alla reticenza il caffè del mattino amaro senza per questo ritrovare un equilibrio o motivo capace di indurmi alla presenza e scivolo nei calchi dello isolamento cercando protezioni di penombre attonito sempre però stupito ancora se ritrovo il volto riflesso da un vetro di finestra) non morirai più giovane non puoi per anagrafe nonostante tu senta ancora addosso una infanzia robusta ma fatua contemporaneamente contemporaneamente non sai adesso spente le luci adesso spento il possibile di un incantamento e non sai adesso quando batte secca la pioggia la tettoia il prato e l’albero stranamente rinato dalla speculante malattia del denaro speso non hai il sapore meticoloso del talento i nudi piedi delle donne sensuali risuonano sui pavimenti nudi] (verdi cimici vanno spirando le schiene a terra sfiancando le zampette in un inutile affannoso rovinio si apparecchiano le piogge dentro una confusa situazione di sole tutelato da foschi raggi generati dalla terra) 212 13 - 9 sono venuto a conoscere canzoni da altre regioni tentandole sulle labbra della tolleranza nessuna apparizione dai limbi riversi delle fumane nessuna acquisizione dai mondi creduti è questo solo isolato lontano da dovunque perduto in un nospazio sconfinato colmo di terrori (celebra così l’autunno i fasti di un ragno meticoloso e pratico la pressione cinerea delle condense qui siamo hai detto già spoglie del nostro futuro) non sai dove dirigere lo sguardo conosci l’apparente fragilità dell’epidermide di questi luoghi indeboliti di esperienza il permutato gioco delle apparizioni il senso di una superficiale sfinitezza le cose accadono però nell’equo romore delle nebbie solo i corpi fatui dei voli delle nubi 14 - 9 per fortuna la pioggia bassa bassa abbondante livida sui campi dove appaiono neri i boschi favolosi così il brumoso settembre si dilata in una calda generosità senza ristoro i fanghi nutriranno altre fami la sete un ripristino di mancati riposi non comprendo come mai ostinatamente rinneghiate non i vincoli sciolti ma le sane radici sputate sui volti di padri già defunti la vergogna vi ha dunque catturato dunque viola abbacinato un morbo sottile di croci una chiesa consueta e maledetta non sapete fede o l’abbandono i volti vostri contratti azzannatori non soffrono la critica voce degli innocenti e gli innocenti continuano a morire è al vento un rinato dolore l’addio l’addio dei meridioni e degli orienti il caldo bacio della pioggia adesso il declinante proposito dei boschi a scomparire neri nelle brume 213 15 - 9 trascorro le conseguenze dell’uragano l’incantamento livido del nebulo dove posano ostili le foreste l’aria feroce contro le foglie ancora i nuovi laghi nati nelle terre il nervosismo inattivo delle rondini trascorro gli esordi di questa età divisa così vuota del tempo e dello spazio vedo lacerati nembi sostare sopra il crepuscolo terso di metallo vedo il plenilunio del sole nella fatua apparenza del giardino ascolto domande sulla precarietà di un albero vecchio non antico sopravvissuto al peso delle nevi e al bastimento raro degli uragani corsi 16 - 9 solo cataloghi impuri sotto le tormente e nella flessione spavalda dei salici solo cataloghi aquiloni anche appesi a rami altalenanti solo equivalenze tra i possibili lontani e ammassi trafugati dal già stato giocattoli di plastica feriti sedie zoppe vergate da rotture bacinelle dove l’acqua si raccoglie trattenuto dall’ordine di una ottusa chimica meraviglia nera rimango nell’ascolto della pioggia mentre il mondo apparente si muove e si prepara ripristinando le convenzioni delle ore della desolazione tutto il settentrione occupato dal grande progetto del clima e il sole nascosto prima del tramonto da una tesa nube viola credenze e detti inducono pronostici di bufera ma era piccola l’ora e gli orti obesi e generosi ancora e sicura la vecchia mura di mattoni sulla curva dove un tempo qualcuno riposava la vita altalena ancora tra i possibili dell’esistere e del non esistere deciderà dove sostare prima o poi prima di scomparire dentro all’ignoto divenire stagione di irrequietudine estrema di dolore vuoto di angoscia le notti dormite negli incubi del cuore ferite nere del volto di qualcuno 214 17 - 9 le notti non hanno postille si svegliano quando già l’alba trapassa nella aurora e il sole filtra nello scudo viola sopra l’est ma la ombrosa putredine dei regni scivola sul nord e dilegua nel grande campo polito dell’occidente sereno sorridente è una incertitudine grave negli animali misconoscere malintendere scambiare il fruscio del vento col passo di un umano ancora in un ottundimento equinoziale uno spavento innocuo e la fiducia nella simulazione 18 - 9 (a giorgio) poiché prestissimo l’accadimento del tramonto della luna le acque del fiume in crescita lo stupore dei ponti mi hai condotto con te per le cerimonie di purificazione abbiamo varcato le acque osservato dall’alto le forme le stesse delle terre percorso le strade sorgenti da gli uragani nulla di improbabile dopo quanto ricevuto nella segnaletica delle costellazioni divorate dalla onda chiara compagna della notte torniamo felicemente illesi nel cospicuo ritrovo degli esseri nulla sfiora l’esito dell’ora (non c’è medicina alla tua condizione ricadrai puntualmente nella melancolia sempre un poco più spesso e finirai calerai col sole dopo il circolo vizioso di un noviaggio dove hai ceduto alla smobilitazione a una sedizione di presenza tra i larghi e brulli terreni e le coste di un argine macero e sabbioso tutto lì era un movimento verso il nulla la conseguenza di un gesto annientatore senza rovine o macerie tutto portato via o risparmiato in un altro gesto di snettatura dentro al cielo senza nitore e spento e polveroso dentro alla materia bianca del suo porsi sopra le cose sparite se esiste ascesa è solo per ritrovare la disperazione creduta lasciata qui tra le spoglie di tardive falciature nei campi tracimati oltre i cigli della strada vuota nulla rimane del corredo di poco valore si ricade per sempre nell’odore neutrale della noia) 215 19 - 9 quali volti di pioggia succedono nello spaesamento dove ti rivivi sotto i fluidi cammini dei soli nelle ragne taglienti delle vegetazioni quali anelli donati e perduti tessono le gerarchie e dopo il declino si ignora la stanza e il destino zanzare ancora insistenti pullulanti sedi di formiche nere tra i vecchi mattoni disturbati diamanti di fango tra l’erba dove induriscono gli escrementi dei cani la fracida ora si asciuga verso la metà del mattino nell’angusto cantone di una festa (i ricordi i ricordi non esistono fantasie cianfrusaglie da mescole dentro al mondo frantumato del dormiente) cosa farai del piccolo specchio dove scopri parziali denunce di una cosa chiamata presenza 20 - 9 una pacata deriva esistenziale trascina i passi nostri per le strade senza nome di una città dove troppo hai vissuto e poco amata le automobili tagliano veloci la linea ferita dello sguardo seduti ai tavoli della semplice amicizia si vive fuori da ogni menzogna e mi domandi se ancora si agisca nel nome di un qualche ideale o per quote di sopravvivenza il ritorno mi immerge in una notte diagonale sghemba senza lati o profondità semi solo luminosi sparpagliati tra le nubi // è piccolo e nudo il giorno adesso difficile capire quale sia la verità troppo felice no quanto scambiato ieri sera addosso si coglieva l’alone soffocante di una già detta deriva esistenziale di una magra della vita dentro ancora a una afa equinoziale (ma ho pensato a chi chiede concedi la tua voce per apprendere la forza della voce quando danzi consapevole variandoli sopra versi condotti dentro al cuore) 216 21 - 9 foglie gialle gialle farfalle su i prati una stanca di vento stanco onnivoro smanioso sui bordi delle cose nel pulviscolo magro lo sguardo privato di passione (tutti passati tracimati oltrevarcati in questo sconfinato emisfero di spiagge opulente e vuote dimenticate dalle onde) spento il vento il soffio macilento sopra le grigie sezioni di un lamento corale impazziti folli di cacce gli storni dilagavano smarrendo le tra le alte colonne de i moscerini autunnali e avveniva un colore ocra della sera e la luna cresciuta (siamo cosa cosa sarà del nostro colloquio notturno del banco di credito della vita del modo ambiguo del mattino a declinare un lavoro ancora) 217 22 - 9 un arco grande marca il confine del settentrione protetto da una marea biancacea indistinguibile per qualità poi regna il sospiroso ammonimento di una caligine morbosa di azzurro sopra i campi terrei e l’interrogativo della notte nelle veglie all’ora delle morti quando i sonni smascherano mescolanze con l’altro cantone di terrori il corpo sfiancato giace dentro di sé non ritrovandosi sarà poi un’alba bradicardica a disegnarsi nel marmo del cielo hai conosciuto da subito il placarsi della luce nelle grandi bonacce degli autunni e le bufere ma qui le consuetudini recano sogni di imbalbamento di intorbidata magnitudine degli orizzonti il nascondimento frequente della profondità dunque una incapacità di risalita di questi tempi risulta difficile comporre autorità corpi di riferimento o un offerto talento da nessuno richiesto per questo forse cerchi altre età tenti tracce nelle stanze esigue cogli il profitto da una finestra sola resti attento fingendo sonnolenza e la stagione penetra le fenditure i covi le derive nei pertugi le fessure curiosamente intenta a crescere e colmare l’arco dei cirri irretiva la luce guidandola dall’ovest del tramonto a un est di albe senza tempo a sud sorgevano i monti poi si è diffuso il miele del crepuscolo 218 23 - 9 il candore dei petali stupisce ancora così assoluto nella tenebra e intanto la tenebra blu si scioglie sopra i marmi e divaga tra le specie indistinte fino al prossimo chiarore non vanno lontane le foglie dall’origine e nutrono le foglie di domani risale il tempo il clima settentrionale il grigio abbacinante dei salici il vento la natura minerale di cortecce l’impatto violento della luce parafrasi impossibili alimentano la quota della verità e ricadrà la pioggia il suo profumo dopo il caldo innaturale la pigrizia peregrina di discesa la tempesta equinoziale vive del riflesso allucinante delle foglie volte dal vento caldo primitivo soffocante tutto si muove nulla si sottrae al necessario gioco di rapina tutto confonde il terreo dei terreni la impossibile parafrasi dei luoghi il canto già vicino della pioggia acuto lo stillicidio lungo della vita in pena pare tutto si crea in dismisura è la snervante forza della contrazione lo spasmo ultimo delle nuove vite l’essenziale fatica del ripristino sotto le spoglie secche delle falciature saranno poi apparenti consegne alla stasi pura non intaccabile mosse nelle quote secrete del ritorno fatiche dunque o riposi o lunghe soste nell’ordine congiunto dei freddi e delle pose oggi ricadeva lo spazio nel mare impenetrabile di bruma e sovra essa risorgeva il cielo in una misura ineffabile di spaesamento dello sguardo 219 24 - 9 - 2004 il tempo precipita nel tempo confusa la memoria spazza i corridoi dimenticando il ricordo si disperde nei padiglioni vuoti delle collezioni si apre la condizione massima di esilio la bufera schioma gli esiti dei vertici flessi recando straccetti di foglie frammenti di cortecce filamenti di nidi inabitati nessun ordine regola i trapassi screziature venature altre e si corrode senza corruzione e ogni correzione pare vana l’avido strumento del clima non patteggia alcunché aduna foglie nelle logge erranti cacciandole dai siti di deposito non creduti vagabondi e le altre istituzioni dilavate e sciolte come tutto dilegua in un istante di ipotesi mancata come rovina l’impronta della stasi non esiste una idea di salvezza decaduta l’antica illusione non serve il timore erede delle corse inutili paure sbandierano strappate le vuote cartilagini dei corpi saranno polveri presto seminate i racconti un mormorio degli echi quando i venti placati dormiranno (notte tra 24 e 25 - 9 ore brillanti di bufera liberano forse dalla insistente sete di esistenza la magnitudine tutta serena del cielo ha accolto i nostri corpi illesi nel grande taglio delle stagioni prendiamo la strada delle luci) (si chiude il libro delle case celesti) 220 costellazione 2 221 222 26 - 9 - 2004 nel grande caos del mondo la legge individua del verso offre un approdo di misura (quale vettore conduca lo stordimento del cammino della vita non sai se sia una scia dopo luminosa e breve o uno sfarfallio effimero come di volo) 27 - 9 il grande lato pianto delle stelle copre le distanze dei cieli sono finiti i regni celesti e i finissimi monti si smaterializzano e giunti noi a un punto di annullamento abbassiamo le palpebre timorosi 28 - 9 lucida la notte e luminosa trasforma nude forme delle terre nel grande incanto delle migrazioni 29 - 9 le aveva lasciate così una impresa di demolizione sbilenche cose cose di cose pezzi di resti ora separati ora le sfiorano le voci e il vento e sopra crescono semplici i fiori 223 30 - 9 sarà vostra cura cercare di non ascoltare di non farsi ferire dalle chiacchiere di senza lamento precipitare colti da una noia primordiale ma poi ci si sottrae ci si sottrae la notte nel passaggio mite della luna dentro il perimetro della finestra eppure non sei particolarmente felice di questo prolungamento della storia quasi di accanimento terapeutico sul corpo stanco oramai senza speranza tenuto in vita dalle tecnologie 224 1 - 10 - 2004 incomparabili silenzi gettano l’esistenza contro la quinta di una scena spopolata i drammi recitati non avevano copione e le parole forse e i canti forse 2 - 10 caldo malato coperto scoperto modo ruvido dentro un clima perverso /così risultano brutalemente scancellati ordini e confini le mure basse degli orti dove ti pensavi accomodato tra il ronzio delle vespe e le verdure / fiori recisi animali scomparsi e le generazioni scabre trite già vecchie alterate 3 - 10 hai valicato l’estremo corso della tenebra fino all’albero e ai campi delle stoppie larghi [sapete bambini quando è il momento di smettere volti sguardi feroci poi la campanella suonava nulla accadeva in realtà (il bosso dall’odore polveroso il frusto limite delle erbe salta giù dal fienile ebbene gli anni non hanno rumori dolori sì alle reni ai ginocchi e le giunture dopo interviene il caos non rammenti più nulla e te ne vai come eri arrivato) avete divelto la porta ora la casa cadrà occupata dai venti fili di lana frammenti/fermenti - prova a contare se riesci il numero delle radici e l’altro le stoppie lo sai ma dov’era il giardino domandi una piccola falsa prospettiva il vano colore degli occhi ] 225 4 - 10 cosa piaga i fogli delle terre di adesso dimesse cercatori inusuali ormai rari percorrono lente traiettorie tra i resti poveri però generosi delle ultime promesse dei campi raccolgono doni polverosi pannocchie dimenticate quando ancora si palpa l’intento della umidità 5 - 10 ore ore di amara solitudine impresse sulla futile pelle di luna ore senza respiro e oscure nei fatui scempi covi del giardino persi incredule forme di sé rinascono dai mondi delle nebbie nei cretti dei campi 6 - 10 (ma è preferibile angosciarsi che organizzare - j.brodskj) succede poi verso il mattino un falso arretramento del pensiero istante pervasivo delle nebbie ferme dispiegate stabilite e non ritrovi nella memoria benché breve il ricordo della scorsa stagione e l’altro degli altri scomparsi (già l’hai donata ai torbidi impiastri alle fatture già donata la vita a riletture di guasti testamenti volute cecità scorrono via dai grandi invasi dove il rantolo ultimo della notte ipnosi è e perdimento) troppo lontano il canto per essere udito ma l’eco continua non perdere la sua intensità (avevi letto tutto certo non avevi capito) 226 7 - 10 è un ottobre rivolto alle notti fatto di larghe densità greve fradicio ammutito lontano l’alta nube conduce al pensiero della inutilità 8 - 10 l’acre odore della vitamorta sale dalle strade profilanti il rovinoso del fu territorio spiace la sospensione dentro all’ora quasi la stagione si dilatasse nel morbido cobalto del presente 9 - 10 amavi le fiere del paese le monete cercate rimaste perdute sotto le giostre l’orizzonte della tenebra le mani della tenebra il bianco ottuso del palpito notturno (cadi dentro le mani della notte sprofondi nell’opaco trascinato dai terrori ) ma quella era un’altra età un altro modo forse altro tu stesso sempre era il tuo corpo ora lo sai fino a quando saprai ma questo non lo avevi immaginato 10 - 10 alta si offre a una inerzia muta allora coglie lo stupore di quanto memoria possa nel dimenticare / forse sua sostanza la deriva è grande nessuno però la vuole controllare 227 11 - 10 tensione massima cede a se stessa madida limpida una pica indaffarata sulla piatta carcassa di un riccio fugge brillante all’attenzione di uno sguardo smarrito dall’universo mutamento 12 - 10 la burrasca è sopra il nostro cielo lo travalica trascende ignorando l’affanno delle nevi la natura è ferma molto ferma notti fredde frammenti di sogno nelle veglie 13 - 10 alba rossa i corvi trasvolano grandi continenti del cielo superano fedi difese aspre riparazioni nell’alto loro silenzio 14 - 10 improvvisi inarcamenti delle foglie caricano di energia le più tese relazioni tra gli ordini viventi e parzialmente si solleva il giorno umido fazzoletto su un sedile aprirsi di uno stormo sopra i tetti 228 15 - 10 cresciuti sono sopra l’altra riva forse effetto di distanza gli alberi o relativa 16 - 10 svegliàti nel brodo cupo grasso della nebbia gli umori a a pezzi i corpi falcidiati lo lo odore affatto innocuo della putrefazione ieri nella visita alle ombre le rive di là avevano aspetti troppo bassi sprofondavano nelle acque triste dei futuri ora dicembre alimenta le mute fresche pulsazioni di ottobre il pomeriggio 17 - 10 dialogo sulla moderazione sulle misure dunque quanto accade in tale fase matura del pomeriggio l’influsso largo della nube indifferente sul modo già dimesso della luce e l’aria mite ferma sulle ancora aperte pratoline rare 18 - 10 la nebbia si arrampica alle cose calma poi le annulla 229 19 - 10 illuminante periplo del pericolo l’astro oscurato la ulteriore decimazione dei propositi la notte ancora sotto la quale sei passato nascosto il potere della vita le proposizioni passive si complicano non c’è oggetto non c’è complicazione 20 - 10 grandi alberi schiomati cedono violenti l’inclinazione massima a una dormia palese e solutiva sfuggenti materie di figure mutano nelle cornici delle allegorie descrivendo quanto poco si fissi nell’io deficitario di una storia illusa 21 - 10 quanto rimane è nel passaggio nel vasto campo sventrato della storia echi sordi campiture nere follie di corpi isteriliti la quantità non consola e lo stanco sentiero convoglia a silenzi ora amati troppo per inerzia un dolce sereno nel campo dell’azzurro saluta il piombo pacato in settentrione così se ne va l’ultima estate nel canto basso dell’ottobre incantato 230 22 - 10 non è il tempo a scorrere veloce è il vostro oblio di quanto si esperisce a cancellare il passo a l’orma divorare 23 - 10 prima la luna cresciuta era visibile nella melma bluastra melma l’ha assorbita mossi per l’anonima regione dove si è poi la 24 - 10 vento leggero da sud raccoglie il dolore dagli occhi cerulei guidandolo a altre lontananze raccoglie posandola una enorme solitudine protegge lo stato sereno di chi prima ha donato piangono i prati la nebbia teporosa di questa fase ultima 231 25 - 10 traversa il corpo la lunga ferita della stagione l’evoluzione cruda della putrefazione tardo sonnolento regime di luoghi senza gravitazione o fuga (sono dunque così tali violente cure di tempo indurito nelle fiancate alte delle notti delle apparizioni navigazioni sulle terre nere riferimenti no o indicazioni fino alle secche della insonnia fino a un istante di disperazione rivedi lunghe gallerie il pudore le piogge calde distruttive si vive nella onda micraniosa di una piana stanca immobile e finirà la notte in lune mascherate) 26 - 10 (babele istituisce incomprensione in una lingua comune) l’uggiolio delle bestie in gabbia rammenta la nuova disciplina violenza differenza differenza odio odio obbedienza bene così si giunge a punti di saturazione ove quanto si è appreso è sufficiente noia bruna sensuale la sua periferia il tedio la melancolia un tremito fragile costante però ferisce definitivo i corpicini secchi delle foglie sopra i rami si aprono varchi nei folti 27 - 10 la grande mantide tenta lentissima la mura screpolata nel lato definitivo del silenzio nella somma della quiete delle cose celesti calvi sentieri dell’essere forse tra un solco indurito e le rocce morbide della irrequietudine 232 28 - 10 restava dunque una regione pura tra l’orizzonte stretto e il grande dipanarsi della nube in una qualità tonale pastosa nel definire annullandola la progressione delle terre verso i monti dove taceva sereno lo sguardo 29 - 10 grigi becchi di corvi piantano freddo nei campi erbosi 30 - 10 cosa era il cielo seduto sopra l’essere spazio oscuro oltre lo spazio altro della nube e il grande raggio della luna nel luogo delle meraviglie la voce provava a tacere a sopperire a tanto stuporoso mancamento e poi dove si è accaduti nel resto delle terre solitarie sopra le acque di nuovo cresciute 31 - 10 esauriti i tempi della riflessione aperti quelli della concretezza ma del tuo passo nessuno si accorge nessuno si volge ai richiami (vivi di fragili temperanze cadi poi nel bianco livido di una disperazione) 233 1 - 11 - 2004 cani bianchi vegliano corpi tesi sopra fondali mai immaginati mentre corre l’aria del nord evadendo calda e tumultuosa (ti avvii alla altra parte della origine la morte apre a modi diversi almeno credi o altro non riesci a credere o sperare) 2 - 11 una polvere di sole sfiora la parete con l’incertezza estrema di un ritratto d’ombra covato nella scuola del mattino primo il tremore dei rami distonica salute di una fase calda inutili le dunque sedizioni 3 - 11 ultimi pare momenti avvertimenti prima del compiersi di sere mostruose di calura e corpulente ancora 4 - 11 il breve pomeriggio di novembre scivola avvolgendosi alla sera sugli insetti sorpresi dalla morte in atti comuni quotidiani morte non forse accordo con gli esiti della stagione 234 5 - 11 nell’impercettibilissimo andamento della dettanatura i ragni tessono tra rami e pareti mitemente scompaiono miraggi all’alternarsi delle maree 6 - 11 le grandi acque alimentate dalle piogge hanno annullato i confini si valicano dunque i terrori navigando nella tenebra madida senza l’aiuto delle costellazioni si giunge oltre i veli di presunti misteri alle radici tutto è fermo e vasto e senza luce e immoto 7 - 11 oggi di larghe solitudini sparse intoccate intoccabili ancora più solitudini deserti asfalti romite porzioni di cielo stormi di piccioni adagiati e in volo lo splendore miracoloso di un riflesso isolato la rabescata evoluzione dei mosconi fino all’accadimento del tramonto 8 - 11 tutti se ne vanno dai sogni oltre i mesi celesti di una riedificazione oltre fogli disordinati con oggetti precisi nelle tasche resta il soffio dopo di un nome pronunciato all’orecchio del dormiente 235 9 - 11 dal sommo del naturale anfiteatro si spaziava verso la origine del mare delle nebbie e presto ti avrebbero annullato i cani delle cacce scuotono sinistramente il giorno dormiente nel siderale giaciglio delle brine 10 - 11 piove una bieca maestà dalla stagione da quando abbiamo dimenticato l’altra vita e diventati uomini annusiamo il sapore della decomposizione andamento primitivo delle cose 11 - 11 il pensiero si organizza nei taciti destini della sparizione certo le cose erano le cose scempiate e gli esseri di stirpe adusa alla ignoranza 12 - 11 la notte gronda lungo i muri sporchi e i rari lumi accesi nell’arcipelago voluminoso di inquietudine a volte è un rintocco di metallo o l’altalena di un qualcosa di invisibile lasciato in un dileggio neutro 236 13 - 11 il pettirosso appunta l’alba al cielo coi chiodi rudi di richiami brevi alba febbrosa febbrile frettolosa 14 - 11 sorride beffardo il mondo contro le vicissitudini del mostruoso umano mestiere 15 - 11 silenzioso immobile si dilata il tempo del giardino indolore e ignaro di destino solo luce e penombra si avvicendano poi la pioggia cadrà e ascolti il dolore delle cose lontane quasi l’inverno fosse già finito (la tensione massima tra due estremi è tensione minima di un estremo con se stesso) 16 - 11 così l’emisperio cangiante delle brume arretrava fino alla oscura materia del monte e delle catene azzurre tocca duro il veleno aspro del presente 237 17 - 11 caduto in questo giorno oscuro coriaceo vitreometallico senza profondità icone di opaca madreperla 18 - 11 nei giochi solenni di una sorte senza volto nel riso sguaiato della inquietudine si situa la faccia inerte della stonata orditura della vita 19 - 11 diramazioni piuttosto e oramai si erano superati i limiti dei freddi il senso di una sicurezza il tramonto della luna tra i lampioni 20 - 11 la ascetica notte induce a scappare tra fiere e lumini di vecchi paesi 21 - 11 forse lo sguardo un ritratto forse la memoria del nemico ritorna l’antica paura ritorna l’amplesso delle ombre sereno lontano incomprensibile 238 22 - 11 nel momento del distanziamento il mondo estremo salutava la zona del passaggio stabili i boschi risaltavano nella iride di quella condizione 23 - 11 camminare nel tempo sopra il tempo perdersi nella inflessibile presunzione dei corpi insistenza di un rapido declino 24 - 11 madido freddo appena soffuso dalla luce viola della foschia gli alti schemi della stagione regolano lo sguardo verso le prime aperture dell’alba (non ci sarà mai confronto corretto col tempo forse un momento di solo paragone) 25 - 11 dai vapori dell’est pare la luna pallida e sottile nella forma le terre a volte si muovono onde compagne di rumori verbi di oscuri mormorii e poi si cullano nei sonni primordiali 239 26 - 11 si è fatta del discorso l’anomalia del tempo 27 - 11 più in là resiste l’intatta stirpe dei deserti lo spazio inviolato della provenienza la possibile forse risonanza profonda del canto dei boschi il silenzio delle latitudini 28 - 11 la terra ancora si muove qualcosa la spinge alla deriva 29 - 11 dopo su i riflessi degli asfalti irrorati scuri le foglie sono draghi magri nervosi arrembanti 30 - 11 così ti penso non riesco a non pensarti nelle occasioni di un luogo dove nulla sa più veramente essere il mare la deriva le grandi alghe dormienti sulle rive 240 1 - 12 - 2004 deserti bluastri e più in là una corpulenta densità nere bianche sculture del caso sul bruno delle zolle 2 - 12 i cipressetti giovani oscillano una ala nera ha svoltato prima della percezione 3 - 12 coloro che hai sepolto non sono tornati e neppure le loro stagioni 4 - 12 un sole d’ombra vincola la stanza a una setosa armonia senza contrasti le ferme cose invero appena accenno sorti leggere di un basculamento 241 5 - 12 fuori una guerra nera silenziosa occupa i gradi diversi dei luoghi totale lo oscuramento si ascolta l’allibita qualità degli eventi nel loro accadimento inesorabile 6 - 12 in questo vincolo spasmodico universo lugubre tortuoso mese spaventoso di troppe date senza canone o misura ancora forse salverà la pioggia o tornerà la folle paura delle crescite 7 - 12 certi anni si è dimenticati dagli anni 8 - 12 sonni espliciti delle nature imbalbamenti estreme nuove fioriture 242 9 - 12 bella un oggi di allora questa terra di schermi e visioni 10 - 12 liquido ghiaccio di notte era stanotte nel tramonto di orione 11 - 12 gli esseri muovono nei silenzi industriali grattati silenzi dal romorio perpetuo regime dimesso di una vita già morta di una falsa vita negli agglomerati delle riproduzioni si giocano così le annotazioni vicinissima l’origine della sera la neve appena su un margine di monte un canto accompagnato da tamburi il passo lontano più lontano dopo là c’era la pace un punto di felicità la fine strana di un mondo la fine della storia 243 12 - 12 le apparizioni sono esistite molto prima dei vostri arrivi tra gli alberi neri e i bianchi rami di neve (ho letto sul tuo volto una marcata stanchezza il caldo morbido del tuo vagabondaggio // in verità sono caduti i sogni tutti quasi - mi sussurri sopra gli estuari di agosti intolleranti // un sospiro più acuto di una lama nel cuore e ancora le apparizioni e non sei nulla tu il velo nero la muraglia blu un cadavere di muro venuto giù nei giorni del terrore il resto allora giungerà dalle propaggini più vere del tuo amore 13 - 12 sulle brute terre sulle grevi rive delle acque non bevute accanto a pali di metallo e segnali scrostati tutto questo modo inusuale di ripercorrersi di avere un nome di menticarlo subirlo per una breve eternità 14 - 12 rumore fine solo come di briciole sulla stagnola o altro un neppure accaduto sollevato perduto nei pianti di un corpo abbandonato 244 15 - 12 tutto molto queto sospeso nel progresso del pallore dell’acido sole basso nei giorni intensi di ghiaccio un pietoso rigore di silenzi adesso 16 - 12 livido lume inombra i corvi in semiconcretezza focolai di nebbia aprono al capovolgimento di una tesi quando si covi un nido quando si viva una era di tenacia 17 - 12 si pensa all’irrimediabile su cui si gioca necessariamente con tutti i rischi del gioco l’ineluttabile l’irrisorio si era già vivi non lo si sapeva qualcuno ha vegliato poi svegliato dal tumulto buio dei sogni 18 - 12 dunque tornati da deserti assoluti dalle sponde mancanti dai perduti abitati delle larghe notti e prima solo articolato il filo della via dopo una rada greve pesa acqua martellante i corpi 245 19 - 12 foglioline accartocciate allargate dalla aria separatrice sui bianchi pavimenti delle logge presiedono immobili comporsi limpido dei giorni rossi delle nevi bianche 20 - 12 il campo fatuo della luna si perde nell’impalpabile grande improfondo esasperatamente senza lenimento 21 - 12 visitare le ceneri poi sussurrare un saluto (alimenta il fuoco umile della conoscenza) 22 - 12 edifici sabbiosi avvolti in una soluzione di quarzo arcano polveroso del clima 246 23 - 12 difficile era l’isola per i ponti trattenerla ai bianchi approdi delle terre ferme l’aria carica di mari fragrante si perdeva crescevano speranze di momenti altri o forse l’isola era uno dei raggi incommensurabili di una ruota di luce variazione tra i possibili della esistenza e la sonorità predicabile di una sfumatura 24 - 12 vivi intervalli di anomala indifferenza dunque senza età il ritmo blando delle alternative si scioglie lento senza soluzione 25 - 12 poi uno spolverio di pioggia su attimi di superfici dove camminano goffi i trampolieri giorni di ruvide consegne di gridi laceranti morti violente nelle rancide acque degli espatri 26 - 12 la tua figura avara alla deriva 247 27 - 12 le costellazioni non lasciano scie costellazioni dai nomi futuri dialoghi di sguardo albori senza luce 28 - 12 le cose le anche più dolorose ora adesso pateticamente sfumate esse non sono più e non sono e nessun tempo verbale o modo le ricovera nella incerta ancora certezza della ora 29 - 12 morbosamente aggrappati all’insanabile cura inconsapevoli ancora del fragile gioco dei vincoli 30 - 12 parole di ieri incenerite / ( ) 30/31 - 12 sulla luna languida dilaga l’amplesso affusolato di una nube 248 31 - 12 la musica è tutto un tempo morto che va riempito (g.t.) il libro si chiude sull’immobile declino sul declino inesorabile delle costellazioni sul tramonto delle strade sulla insorgenza massima di tenebre si chiude senza risposta nei fiori delle brine su uno smarrimento senza fine 249 INDICE 6 Introduzione 9 Costellazione 1 19 Il libro delle case celesti 221 Costellazione 2 Prima Edizione Febbraio 2013