+ ALLEGATO: L`atto di denunica-querela 2

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+ ALLEGATO: L`atto di denunica-querela 2
Procura della Repubblica
presso il Tribunale di
Atto di denuncia
I sottoscritti:
espongono.
I FATTI
Il giorno 30 dicembre 2011 il TG3 serale mandò in onda brani di un intervento di Umberto Bossi, in
occasione di un raduno provinciale di militanti della Lega Nord denominato “Berghem frecc” ad
Albino, in provincia di Bergamo.
Tale intervento apparve nella sua versione completa nel sito di You Tube fin dal giorno dopo.
In esso ( vedi CD allegato) Umberto Bossi, segretario del partito della Lega Nord, senatore della
Repubblica Italiana e Ministro delle Riforme nel precedente Governo, si esprimeva attraverso le
seguenti testuali parole ed i seguenti inequivocabili gesti:
Bossi : “…il grande progetto che porterà sicuramente la nostra Padania…e d’altra parte con le
buone o con le cattive perché questa volta ci hanno davvero rotto le scatole…stavolta abbiamo
subito anche il Presidente della Repubblica che è venuto a riempirci di tricolori sapendo bene che il
tricolore non piace alla gente del nord…altro che democrazia!”
(voci dal pubblico : “Vergogna!”)
Bossi : “ Eh certo!”
( voci dal pubblico : “Usciamo dall’Italia! Andiamocene via!”)
Bossi : “ Mandiamo un saluto al Presidente della Repubblica!” ( Bossi con la mano destra fa il
gesto delle corna).
( risate dal pubblico)
Bossi : “D’altra parte nomen omen…si chiama napoletano…Oh no! Non sapevo che l’era un
terùn!”
(risate dal pubblico, voci :” Roma ladrona la Lega non perdona!”
( voci dal pubblico, ritmate e ripetute : “ Monti Monti và a fa un culo! Monti Monti và a fa un
culo!”)
Bossi : “ E magari gli piace, cazzo!”
( risate e applausi dal pubblico)
*****
Le parole e il comportamento di Umberto Bossi, per noi cittadine e cittadini promotori di questa
denuncia penale in più città italiane, non hanno bisogno di commenti, né di aggettivi dispregiativi
che ne amplifichino il disvalore.
Hanno necessità invece di essere letti per ciò che sono: non manifestazioni di folclore espressivo,
ma atti eversivi pericolosi per una democrazia non ancora del tutto compiuta come quella italiana.
Siamo tutti quotidianamente responsabili del linguaggio che usiamo e dei gesti che scegliamo.
Alcuni hanno però delle responsabilità in più: sono gli eletti negli Organi del Parlamento, i migliori
e le migliori, secondo il progetto delle nostre Madri e dei nostri Padri costituenti. Sono “deputati”
per legge ad avere cura dei beni comuni, comprese le forme delle relazioni civili delle quali l’uso
delle parole, la correttezza dei gesti, il rispetto nei confronti del Presidente della Repubblica (che
gode la stima del 94 % dell’intero popolo italiano) rappresentano il nucleo fondante.
Nel guardare e riguardare increduli il video allegato, ci si domanda come sia possibile che un simile
degrado, nemmeno qualificabile come politico, possa essersi insinuato senza trovare argini
autorevoli nel nostro Paese. Pensiamo che la misura sia colma e che questo sia un buon giorno per
girare pagina.
E poiché la più alta autorità, nel contesto di una vera democrazia, appartiene al popolo che la
esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione, noi tutti che siamo il Popolo sovrano
rivendichiamo il diritto di esigere, da parte dei nostri rappresentanti in Parlamento, non solo la
piena dedizione al loro compito istituzionale e ai valori e alle regole sui quali hanno giurato, ma
anche le forme e i comportamenti adeguati alla dignità che le loro funzioni richiedono, nel
concorrere al progresso materiale e spirituale della società. Non c’è futuro senza rispetto delle
Istituzioni, dei principi democratici, della cura del sapere e della convivenza civile.
LA DENUNCIA.
I fatti riportati integrano gli estremi oggettivi e soggettivi dei delitti previsti dagli artt. 278 e 290 del
codice penale, titolati “ Offesa all’onore e al prestigio del Presidente della Repubblica” e
“Vilipendio della Repubblica, delle Istituzioni costituzionali e delle Forze Armate”: fattispecie
poste a tutela di supremi interessi statuali, dalla sicurezza esterna ed interna all’unità e indipendenza
dello Stato, dal libero esercizio delle istituzioni democratiche alla libera partecipazione dei cittadini
alla vita politica.
Non v’è dubbio che, pur nel radicale mutamento delle forme e della sostanza dello Stato realizzatosi
con il passaggio alla repubblica ed alla democrazia parlamentare, le norme richiamate sono
conformi ai principi costituzionali: in tal senso si pronunciarono sia il Giudice di legittimità con
riferimento all’art. 3 Cost.( Cass. 21.11.1969, Castellini; Cass. 12.02.1996, Barone); all’art 21 Cost
( Cass. 16.01.1978, Graziani); agli artt. 24, 25, 111 Cost (Cass. 4.02.2004, Liori) sia la Corte
Costituzionale con riferimento agli artt. 3 co.1, 21 co.1, 25 co. 2 Cost.( sentenze n. 20/1974 e
163/1996).
Naturalmente, nel mutato impianto costituzionale, hanno essenziale rilievo i principi della libertà di
manifestazione del pensiero e di critica, posto che l’unico limite espresso menzionato dall’art. 21
della Costituzione è quello del buon costume. Ma altrettanto naturalmente, la libera espressione del
pensiero conosce dei limiti derivanti dal confronto con altri principi costituzionalmente rilevanti .
La Corte costituzionale, chiamata a decidere sulla questione statuì ( Corte Cost. n. 20/1974) che “in
regime democratico sono peraltro ammesse critiche anche severe alle istituzioni vigenti…il
vilipendio è configurabile solo quando la manifestazione è diretta a negare ogni rispetto, prestigio,
fiducia all’istituzione considerata”.
E ciò, in tema di vilipendio.
In tema di offesa all’onore e al prestigio, “il diritto di critica può essere lecitamente esercitato anche
nei confronti delle istituzioni costituzionali dello stato, ma trova un limite insuperabile nella tutela
del prestigio, del decoro e della autorità delle istituzioni stesse e in primo luogo del Capo dello
Stato, per il quale è riconosciuta nell’art. 278 c.p.”(Cass. Sez.I, 16.01.1978, Graziani).
E difatti, il bene giuridico protetto è di rilievo costituzionale: la personalità morale del Presidente
della Repubblica, in qualità di rappresentante dell’unità dello Stato di cui è a capo (art. 87 Cost.).
L’oggetto protetto è duplice: il bene individuale (onore della persona) e il prevalente bene
“istituzionale” (prestigio dello Stato, ma anche “serenità dello svolgimento delle funzioni”: Cass.
16.03.2004).
Il delitto ricalca la struttura dei reati contro l’onore individuale: la giurisprudenza afferma che il
fatto si perfeziona già con il compimento di atti obiettivamente idonei a menomare il prestigio del
Capo dello Stato. Si configura quindi un reato di pericolo concreto: l’offesa può essere integrata,
oltre che dalla lesione, anche dalla esposizione a pericolo del bene giuridico.
Né è lecito scindere la persona privata dalla funzione che esercita: “è irrilevante accertare se
l’offesa sia recata al Presidente della Repubblica contemplatione officii o in relazione alla sua
persona privata, poiché anche in tale ultima ipotesi è indubbia l’offesa al decoro della persona
investita dell’augusta funzione “ (Cass. Sez. I, 08.06.1966, Libertini; Cass. Sez.I, 21.11.1969,
Castellini; Cass. Sez.I, 16.01.1978, Graziani).
L’esame della norma giuridica può terminare qui. L’esempio offerto da Umberto Bossi è talmente
eclatante da costituire una sorta di esempio di scuola sulla sussistenza degli elementi di fattispecie
dell’art. 278 c.p., e da rendere oziosa ogni ulteriore considerazione. Egli offese ripetutamente il
Capo dello Stato, con espressioni e gesti di volgarità estrema, ed era perfettamente consapevole
della obiettiva idoneità offensiva delle espressioni volontariamente adoperate: per giurisprudenza
dominante, il dolo- generico- si considera accertato in presenza di offese di per sé grossolane e
volgari, il cui significato offensivo l’autore non può non rappresentarsi (Cass. 30.05.1977, Di
Francesco; Cass. 08.02.1963, Ubertazzi; Sez.Un. 18.11.1958, Maiorino).
Quanto all’art. 290 c.p. e quindi, in questa sede, al vilipendio del Governo quale Istituzione
costituzionale, valgono le medesime considerazioni fatte in tema di art. 278 c.p.
Ci si rende ben conto che l’offesa è diretta a Mario Monti quale persona fisica, e che secondo
opinione pacifica in dottrina e giurisprudenza la norma tutela il prestigio delle istituzioni
costituzionali e non del singolo componente del Governo. Ma in questo caso la contraddizione è
solo apparente : sembra infatti corretto ritenere, in perfetto parallelismo con la tutela predisposta
dall’art. 278 c.p., che quando le offese sono dirette al Capo del Governo a causa delle sue funzioni,
il fatto che egli venga individualmente offeso si ripercuote, in concreto, sul prestigio della
istituzione. (vedi Cass. 21.11.1969, Castellini cit.).
*****
Le parole, i gesti, i comportamenti di Umberto Bossi sono lesivi di beni di grande importanza per la
collettività e costituzionalmente protetti : l’ordinamento deve porvi rimedio accertando i fatti e le
responsabilità, ed applicando le sanzioni previste dalla legge.
Nella profonda convinzione che la loro azione odierna sia doverosa, in una normale democrazia
liberale, i sottoscritti sporgono quindi formale atto di
denuncia
contro Umberto Bossi, nato a Cassano Magnano (Va) il 19 /09/ 1941 residente in Gemonio (Va)
BSS MRT41P19C004M
affinché la competente Autorità Giudiziaria proceda nei suoi confronti per i reati di “Offesa
all’onore e al prestigio del Presidente della Repubblica” ai sensi dell’art. 278 c.p., e di “Vilipendio
delle Istituzioni costituzionali” ai sensi dell’art. 290 c.p., e/o per altri reati che verranno ritenuti
perfezionati dai fatti esposti.
Con riserva di costituzione di parte civile.
Ai sensi ed agli effetti di cui agli artt. 408 e segg. c.p.p. si chiede di essere informati nel caso di
richiesta di archiviazione.
Verona