bozza tesi ripristinata
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bozza tesi ripristinata
Alma Mater Studiorum Università di Bologna FACOLTA’ di ECONOMIA – Sede di Forlì Corso di Laurea Magistrale in Economia e Gestione Aziendale (Classe LM-77 – Scienze Economico-Aziendali per le Magistrali) Management e Marketing TESI DI LAUREA in Management e Marketing Internazionale Enterprise 2.0: i nuovi mezzi del passaparola CANDIDATO: RELATORE: Giulia Medri Fabio Guido Ulderico Ancarani Anno Accademico 2009/2010 Sessione II 1 INDICE Introduzione 4 1. Un nuovo consumatore – un nuovo marketing 1.1 6 La teoria del consumo reincantato apre le porte al consumatore postmoderno 6 1.2 La crisi del marketing tradizionale 10 1.3 L'approccio dell'ascolto e l'importanza del passaparola 14 1.4 Il marketing del passaparola: il word of mouth marketing 21 2. Il social web: la piattaforma conversazionale 2.1 Internet come risorsa di marketing: cambia i connotati, ne cresce l'utilizzo 2.2 26 Social media e community: le conversazioni si spostano on-line 2.3 26 33 Uno sguardo alla realtà: statistiche, ragioni di fruizione e tipologie di utilizzatori dei social media 41 2.4 Il 2.0 approda in azienda 49 2.5 Monitorare le conversazioni sui social media e misurare i loro ritorni: il social media monitoring 3. Dove e come essere presenti nei social media 57 60 3.1 Gestire le conversazioni con il corporate blog 60 3.2 Scatenare il passaparola con i social network 66 3.2.1 69 Attirare fan su Facebook 3.2.2 Essere tempestivi con Twitter 74 3.2.3 Rivolgersi ai professional con Linkedin 75 2 4. Case History 4.1 78 Un corporate blog a supporto della community: il caso Ducati Desmoblog 4.2 78 Una comunità di esperti a supporto dei processi di innovazione: il crowdsourcing di Innocentive 4.3 82 Marketing su Facebook per una piccola attività locale off-line: corsi di pilates Body & Mind 84 Conclusione 90 Bibliografia-Sitografia 94 3 ELENCO DELLE FIGURE 1.1 Vecchia e nuova scuola di marketing a confronto 12 1.2 Grado di fiducia nelle forme pubblicitarie 17 1.3 Indice comparato dell'influenza del passaparola tra i primi acquisti e gli acquisti più recenti 18 1.4 Attività svolte prima dell'acquisto 19 1.5 Influenza del passaparola derivante dalle persone non conosciute professionali (Pros.) vs. individuali (Joes) 19 2.1 Dati Audiweb settembre 2010 26 2.2 La long tail dei media 36 2.3 Il prisma della conversazione 40 2.4 Tempo trascorso sul social web, marzo 2010 42 2.5 Il comportamento degli utenti europei sul social web 44 2.6 La piramide della participation inequality 45 2.7 Dove i consumatori reperiscono informazioni 46 2.8 Dove le persone condividono l'influence on-line 48 2.9 Perché le aziende utilizzano i social media 51 2.10 Perché i progetti di social media falliscono 52 2.11 Obiettivi primari perseguiti in una campagna di social media 53 2.12 Percentuali di utilizzo del blog aziendale 54 2.13 Metriche quantitative e qualitative di misurazione 58 3.1 Blog “Quelli che Bravo” 64 3.2 La piramide dei bisogni di Maslow 67 3.3 Logo di Facebook 69 3.4 Fan page di Technogym 71 3.5 Lo stato dei brand su Facebook 73 3.6 Logo di Twitter 74 3.7 Pagina di Twitter di La Stampa 75 3.8 Logo di Linkedin 75 3.9 Pagina Linkedin di HP 76 4.1 Logo di Ducati 78 4.2 Risultati di Google per “pilates” 85 4.3 Strategia di utilizzo dei social media 86 4.4 Alcuni interventi realizzati 87 4 INTRODUZIONE La comunicazione, da sempre anima del commercio, è profondamente mutata; il grande sviluppo tecnologico-informatico ha fornito alle persone nuovi strumenti per mettersi in contatto e attraverso cui scambiarsi informazioni e creare contenuti, permettendo loro di diventare per la prima volta soggetti attivi del mercato. Il termine che sta ad indicare l'atto con cui i consumatori ricevono informazioni da altri consumatori è word of mouth o passaparola; tale fenomeno esiste da sempre, i prodotti vengono infatti da sempre discussi, giudicati, consigliati da persone, consumatori e utenti, influenzando le predisposizioni all'acquisto di altri potenziali consumatori, ma solo oggi, di fronte ad utenti che vivono il consumo come esperienza fonte di piacere, che condividono e partecipano, il passaparola è divenuto considerevolmente più influente sul processo di scelta di consumo. Per comprendere la portata di tale fenomeno occorre poi considerare il valore aggiunto fornito da Internet, che ha permesso di abbattere i confini imposti dalle distanze spaziali e dai canali di comunicazione, offrendo strumenti che danno all'utente la possibilità di far sentire la propria voce e di imporsi nel processo di consumo nella veste di co-produttore, insieme all'azienda, di prodotti e contenuti. L'azienda non è più la protagonista incontrastata della sua comunicazione; le conversazioni personali sono entrate nella conversazione illimitata e globale che chiunque può trovare in Rete, su qualsiasi argomento. In questa era di “rinascita della conversazione”, gli utenti sono innanzitutto persone che condividono gli uni con gli altri esperienze e conoscenza. Di fronte a tale prospettiva è allora opportuno chiedersi qual'è il futuro della comunicazione aziendale, quali strumenti preferiranno usare i clienti per comunicare, e se le imprese sono pronte ad affrontare la rivoluzione in atto e a modificare i tradizionali sistemi finora utilizzati per comunicare con il cliente. Sono queste le tematiche principali che l'elaborato si propone di affrontare analizzando, nel primo capitolo, il nuovo consumatore, definito postmoderno, e i tratti della conseguente crisi del marketing tradizionale di cui egli non riconosce più la validità; il capitolo prosegue presentando nuovi approcci di marketing fondati sull'ascolto come risposta a consumatori che basano sempre 5 più le proprie scelte di acquisto sulle conversazioni intessute con i loro pari, facendo passaparola. Del fenomeno word of mouth vengono fornite statistiche a livello mondiale e nazionale per definirne la portata, e viene definita la branchia del marketing ad esso propriamente dedicata, il word of mouth marketing, che si serve della viralità (marketing virale) e del brusio attorno ai prodotti (buzz marketing) per accrescere la propensione delle persone a scatenare il passaparola. Il secondo capitolo si propone di contestualizzare gli elementi presentati nel capitolo precedente, fornendo una dimensione al nuovo consumatore e al suo passaparola: Internet, e in particolare il Web 2.0. E' qui che i tratti della postmodernità trovano il loro habitat naturale e conoscono la loro massima espressione. Della piazza virtuale vengono innanzitutto fornite le statistiche di utilizzo, in questo caso quelle italiane, per comprenderne la diffusione e ne vengono indicati i tratti partecipativi e interattivi di nuova generazione (2.0), che permettono alle persone di trasferire qui la gran parte delle conversazioni che intrattengono. Il secondo paragrafo in particolare si sofferma sui luoghi del Web dedicati allo scambio e alla partecipazione degli utenti, i social media, considerandoli dal punto di vista del marketing, di cui il paragrafo successivo ne specifica le statistiche di utilizzo, le ragioni di fruizione e le tipologie di utilizzatori. Il fulcro del capitolo è costituito dal quarto paragrafo, dove si analizza l'utilizzo delle piattaforme sociali da parte dell'universo aziendale come mezzo per prendere parte e intervenire alle conversazioni on-line sulle proprie marche, indicandone le opportunità connesse e i relativi limiti, tra i quali, il principale è quello di una mancata formalizzazione di monitoraggio con conseguente difficoltà di misurarne i ritorni in termini economici. Il terzo capitolo lo definirei di teoria applicata, e presenta i principali e più popolari spazi a disposizione delle aziende sul social web per costruire una conversazione diretta con gli utenti; questi sono il corporate blog e i social network. Dopo una breve presentazione di entrambi gli strumenti, della seconda categoria vengono considerate e analizzate le tre piattaforme più utilizzate al momento a scopo aziendale: Facebook, Twitter e Linkedin. La trattazione termina con il riferimento a tre casi aziendali, testimonianza di strategie di marketing dell'ascolto e del passaparola efficaci, utili per comprendere al meglio l'opportunità che il nuovo scenario del social web rappresenta per la comunicazione aziendale. 6 CAPITOLO 1. UN NUOVO CONSUMATORE – UN NUOVO MARKETING 1.1 La Teoria del consumo reincantato e il consumatore postmoderno Quando si parla di consumatore postmoderno ci si riferisce ad un soggetto nuovo, dinamico, attivo, coinvolto nelle scelte di consumo, con niente a che spartire con il suo predecessore che dell'atto consumistico coglieva esclusivamente la dimensione funzionale1. A parere di Bernard Cova, autore della teoria del consumo reincantato, il consumatore postmoderno si distaccherebbe dalla logica prettamente funzionale per intraprenderne una decisamente più esperienziale, per cui l'acquirente si sforzerebbe più di rivendicare una gratificazione edonista in un contesto sociale, che di ottimizzare un profitto.2 Considerare il consumo come esperienza3 significa fare riferimento ai diversi processi (assegnazione di senso, valutazione e apprezzamento) coinvolti nella dimensione edonica ed estetica del consumo di un prodotto o servizio. Si tratta di risposte cognitive ed emozionali necessarie per potersi godere pienamente la relazione con un prodotto o servizio. In particolare con l'assegnazione di senso si cerca di dare un primo significato ad oggetti ed eventi, con la pratica di valutazione i soggetti giudicano l'oggetto o evento attraverso la comparazione con specifiche norme, esperienze precedenti o altre convinzioni. Infine la pratica dell'apprezzamento si caratterizza per la risposta emotiva dei soggetti nei confronti dell'oggetto o evento. Cova si riferisce alla dimensione esperienziale del consumo con il termine “reincanto”, utilizzato dai sociologi in opposizione al moderno “disincanto”, che ha indotto a misurare ogni cosa secondo il principio dell'utilitarismo; il termine viene utilizzato oggi in ambito di marketing con la formula “reincanto del consumo” per indicare l'allontanamento dalla dimensione razionale e per 1 La visione funzionale, che appartiene alla tradizione microeconomica e psicologica (sia behaviorista che cognitivista), pone l'accento sulla ricerca di informazione e sul processo d'influenza della scelta del consumatore al fine di ottimizzare le transazioni di individui considerati isolatamente. Cova, Giordano, Pallera, Marketing non-convenzionale,Il Sole 24 Ore, Milano. 2 In tal modo il mercato depura, mediante un'offerta che si definisce “reincantata”, emozioni che vengono da proiezioni immaginarie e olistiche, che non rispondono soltanto a dei bisogni, ma attengono alla ricerca identitaria del consumatore. Cova, Giordano, Pallera, Marketing nonconvenzionale,Il Sole 24 Ore, Milano. 3 Holt 1995 studio riportato da Dalli, Romani, Il comportamento del consumatore. Acquisti e consumi in una prospettiva di marketing, Franco Angeli, Milano. 7 affermare una rivendicazione sensistica. In contesto commerciale la dimensione del reincanto è riscontrabile in tutte quelle nuove forme di consumo, che prendono il nome di fun shopping, retailtainment o shoptainment, per cui la frequentazione dei punti vendita non sarebbe più un momento di cui minimizzare l'inutilità, ma piuttosto una fonte di piacere. É allora intuibile come già in parte si spieghino alcuni tratti del consumatore postmoderno, quali un più spiccato interesse e un maggiore coinvolgimento; ma è solo andando più a fondo nella disamina di Cova che si individuano le radici più profonde del mutamento del consumatore. Egli propone quattro chiavi di lettura che delineano la struttura del consumo reincantato: diffidenza istituzionale e powershift, ridimensionamento microsociale e imprenditorialità tribale, rivincita del sacro e parte del diavolo, interpassività e potere infinito. Ai fini della mia trattazione reputo meritevoli di attenzione le prime due poiché spiegano e introducono la metamorfosi del consumatore a cui questo capitolo è dedicato. Esaminando la prima interpretazione, secondo alcuni osservatori (Badot, Cova, Kozinets) sarebbe da segnalare una sorta di manifestazione di diffidenza istituzionale, per cui si rilevano spesso situazioni di consumatori che si mostrano soddisfatti ma che in realtà nascondono frustrazioni rispetto alle aziende. Ciò andrebbe a denunciare un'inattesa disgiunzione tra l'offerta e il consumo. A questo si aggiungerebbe una certa forma di powershift, ovvero un'inversione dei rapporti di forza tra aziende e consumatori, per cui il consumatore non è più considerato, come lo era nell'ottica dominante del marketing, alla stregua di un ingenuo, bensì come colui che possiede insieme all'azienda l'expertise; infatti alle competenze acquisite tramite esperienze quotidiane si aggiunge una serie di conoscenze pseudoteoriche ottenibili grazie alle tecnologie informatiche, Internet in primis. A fianco del potere dell'offerta, fino ad ora incontrastato, va quindi a posizionarsi quello dei consumatori, a rappresentazione di un vero e proprio contropotere. Nel caso poi di associazioni di consumatori appassionati di un prodotto, le competenze messe in condivisione, si arricchiscono e aumentano ancora di più; le imprese dovrebbero allora riconoscere l'expertise di questi gruppi e trarne beneficio. La presenza di associazioni di appassionati e di esperti può così far passare il potere dalle mani delle aziende a quella dei 8 consumatori uniti non per interesse ma per passione. La seconda teoria si basa sul modello delle scale di osservazione dei consumi di Dominique Desjeux, a tre livelli: macrosociale, in cui l'aggregazione tra gli attori di mercato avviene in maniera strutturale (per nazione, classi sociali, generazioni, culture ecc.); microsociale con attori concreti e impegnati in azioni collettive; individuale dove l'attore è considerato a livello cognitivo ed emotivo. Utilizzando come strumento di analisi della società questo modello, in quella attuale sembrerebbe prepotentemente riaffermarsi il livello microsociale, riferito a tutto ciò che riguarda esperienze ed emozioni quotidiane; da tale punto di vista il sociale appare allora più come una dimensione in cui gli individui stringono al loro interno dei forti legami emotivi, condividono esperienze simili, costruiscono una sottocultura comune e un'identica visione del mondo, che come un insieme di gruppi sociali stabilizzati e strutturati. Ogni individuo può far parte di più microgruppi e l'appartenenza a queste “tribù” sembra essere diventata, per il singolo, più importante dell'appartenenza alle aggregazioni macrosociali. Le tesi della teoria del consumo reincantato pongono le premesse e gettano le basi per l'analisi della nuova realtà di consumo e del suo protagonista: il consumatore postmoderno, un soggetto più scaltro, esigente e selettivo, competente, proattivo e tendenzialmente infedele alla marca4; marca che da parte sua non è più sufficiente a garantire la qualità del prodotto, il consumatore infatti ora sceglie i prodotti in base al modo di agire delle imprese, egli diventa critico e il suo consumo responsabile. Il suo nuovo ruolo è generato da un mix di insofferenza alla comunicazione tradizionale, di maggior consapevolezza del consumo, di completo controllo informativo e di capacità e volontà di condivisione. Non a caso c'è chi parla delle 4 “C”5 del nuovo consumatore: conoscenza, controllo, creazione e condivisione. Per quanto riguarda la conoscenza, essa risulta accresciuta dalla mole di fonti di informazione in continua espansione attualmente disponibili, che permettono al consumatore da una parte di arricchire il suo range di offerta e dall'altra di affinare la propria facoltà di selezione. Egli è nella condizione di potersi facilmente informare su prodotti, persone, aziende e organizzazioni prima di consumare i prodotti, e ciò ha accresciuto la difficoltà delle aziende nel 4 Caiazzo D., Colaianni A., Febbraio A., Lisiero U. (2209), Buzz marketing nei social media. Come scatenare il passaparola on-line, Galatea, Milano. 5 Arnesano G. (2007), Viral marketing e altre strategie di comunicazione innovativa, Franco Angeli, Milano. 9 raggiungere il proprio target. La consapevolezza di una maggiore conoscenza necessita conseguentemente di un maggior controllo su di essa, non tanto in termini di controllo del bombardamento pubblicitario a cui l'utenteconsumatore è oramai abituato ed è in grado di filtrare, ma piuttosto controllo inteso come trovare ciò che si vuole utilizzando al massimo le tecnologie a disposizione, esprimere le proprie preferenze e conservare le notizie con possibilità di approfondirle interpretandole a proprio modo. A questo punto il consumatore è pronto per un'eventuale creazione, che è la fase in cui gli utenti interpretano la comunicazione aziendale e la trasformano in maniera genuina arricchendola di contenuti e di messaggi, parlandone liberamente, recensendo prodotti e esprimendo opinioni. Le informazioni apprese, controllate e create vengono poi condivise; il momento della condivisione, ovvero dello scambio gratuito e della relazione, è il momento in cui la volontà e l'operato degli utenti supplisce in efficienza e in efficacia alla comunicazione aziendale. In conclusione, volendo elencarne i tratti principali, il consumatore odierno appare6: • Autonomo, non più subordinato alla marca. Nel mercato moderno non sono più i prodotti a competere ma i messaggi. • Competente, in particolare Internet ha dato un potere enorme al consumatore che ora ha conoscenze sui prodotti ed è in grado di scegliere. • Esigente, pretende sempre più qualità e servizio. • Selettivo, il consumatore è molto più attento a ciò che acquista anche grazie alla fonte di informazioni inesauribile che è Internet. • Orientato in senso olistico, nella scelta sono coinvolte tutte le dimensioni tangibili e intangibili. 6 Caiazzo D., Colaianni A., Febbraio A., Lisiero U. (2209), Buzz marketing nei social media. Come scatenare il passaparola on-line, Galatea, Milano. 10 1.2. La crisi del marketing tradizionale In uno scenario caratterizzato dalla presenza di una clientela sempre più esigente e meno "passiva" nel comportamento di acquisto, la rielaborazione delle strategie aziendali ha innescato una serie di ripensamenti e revisioni delle strategie di marketing tradizionali. I nuovi paradigmi di gestione strategica dei mercati e del cliente hanno causato l'introduzione di moderne filosofie di gestione della relazione come la customer relationship management, e di sistemi di rilevazione dei gusti e di coinvolgimento dei clienti nel processo di ideazione e creazione dell'offerta finale. Prima di giungere all'accettazione di questa scomoda realtà dei fatti e comprendere di conseguenza la necessità di dover ammettere i consumatori a far parte della propria strategia aziendale, gli “addetti ai lavori” hanno dato vita alle più disparate nuove definizioni di marketing, più propriamente definite panacee, per mezzo delle quali chiunque, approfittando della momentanea perdita d'identità del marketing, si è sentito in diritto di darne la propria definizione aspirando a diventare il “nuovo Kotler”. “In vent'anni il marketing, dovendo fronteggiare i cambiamenti indotti dalla postmodernità, ha tentato di rivedere le strategie tradizionali alla luce dell'evidente importanza dei legami, delle comunità e delle relazioni che si instaurano tra gli individui nel processo di consumo. Da qui nascono il marketing relazionale, il marketing esperienziale, il marketing tribale,...una serie di strategie che tentano di considerare (in maniera talvolta sin troppo estrema) questa dimensione di socialità e di comunità dei consumatori, ma in cui i ruoli tra azienda e consumatore sono ancora rigidamente separati”.7 Così Bernard Cova, professore di marketing che si occupa delle evoluzioni del marketing in chiave postmoderna, commenta lo scenario e afferma la necessità di virare verso forme non-convenzionali di marketing. Questa parentesi di ricerca identitaria del marketing ha avuto inoltre l'effetto di spingere il consumatore ad un'insofferenza nei confronti del marketing stesso, tanto da definire il periodo che va dal 1985 ai giorni nostri come la “mid-life crisis of marketing” . Fino a quel momento l'approccio di marketing tradizionale, fondato sulla ricerca accurata e approfondita volta a comprendere i bisogni del consumatore e 7 http://www.gfk.com/gfk-eurisko/materiali/social_trends/index.it.html 11 offrirgli i prodotti che più desiderava, era stato vincente; ma questo perfetto meccanismo ha smesso di funzionare dal momento in cui i ruoli chiave, produttore da una parte e consumatore dall'altra, hanno iniziato a non essere più così riconoscibili; lo stesso Cova ribadisce il concetto in un'intervista riportata dal notiziario Social Trends: “oggi questa distinzione vacilla sempre di più, i consumatori infatti non sono più solo consumatori ma in un certo senso essi diventano anche produttori perché inventano il modo di usare certi prodotti o servizi”. Così il proliferare delle panacee di marketing, una vasta letteratura volta a fornire ai manager delle soluzioni alla crisi del marketing, non ha fatto altro che condurre il consumatore ad una saturazione ancora più accentuata poiché gli sforzi dei marketer venivano da lui percepiti esclusivamente come tentativi di invasione dei propri spazi. Quello che il consumatore chiedeva era, al contrario, un marketing più rispettoso del suo tempo, che non lo considerasse più un semplice ricettore e che non tentasse di imporre il proprio messaggio senza ascoltare la sua opinione. Ciò a dimostrazione della mancata accettazione e del conseguente fallimento di tutte le neo correnti di marketing che non avessero come punto di partenza il consumatore. La sfida era quella di abbandonare la logica push finora adottata ma non più gradita ad un pubblico sempre più attento alla propria privacy ed alla razionalizzazione del proprio processo decisionale, per abbracciarne una di tipo pull, in cui è l'utente a decidere di fruire l'informazione se e solo ne ha l'esigenza e la volontà. La comunicazione di massa unidirezionale, in cui l'impresa “parlava” indistintamente al suo pubblico e il consumatore “ascoltava”, era oramai superata. Si è passati dall'epoca della transazione, in cui il consumatore era oggetto di analisi volte alla determinazione del prodotto o servizio ideale, a quella della relazione in cui il cliente è un “partner” con cui interagire per ottenerne la soddisfazione e la fedeltà. Il termine coniato per definire il nuovo approccio di marketing è Customer made, letteralmente “fatto dal consumatore”, con l'intenzione di voler sottolineare l'apporto che quest'ultimo fornisce al processo di ideazione e creazione di beni, servizi e esperienze; nel rispetto del nuovo approccio l'azienda opera in stretta cooperazione con consumatori esperti e creativi, dei quali sfrutta il sempre più ricco capitale intellettuale, dando loro in cambio la 12 possibilità di prendere parola su ciò che viene effettivamente ideato, progettato, sviluppato, fabbricato, servito e trasformato. Se solo ora si assiste al boom del fenomeno co-creativo non significa che in precedenza i consumatori non covassero il desiderio di comunicare direttamente con i produttori, semplicemente prima non esistevano i mezzi che oggi permettono e facilitano l'interazione con le realtà aziendali e con altri consumatori. Chi ora è chiamato ad ascoltare è paradossalmente l'azienda che si trova a fare i conti con un certo brusio di fondo; sono le conversazioni che i consumatori stanno creando attorno alle marche e ai prodotti. VECCHIA E NUOVA SCUOLA DI MARKETING A CONFONTO OLD SCHOOL MARKETING NEO MARKETING lo fanno gli uomini di marketing e i pubblicitari lo fanno tutti gli uomini di marketing hanno il potere gli utenti hanno il potere pubblicizzare evangelizzare marca controllata dall'azienda marca interpretata dai clienti messaggio univoco conversazione biunivoca contenuto creato dall'azienda contenuto creato dall'utente focus group feedback degli utenti focus sul branding focus sugli utenti appassionati Figura 1.1 Fonte http://www.slideshare.net/tommaso/il-marketing-capovolto-bernard-cova 13 Five Key Takeaways8: • Yesterday – Brands were teachers: Brands had a one directional lesson to teach consumers. Today – Brands are students: We need to sit back listen and learn; ask consumers to help create the stories. • Yesterday – Take it or leave it: A mentality of brand superiority ruled Today – Shared values matter more than selling proposition: Successful campaigns speak directly to consumer’s sentiment. • Yesterday – Brands were either functional or emotional. Brands were either one or the other – not both. Today – Brands are functional, emotional + cultural: We no longer need to choose. Digital means you connect all three levels. • Yesterday – It’s all about me: Brands were marketed toward individuality. Today – It’s all about us: It isn’t about “I”; it’s about “we.” Successful brand’s help build relationships with friends and families. • Yesterday – They need us: Brands told consumers why they needed the brand. Today – We need them: Brands need consumers more than consumers need brands. 8 Considerazioni di Irene Rosenfeld, CEO di Kraft Foods durante il Nielsen's Consumer 360 2010. http://blog.nielsen.com/nielsenwire/consumer/kraft-ceo-that-was-then-this-is-now/ 14 1.3. L'approccio dell'ascolto e l'importanza del passaparola Per l'azienda ascoltare significa comprendere innanzitutto che c'è “qualcuno” oltre a lei che sta parlando, e in secondo luogo che molto probabilmente quello che questo qualcuno sta dicendo è degno di essere ascoltato e considerato. A questo proposito è emblematica la definizione di marca fornita da Andrea Semprini9: “Una marca è costituita dall'insieme dei discorsi tenuti su di essa dalla totalità dei soggetti (individuali e collettivi) coinvolti nella sua generazione.” Questa prospettiva mette in chiara luce la necessità di riconoscere il ruolo delle persone e del loro passaparola nella generazione della marca poiché sono queste a determinarne la reputazione; e la reputazione non può essere condizionata o manipolata facilmente, soprattutto nell'era attuale in cui la trasparenza informativa è altamente garantita. In questo scenario le scelte che un'azienda può fare sono, da una parte, quella di prendere atto delle conversazioni e considerare la possibilità di entrare a farne parte, oppure ignorarle lasciandole proseguire senza la sua presenza per timore che l'ammettere i consumatori a far parte della propria strategia aziendale possa comportare una perdita di controllo troppo grande. Secondo i tanti seguaci del marketing dell'ascolto il vantaggio derivante da questa relativa perdita di controllo sarebbe ampiamente ripagante, poiché se impostato correttamente il marketing dell'ascolto può generare utilità concreta in termini di contatti, diffusione virale, trasparenza, pubbliche relazioni, reputazione e vendite. Tra chi lo profetizza c'è Massimo Carraro che sull'esempio del Cluetrain Manifesto10 ha realizzato un proprio manifesto del marketing dell'ascolto, un codice comportamentale rivolto alle aziende che vogliano “imparare ad ascoltare” . Il Manifesto dell'ascolto si articola in sette punti: 1. La nostra azienda è cosciente che i mercati sono conversazioni, e che un buon marketing non può prescindere dal loro ascolto. 2. Pratichiamo l’ascolto per mezzo di strumenti trasparenti e 9 Andrea Semprini , sociologo e semiologo, insegna all'università di Lille e allo IULM di Milano. Ha pubblicato sugli stessi argomenti Marche e mondi possibili (1993); Analizzare la comunicazione (1997); Il senso delle cose (2000) e La società di flusso (2003). Le sue ricerche attuali riguardano il rapporto tra marche, mondializzazione e comunicazione. 10 Il Cluetrain Manifesto è un insieme di 95 tesi, organizzato e presentato come un manifesto, scritto nel 1999 da Rick Levine, Cristopher Locke, Doc Searls e David Weinberger. Affermando per la prima volta che i mercati sono conversazioni, il Manifesto rappresenta una vera "riforma" del linguaggio con cui le aziende comunicano nell'era di Internet. 15 partecipativi, quali ad esempio i blog. 3. L’ascolto, per la nostra azienda, va oltre la semplice trovata di marketing. E’ insito al nostro modo di gestire l’attività aziendale. 4. Ci piace utilizzare il linguaggio dei nostri interlocutori, lasciando da parte ogni autoreferenzialità. Crediamo che uno stile di comunicazione diretto faciliti la circolazione delle buone idee, e anche dei buoni prodotti. 5. Sappiamo che in ogni vera conversazione c’è il rischio di venir criticati. Nel caso, ci impegniamo a rispondere con argomentazioni corrette e veritiere. 6. Le nostre campagne pubblicitarie sono un momento di scambio con i consumatori. Per questo mirano a creare complicità e coinvolgimento, evitando approcci imperativi. 7. Rispettiamo la privacy di chiunque entri in contatto con la nostra azienda, trattando i dati sensibili secondo le leggi vigenti. Parallelamente al manifesto dell'ascolto Andy Sernovitz ha dato vita al manifesto del word of mouth11 con il proposito di descrivere in dodici punti il nuovo sistema di comunicazione: 1. I consumatori felici sono la tua migliore pubblicità. Rendili felici. 2. Ottieni il rispetto dei consumatori e fai sì che consiglino i tuoi prodotti; faranno marketing per te. Gratis. 3. Etica e professionalità vengono prima di tutto il resto. 4. UR the UE: you are the user experience (non quello che dice la tua pubblicità). 5. Il passaparola negativo è un'opportunità. Prestagli attenzione e impara. 6. I consumatori stanno già parlando. La tua unica possibilità è entrare nella conversazione. 7. A te la scelta: essere interessante o essere invisibile. 8. Se non vale la pena di parlarne, non vale la pena di acquistarlo. 9. Rendi quella della tua azienda una storia che valga la pena raccontare. 10. Tutti preferiscono lavorare in un'azienda di cui la gente parla. 11. Sfrutta il potere del passaparola per mettere il consumatore al centro del business. 12. Il marketing basato sull'onestà ti farà guadagnare di più. 11 Sernovitz A.,Word of mouth marketing: how smart companies get people talking 16 Le considerazioni teoriche in merito alle potenzialità del passaparola fin qui riportate sono avvalorate da dati di mercato e statistiche che si propongono di classificare e quantificare, per quanto possibile, questo fenomeno. Gli studi effettuati nel 2005 nel mercato nordamericano da Yankelovich12 dimostravano che il 76% delle persone non crede più agli annunci pubblicitari e lo stesso dichiarava Millward Brown13 rilevando che l'impatto provocato da informazioni scambiate tra persone è il doppio rispetto a quello provocato dalle informazioni rilasciate dalle aziende. E' stato inoltre riportato che il 76% delle conversazioni americane toccano almeno una volta argomenti riguardanti un brand, con una media di 56 conversazioni settimanali per persona. Il 46% delle conversazioni si svolgerebbe in famiglia, la parte restante si suddividerebbe tra amici (26%), colleghi (13%) ed altre conversazioni generiche (con estranei, esperti e conoscenti). All'interno del target giovanile uno studio Starcom-Cnet14 identifica una particolare categoria, quella dei brand sirens, che si distingue per la maggiore propensione a parlare di prodotti ed aziende più spesso dei loro pari (82% rispetto a 55%). La statistica riporta inoltre che il 90% di essi non riacquista un prodotto che non ha mantenuto le promesse fatte e attraverso il passaparola negativo dissuade gli altri dall'acquistarlo. Statistiche più recenti confermerebbero l'importanza del passaparola il quale inciderebbe fino al 50% sulle decisioni d'acquisto. Il fenomeno ha effettivamente acquistato nel tempo sempre più rilevanza grazie ad Internet che con i mezzi che ha messo a disposizione negli ultimi anni ha permesso di accelerare la viralità della comunicazione. Lo dimostra un sondaggio effettuato da Nielsen poco più di un anno fa, che ha testato su un campione allargato, oltre 25 mila utenti di 50 paesi, il grado di fiducia dei consumatori nei confronti delle varie forme pubblicitarie. Dal grafico, riportato a pagina seguente, si può evincere come a fare la differenza siano i consigli e le opinioni di persone conosciute seguiti da quelli provenienti da sconosciuti ma che probabilmente riescono a trasmettere un alto grado di fiducia in base a ciò che scrivono on-line; quest'ultima percentuale cresce se confinata ai soli utenti italiani, l'80% di essi infatti farebbe affidamento su questa forma di passaparola, preceduti dai vietnamiti (81%), e seguiti dai cinesi e dai francesi (77%). Finlandesi e argentini 12 Yankelovich è una società di consulenza specializzata in soluzioni per il miglioramento dei piani di marketing aziendali. 13 Millward Brown è una società specializzata in ricerche di mercato. 14 Starcom-Cnet (2006), Tapping in to the Superinfluences. 17 ci credono invece ben poco, con percentuali di fiducia che non superano il 50%. GRADO DI FIDUCIA NELLE FORME PUBBLICITARIE Figura 1.2 Fonte Nielsen Global Online Consumer Survey April 2009 Uno studio risalente ad un paio di anni fa di novaQuant15, effettuato su un campione di 600 ragazzi e ragazze, ha tentato di quantificare quali categorie e quali segmenti di popolazione beneficiano maggiormente delle azioni di marketing che si sviluppano attraverso il passaparola. I risultati delle indagini mostrano che le decisioni di acquisto di prodotti e servizi che risultano maggiormente influenzate dal passaparola riguardano i settori di alta tecnologia e/o prodotti a costi elevati (digital camera, cellulari, auto, computer, ecc), servizi locali che coinvolgono relazioni personali (dentista, agenti immobiliari, ecc.), e decisioni ad alto costo di trasferimento o collegate a nuove esperienze (cambiare gestore telefonico, scegliere un ristorante, vedere un film al cinema ecc.). I prodotti e i servizi su cui il passaparola ha un impatto minore sono invece le marche che sono già state acquistate in precedenza, mentre l'impatto è particolarmente significativo quando si acquista un brand per la prima volta. Ciò significa che il primo acquisto gioca un ruolo decisivo per gli acquisti futuri, il che investe il passaparola di un'ancora più grande responsabilità. 15 novaQuant è una società di ricerche di marketing www.novaquant.com 18 INDICE COMPARATO DELL’INFLUENZA DEL PASSAPAROLA TRA I PRIMI ACQUISTI E GLI ACQUISTI PIÙ RECENTI Figura 1.3. Fonte NovaQuant Parallelamente, in Italia, Doxa16 e Human Highway17 hanno effettuato ricerche al fine di indagare il grado d'influenza del passaparola on-line sulle giovani generazioni nella scelta delle marche. Lo studio è stato condotto sul Panel Op Line (circa 12.000 individui) che ha coinvolto un universo di utenti giovani, di età compresa tra gli 11 e i 19 anni, che si connettono alla Rete almeno una volta a settimana. Al campione è stata sottoposta la domanda: “Quali delle seguenti attività svolgi prima dell'acquisto?”, la cui risposta, riportata a figura 1.4, ha sottolineato il ruolo rilevante che sta acquisendo il word of mouth web a scapito di quello finora rivestito dalle altre attività. 16 Doxa opera nel settore delle ricerche di mercato sia in termini di dimensioni che di qualità e affidabilità. www.doxa.it 17 Human Highway conduce indagini di mercato utilizzando Internet come strumento di ricerca. www.humanhighway.it 19 ATTIVITA' SVOLTE PRIMA DELL'ACQUISTO Figura 1.4 Fonte Doxa e Human Highway Nell'off-line sono per lo più le persone della cerchia amicale e familiare a essere maggiormente influenti in termini di passaparola, mentre nell'on-line, grazie alle nuove possibilità di condivisione e partecipazione, sono diventati fondamentali i giudizi e i commenti telematici di persone sconosciute (78%), tra cui si distinguono quelli di esperti e professionisti, definiti Pros, il cui giudizio riveste maggiore influenza rispetto a quello di persone comuni (i Joes), in particolare per gli acquisti più costosi e che riguardano la salute. Come mostra il grafico seguente il parere dei Joes, semplici consumatori che commentano ed esprimono opinioni sui propri acquisti, è influente invece per quanto riguarda la scelta di hotel e negozi di abbigliamento. INFLUENZA DEL PASSAPAROLA DERIVANTE DALLE PERSONE NON CONOSCIUTE: PROFESSIONALI (PROS) vs INDIVIDUALI (JOES) Figura 1.5 Fonte NovaQuant 20 In conclusione le ricerche dimostrano che le persone sono più propense a fidarsi di una comunicazione che avviene attraverso il passaparola rispetto a forme di persuasione più tradizionali perché esiste una forte credibilità derivata dall'alto valore percepito dalla fonte, che non avendo un interesse diretto alla vendita è ritenuta attendibile. Dimostrano, inoltre, che i consumatori più giovani (età 18-34) ne sono maggiormente influenzati rispetto a quelli più adulti (età 35-64) e ancora più predisposti a ricevere queste informazioni on-line; di conseguenza il grande interesse per il passaparola tra i consumatori giovani potrebbe in parte derivare dalla possibilità di accedere ad un sempre più elevato numero di informazioni e dall'avere maggiori spazi di conversazione. Secondo alcuni studi recenti, infatti, un network on-line di 100 persone genera un potenziale di circa 4950 connessioni e un network di 1000 persone può attivarne fino a 500000. Esulando dalle statistiche per età, settore o mezzo di comunicazione, è dimostrato che la conversazione è efficace perché costruisce valore dallo scambio, e si basa per questo sulla soddisfazione di chi vi partecipa. 21 1.4 Il marketing del passaparola: il word of mouth marketing Il word of mouth marketing nasce alcuni anni fa negli Stati Uniti e nasce offline, dando vita al passaparola attraverso dei buzz agent, persone a cui veniva inviato un prodotto e che, dopo averlo provato, lo consigliavano ai propri amici/conoscenti. Per quanto vantaggioso, non è semplice costruire il marketing sulle conversazioni poiché del fenomeno “passaparola” non se ne comprendono appieno le dinamiche che lo governano e gli strumenti che possono consentire di manovrarlo e misurarlo. Essendo generato spontaneamente dagli utenti a volte supera ogni aspettativa, altre degenera, creando effetti collaterali imbarazzanti. Un tentativo di misurazione è stato fornito dal Net Promoter Score (NPS), introdotto da Fred Reichheld della Bain & Company e da Satmetrix Systems. Si tratta di uno strumento di gestione che valuta il livello di fidelizzazione dei consumatori di un'azienda, utilizzando la percentuale dei clienti che raccomandano il prodotto e quella di chi, al contrario, lo sconsiglia. L'NPS è attualmente uno degli indici più popolari per la misurazione dell'effetto che il passaparola potrebbe avere sui consumatori. Esso non è altro che una metrica di misurazione della loyalty, basata sulla risposta ad una semplice domanda: “quanto, in una scala da 0 a 10 raccomanderesti X prodotto/X azienda a un amico o a un collega?”. Le risposte a questa domanda dividono i clienti in tre categorie: i detrattori, sono i clienti insoddisfatti (hanno espresso un punteggio da 0 a 6), i passivi, sono clienti con i quali non è stato possibile stabilire una relazione coinvolgente e che possono quindi cedere alla concorrenza ( punteggio da 7 a 8), i promotori, sono i clienti fidelizzati e che fanno passaparola positivo (punteggio da 9 a 10). Il Net Promoter Score si ottiene sottraendo la percentuale dei detrattori da quella dei promotori. I fautori dell'approccio sostengono che il punteggio possa contribuire a motivare l'azienda ad essere maggiormente focalizzata nel miglioramento della propria offerta. Un importante contributo del modello di analisi NPS è, inoltre, quello di fornire una corrispondenza tra percentuale del proprio Net Promoter Score e crescita dei ricavi. In un'analisi statunitense, pubblicata un paio di anni fa dalla Harvar Business Review, Reichheld notava come il net promoter score si correlasse positivamente all'aumento delle vendite per una dozzina di prodotti e 22 servizi negli USA. Per quanto riguarda la difficoltà di manovrarlo e governarlo, se da una parte non si può esattamente prevedere e riprodurre, dall'altra si può cercare di incentivarne la creazione, favorendo i presupposti e realizzando un ambiente adatto in cui il passaparola possa venire a manifestarsi. Per far si che un prodotto si diffonda in maniera epidermica occorre progettarne la natura virale, intervenendo sulle caratteristiche “genetiche” che lo rendono attuale e rilevante per il sistema culturale in cui è inserito, in modo tale da generare un buzz (ronzio) attorno ad esso. Per questo motivo il marketing che si propone di operare su queste dimensioni della marca è definito marketing virale, di cui una definizione esauriente è fornita dal testo di Cova: “Il marketing virale è finalizzato alla realizzazione di prodotti, servizi o comunicazioni commerciali che abbiano in sé la propensione a diffondersi spontaneamente fra le persone come virus”18. Una volta creata la natura virale di un prodotto/servizio, è compito del buzz marketing alimentare le conversazioni delle persone attorno ad esso. Secondo il WOMMA19, il buzz marketing “consiste nell'utilizzo di intrattenimento o notizie di alto profilo per far parlare le persone della marca”. Esso, a differenza del passaparola, non si attiva spontaneamente, ma è innescato da attività di marketing sia on-line che non, volte ad aumentare il numero e il volume delle conversazioni riguardanti un prodotto o un servizio e, di conseguenza, ad accrescere la notorietà e la reputazione di una marca. Uno dei più illustri guru del marketing americano, Seth Godin, si è pronunciato con interesse sul tema affermando: “Conversations among the members of your marketplace happen whether you like it or not. Good marketing encourages the right sort of conversations” che tradotto significa che le conversazioni tra i membri del mercato hanno luogo che questo piaccia o meno e un buon marketing le incoraggia. Per essere oggetto di attenzione tanto da far parlare di sé, un prodotto/marca/servizio deve possedere alcuni requisti e i contenuti delle comunicazioni che lo riguardano devono trattare certi aspetti. Per quel che riguarda le caratteristiche richieste dal prodotto, secondo l'evidenza empirica esso dovrebbe essere invasivo ma invitato, individuale per 18 Cova B., Giordano A., Pallera M. (2008), Marketing non-convenzionale Viral, Guerrilla, Tribal e i 10 principi fondamentali del marketing postmoderno, Il Sole 24 Ore, Milano. 19 Word of Mouth Marketing Association, organo di autoregolamentazione formato da agenzie e clienti per un uso corretto del Wom marketing. 23 ogni consumatore, creare un'esperienza, essere provocatorio, facilitare la connessione ed essere creativo. Riguardo invece agli aspetti che dovrebbero trattare le comunicazioni che lo riguardano, le teorie più accreditate ne indicano sei: taboo, inusualità, oltraggiosità, ilarità, straordinarietà, segretezza. L'agenzia Go Viral20, una delle maggiori viral marketing agency del mondo, ha elaborato un “viral score” per valutare la qualità del contenuto virale, assegnando un punteggio da 1 a 5 a sette criteri di valutazione del contenuto così identificati21: • outstanding story: per catturare l'attenzione, la storia, deve essere divertente, provocatoria, irriverente e sovversiva; • stickiness: il contenuto deve essere qualcosa che l'utente non ha mai visto prima o comunque migliore di quello che ha già visto; • relevance: deve intrattenere con leggerezza, senza riferimenti eccessivamente diretti alla marca; • portability: l'esecuzione necessita di un format che si possa condividere on-line con la propria rete sociale; • shareability: gli esseri umani hanno una tendenza innata a raccontare storie, e quindi condivideranno e creeranno conversazione quando il materiale offra i giusti spunti; • timing/actuality: i riferimenti devono essere ad eventi attuali: dal momento che la vita di una notizia è breve, questi devono essere utilizzati con la massima tempestività per evitare di essere respinti; • seeding hook: il pay-off deve avvenire rapidamente. Se il risultato finale, ottenuto dalla somma dei singoli punteggi attribuiti ai sette criteri, è inferiore a 15, significa che il contenuto non ha DNA virale e dovrebbe essere scartato. Un risultato tra 15 e 25 indica che il materiale ha delle potenzialità, ma ha bisogno di essere ulteriormente visionato poiché non è viralmente forte. Un risultato superiore a 25 segnala un contenuto che ha l'opportunità di essere davvero virale. Un altro elemento fondamentale per alimentare il buzz è il settore d'appartenenza dell'oggetto della comunicazione; le campagne di buzz sembrerebbero perfette per tutti i prodotti a elevato grado di complessità per i 20 www.goviral.com 21 Cova B., Giordano A., Pallera M. (2008), Marketing non-convenzionale. Viral, Guerrilla, Tribal e i 10 principi fondamentali del marketing postmoderno, Il Sole 24 Ore, Milano. 24 quali la decisione se acquistare o meno è basata su fattori razionali, mentre prodotti a bassa “buzzabilità” sembrano quelli soggetti ad acquisti d'impulso per i quali è difficile immaginare che un ipotetico acquirente cerchi opinioni o conversazioni in merito prima di procedere all'acquisto. Una campagna di buzz marketing deve inoltre avere ben chiaro il suo target di riferimento; come precedentemente accennato il veicolo principale del buzz è la Rete e essendo i giovani i maggiori utilizzatori del Web, è a questa categoria che la campagna dovrà innanzitutto indirizzarsi, senza però trascurare quella porzione di internauti di età più avanzata. All'interno di queste due categorie di riferimento è possibile identificare le tipologie di soggetti che sono più attivi in termini di propagazione del buzz all'interno delle comunità di consumatori. Ron McDaniel individua tre tipi di soggetti che possono innescare un buzz22: • gli influential: non parlano spesso del brand, ma quando lo fanno esercitano una forte influenza • gli advocate: sono clienti e amici che amano l'azienda e ciò che rappresenta • gli employee: impiegati che non pensano di creare buzz ma che, se credono nell'azienda, riescono a farlo meglio di chiunque altro poiché sono insider e perciò più credibili. Ognuna di queste categorie richiede uno specifico approccio strategico; nel caso degli influential, essi devono venire attratti al fine di creare buzz intorno ad un brand, a differenza degli advocate che vanno motivati ed incoraggiati per far si che intraprendano una conversazione, mentre gli employee vanno educati circa l'importanza di creare buzz e su come farlo in modo corretto. In generale tra tutte le figure individuate dalla letteratura di riferimento implicate nel word of mouth, due in particolare sono quelle che rivestono un ruolo primario nella propagazione virale di un messaggio commerciale: coloro che fungono da “evangelisti” e che danno origine al buzz, e coloro che si impiegano nell'inoltrare il messaggio nel proprio network di conoscenze. Con queste premesse una strategia di comunicazione corretta deve considerare un consumatore con potere e necessità di sapere sempre più accresciuti, un marketing che deve spostare il baricentro della comunicazione dalla costruzione 22 http://blog.Buzzoodle.com/index.php/2006/11/07/three-kinds-of-people-create-Buzz/. 25 e l'affrancamento del brand alla costruzione di una relazione forte e duratura, e una comunicazione non più orientata sul canale ma costruita sul consumatore. 26 CAPITOLO 2. IL SOCIAL WEB: LA PIATTAFORMA CONVERSAZIONALE 1.1 Internet come risorsa di marketing: cambia i connotati, ne cresce l'utilizzo Il mondo è in Rete; secondo i più recenti dati Audiweb23 di audience on-line riferiti al mese di settembre 2010, 24,042 milioni sono i navigatori italiani, con un incremento del 11,2% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Gli utenti attivi nel giorno medio sono 11,986 milioni con una crescita del 13,4% su base annua, e navigano in media 1 ora e 26 minuti consultando 166 pagine per persona. DATI AUDIWEB SETTEMBRE 2010 Figura 2.1 Fonte http://www.audiweb.it/cms/attach/aw_cs_3novembre2010.pdf Gli italiani on-line sono principalmente i giovani tra gli 11 e i 17 anni (85,3% degli individui in questa fascia d'età), gli adulti tra i 18 e i 34 anni (83,4%), e quelli della fascia più matura tra i 35 e i 54 anni (76,1%), con una piccola differenza numerica tra uomini e donne (il 70,5% di uomini contro il 66,7% di donne). Sono 32,9 milioni gli italiani che dichiarano di avere un accesso ad Internet da qualsiasi luogo (casa, ufficio, luogo di studio, ecc.), ovvero il 68,6% della popolazione tra gli 11 e i 74 anni. La maggior parte degli accessi a Internet avviene da casa tramite computer, ma cresce notevolmente il numero delle persone che navigano attraverso i notebook dotati di chiavetta-modem e per 23 Audiweb è il soggetto realizzatore e distributore dei dati sulla audience on-line il cui obiettivo primario è fornire informazioni oggettive e imparziali al mercato, di carattere quantitativo e qualitativo, sulla fruizione del mezzo Internet e sui sistemi on-line utilizzando opportuni sistemi di rilevazione. http://www.audiweb.it/cms/view.php?id=4&cms_pk=189 27 mezzo dei dispositivi mobili, primi tra tutti gli smartphone di ultima generazione. L'accesso in mobilità tramite cellulare, disponibile per 5,3 milioni di italiani, ha registrato infatti un aumento del 26,1% rispetto all'anno precedente. I dati evidenziano che la maggior parte delle persone che accede ad Internet ha un livello di istruzione medio-alto (il 94,9% dei laureati e l'84,8% dei diplomati) e una posizione lavorativa qualificata, anche se rispetto al 2008 è aumentato l'accesso on-line da parte dei lavoratori meno qualificati (57,3% nel 2009 rispetto al 46,9% nel 2008). Di conseguenza oggi il passaparola, tipicamente considerato una forma di comunicazione verbale, si sposta in Rete e diventa digitale, divenendo sempre più word-of-mouse24. Questo fa si che le conversazioni si moltiplichino e diventino globali grazie al potenziale comunicativo di Internet che è tale da abbattere le barriere geografiche dei mercati. Le tecniche di marketing che si servono del passaparola presentano una serie di vantaggi in termini di risparmio economico, in quanto, in proporzione ai budget disponibili, la comunicazione che avviene in Rete è accessibile ad ogni azienda e la Rete presenta un livello inferiore di dispersione, alti tassi di conversione e recupero degli investimenti relativamente migliori di altri canali; in termini di velocità di espansione, poiché l'utilizzo della Rete, che fornisce strumenti che riducono il gap temporale fra i soggetti, permette una comunicazione istantanea e la possibilità di raggiungere picchi di crescita enormi in un lasso di tempo minimo; e vantaggi in termini di relazione, la comunicazione è diretta e gli individui trovano soddisfatto il loro bisogno di ricevere notizie sui brand e sui loro benefici grazie alle opinioni di soggetti che hanno già provato il prodotto in questione. Il principale contributo fornito da Internet alle imprese, rispetto ai media tradizionali, risiede nella sua capacità relazionale, in grado di mettere in atto in modo integrato comunicazioni di massa e comunicazioni interpersonali e rispondere quindi alle esigenze del consumo postmoderno. Il valore della comunicazione di marketing ne risulta quindi aumentato; esso è dato da un insieme di caratteristiche sinergiche quali: l'interattività, la velocità di risposta, la capacità di interazione personale, la personalizzazione della comunicazione, la capacità di raccolta dati a basso costo, l'inversione della logica comunicativa e la copertura mondiale. 24 Cova B., Giordano A., Pallera M. (2008), Marketing non-convenzionale. Viral, Guerrilla, Tribal e i 10 principi fondamentali del marketing postmoderno, Il Sole 24 Ore, Milano. 28 Il carattere dell'interattività si riferisce al passaggio dal concetto di comunicazione one-to-many, in cui l'impresa trasmette lo stesso messaggio attraverso un mezzo ad un gruppo di potenziali consumatori, al nuovo paradigma di emittenti/destinatari comunicazione utilizzano un many-to-many, media per dove raggiungere molteplici altrettanti emittenti/destinatari. La velocità di risposta va intesa come abilità di rispondere agilmente alle richieste dei clienti e alle azioni dei concorrenti, mentre la capacità di interazione personale si riferisce alla possibilità di inviare comunicazioni ad uno specifico individuo privatamente e preferibilmente mentre questi si trova in una situazione di intimità e relax, in quello definito da Krugman “stato di coinvolgimento minimale”25, che investe il messaggio di una maggiore forza persuasiva. La personalizzazione della comunicazione attiene alla possibilità per l'utente di interagire con il mezzo in maniera attiva attraverso l'interfaccia digitale e creare percorsi di consumo personalizzati in base alle proprie preferenze. L'inversione della logica comunicativa significa che l'utente non è più fruitore passivo del messaggio ma piuttosto è colui che ricerca il contatto e ricopre un ruolo attivo nella scelta dei contenuti che intende visualizzare sul proprio monitor. La copertura globale, infine, è una caratteristica non ottenibile a basso costo con nessun altro media se non con Internet. Nella prima era del World Wide Web, poiché non c'era possibilità di interazione, l'utente limitava le sue azioni alla mera fruizione di contenuti. Il Web 1.0, una serie interconnessa di pagine web statiche, era concepito esclusivamente come un modo per visualizzare documenti ipertestuali in formato HTML; l'utente poteva solo navigare tra i vari siti senza interagire con essi e la creazione di un sito era riservata solo ad utenti esperti di linguaggi informatici. In questo contesto le uniche unità di misura del valore on-line erano le page views o page impressions26 e i click through27. Lo sviluppo del Web ha col tempo segnato il passaggio dall'era 1.0 a quella 2.0. 25 La teoria del coinvolgimento minimale di Krugman esposta in “The impact of television advertising: learning without involvment” del 1965, evidenziava per la prima volta come la televisione fosse efficace proprio perché considerata uno strumento di comunicazione a debole definizione che stabilisce una situazione di relax e di ridotto coinvolgimento per lo spettatore nei confronti della pubblicità. Secondo l'autore il riconoscimento razionale è indipendente dal ricordo effettivo. La pubblicità e cioè potente quando è in una situazione di coinvolgimento minimale e viene pertanto registrata negli strati profondi della memoria. 26 La page view o page impression è la richiesta di caricare una pagina web da parte dell'utente che esprime anche il numero di volte che è stato potenzialmente visto l'annuncio in essa contenuto. 27 Il click through è la richiesta di collegamento al sito dell'azienda inserzionista che avviene quando l'utente clicca sul banner o sul bottone sponsor. 29 Il Web 2.0 è l'insieme di tutte quelle applicazioni on-line che permettono uno spiccato livello di interazione sito-utente; il termine è utilizzato per indicare genericamente lo stato di evoluzione attuale di Internet rispetto alla condizione precedente, coniato da Tim O'Reilly alla prima conferenza sul Web 2.028. Da un punto di vista strettamente tecnologico, il Web 2.0 è del tutto equivalente al Web 1.0; la differenza sostanziale risiede nell'approccio con il quale gli utenti si rivolgono al Web, che passa dalla semplice consultazione alla possibilità di fruire e creare/modificare i contenuti multimediali. Come afferma Tim O'Reilly “il 2.0 non rappresenta qualcosa di nuovo ma piuttosto la più completa realizzazione del vero potenziale della piattaforma Web”. La Rete infatti è la stessa del passato e ciò che viene comunemente definito Web 2.0 non è altro che un nuovo modo di concepire Internet e i suoi strumenti come una piattaforma che rende possibile l'instaurarsi di interazioni oltre che tra utente e mezzo, tra i vari utenti che si aggregano in comunità virtuali. Esso presenta sei caratteristiche di base29: • Reciprocità: è uno strumento dove è possibile sviluppare una comunicazione tra pari, dove chi costruisce un contenuto è sullo stesso livello di chi può fruirne. • Significatività: dispone di strumenti, come i motori di ricerca, che consentono di ricercare e selezionare in maniera precisa le informazioni in qualsiasi momento se ne necessiti. • Istantaneità: la comunicazione può realizzarsi con l'utilizzo contemporaneo di testi, immagini, video. • Multidevice: i contenuti presenti on-line possono essere fruiti attraverso molteplici strumenti, dal PC classifico fino allo smartphone, anche in mobilità. • Partecipazione: i contenuti della comunicazione possono essere fruiti, condivisi e anche votati da più utenti contemporaneamente, ciascuno dei quali può contribuire ad arricchire il significato simbolico o testuale di ciascun contenuto. 28 Il termine Web 2.0 è nato ufficialmente durante una riunione di brainstorming tra 0'Reilly Media e MediaLive International con lo scopo di definire il nome di una conferenza sul nuovo modo di intendere ed utilizzare la Rete. Alla fine della riunione il titolo deciso per la conferenza fu: Web 2.0 Conference, e si tenne nell'ottobre 2004 a San Francisco. 29 Prunesti A. (2009), Social media e comunicazione di marketing. Pianificare e gestire le attività di marketing e comunicazione nell'era del web 2.0, Franco Angeli, Milano. 30 Il Web 2.0 costituisce un nuovo approccio alla Rete caratterizzato dalla dimensione sociale della condivisione; in tale contesto è la socialità il nuovo valore aggiunto da misurare. Questo fa si che il grado di complessità del sistema ne risulti aumentato e che il presidio dei nuovi media da parte delle aziende non sia cosa facile da implementare, ma se stabilito ciò che può apportare in termini di efficacia sembrerebbe bilanciare ampiamente gli sforzi richiesti. I nuovi strumenti forniti infatti danno la possibilità di comunicare una maggiore quantità di informazioni, di scambiare una maggiore quantità di dati fra azienda e cliente, di instaurare relazioni one-to-one a costi molto più contenuti, di personalizzare i messaggi e creare gruppi target omogenei e di disporre di strumenti più misurabili. Internet, ormai consolidato canale commerciale, si avvia così a divenire uno strumento pubblicitario alla stregua dei media tradizionali rispetto ai quali offre due vantaggi in particolare: l'economicità delle iniziative web rispetto a quelle tradizionali off-line e l'influenza positiva sulla percezione del marchio con conseguente incremento delle vendite off-line. Tali obiettivi sono raggiungibili grazie ai mezzi di comunicazione che Internet mette a disposizione dell'impresa, da cui derivano gli strumenti dell'Internet marketing. I più popolari sono30: • Banner: striscione digitale contenente immagini che l'inserzionista acquista e pubblica su determinati siti ad alto traffico e contenuto generico o a traffico mirato, contenenti un link alla propria pagina web, che viene mostrato quando la pagina che lo contiene viene aperta dal browser dell'utente. Questa circostanza è detta impression ed il click dell'utente sul banner viene chiamato click through. La funzione dei banner è quella tipica della pubblicità, e cioè di informare gli utenti della presenza di un prodotto o di un servizio sul mercato e convincerlo ad acquistarlo. • E-mail marketing: una tipologia di marketing diretto che usa la posta elettronica per comunicare con il target. E' importante un uso prudente di tale strumento per via della sua natura invasiva che potrebbe farlo considerare spam31. Per essere efficace dovrebbe quindi basarsi sulle 30 Dominici G. (2009), E-marketing. Analisi dei cambiamenti dai modelli di business al mix operativo, Franco Angeli, Milano. 31 Per spam si intende la diffusione di un messaggio via internet nei blog, nei forum di discussione o nelle caselle di posta elettronica. Si tratta di pubblicità indesiderata frutto di azioni di web marketing. 31 “quattro P”: permission, intesa in termini di autorizzazione dell'utente alla ricezione delle e-mail; privacy, che deve essere rispettata nel trattamento dei dati personali; profilazione, attraverso la raccolta dati tramite cui poter eventualmente modificare il profilo utente; e personalizzazione, in termini di possibilità che offre l'e-mail marketing di poter attuare strategie di marketing one-to-one. • Keyword targeting: è una tipologia pubblicitaria digitale basata sull'utilizzo di parole chiave (keyword) nei motori di ricerca da cui dipende la visualizzazione di un determinato messaggio pubblicitario. Le keyword sono utilizzate dagli utenti per fare le ricerche e acquistate dagli inserzionisti per comparire tra i risultati visualizzati dal motore ad un prezzo che varia in base ai rendimenti potenzialmente generabili mediante quella parola chiave. • Really Simple Sindication (RSS): è lo standard più diffuso per l'esportazione di contenuti web in quanto consente agli interessati di essere aggiornati in tempo reale mediante un software detto “aggregatore” ed un portale con la funzione di visualizzatore di titoli e di link diretti a notizie pubblicati su altri siti. • Podcasting: consiste nella registrazione digitale di una trasmissione radiofonica o simile resa disponibile su Internet con lo scopo di permettere il download su riproduttori audio personali. I podcast risultano un ottimo canale di comunicazione tra impresa e pubblico di riferimento in quanto la pubblicazione di podcast sul proprio sito web può rappresentare uno strumento efficace in fase di lancio di un nuovo prodotto o come supporto informativo per i clienti in ottica relazionale. Ciascuno di questi strumenti si basa sulla logica del permission marketing secondo cui la relazione tra impresa e cliente va sviluppata per gradi che implicano livelli crescenti di esplicita manifestazione di consenso da parte dell'utente. Il permission marketing è definito dal suo ideatore, Seth Godin, come una strategia di marketing il cui obiettivo è ottenere dal consumatore il permesso di comunicare con lui per far si che questi presti maggiore attenzione al messaggio. Il principio guida del permission marketing è la risorsa scarsa per eccellenza, ossia il tempo. In una società sempre più frenetica, dove si è continuamente sottoposti a stimoli e bombardamenti di informazioni, la gestione del tempo 32 assume una valenza sempre più strategica. Le iniziative pubblicitarie, così come le promozioni e gli sconti tentano di attirare l'attenzione dei potenziali consumatori, tuttavia la frequenza dei messaggi è tale che per autodifesa molti consumatori rimangono indifferenti a queste iniziative. Secondo Godin "il permesso del consumatore va ottenuto in modo graduale e nella maniera meno intrusiva possibile". E questo è il punto di forza di Internet, che consentendo elevati livelli di personalizzazione delle richieste di informazioni, a differenza di tutti gli altri media, possiede la capacità di attirare l'utente in un'ottica pull, facendo in modo che si generi in lui la necessità di mantenere i rapporti con l'azienda, senza che questi siano forzati e malgraditi come accade invece con i mezzi di comunicazione tradizionale. 33 2.2 Social media e community: le conversazioni si spostano on-line “Ora la Rete consente al mercato di tornare a conversare, così le persone si raccontano la verità sui prodotti e sulle aziende e su ciò che desiderano veramente.” The Cluetrain Manifesto Sin dagli albori di Internet, la Rete è servita a connettere persone in comunità, e oggi, per mezzo delle applicazioni 2.0, l'interazione, la condivisione e la partecipazione la fanno da padrone, risultando i pilastri fondanti del Web. L'interazione offre a ciascun individuo la possibilità di usufruire, in tempo reale e senza alcun vincolo, dei contenuti che più lo interessano. I contenuti scelti in base ai suoi bisogni e alle sue esigenze, possono essere condivisi con gli altri utenti della Rete, in questo modo la comunicazione diviene partecipativa in quanto ognuno può dare il suo contributo nella diffusione dei contenuti presenti sul Web che diventano così accessibili a chiunque. Le tecnologie della condivisione on-line prendono il nome di social media, categoria che comprende tutti gli strumenti digitali utili alla creazione e alla diffusione dei flussi di comunicazione partecipativa tra le persone attraverso la condivisione di contenuti testuali, immagini, video e audio. La proprietà che permette ai nuovi mezzi digitali di assumere connotazioni partecipative e conversazionali è la crossmedialità, che fa sì che un singolo contenuto possa essere veicolato attraverso molteplici canali di comunicazione e possa assumere differenti forme in base alla tecnologia di trasmissione utilizzata e alle esigenze di chi fruisce del contenuto. Per cui oggi un videoclip musicale può essere trasmesso in televisione, così come può essere visto su YouTube, o su una console di gioco e lo stesso videoclip può essere memorizzato in formato Mp4 per essere visto su un iPod, oppure in formato DIVX, maggiormente adatto alla fruizione su PC. Le principali forme applicative dei social media sono32: • Giant: i tre siti simbolo del Web 2.0, Wikipedia, My Space e YouTube. Ecco alcuni numeri che ne chiariscono la diffusione in Italia. Al 19 novembre 2010 l'edizione di Wikipedia in italiano conta 747.331 voci, con una crescita mensile di circa 12.000 voci, e 571.842 utenti registrati33. Per quel che concerne MySpace, il tasso di crescita in Italia è di 4500 nuovi 32 Nielsen/NetRatings 33 Http://it.wikipedia.org/wiki/Wikipedia_in_italiano 34 profili al giorno, uno ogni 5 secondi, con un tempo medio giornaliero per utente trascorso sulla piattaforma di 64 minuti, a fronte dei 39 minuti degli utenti USA34. In merito alla terza piattaforma, stando alle dichiarazioni di YouTube Italia, ogni minuto vengono caricate quasi 24 ore di video, il che equivale, considerando una media di quattro minuti a video, a circa 500.000 video al giorno35. • Community: insieme di utenti che hanno i medesimi interessi e che si riuniscono virtualmente e non con una assidua frequenza intorno ad un sito. E' la categoria più visitata in Italia. Include le comunità virtuali di incontro e socializzazione, i così detti social network che, per la forte connotazione partecipativa che la contraddistingue, rappresentano una delle categorie più conosciute ed utilizzate di social media, tanto da essere divenuti negli ultimi anni un vero e proprio fenomeno di massa. I più popolari in Italia sono Facebook, Twitter e MySpace (fonte Addthis)36. • Blog: sito in cui pubblicare storie, informazioni e opinioni in completa autonomia. Ogni articolo è generalmente legato ad un thread, in cui i lettori possono scrivere i loro commenti e lasciare messaggi all'autore. Il blog è un luogo dove, in genere, si può esprimere liberamente la propria opinione. In Italia i lettori assidui di blog nel 2010 sono aumentati a 5,6 milioni, rispetto ai 5 milioni dell'anno precedente(fonte Humah Highway e Liquida); le piattaforme per la creazioni di blog più popolari in Italia sono Blogger, BlogAttivo, Bloog, Splinder e Wordpress37. • Niche: siti dedicati a particolari tematiche in cui gli utenti possono proporre notizie e collegamenti che vengono poi promossi in prima pagina in base ad un sistema di elencazione non gerarchico e stabilito in base alla valutazione degli altri utenti; un esempio sono Digg e Flisxter. • Photosite: siti dove si possono caricare e condividere le proprie foto con altri utenti come Flickr. • Portal: siti in cui i gruppi di persone creano mailing list tramite cui scambiare messaggi su specifici argomenti, come Google Groups e Yahoo Groups. • 34 35 36 37 Video: siti per la condivisione e lo scambio di filmati come Google video, http://blog.digichat.it/40-social-network-famosi-mondo.html http://www.ciaoblog.net/youtube-ecco-quanto-e-amato-dagli-italiani/ http://digg.com/news/world_news/Classifica_aggiornata_dei_social_network_più_usati_in_Italia http://provatoo.net/le-10-migliori-piattaforme-gratuite-per-blog/ 35 Metacafe, Libero video. • Knowledge: pagine web dove è possibile trovare informazioni e risposte su diversi argomenti, vere e proprie enciclopedie e dizionari on-line ad accesso libero e costruite grazie ai contenuti creati dagli utenti (UGC), come Wictionary, Yahoo Answers, Answers.com. • Virtual Life: siti in cui è possibile creare vite parallele virtuali. Nonostante non raggiungano numeri molto elevati di utenti, sono quelli in cui si passano più ore e che generano più fidelizzazione; i più conosciuti sono Second Life e Habbo. Questi siti si basano sulla filosofia User-Generated Content (UGC), letteralmente “contenuto generato dagli utenti”, in cui risiede l'aspetto più rivoluzionario delle applicazioni 2.0; infatti, grazie alla diffusione di soluzioni hardware e software semplici e a basso costo, le applicazioni hanno permesso agli utenti di passare da semplici fruitori a veri e propri editori dei contenuti multimediali. Il termine nasce nel 2005 nonostante i primi contenuti realizzati da persone comuni fossero già in Rete sin dalla nascita del Web; il fenomeno ha poi acquisito dimensioni rilevanti fino a diventare “di massa” grazie alla diffusione di servizi web che abilitano chiunque a produrre e caricare in Rete i propri contributi, che per essere considerati User-Generated Content devono implicare una certa quantità di sforzo creativo. Lo sono fotografie e video digitali, blog, podcast e wiki38. YouTube è l'esempio più eclatante in quanto la più grande vetrina al mondo di user-generated content aventi con oggetto filmati video. Ai content provider tradizionali si affiancano così tutti gli utenti che, creando e condividendo tra loro i contenuti sulla Rete, hanno assunto il ruolo di prosumer, ossia di produttori e allo stesso tempo consumatori di un flusso comunicativo che li vede protagonisti dei contenuti che essi stessi generano sulla Rete. Ciò favorisce il fenomeno della coda lunga39 della comunicazione digitale che dimostra che, se nel sistema tradizionale dei media, è presente un numero ristretto di emittenti (media mainstrem) che generano ciascuno un elevato 38 Un wiki è un sito web (o comunque una collezione di documenti ipertestuali) che viene aggiornato dai suoi utilizzatori e i cui contenuti sono sviluppati in collaborazione da tutti coloro che vi hanno accesso. La modifica dei contenuti è aperta, nel senso che il testo può essere modificato da tutti gli utenti (a volte soltanto se registrati, altre volte anche anonimi) procedendo non solo per aggiunte come accade solitamente nei forum, ma anche cambiando e cancellando ciò che hanno scritto gli autori precedenti. 39 La teoria della “long tail” elaborata da Chris Anderson nel 2006 sostiene che se il canale di distribuzione è sufficientemente evoluto, anche prodotti di nicchia possono raggiungere quote significative di mercato ed il loro fatturato totale può superare quello dei pochi prodotti più venduti. 36 numero di spettatori, nel mondo digitale miriadi di utenti producono contenuti rivolti agli individui che fanno parte del loro network personale che relazionandosi tra loro creano una “coda lunga” di tante piccole audience, le quali sommate possono superare il numero di spettatori legati ai media classici. LA LONG TAIL DEI MEDIA Figura 2.2. Fonte http://geofflivingston.com/2010/07/08/the-long-tail-of-media-grows/ Nell'ottica delle applicazioni 2.0 si modifica il target del marketing, che non è più il singolo ma piuttosto la comunità, considerata come unica entità e non come somma di individui, in cui l'elemento predominante è l'interazione tra i suoi componenti. D'altronde uno dei bisogni fondamentali dell'uomo è da sempre quello di condividere esperienze e sentirsi parte di un gruppo ed è questo che rende possibile l'implicazione degli utenti nella Rete. Le comunità che si generano on-line prendono il nome di comunità virtuali e si differenziano da quelle off-line per le modalità di sviluppo di forme di conoscenza condivisa; infatti mentre le comunità fisiche tendono alla protezione della conoscenza creata all'interno, le comunità virtuali sono aperte a nuovi affiliati e si basano sulla generazione continua di conoscenza apportata proprio dai nuovi membri40. L'appartenenza ad una comunità virtuale da la possibilità di trattare argomenti interessanti, poiché permette la condivisione di informazioni con altri individui 40 Prandelli e Verona 2006 37 che hanno gli stessi interessi; consente di stabilire relazioni di amicizia, sentimentali e contatti con utenti che hanno vissuto esperienze simili; quando basata sulla costruzione di mondi virtuali, la comunità da la possibilità di vivere le proprie fantasie; e in ottica di business permette di portare a termine transazioni commerciali. Queste sono le ragioni principali che spingono gli utenti a prendere parte ad una comunità virtuale e che gli esperti di marketing devono considerare nel momento in cui vogliono prendere parte alle conversazioni che si svolgono al loro interno. La comunità virtuale potrebbe essere definita come un insieme di utenti della Rete con un interesse specifico, che si basa su un network dinamico e strutturato41 ed è concepita secondo due modalità: comunità intesa come “gruppo tribale” e le comunità dei social network. Le prime sono formate da individui legati da relazioni forti e durevoli derivanti da una passione condivisa. In questo caso i contatti avvengono anche nel mondo fisico e la Rete è utilizzata per facilitarli, quindi le politiche di marketing non devono trascurarne la dimensione off-line. Un esempio di questa fattispecie sono i gruppi di motociclisti legati ad una determinata marca come l'Harley Davidson o la Ducati, che organizzano raduni off-line tenendo in contatto gli appassionati e la casa madre on-line. Il modello di comunità basata sul social network è invece di tipo utilitaristicopratico e mira allo scambio di conoscenze tra persone interessate ad uno specifico tema. Le comunità sono classificate poi secondo gli obiettivi che perseguono, e quella che riveste il maggiore potenziale per le azioni di marketing è la brand/product community, comunità cioè composta da utenti-consumatori appassionati di un determinato brand o prodotto che considerano parte del loro stile di vita. In ogni caso, a prescindere dall'obiettivo di riferimento, le comunità offrono grandi opportunità in ottica di marketing poiché sono innanzitutto fonte di informazioni sui desideri degli utenti e sul loro grado di apprezzamento dei prodotti, e forniscono dati preziosi per lo studio del comportamento dei consumatori. Costituiscono inoltre un sostegno alle politiche di marketing virale dal momento che i messaggi trasmessi dall'impresa alla comunità possono raggiungere in breve tempo tutti i membri del gruppo con un efficacia maggiore e costi di investimento minori rispetto ai media tradizionali, dai quali si 41 Bagozzi et al., 2004 38 differenziano soprattutto per l'accettazione del messaggio da parte del target che nelle comunità risulta accresciuta per via della fiducia che viene ad instaurarsi all'interno. Alla luce di questi vantaggi l'impresa può scegliere se limitarsi a fornire supporto alla community o se diventarne membro agendo dall'interno. Sviluppando contenuti attrattivi che generino partecipazione e interazione, quindi fedeltà e fiducia il suo scopo sarà quello di attivare iniziative pubblicitarie. Questo passo si concretizza in un primo momento con l'affiliazione ed il banner. Nell'affiliazione il sito incanala il traffico verso un sito affiliato ed in cambio riceve una provvigione o una percentuale delle vendite; il banner invece consiste nella cessione di uno spazio all'interno del sito con l'obiettivo di generare page impressions e di stimolare i click through. In un secondo momento attraverso sponsorizzazioni, offerte e special events che possano attivare interesse, disponibilità all'acquisto e generare traffico sul punto di vendita fisico, è possibile richiedere una reazione al potenziale cliente. Secondo Anthony Bradley, vice presidente Gartner, le comunità virtuali sono la conseguenza di vincoli precisi che consentono a tutti i partecipanti di contribuire attivamente ed essere produttivi. Per questo è necessario seguire specifiche linee di gestione e agire per conseguire i seguenti obiettivi42: • Magnetismo: i temi devono attrarre utenti che possano sentirsi "chiamati in causa". • Allineamento: gli argomenti devono chiaramente essere in stretta relazione con il business. • Basso rischio: non si può pretendere di richiamare subito blogger già molto noti sul proprio social network. La comunità nasce e si arricchisce nel tempo ampliandosi. • Obiettivi: tematiche e focus devono essere ben delineati, così che l'espansione della community possa essere un processo naturale prodotto dagli utenti stessi secondo i loro interessi. • Scalabilità: argomenti e strumenti a disposizione della comunità devono facilitare l'eventuale ampliamento. • Misurabilità: gli accessi devono essere misurabili per monitorarne i trend e per profilare gli utenti. • Autonomia: il valore di una comunità sta nel dare agli utenti la possibilità 42 http://www.pmi.it/marketing/articoli/4014/p2/pmi-blog-e-community-virtuali-valore-e-profitto.html 39 di proporre argomenti di discussione e intervenire in modo libero con contributi spontanei. Una community si distingue da un forum di discussione per avere come valenza principale la condivisione. Peculiarità del forum è, invece, il confronto di opinioni, che fa si che tale strumento conferisca un valore maggiore di trasparenza e onestà al marchio rispetto alla community. Nel nostro paese sono soprattutto i social network digitali ad essere in forte espansione superando la quota di utenti delle comunità tribali e diventando ogni giorno di più una cassa di risonanza delle attività di word of mouth, buzz e viral marketing intraprese dai brand. Essere presenti in questi spazi significa per l'impresa poter ascoltare i bisogni e le opinioni dei consumatori e, sebbene i social media non siano nati come strumento di marketing, il loro punto di forza sta proprio nell'interagire con gli utenti in modo trasparente utilizzando i loro stessi codici comunicativi. Questo è ciò di cui si occupa il Social Media Marketing, un nuovo approccio gestionale di business per le aziende, che permette di ottimizzare l'offerta di prodotti e servizi nel lungo periodo puntando sul dialogo e sulla conversazione bidirezionale tra azienda e consumatore all'interno del social web. 40 IL PRISMA DELLA CONVERSAZIONE Figura 2.3 Fonte http://www.theconversationprism.com/ 41 2.3 Uno sguardo alla realtà: statistiche, ragioni di fruizione e tipologie di utilizzatori dei social media La percentuale di utilizzatori delle applicazioni web è destinata ad aumentare grazie a tre fenomeni quali, la moltiplicazione dei device che consentono la connessione ad Internet, il calo dei prezzi di questi strumenti, e lo sviluppo delle applicazioni 2.0 che rendono più facile e intuitivo l'uso di Internet, favorendo la socializzazione nei confronti di questo mezzo di comunicazione. In particolare, un contributo notevole all'aumento della percentuale di fruizione è stato fornito dalla nuova generazione, definita negli Stati Uniti generazione Y, sulla quale il Web gioca un ruolo determinante. Essa è composta dai cittadini nati dopo il 1980 cresciuti in piena espansione della comunicazione digitale, e per questo considerati dei digital native, che vivono costantemente connessi on-line. Assidui frequentatori delle più famose community on-line come Facebook e YouTube, nei confronti dei brand rappresentano un gruppo con un considerevole potere d'acquisto, una profonda conoscenza dei prodotti e una fedeltà di marca minore rispetto alla media. A livello mondiale i social media, con più di 500 milioni di utenti su Facebook che creano in media 90 contenuti al mese ciascuno, circa 24 ore di video caricati ogni minuto su YouTube, oltre 90 milioni di “tweets” pubblicati ogni giorno su Twitter e 5 miliardi di foto postate su Flickr, sono un fenomeno che ha raggiunto dimensioni globali registrando numeri importanti anche nel nostro Paese; gli utenti internet italiani sono tra i più assidui frequentatori di social network al mondo. Secondo uno studio presentato nel primo semestre del 2010 da Nielsen, osservatorio internazionale tra i più noti per l'analisi del Web, l'Italia sarebbe il quarto paese al mondo nell'uso dei social network, preceduta solo da Australia, Stati Uniti e Regno Unito, ma al primo posto per tempo medio mensile trascorso su queste piattaforme. Su circa 24 milioni di italiani attivi sul Web, ben 16 milioni utilizzano Facebook, il social network più diffuso al mondo, seguito da altre piattaforme in costante ascesa tra cui Twitter, Linkedin e Flickr, tutte accomunate da nuove dinamiche comunicative basate sull'interazione e sulla costruzione di un rapporto diretto con e tra gli utenti. A confermare che nel nostro paese il fenomeno social media sembrerebbe essere molto più di una tendenza del momento, è il recentissimo studio realizzato esclusivamente in Italia da Mediacom per conto dell'azienda di eMail marketing eCircle. 42 L'indagine dimostra che gli utenti dei social media in Italia sono interessati ad interagire con i brand: il 50% degli intervistati è interessato alle informazioni sui prodotti e sulle aziende, il 29% si dichiara follower43 di un'azienda o di una marca. L'interesse è di tipo “conversazionale” e commerciale. Il 41% dei fanfollower dichiara di essere interessato a sconti e offerte speciali, il 22% segue una marca perché ne trova divertente il contenuto , il 20% per dimostrare il proprio interesse, mentre il 13% segue un brand per dimostrare la propria fedeltà. A livello globale, da un'indagine eseguita da Nielsen, emerge come tre persone su quattro che utilizzano Internet trascorrano abitualmente almeno 6 ore al mese visitando social network o blog. E' il segno che gli utenti si stanno abituando a un Web più partecipativo e ad un flusso di comunicazione orizzontale che tende a privilegiare le fonti di informazione generate dagli stessi utenti della Rete. TEMPO TRASCORSO SUL SOCIAL WEB, MARZO 2010 Figura 2.4 Fonte Nielsen La minoranza che preferisce non prendere parte alle reti sociali presenta motivazioni che si rifanno o ad una condizione di disagio, nel caso in cui la persona non abbia ancora sviluppato la capacità pratica di utilizzare proficuamente gli strumenti della condivisione, o ad un rifiuto, tipico di chi ha già avuto un'esperienza con i social media che lo ha convinto ad allontanarsene dall'utilizzo, o ad insicurezza legata ai problemi di privacy sottesi all'utilizzo e alla condivisione delle informazioni personali sui social media. 43 Neologismo coniato da Twitter per indicare che un utente segue un altro utente, ovvero ha accesso ai suoi aggiornamenti. 43 Per la maggioranza delle persone che al contrario vi partecipa, molteplici sono le motivazioni che le spingono ad essere presenti in questi canali; Ayelet Noff di Blonde 2.0, compagnia di consulenza di Social Media Marketing, le riassume nei seguenti aspetti44: • Reciprocità anticipata: un utente è motivato a fornire il suo contributo nell'aspettativa di ricevere in cambio un aiuto o informazioni utili, qualora ne avesse bisogno a sua volta. • Incremento di riconoscimento sociale: in questo caso il fattore alla base è il desiderio di prestigio. • Senso di efficacia: gli utenti avvertono di avere qualche effetto all'interno di una rete sociale. • Connessione: più un utente è legato ad altre persone in un network, più è spinto a partecipare attivamente al fine di mantenere le relazioni. • Emotional safety: il senso di appartenenza e identificazione con un gruppo accresce la sensazione di sicurezza. Nonostante sembrerebbe che l'intero Web si stia dedicando alla creazione di contenuti, uno studio realizzato da Forrester45 su 275mila consumatori di Asia, Europa e America del Nord ha accertato che solo una bassa percentuale degli utenti contribuiscono con i loro contenuti ai social network; infatti se gli internauti che si riuniscono nei social network sono sempre più numerosi, il numero di coloro che contribuiscono attivamente a questi siti ristagna. Il numero degli internauti che ha aderito ad un social network è cresciuto dell'11% in Europa, dietro la Cina (18%) e davanti all'America del Nord (8%). In totale, il 41% degli europei è membro di una community. Ma, come si evince dal grafico riportato alla pagina seguente, la parte degli internauti che ha creato contenuti su questi siti è rimasta invariata attorno al 15%, e il 54% è solo “spettatore”. La restante parte si diletta a conversare (31%) e partecipare a social network (41%), commentare (21%) o semplicemente raccogliere (10%) contenuti social. Sono comunque gli utenti italiani che contribuiscono maggiormente al Web 2.0 con il 24% di “creatori”. 44 Caiazzo D., Colaianni A., Febbraio A., Lisiero U. (2009), Buzz marketing nei social media come scatenare il passaparola on-line, Galatea, Milano 45 Forrester Research è una società di ricerche tecnologiche e di mercato http://www.forrester.com/rb/research 44 IL COMPORTAMENTO DEGLI UTENTI EUROPEI SUL SOCIAL WEB Figura 2.5 Fonte http://wearesocial.it/blog/2010/10/social-media-ecco-cambia-il-nostro-comportamento/ Dall'utilizzo che gli utenti fanno delle social technologies dipende l'esistenza di differenti profili di utilizzatori:46 • Creatori: coloro che almeno una volta al mese pubblicano un blog o un articolo on-line, aggiornano una pagina web, o caricano dei contenuti video e audio su siti come YouTube. • Critici: coloro che reagiscono ai contenuti pubblicati da altre persone, postando commenti su blog, forum e community e votando e/o modificando i wiki. I critici sono più numerosi dei creatori in quanto reagire è più semplice che creare. • Collezionisti: coloro che memorizzano Url47 e tag48 grazie al servizio di social bookmarking49, votano per i loro siti preferiti o ricorrono agli RSS feed. In questo modo essi svolgono attività di raccolta e aggregazione delle informazioni, fondamentale in vista dell'organizzazione dei contenuti prodotti dai Creatori. Per ora i Collezionisti rappresentano un 46 LI C., Bernoff J. (2008), Groundswell: winning in a world transformed by social technologies, Harvard Business Press. 47 L'Url (Uniform/universal resource locator) è la stringa di un indirizzo Web. 48 Il termine tag può riferirsi sia a un elemento del codice HTML, usato per ordinarlo in modo gerarchico, sia a una parola chiave associata a un qualche tipo d'informazione, intesa come un'immagine, una mappa geografica, un video clip o un post preso nella sua totalità. La suddetta parola chiave ha lo scopo di descrivere, quindi, l'oggetto rendendo possibile la classificazione e la ricerca di informazioni basata su parole chiave, per esempio sui motori di ricerca. Fonte www.glossarioweb.it 49 Il social bookmarking è un servizio basato sul web, dove vengono resi disponibili elenchi di segnalibri (bookmark) creati dagli utenti. Questi elenchi sono liberamente consultabili e condivisibili con gli altri utenti appartenenti alla stessa comunità virtuale. I siti di social bookmarking organizzano il loro contenuto tramite l'uso di tag (etichette, categorie). La popolarità di questi siti è in costante crescita, in quanto sono uno strumento facile e intuitivo per individuare, classificare, ordinare e condividere le risorse internet attraverso la pratica dell'etichettatura e categorizzazione (tagging). Fonte www.wikipedia.it 45 gruppo d'élite ma si prevede che aumentino con la comparsa di siti che proporranno attività mirate a questo tipo di partecipazione. • Socievoli: coloro che partecipano o mantengono un profilo nei social network, la loro importanza risiede nel fatto che incrementano la popolazione che utilizza questo tipo di tecnologie. • Spettatori: coloro che fruiscono di tutto ciò che viene prodotto da altri. Questo è il gruppo più vasto poiché è quello che richiede lo sforzo minore. • Inattivi: coloro che ancora non partecipano alle conversazioni on-line. Risulta che il 90% degli utenti legge ma non partecipa attivamente alle discussioni da cui vengono però influenzati. Il 9% partecipa saltuariamente avendo altre priorità, fanno parte di questa categoria i Critici e i Collezionisti. Solo l'1% degli utenti partecipa attivamente e, nonostante sia bassa, tale percentuale è sufficiente ad alimentare e stimolare la conversazione e l'interazione. Questi tre gradi percentuali di partecipazione definiscono la teoria del 1-9-90 che regola tutti i social network. Il fenomeno è stato studiato da Jacob Nielsen, massimo esponente della web usability, e prende il nome di participation inequality (disuguaglianza partecipativa). LA PIRAMIDE DELLA PARTICIPATION INEQUALITY Figura 2.6 Fonte http://www.useit.com/alertbox/participation_inequality.html Le ricerche hanno evidenziato come il sistema non possa essere rappresentativo della media degli utenti del Web, in quanto i contributi ai siti a partecipazione sociale provengono sempre dallo stesso 1% di utilizzatori, che di certo non può essere portavoce del 90% che non si esprime. Ciò contribuisce a comprendere l'esistenza di distorsioni in termini di feedback da parte dei consumatori, che le aziende dovranno considerare nel momento in cui monitorano le conversazioni 46 on-line che le riguardano; tali conversazioni dovranno essere utilizzate come un campione, non per forza rappresentativo, del totale degli utenti. Il divario tra produttori attivi di contenuti e spettatori non può essere colmato, ed esso tenderà a farsi sempre più evidente all'aumentare della longevità del sito, in quanto ad una crescita prevista lineare degli utenti attivi ne corrisponderà una esponenziale degli spettatori. Diviene quindi sempre più rilevante per le aziende nel definire strategie di coinvolgimento che creino valore per le marche e per i consumatori, analizzare le persone a livello sociografico per conoscerne il profilo. A prescindere dal grado di partecipazione ai social media, in ottica di business una delle attività che gli utenti compiono maggiormente all'interno di questi canali, siano essi Creatori o Spettatori, è quella della ricerca di informazioni in merito a prodotti e servizi. Secondo un articolo riportato da Penn Olson, tech-business blog asiatico, a livello globale il 70% delle persone ricerca informazioni sui brand attraverso i social media. I corporate web site pur essendo di grande utilità rivestono un ruolo oramai secondario, limitandosi a fornire il catalogo virtuale dei prodotti e a consentire l'acquisto direttamente on-line, senza però apportare quel valore aggiunto ricercato dal consumatore odierno nell'interazione e nel dialogo. DOVE I CONSUMATORI REPERISCONO INFORMAZIONI di influencer. Egli ne individua tre: • Social broadcaster: sono quelli che godono di un maggior raggio d'azione, solitamente sono i blog letti da un grande numero di persone e seguiti con una certa regolarità. Dal punto di vista numerico sono la minoranza degli influencer, ma costituiscono una preziosissima fonte per l'aggiornamento di novità e consigli. Generalmente godono di minor fiducia rispetto alle altre categorie, un lettore infatti che viene a conoscenza di una novità tramite un Social broadcaster si riserva successivamente di verificarne l'attendibilità da altre fonti. Per questo motivo sono più consigliati nelle campagne finalizzate all'awareness piuttosto che in quelle mirate al condizionamento delle preferenze. • Mass influencer: costituiscono il 16% del totale ma influiscono per l'80% sulle scelte generate dal word of mouth on-line. Per questo motivo è una minoranza che non può essere ignorata. • Potential influencer: sono coloro che godono della massima fiducia. Costituiscono l'84% della popolazione degli influencer e il loro ruolo è quello di manifestare on-line le preferenze e le segnalazioni che raccolgono dalla rete sociale di appartenenza off-line. Ciascun gruppo è raggiungibile attraverso strategie differenti. I Social broadcaster, essendo ostili all'advertising tradizionale, ricercano un rapporto con la marca, da cui richiedono rispetto e considerazione, rifiutando di essere contattati esclusivamente quando il brand deve essere pubblicizzato. In questo caso una soluzione potrebbe essere l'istituzione di promozioni e/o premi che trasmettano un senso di relazione esclusiva e privilegiata. Nel caso dei Mass influencer, assetati di contenuti esclusivi, il segreto è offrire un argomento di cui parlare e che non si possa fare a meno di condividere. Per coinvolgere infine i Potential influencer occorre mettere in atto un'iniziativa che cerchi il coinvolgimento tramite un gioco o un concorso, in questo caso il fattore discriminante sarà creare iniziative coinvolgenti e inedite. Gli “interventi” generati dagli influencer sono distinti in due categorie: le Influence impression, che sono le preferenze espresse sui social network, e gli Influence post, ovvero i dati a vita più lunga e meno specifici quali post, commenti, recensioni e forum on-line. Nella prima categoria, la ricerca svolta dai ricercatori Josh Bernoff e Augie Ray, ha calcolato 256 milioni di Influence impression totalizzate in un solo anno; gli Influence post invece sono stati 1,64 48 miliardi in un anno i quali a loro volta hanno generato 250 miliardi di impression. Il grafico seguente mostra dove hanno luogo le influenze. DOVE LE PERSONE CONDIVIDONO L'INFLUENCE ON-LINE Figura 2.8 Fontehttp://www.wommi.it/2010/05/indagine-forrester-sul-word-of-mouth-marketing/ 49 2.4 Il 2.0 approda in azienda In questo scenario le reazioni di chi si occupa di prodotti, marchi e aziende tendono a essere diametralmente opposte; da una parte il contesto può apparire talmente denso di opportunità da indurre alcuni a intraprendere scelte avventate, dall'altra la ricchezza che offre può farlo apparire così confuso e rischioso da indurre altri ad adottare un atteggiamento più prudente e passivo. I più recenti studi dimostrano come attualmente la maggioranza delle aziende italiane abbia ancora un approccio tradizionale all'uso di Internet; le esigenze del mercato tuttavia sono cambiate, per questo motivo le aziende che utilizzeranno un approccio di marketing e comunicazione innovativo, che prevede l'utilizzo dei social media e degli strumenti del Web 2.0, avranno la possibilità di acquisire quello che Porter chiama vantaggio competitivo e quindi avere maggiori possibilità di successo sul mercato. Finora le aziende italiane si sono concentrate sulla pianificazione di strategie di comunicazione pubblicitaria classica come il display advertising e la sponsorizzazione, senza sfruttare pienamente i flussi di comunicazione partecipativa tipici dei social media; a dimostrarlo è il fatto che la categoria dei banner è ancora la forma più utilizzata per fare promozione on-line. Ma la scarsa efficacia degli strumenti tradizionali, dal click through fino alla newsletter, dimostra come Internet sia uno strumento di comunicazione dove la pubblicità concepita secondo le forme tradizionali stenta ad essere efficace perché trascura la predisposizione del consumatore ad essere curioso, a selezionare solo gli argomenti che gli interessano e a crearne di nuovi sulla base dei suoi precisi interessi. Questo spiega l'irritazione generale degli utenti nei confronti della pubblicità tradizionale on-line, che ha una percezione di intrusività più alta rispetto a quella dei media classici. La chiave di volta per le aziende è comprendere che i siti web non vanno considerati solo dal punto di vista estetico, ma piuttosto dal punto di vista funzionale e di servizio. In questo senso “farsi trovare” quando l'utente ne ha bisogno dovrebbe essere l'obiettivo principale di ogni progetto on-line. La diffusione e l'importanza dei motori di ricerca dovrebbe motivare le aziende a investire nel miglioramento del proprio posizionamento all'interno di questi siti e ottenere in questo modo una migliore visibilità dei contenuti attraverso operazioni di SEM (Search engine marketing) e SEO (Search engine 50 optimization). La prima delle due tecniche si riferisce alle azioni di web marketing atte a rendere il sito il più “user friendly” possibile, mentre la seconda riguarda l'ottimizzazione del suo posizionamento all'interno dei motori di ricerca attraverso le parole chiave. L'attività di SEO è fondamentale nel moderno web marketing per riuscire a lanciare con successo un sito. Basti considerare che un qualsiasi sito web riceve solitamente dal 60 all'80% del suo traffico dai motori di ricerca. Oggi queste attività devono essere pianificate in modo da integrare le attività di comunicazione svolte sui social media; un fattore chiave in questo caso è la link popularity, uno dei parametri che caratterizza la visibilità on-line, che indica la popolarità che un sito web acquisisce grazie ad altri siti che lo consigliano. Oggi questo è uno dei criteri più importanti per stabilire l'importanza e l'autorevolezza di un corporate blog o dei contenuti condivisi attraverso un social network. Naturalmente il fatto che una pagina web contenga un link a un sito esterno genera potenzialmente visite aggiuntive per il sito segnalato. Inoltre la link popularity è fondamentale in quanto i motori di ricerca tendono a privilegiare nei risultati proprio quei siti considerati popolari in termini di numero di link che ricevono da altre pagine web. Google, il motore di ricerca che più degli altri favorisce questo criterio, utilizza un parametro chiamato PageRank che assegna un livello di popularity da 1 a 10 ai siti presenti nel suo catalogo. La condivisione dei contenuti tipica delle attività partecipative svolte sul Web 2.0 può favorire la popolarità del proprio blog o sito web misurata da questo strumento. Analizzando il posizionamento delle principali aziende italiane raggruppate per settore di attività in base ai due diversi fattori, livello di ottimizzazione del sito web e grado di popolarità, i risultati evidenziano che le aziende operanti nel settore dei servizi, dell'informatica e dei media sono quelle posizionate in maniera ottimale, mentre le società operanti nei settori dell'abbigliamento, delle bevande e degli alimentari hanno ancora ampi margini di miglioramento. Le aziende che intraprendono attività di social media marketing possono contare su due principali punti di forza. Il primo risiede nella possibilità di poter sfruttare le relazioni partecipative tra gli individui che condividono i flussi di comunicazione attraverso siti come YouTube o Facebook, facendo in modo di renderli disponibili anche alle iniziative promosse da altri membri del social network, in questo caso le aziende. Questo fa si che esse possano contare su un 51 secondo punto di forza che consiste nella possibilità di individuare gruppi specifici di utenti accomunati da identità e esperienze comuni. Ai fini di marketing si possono utilizzare i desideri e le esigenze comunicati da queste tribù di individui come leve per promuovere forme di collaborazione con i consumatori finalizzate a migliorare le caratteristiche del prodotto o del servizio offerto. Insieme ai punti di forza, le aziende devono considerare anche alcuni punti di debolezza tipici dei social media. Il primo si riferisce alla difficoltà di individuare un preciso target di mercato, derivante dal fatto che il contesto attuale è diventato altamente personalizzato tale da rendere le tradizionali tecniche di segmentazione e posizionamento inefficaci; oggi sono le conversazioni e lo scambio di contenuti a comportare una naturale segmentazione dei possibili mercati di riferimento per l'azienda. Un secondo ostacolo è il problema del digital divide che impedisce ancora oggi ad una parte della popolazione di accedere a Internet in banda larga, a cui si somma la diffidenza ancora elevata da parte degli italiani verso la tecnologia e in questo caso i social media. Ciò rende impossibile l'utilizzo di tali strumenti per veicolare una strategia di marketing su un prodotto di massa, il che obbliga a fare ancora ricorso ai media tradizionali. Uno studio condotto dall'Extra Mile Audience Research per l'associazione di marketing americana Pivotcon su un campione di 137 marketers, ha dimostrato che il 63% dei partecipanti al sondaggio usa i social media per attività di marketing motivando così questa scelta (valori in %): PERCHE' LE AZIENDE UTILIZZANO I SOCIAL MEDIA Figura 2.9 Fonte http://lissimattia.com/2010/08/30/sm/dati-social-media-marketing-perche-usare-i-social-media/ 52 Il 30% degli intervistati ha dichiarato di essere molto soddisfatto delle attività di social media marketing intraprese, mentre il 59% le ha considerate abbastanza soddisfacenti. Il mancato raggiungimento della massima soddisfazione è principalmente dovuto alla difficoltà di costruire un piano strategico adeguato per i social media, questo perché i social network nel loro insieme sono un'entità complessa e in continua evoluzione e fare social media marketing non significa semplicemente essere iscritti a questi siti e pubblicarvi occasionalmente notizie e commenti. L'assenza di una strategia di approccio ai social media differenziata per ognuno dei canali disponibili e il loro utilizzo disorganizzato e occasionale conduce al fallimento, quello che succede nella maggior parte dei casi. Infatti uno studio condotto dal Brand Science Institute su 563 marketer di 52 brand di 12 paesi europei sui progetti di corporate social media intrapresi per un periodo di 7 mesi, ha evidenziato che i progetti falliscono principalmente per la mancanza di una chiara strategia di gestione, per la pretesa di ricevere riscontri finanziari da queste attività entro 12 mesi e di poter confrontare le prestazioni con quelle dei media tradizionali. Inoltre perché chi intraprende queste attività ignora la teoria 1-9-90, secondo cui il 90% degli utenti on-line sono spettatori, il 9% modifica i contenuti e soltanto l'1% li crea. Altre ragioni risiedono nell'incapacità di saper gestire possibili reazioni negative degli utenti e nel non intervenire nelle discussioni on-line che lo riguardano. Un grosso limite è inoltre rappresentato dalla mancata condivisione dei social media con tutti i membri interni dell'impresa. PERCHE' I PROGETTI DI SOCIAL MEDIA FALLISCONO 53 Le aziende, avvezze a definire obiettivi mirati e strategie dettagliate per ogni aspetto dei propri investimenti promozionali, dovrebbero comprendere che lo stesso è da fare per le campagne sui social media. Molteplici sono gli obiettivi che chi svolge attività di social media marketing può prefissarsi: • Educare e informare la clientela • Migliorare il servizio al consumatore • Monitorare la reputazione del brand • Aumentare la brand awareness • Acquisire maggiori informazioni sul proprio target • Ottenere link verso il proprio sito Tra questi quello maggiormente perseguito e raggiunto è l'aumento della brand awareness e della customer loyalty, a dimostrazione che i social media sono più congeniali in ottica di fidelizzazione piuttosto che di acquisizione della clientela. OBIETTIVI PRIMARI PERSEGUITI IN UNA CAMPAGNA DI SOCIAL MEDIA Figura 2.11 Fonte http://www.emarketer.com/Article.aspx?R=1007934 Per poter raggiungere i risultati sperati è essenziale investire tempo e risorse in attività di ricerca dettagliate che includano necessariamente i seguenti passaggi: • Determinare se il proprio target audience è on-line • Scoprire in quali contesti si trova e agisce • Esaminare successi e fallimenti di altre campagne sui medesimi social media • Delineare scadenze temporali ragionevoli • Stabilire un metodo per misurare i risultati 54 L'implementazione della strategia che ne scaturisce deve tenere in considerazione un aspetto fondamentale, vale a dire che i social network sono luoghi di incontro complessi molto simili a quelli che si frequentano abitualmente off-line e il trascurarlo è nel 90% dei casi il male che affligge le campagne di promozione on-line. Per quel che riguarda il trend di utilizzo dei social media da parte del mondo del business, il mercato statunitense presenta dati piuttosto rassicuranti e incoraggianti. Una ricerca curata da Nora Ganim Barnes ed Eric Mattson ha utilizzato le aziende della Fortune 50050 presenti nell'anno 2009 come terreno per condurre esperimenti ed analizzare l'uso dei blog e di Twitter nel mondo aziendale. Dagli studi è emerso che l'utilizzo dei blog aziendali sta aumentando, specialmente tra le aziende che occupano le posizioni più basse della classifica. Nel 2009 c'è stato un aumento del 6% dei blog rispetto all'anno precedente e tre delle aziende della top five, Wall Mart, Chevron e General Electric, hanno avuto un blog in entrambi gli anni. PERCENTUALI DI UTILIZZO DEL BLOG AZIENDALE Figura 2.12 Fonte http://www.masternewmedia.org/it/2010/05/14/ricerche_sui_social_media_trend_di_utilizzo.htm Le 108 aziende della classifica con un blog provengono dai settori più diversi, quelle con il maggior numero di blog sono le aziende del settore computersoftware, periferiche e apparecchiature per ufficio, tra le quali compaiono Hewlett-Packard, Dell, Microsoft, Apple, Oracle e Xerox. Le prime 100 aziende dell'elenco rappresentano il 39% dei 108 blog della F500 del 2009 e, nonostante l'utilizzo del blog sia basso tra le ultime 200 aziende, è interessante notare che gli ultimi dati mostrano un aumento significativo nell'utilizzo dei blog da parte delle aziende nelle ultime posizioni. Tutti i 108 blog sono stati esaminati per determinare il livello di interattività che consente un blog ed è stato rilevato che 50 Fortune 500 è una lista annuale compilata e pubblicata dalla rivista Fortune che classifica le 500 maggiori imprese societarie statunitensi misurate sulla base del loro fatturato. Fonte www.wikipedia.it 55 il 90% di quelli presenti in classifica accettano commenti, danno la possibilità di iscriversi ai feed RSS o alle newsletter e vengono aggiornati regolarmente. Sembra quindi che le aziende che hanno scelto di dotarsi di un blog abbiano utilizzato correttamente lo strumento. Le aziende presenti nella Fortune 500 però utilizzano meno il blogging rispetto a quelle presenti nella Inc. 50051, questo a dimostrazione che le aziende più propense ad adottare strumenti social sono quelle più piccole e con rapido tasso di crescita. L'86% dei blog individuati sono direttamente collegati ad un account Twitter aziendale, più del triplo di quelli che risultavano nella classifica del 2008. Molte più aziende hanno un account Twitter ma non hanno creato alcun collegamento con il loro blog. Sono 173 (35%) le aziende inserite nella Fortune 500 del 2009 in possesso di un account Twitter aggiornato, attivi con retweet e repliche negli ultimi 30 giorni e che mostrano quindi un'interazione persistente con gli utenti. Dei 173 profili della classifica, il 47% appartiene ad aziende presenti nelle prime 200 posizioni. Per quanto riguarda l'utilizzo di altri tipi di social media volti al potenziamento dei blog, i ricercatori si sono concentrati sull'uso del podcasting, sfruttato dal 19% delle aziende della Fortune 500, e dei video, utilizzati sui blog dal 31% delle aziende. L'ampio utilizzo dei blog e la crescita esplosiva di Twitter tra le aziende della Fortune 500 emersi da questa ricerca, sottolineano la crescente importanza dei social media nel mondo del business. La situazione è ben diversa in Italia dove, l'assenza di un approccio culturale all'uso di questi canali, concepiti prevalentemente come canali lontani da quelli tradizionali di comunicazione più consolidati o, come una semplice ed effimera moda, fa si che il Web 2.0 e i suoi strumenti siano approcciati solo dalla minoranza delle aziende. Lo dimostra un sondaggio realizzato nel periodo marzo – aprile 2010 dall'area Executive Education della Fondazione Cuoa su un campione di 215 manager con funzioni diverse e con ruoli di responsabilità. L'indagine ha testato che, se il Web 1.0 è ormai uno strumento assodato nell'attività quotidiana, più della metà delle aziende (56%) non è ancora presente sui social media. In questo caso lo studio si sofferma sull'utilizzo dei social network, tralasciando quello dei blog. Emerge che il social network più conosciuto e utilizzato dalle aziende intervistate è Facebook, seguito da Linkedin, YouTube e Twitter. Il limite all'utilizzo di quest'ultimo, molto efficace 51 Inc. 500 è una classifica che comprende le aziende private americane con il tasso di crescita più rapido. 56 per attività di conversazione diretta, customer service e rewarding nei confronti della propria clientela, sta nel fatto che in Italia, a differenza degli stai Uniti, stenti a decollare e rappresenti ancora un canale di nicchia per gli amanti dei social media e per i tecno-appassionati per condividere contenuti e temi professionali settoriali. Altri servizi di pubblicazione come ad esempio Slide Share, Flickr o Scribd sembrano essere ancora poco conosciuti o comunque poco usati. Tra i motivi che vengono indicati come ragioni che hanno portato le aziende italiane a decidere di utilizzare i social network, compare per primo la ricerca di potenziali clienti/utenti, seguito dalle attività di promozione di prodotti e servizi. Sulla decisione di entrare nei social network rileva anche il costo basso di tale azione. Tra chi, di questo campione, ha provato ad utilizzare i social network ha in larghissima parte un'opinione positiva dell'esperienza tanto che solo per un 2% risulta essere un'esperienza da abbandonare. L'indagine ha concluso che, nonostante social network e Web 2.0 siano conosciuti, mancano ancora conoscenze approfondite, competenze aziendali e personale dedicato. In generale si può notare una certa diffidenza nei confronti dei social network e del Web 2.0 e, di conseguenza, la resistenza ad entrarvi come azienda e a permetterne l'accesso ai dipendenti. 57 2.5 Monitorare le conversazioni sui social media e misurare i loro ritorni: il social media monitoring Monitorare e misurare sembrano essere i due imperativi per aziende e marketers, che hanno sempre più esigenza di sapere dove e in che modo si parla del loro brand sui media sociali. E' un obiettivo non facile da raggiungere per le organizzazioni ma assolutamente indispensabile per instaurare un dialogo con gli utenti, al cui raggiungimento è preposto il Social Media Mononitoring, un processo di monitoraggio delle conversazioni on-line che riguardano una persona, un prodotto, un servizio o un brand. L'attività di monitoraggio si estende a tutti gli strumenti e i canali di comunicazione comprendendo siti, blog, social network, wiki, podcast, forum, video, microblog. La possibilità di individuare, decifrare, catalogare ma soprattutto misurare queste informazioni rappresenta un'importante asset competitivo per qualsiasi organizzazione. Monitorare le conversazioni significa pianificare un duplice livello di ascolto52: • Monitoraggio di primo livello: fase in cui è possibile avere un quadro della situazione immediatamente successiva al lancio di una campagna. Gli strumenti che permettono tale monitoraggio sono i cosidetti “meme website”, aggregatori degli ultimi trend nella Rete che permettono un'ampia visione dell'impatto delle conversazioni scaturite nei blog. I più utilizzati sono Google Blog Search, Wikio e Technorati. • Monitoraggio di secondo livello: fase che prevede la selezione dei social media a cui applicare la valutazione quali-quantitativa. Al momento non esistono metriche universali applicabili univocamente ad ogni business, target ed obiettivo e la relativa formalizzazione sarà di conseguenza volubile, dinamica e per certi versi soggettiva, almeno fino a quando non si riuscirà a collegare risultati tangibili di successo in termini di profitto, riduzione dei costi, incremento dei riacquisti, dilatazione del customer lifetime, con le suddette metriche. Il Web a tale proposito pullula di contributi provenienti da esperti del settore che offrono la propria teorizzazione al riguardo. Tra i tanti quello più completo mi è sembrato quello di Mike Brown che, sul Social Media Today, ha fornito una propria interpretazione sintetizzando in uno schema tre macro-metriche sociali, 52 Caiazzo D., Colaianni A., Febbraio A.; Lisiero U. (2209), Buzz marketing nei social media. Come scatenare il passaparola on-line, Galatea, Milano. 58 ognuna delle quali valutate secondo aspetti sia quantitativi che qualitativi: • Attività: l'insieme delle azioni effettuabili sui social media tra cui bloggare, twettare, postare53 e in generale promuoversi. • Interattività: misura le relazioni che intercorrono con il pubblico attraverso follower, commenti, link condivisioni, contenuti creati dagli utenti. • Ritorni: sono legati al successo, diretto o indiretto, delle attività sui social media. Possono essere considerati in termini di creazione di ricavi, contenimento dei costi ecc. METRICHE QUANTITATIVE E QUALITATIVE DI MISURAZIONE Figura 2.13 Fonte http://blog.tagliaerbe.com/2010/07/metriche-sociali-qualitative-quantitative.html Gli aspetti quantitativi comprendono tutto ciò che all'interno dei social media è conteggiabile: numero e frequenza di post, numero di commenti, numero di fan/follower, numero di views, numero di lead54/sale. Attraverso tali metriche è possibile, per ogni tipologia di social media, misurare l'esposizione sociale mediatica, ovvero quante persone sono state raggiunte dal messaggio, e misurare l'impegno, ossia quante persone hanno utilizzato il messaggio nelle loro conversazioni. Gli aspetti qualitativi invece fanno riferimento alla misurazione dell'influenza che si basa sulla percezione dell'azienda. Consiste perciò nel valutare la tipologia 53 Neologismi 2.0 che indicano l'azione di comunicare nei social media. Più precisamente, bloggare: attività relativa alla gestione complessiva del blog e delle relazioni sociali legate alla sua esistenza; twittare: il comunicare tramite Twitter; postare: l'azione relativa all'inserimento di un singolo articolo. 54 Generare un lead significa acquisire un contatto qualificato. 59 dei commenti, il buzz e il sentiment. A questo scopo sono stati realizzati software on-line, alcuni a pagamento altri gratuiti, che permettono una scansione dei social media effettuando una ricerca semantica per parole chiave. Il software semantico è in grado di definire dall'analisi dei commenti degli utenti, se la mention, ovvero il tipo di commento o il testo in cui l'utente si è espresso in merito all'azienda e ai suoi prodotti, sia positivo o negativo, e di calcolare il cosidetto Sentiment, l'indice per mezzo del quale viene misurato il rapporto tra menzioni negative e menzioni positive. Ma dal momento che il software non sempre riesce a valutare se il commento di un utente è positivo o negativo, i sistemi automatizzati non riescono a sostituire ancora pienamente la capacità di comprensione e di interpretazione individuale. Il rapporto tra le metriche di misurazione dell'efficacia e i media sociali sono quindi al momento di difficile monitoraggio. Abituati alle meccaniche dell'Auditel per la misurazione dei contatti pubblicitari, molti inserzionisti desidererebbero degli strumenti di analisi per poter capire se il loro investimento sui social media produce risultati o meno, tanto da pretendere di calcolarne il ROI. Ma essendo una business metric, tale indice, nella forma attuale, non è adatto a cogliere le specificità dei media, la cui potenzialità risiede nella capacità di generare e influenzare le relazioni. A questo proposito è emblematico il contributo di Gianluca Diegoli che nel suo ebook distribuito in Rete55 ha scritto: “Non potrete calcolare precisamente il ROI della conversazione della vostra azienda, davvero. Pensate se vi conviene di più esserne parte o meno, di quella conversazione.” Ciò a dimostrazione che attività di marketing nuove richiedono metriche di misurazione nuove. 55 Diegoli G., [mini]marketing 91 discutibili tesi per un marketing diverso. 60 CAPITOLO 3: DOVE E COME ESSERE PRESENTI NEI SOCIAL MEDIA 3.1 Gestire le conversazioni con il corporate blog Il blog è il luogo di conversazione per eccellenza, e rappresenta una delle componenti più potenti fino ad ora emerse nella rivoluzione della comunicazione aziendale. Secondo Technorati e l'indagine annuale relativa al 2010 che la società svolge a proposito dello stato della blogosfera, circa la metà di chi blogga a livello professionale blogga sui brand, un quarto dei blogger posta mensilmente una recensione di un prodotto relativo ad un brand, un quinto lo fa settimanalmente, inoltre il 20% dei corporate blogger parla quotidianamente di prodotti e servizi. Tuttavia, la redazione di un blog non esaurisce le tematiche del marketing dell'ascolto, ma contribuisce ad innescarle, essendo di fatto una piattaforma che rende possibile il dialogo tra sconosciuti su un piano di parità. Il fenomeno del blogging nasce sulla scia del The Cluetrain Manifesto e sulla forte reazione emotiva che ha scatenato la tesi che sosteneva: i mercati sono conversazioni. Si tratta effettivamente della prima tecnologia che consente ad una semplice conversazione di diventare immediatamente globale e rappresenta una delle evoluzioni della produzione di contenuti che più ha cambiato le sorti della comunicazione on-line, convogliando in un unico strumento l'informazione, l'autogestione di contenuti e lo scambio del sapere. In accordo con Wikipedia un blog è un sito internet, generalmente gestito da una persona o da un ente, in cui l'autore (blogger) pubblica più o meno periodicamente, come in una sorta di diario on-line, i propri pensieri, opinioni, riflessioni, considerazioni ed altro, assieme, eventualmente, ad altre tipologie di materiale elettronico come immagini o video. Il termine blog è la contrazione di web-log, ovvero "diario in rete" ed è stato utilizzato per la prima volta nel 1997 in America; il 18 luglio 1997 è stato scelto come data di nascita simbolica del blog, riferendosi allo sviluppo, da parte dello statunitense Dave Winer, del software che ne permette la pubblicazione, mentre il primo blog è stato effettivamente pubblicato il 23 dicembre dello stesso anno, grazie a Jorn Barger, un commerciante americano appassionato di caccia, che 61 decise di aprire una propria pagina personale per condividere i risultati delle sue ricerche sul Web riguardo al suo hobby. La popolarità dello strumento è stata però raggiunta solo nel 1999 con Blogger, la prima piattaforma per la realizzazione di blog da parte degli stessi utenti, creata dalla software house Pyra Labs e acquisita successivamente (nel 2003) da Google a seguito dell'enorme successo registrato. In Italia i blog hanno iniziato a diffondersi nel 2001 quando sono nati i primi servizi che mettevano gratuitamente a disposizione il software per la creazione dei blog e lo spazio web per ospitarlo. Attraverso i blog la possibilità di pubblicare documenti su Internet si è evoluta da privilegio di pochi, università e centri di ricerca, a diritto di tutti, i blogger, appunto. La struttura è costituita, solitamente, da un programma di pubblicazione guidata che consente di creare automaticamente una pagina web, anche senza conoscere necessariamente il linguaggio HTML; questa struttura può essere personalizzata con vesti grafiche dette template, ossia modelli che determinano la disposizione dei contenuti all'interno del sito e il layout finale. Il blog permette a chiunque sia in possesso di una connessione internet di creare facilmente un sito in cui pubblicare storie, informazioni e opinioni in completa autonomia. Ogni articolo, detto post ed esposto in ordine cronologico inverso, è generalmente legato a un thread, in cui i lettori possono scrivere i loro commenti e lasciare messaggi all'autore. I blog sono collegati tra loro in modo aperto attraverso link interattivi creando un network globale definito blogosfera che fa sì che, a prescindere dal numero di visitatori del singolo blog, ogni post pubblicato da un blogger abbia le stesse enormi potenzialità di circolazione e la possibilità di raggiungere un pubblico di dimensioni mai viste prima. Il blog si differenzia da tutti gli altri mezzi di comunicazione per essere l'unico strumento a presentare in compresenza le seguenti caratteristiche, che vanno a costituire i sei pilastri del blogging56: • pubblicabilità: chiunque può aprire e pubblicare un blog visibile a tutti gli utenti della Rete; • rintracciabilità: facilità di trovare i blog per argomento, autore, membri per mezzo dei motori di ricerca; • socialità: possibilità di coltivare relazioni interpersonali, 56 Scoble R., Israel S. (2007), Business blog. Come i blog stanno cambiando il modo di comunicare dell'azienda con il cliente, Il Sole 24 ore, Milano 62 indipendentemente dai confini geografici; • viralità: è la forma più veloce ed efficiente di marketing virale; • distribuibilità: grazie alla tecnologia RSS è possibile conoscere gli aggiornamenti di un blog; • collegabilità: ogni blog è potenzialmente collegabile mediante iperlink a migliaia di altri blog. La maggior parte dei blogger utilizza il blog come diario personale, per far conoscere i propri sentimenti e le proprie opinioni ai lettori che hanno a loro volta un blog, ma anche a sconosciuti che vagano per la blogosfera passando di link in link. Oltre ai blog personali, che sono ancora oggi quelli più diffusi, ne esistono tante altre tipologie raggruppabili in quattro macrocategorie: i blog politici, i blog giornalistici, i blog tematici e i blog aziendali. Questi ultimi, in inferiorità rispetto alle altre tipologie ma in ampia crescita, sono utilizzati dalle imprese come canali per potenziare la comunicazione aziendale sia interna che esterna. Per quel che riguarda la comunicazione interna, i benefici derivano dalla possibilità di utilizzare il canale per trasmettere messaggi ed opininioni sia orizzontalmente tra colleghi, che verticalmente, in entrambe le direzioni, topdown e bottom-up, tra i vari livelli gerarchici. Ma, essendo il primo canale "umano e trasparente" in mano alle aziende, è nella comunicazione esterna che risiede il più grande potenziale del corporate blog. Da questo punto di vista, prima ancora di essere un medium promozionale, il blog rappresenta un efficace medium di ascolto; partendo dal presupposto che i clienti "parlano" già e comunque dei brand nei blog e negli altri spazi virtuali, l'azienda, la cui intenzione a dialogare è sempre ben accetta dal cliente, per mezzo dei blog già esistenti, può intervenire nella conversazione, e successivamente crearne uno proprio dove trasferirla e gestirla. Placando gli animi dei clienti insoddisfatti e evangelizzando quelli dei clienti appagati, il blog aziendale viene in questo modo ad essere implementato sfruttando al meglio le sue potenzialità. Ciò significa contribuire assiduamente alla diffusione di notizie interessanti e correlate al marchio, creando interazione da parte degli utenti verso un ottica di "community building". Un business blog costruito su questi presupposti apporta due principali benefici all'azienda; ottenendo informazioni reali sulle opinioni dei clienti, essa potrà sviluppare ricerche di marketing più mirate e inoltre potrà godere di 63 un'aumentata affezione alla marca da parte del consumatore, appagato dall'interesse che l'azienda dimostra ad instaurare una relazione con lui. La blogosfera è un sistema meritocratico tale per cui, i blog che rispondono meglio alle esigenze dei lettori e che riescono a creare interazione con gli utenti, saranno quelli più linkati e perciò in testa alle classifiche di Technorati57 e ai risultati nelle ricerche di Google; questo meccanismo fa sì che vengano selezionati solo i blog aziendali migliori di ogni settore commerciale, che diverranno così i più popolari e redditizi. Il blog aziendale è inoltre uno strumento in grado di misurare la soddisfazione del cliente in base ai commenti rilasciati, che costituiscono un passaparola capace di abbattere qualsiasi pregiudizio nei confronti dell'azienda. Il cliente soddisfatto diviene infatti per l'azienda un vero e proprio evangelista in grado di difenderla dagli attacchi esterni sia off line ma soprattutto sul blog aziendale. E' fondamentale quindi non utilizzare il blog esclusivamente per parlare ai lettori ma piuttosto per parlare con loro e farli parlare. Il rischio di imbattersi in commenti negativi, che terrorizza la gran parte delle aziende, si trasformerà in risorsa, ma solo se esse sono state in grado di crearsi una schiera di fedeli pronti a difenderla. Ben McConnel, che ha scritto diversi testi sul fenomeno dell'evangelizzazione del consumatore, ha utilizzato una metafora significativa per esaltare il concetto: "L'azienda è come una congregazione religiosa, dove la collettività dei fedeli diventa più forte del predicatore stesso". In accordo con Alessandro Cosimetti58, esperto di corporate blog, aprire un blog aziendale è un modo per esternare la propria versione dei fatti e raccogliere direttamente i commenti dei clienti in modo da gestirli in prima persona. Da qui ne scaturisce un ulteriore vantaggio, ovvero l'indipendenza dai media tradizionali. Essendo rapido, immediato e a basso costo, l'azienda può utilizzare il blog aziendale per comunicare o replicare ad un'accusa fattagli, contrapponendolo ai tradizionali articoli di giornale e al canale televisivo che ritardano notevolmente il processo di comunicazione. La rapidità e l'immediatezza dei suoi post possono evitare perciò una miriade di problematiche e salvaguardare la reputazione dell'azienda sul mercato. Iniziano ad essere numerosi i casi di aziende italiane con un blog, non da tutte però utilizzato come mezzo sociale, diverse sono infatti quelle che dietro la 57 Technorati è un motore di ricerca dedicato al mondo dei blog. Dal dicembre 2005 Technorati indicizza più di 20 milioni di blog. Technorati è stato fondato da Dave Sifry e la sede è presso San Francisco, California, USA. Fonte Wikipedia 58 www.bloginazienda.com 64 facciata del blog nascondono un altro mero canale pubblicitario. Tra queste, chi si è distinta per aver realizzato una delle più interessanti campagne di marketing dell'ascolto, è Fiat, per il lancio della nuova Bravo. BLOG "QUELLI CHE BRAVO" Figura 3.1 Fonte http://www.quellichebravo.it/index.php? Il blog "Quelli che Bravo" è nato nel dicembre 2006, a poche settimane dalla presentazione ufficiale della nuova media di casa Fiat, con lo scopo di prepararne il lancio per poi uscire di scena. Nonostante la scadenza, questo spazio, impostato eccellentemente fin da subito, continua a produrre post per il proprio pubblico ancora oggi, a distanza di tre anni. Sarà perchè fin da subito non sono mancate presenze eccellenti (il primo post è stato scritto dal responsabile brand Fiat Luca De Meo) e interventi che hanno dimostrato la reale partecipazione dell'azienda, che dopo il primo post, il blog ha continuato a svilupparsi con passione e autorevolezza. Ne è scaturito un dialogo di cui vale la pena riportare alcuni momenti topici: la presentazione dello spot Meravigliosa creatura in anteprima assoluta sul blog, la visita alla sala virtuale, la prova su strada per i dieci blogger più veloci a commentare, il liveblog dal salone di Ginevra nel marzo 2008, le interveste a diversi responsabili aziendali, e quella esclusiva a Gianna Nannini. La pubblicazione dei post, a cura di un team 65 ristretto composto da product manager e consulenti esterni, avviene a cadenze abbastanza regolari nel tempo, assicurando un buon flusso di informazioni. Oltre ai contenuti di testo, i post sono arricchiti da filmati, creati da Fiat ma anche da utenti, diversi podcast e fotografie e disegni pubblicati su un account Flickr. Per quanto il mezzo fosse anticonvenzionale per il lancio di un nuovo prodotto sul mercato, è stata proprio la trovata inconsueta di Fiat ad assicurarle attenzione e visibilità per l'avvio della pubblicazione dei post. 66 3.2 Scatenare il passaparola con i Social network Le piattaforme di social networking sono l'espressione più alta e la migliore rappresentazione dei caratteri che hanno favorito l'esplosione del Web 2.0, ossia partecipazione, condivisione e facilità d'uso. Il termine social network significa letteralmente rete sociale che, in accordo con Wikipedia, rappresenta un qualsiasi gruppo di persone connesse tra loro da diversi legami sociali, che vanno dalla conoscenza casuale, ai rapporti di lavoro, ai vincoli familiari. E' chiaro perciò a cosa devono questo nome quelli che erroneamente oggi vengono definiti social network; essi non fanno altro che riportare on-line il meccanismo di rete sociale che, nello spazio globale del Web, raggiunge dimensioni non replicabili nel mondo reale. Si tratta perciò di reti virtuali di persone che si sviluppano attraverso una piattaforma di aggregazione, che altro non è che un sito internet realizzato per far si che le persone possano entrare in contatto, condividere contenuti, stabilire nuovi legami o riprodurre quelli esistenti nella vita reale. Il successo straordinario di queste piattaforme a cui si sta assistendo negli ultimi anni è dovuto principalmente alle implicazioni relazionali e partecipative che permettono, il concetto di "amicizia" non per niente è uno degli elementi che ne stanno alla base, e alla possibilità di personalizzazione che ha permesso a questi siti di distinguersi dalle chat e dagli altri luoghi di incontro virtuale di matrice 1.0, in cui era possibile esclusivamente inserire un nickname e qualche altro parametro. Semplicemente, il segreto di questi servizi è la conversazione e la soddisfazione di alcuni dei fondamentali bisogni umani. Le persone amano parlare di sé e in particolare comunicare le proprie emozioni e condividerle, persino con perfetti sconosciuti; e i social network permettono di farlo, non essendo altro che amplificatori di atteggiamenti naturali. Il trucco è stato capire ciò che desiderava la gente e regalarlo a tutti. A questo punto è utile il riferimento alla piramide di Maslow, psicologo statunitense che classificò i bisogni umani secondo una gerarchia, poichè proprio su questi sembrano aver fatto leva le social technologies. Maslow raggruppava i bisogni fondamentali in cinque categorie: bisogni fisiologici, di sicurezza, sociali, di stima e di autorealizzazione. Quelli implicati con il nostro studio sono quelli di ordine superiore, ovvero gli ultimi tre, che secondo la teoria di Maslow non si possono soddisfare senza aver prima soddisfatto quelli primari. E' al terzo livello, quello 67 dell'appartenenza e della socializzazione, che i servizi di social networking vengono in risposta, attraverso la possibilità che forniscono di creare network tra utilizzatori, incentivando ed agevolando innanzitutto la ricerca di chi conosciamo già (amicizia), e in secondo luogo incentivando l'aggregazione con persone che in realtà non si conoscono ma con cui si possono condividere interessi e passioni (identificazione). Il bisogno di autostima e riconoscimento, collocato al quarto scalino della piramide, viene soddisfatto attraverso la possibilità di condivisione estrema che queste piattaforme forniscono, appagando quella necessità di "dare" che può incrementare l'autostima e dare l'opportunità di sentirsi riconosciuti. Sia l'appartenenza che l'autostima concorrono quindi al raggiungimento del bisogno successivo, quello dell'autorealizzazione. LA PIRAMIDE DEI BISOGNI DI MASLOW Figura 3.2 Fonte http://lucadefelice.com/blog/?ibsa=get_content&id=98 E' difficile tracciare una linea di separazione tra quelli che sono veri e propri social network e le altre applicazioni che permettono la condivisione di contenuti come YouTube o Flickr facenti tutti parte della più grande famiglia dei social media. Secondo la definizione fornita dagli studiosi Boyd-Ellison si possono definire social network sites quei servizi web che permettono la creazione di un profilo pubblico o semi-pubblico all'interno di un sistema vincolato, l'articolazione di una lista di contatti e la possibilità di scorrere la lista di amici dei propri contatti. Tutte le altre funzionalità tra cui la condivisione di fotografie e di video e la comunicazione diretta tramite chat sono secondarie, ed hanno l'unica funzionalità di differenziare le varie applicazioni esistenti. 68 Poca conta questa distinzione nell'ambito dell'analisi delle dinamiche regolatrici del fenomeno social network, che a prescindere dalle tipologie e classificazioni esistenti, può essere interpretato come il ritorno alla piazza virtuale, per scambiare informazioni, chiaccherare, trovare conoscenti dei quali non si aveva notizia da tempo, fornire link, dire la propria. Uno scenario intriso di opportunità per chi si nutre di comunicazione come il marketing, che sta facendo della promozione attraverso questi canali la sua nuova frontiera. Il motivo è scontato: essere presenti dove gli utenti sono presenti. L'azienda che decide di aprire la propria pagina personale sui maggiori social network ha la possibilità, attraverso molteplici soluzioni, di far vivere all'utente un'esperienza di marca pur senza che egli usufruisca fisicamente dei prodotti e servizi dell'azienda stessa. Il fine di chi fa marketing attraverso i social network non è pertanto la vendita, bensì il passaparola: dare all'utente un valore aggiunto che permetta all'azienda di distinguersi dalla folla e di cui valga la pena parlare, e, tenendo conto della natura di questi canali e delle ragioni del loro successo, offrire alle persone la possibilità di sentirsi importanti e attori di un evento piuttosto che portavoci di una causa. La chiave del succeso è perciò studiare i comportamenti, le emozioni e le modalità di comunicazione degli utenti per vivere le relazioni on-line con i propri clienti. Al momento il numero dei social network è in costante crescita, il che non permette di poter fare un elenco preciso di quelli esistenti. Una classifica stilata ad agosto 2010 dal Wall Street Journal rivela che Facebook continua incontrastato a dominarla con 598 milioni di utenti iscritti in tutto il mondo. Al secondo posto si colloca Windows Live della Microsoft con 140 milioni di utenti. Al terzo posto si trova la piattaforma del microblogging Twitter con 96 milioni di utenti ed infine al quarto posto il social network MySpace con 95 milioni di utenti (fonte Ansa 28 settembre 2010). Secondo questi dati Twitter, in forte crescita negli ultimi dodici mesi, avrebbe conquistato il terzo posto a scapito di MySpace che, stando alla stima del Wall Street Journal, avrebbe perso circa 1 utente su 5 negli ultimi 12 mesi. I dati confermano anche la continua crescita esponenziale di Facebook, che aumenta il proprio divario di audience nei confronti degli altri social network e community. Quest'ultimo, per il bacino di utenza che ricopre e per gli strumenti di marketing che fornisce, sembrerebbe attirare più degli altri l'attenzione delle società, che lo scelgono come mezzo prediletto innanzitutto per informare i clienti circa la propria azienda. La 69 tendenza è confermata da una ricerca di Hsm, società leader nel settore dell'executive education, effettuata su una base di 680 manager scelti tra i quasi 2000 che hanno partecipato al World Business Forum di Milano tenutosi lo scorso fine ottobre. L'indagine, se da una parte ha confermato la vocazione delle aziende per Facebook, dall'altra ha fatto emergere che la preferenza personale dei manager intervistati va a Linkedin (76%), secondariamente a Facebook (70%), quindi a Twitter (fermo al 21%). Perciò, utilizzo di Facebook a parte, Twitter e Linkedin sono i due canali che al momento, ed è importante sottolinearlo vista la dinamicità dello scenario, stanno aggiornando la propria offerta per sfruttare al meglio le opportunità aziendali che si presentano all'orizzonte. All'utilità di questi tre servizi a scopo di business ho scelto di dedicare le prossime pagine. 3.2.1 Attirare fan su Facebook Figura 3.3 Logo di Facebook Facebook è un sito web di social network ad accesso gratuito ed è nel 2010 il secondo sito più visitato del mondo dopo Google. Fondato nel 2004 dall'allora diciannovenne Mark Zuckerberg, inizialmente era un servizio pensato per mantenere i contatti tra studenti di università e licei dal nome Thefacebook, che in pochi anni si è trasformato in una rete sociale che abbraccia trasversalmente tutti gli utenti di Internet. Su Facebook gli utenti creano profili che contengono fotografie e liste di interessi personali, scambiano messaggi privati o pubblici e fanno parte di gruppi di amici. La visione dei dati dettagliati del profilo è ristretta ad utenti della stessa rete o di amici accettati dall'utente stesso. Secondo TechCrunch, blog statunitense di tecnologia e informatica, circa l'85% degli studenti dei college ha un profilo sul sito. Di quelli che sono iscritti il 60% accede al sito quotidianamente. Circa l'85% almeno una volta la settimana, e il 93% almeno una volta al mese. Secondo Chris Hughes, portavoce di Facebook, le persone vi passano collegati circa 19 minuti al giorno. L'Italia ne ha visto il boom nell'agosto del 2008 con 1369000 nuove iscrizioni, classificandosi nel terzo trimestre dello stesso anno il paese con il maggior incremento per numero di utenti (+135%). Il motivo di un così alto appeal è lo stesso per cui i social network stanno conquistando un enorme riscontro in tutto il mondo, su cui mi sono 70 precedentemente soffermata; quello che però rimane da capire è perché questo particolare servizio abbia riscontrato più successo degli altri. Tutti i servizi di social networking ruotano intorno ai concetti di amicizia e relazione, ma nella rete di Facebook tutto sembra più reale di quanto non sia nelle altre piattaforme sociali, ed è probabilmente questo il motivo di un così alto coinvolgimento. Dando la possibilità agli utenti di ricercare le persone che si conoscono già nella vita di tutti i giorni, a differenza di quanto non avvenga negli altri spazi, si influenza sostanzialmente la vita reale delle persone che sempre più anche offline si trovano a parlarne, facendolo divenire un vero e proprio fenomeno mediatico. Facebook si è così imposto all'attenzione di tutti, aziende comprese. A molte iniziative spontanee generate dagli utenti aventi per oggetto i brand, sono infatti seguiti approcci più strutturati da parte delle aziende, tanto che lo stesso Facebook si è mobilitato recentemente in questa direzione sviluppando concrete possibilità di fare social branding attraverso le pagine fan (dette anche di profilo pubblico), mentre precedentemente l'unica alternativa che offriva alle aziende era la possibilità di inviare messaggi in blocco alla propria base di utenti, i così detti fan. La visibilità per le aziende è notevolmente aumentata con la ristrutturazione di marzo 2009, quando Facebook ha dato loro la possibilità di creare una pagina simile in tutto e per tutto ai profili degli utenti, quindi con aggiornamenti, status, possibilità di pubblicare foto e video e i commenti di altri, trasformando così la vecchia pagina in un profilo pubblico con le stesse caratteristiche dei profili personali. Da quella data la pagina aziendale è comprensiva di bacheca su cui condividere i contenuti con i fan, di una scheda “info” nella quale poter inserire informazioni relative all'attività, e della scheda “riquadri” con la possibilità di inserire applicazioni e contenuti personalizzabili. In questo caso ad esempio un ristorante potrà aggiungere l'applicazione “prenotazioni” per consentire agli utenti di prenotare un tavolo direttamente dalla pagina. Inoltre, dal momento che Facebook è in grado di generare automaticamente notizie riguardanti l'affiliazione di nuovi fan alla pagina, fare marketing su Facebook consente di creare un circolo vizioso di clienti che attirano altri clienti. In questo nuovo contesto diverse vengono ad essere le novità per le aziende e molteplici le possibilità di marketing virale rese da esse possibili. Come prima cosa l'interazione diventa molto più dinamica, potendo partecipare a 71 conversazioni con gli utenti, e di conseguenza più virale, dal momento che ogni contatto dell'azienda con gli utenti genera notifiche pubbliche sulla bacheca di ognuno. In secondo luogo, dando modo di integrare i propri contenuti con quelli di Twitter, Linkedin e del proprio blog, il brusio generabile attorno all'azienda si eleva prepotentemente, e sfruttando la possibilità di poter veicolare contenuti continui al pari delle persone, l'azienda può mantenere i fan costantemente aggiornati attraverso un flusso continuo di informazioni. Per contro, ammettendo ogni fan alla pagina e dando a ciascuno la possibilità di pubblicare qualcosa, l'azienda deve considerare che subisce una relativa perdita di controllo a cui non era sottoposta precedentemente. Alle aziende all'interno di questo contesto, in cui il traffico del profilo viene ad essere sicuramente elevato, viene inoltre data la possibilità di utilizzare uno strumento statistico per il monitoraggio del traffico generato e, aspetto estremamente importante, viene dato modo di utilizzare le tecniche SEO, poiché ciascuna delle schede è ora indicizzabile dai motori di ricerca. Scontato aggiungere che tutte queste nuove opportunità si dimostrano tali solo se l'azienda che decide di sfruttarle utilizza la presenza su Facebook come step finale di un piano di web marketing accuratamente studiato. Egregio esempio italiano di chi ha sfruttato al meglio queste novità assumendo un perfetto stile social è Technogym. FAN PAGE DI TECHNOGYM Figura 3.4 Fonte http://www.facebook.com/TechnogymSpa?v=app_4949752878 72 Come mostra la “fan page” di Facebook qui riportata, l'azienda leader nella produzione di attrezzi da palestra, non si è limitata ad utilizzare al meglio questo singolo strumento (significativo al riguardo è lo specchietto che ha proposto in questa pagina dove viene espressa la filosofia di partecipazione,condivisione e interazione adottata tramite Facebook), ma lo sta utilizzando sinergicamente insieme a tutti gli altri strumenti “sociali” del Web (nella pagina sono presenti le icone per connettersi ai social network più diffusi Linkedin, YouTube, Twitter, Wordpress). Il potenziale di Facebook in ottica aziendale è stato ulteriormente incrementato da quando il colosso, non ancora soddisfatto, ha deciso di attivare il servizio di geolocalizzazione, emulando la piattaforma Foursquare, unicamente dedicata a questo scopo. Finora tale servizio aveva ricevuto scarsa considerazione, probabilmente per la realtà ancora troppo piccola che Foursquare rappresentava; ma con i numeri di Facebook le prospettive si ribaltano completamente facendo divenire quella delle geolocalizzazione una realtà dalle forti potenzialità di marketing. Per capirlo basti pensare che Facebook Places, così si chiama il servizio, è un'applicazione che consente di comunicare tramite uno smartphone dotato di sensore Gps e connessione ad Internet a colleghi, amici e contatti la propria posizione geografica e che questo rende possibile per le aziende inviare annunci mirati e predisporre premi per gli utenti che segnalano la propria presenza all'interno dei luoghi (fanno "check-in"), o semplicemente il proprio gradimento. Se sono evidenti i vantaggi per l'utente nell'utilizzo di queste piattaforme, ne esistono altrettanti per le aziende che in un primo momento potrebbero non percepirsi. Sono tre i principali: un aumento della frequentazione del locale con nuovi clienti provenienti dalla promozione effettuata sul social network, un riconoscimento agli utenti più fedeli con beni virtuali come sconti od omaggi da utilizzare on-line, e la generazione di ricavi aggiuntivi, da un pubblico nuovo. Un articolo de "Il Sole 24 ore" dedicato a questa ultima frontiera "Facebookiana" ne conclude la disanima affermando che l'economia locale può trarre linfa vitale dai servizi web di geolocalizzazione per crescere in termini di attenzione e interesse nel pubblico attivo della rete. Senza considerare poi che il telefono cellulare, fulcro dei servizi geolocalizzati, è destinato a diventare la piattaforma numero uno per la fruizione di contenuti, informazioni e per gestire le relazioni dei social network. La tecnologia è pronta, gli utenti numerosi: alle aziende non resta 73 che compiere il primo passo. Le migliorie e gli aggiornamenti fatti dal “gigante blu” hanno reso questo social network un punto focale di connessione tra imprese ed utenti. L’infographic mostra attraverso una timeline come la piattaforma di Facebook si sia evoluta in questo senso, presentando alcuni dati interessanti (non riportati in figura per questioni di spazio): • La pagina con più “fan” (like) è quella di Starbucks con 16,8 milioni • Ogni singolo utente segue mediamente 8,7 pagine di brand • L’età media degli utenti iscritti alle pagine “brandizzate” è di 31 anni • Il 75% dei “fan” proviene dalla pianificazione di display advertising • Le pagine con più di un milione di like sono 139 LO STATO DEI BRAND SU FACEBOOK Figura 3.5 Fonte http://lissimattia.com/2010/11/18/sm/statistiche-facebook-dati-sulle-pagine-facebook-infographic 74 3.2.2 Essere tempestivi con Twitter Figura 3.6 Logo di Twitter Twitter è un servizio gratuito di social network e microblogging59 che fornisce agli utenti una pagina personale aggiornabile tramite messaggi di testo con una lunghezza massima di 140 caratteri. Twitter è stato creato nel marzo 2006 dalla Obvious Corporation di San Francisco e prende il nome dal verbo inglese to tweet che significa "cinguettare" (tweet è anche il termine tecnico degli aggiornamenti del servizio). Questo servizio di social network fornisce la possibilità di comunicare minimamente ma immediatamente. Esistono diversi esempi in cui Twitter è stato usato dagli utenti per diffondere notizie, come strumento di giornalismo partecipativo. Ad esempio, nel caso del terremoto in Abruzzo del 6 aprile 2009, gli utenti Twitter hanno segnalato la notizia prima dei media tradizionali. Ha perciò un grande potenziale come strumento di contatto con il cliente, in cui la velocità è fondamentale. Ma questo potenziale si può concretizzare solo se i clienti sono su Twitter e ad oggi la sua penetrazione nel mercato non è ancora regolare. Il servizio è diventato estremamente popolare, anche come avversario di Facebook, grazie alla semplicità ed immediatezza di utilizzo. Ma vanno smentite le molteplici voci della blogosfera che dicono che Twitter sia destinato a divenire il nuovo Facebook e che presto scoppierà come fenomeno di massa. Twitter non potrà mai sostituire Facebook in quanto il primo, mettendo a disposizione dell'utente esclusivamente un box da completare con 140 caratteri, verte sul testo e sul contenuto, al contrario del secondo che è centrato sulla sfera personale degli utenti, che hanno un profilo, condividono foto e commentano link degli amici. Aspetto quest'ultimo che costringe Facebook a impostare leggi sulla privacy, e l'utente a dover richiedere l'amicizia ad un altro utente anche solo se interessato a ciò che scrive. Su Twitter al contrario, è possibile leggere e rispondere ai tweet di chiunque semplicemente cliccando su “Follow”, che da la possibilità di “seguire” un altro utente senza che questo debba accettarlo. Questi due aspetti mostrano chiaramente che Twitter non sarà mai il nuovo Facebook, piuttosto una sua positiva evoluzione. 59 Il microblogging (o micro-blogging o micro blogging) è una forma di pubblicazione costante di piccoli contenuti in Rete, sotto forma di messaggi di testo (normalmente fino a 140 caratteri), immagini, video, audio MP3 ma anche segnalibri, citazioni, appunti. Questi contenuti vengono pubblicati in un servizio di Social Network, visibili a tutti o soltanto alle persone della propria community. Fonte www.wikipedia.it 75 Le aziende stesse riconosco in questo servizo una grande utilità in termini di rapidità di gestione delle situazioni in rapida evoluzione, quali crisi in corso ma anche eventi particolari. Un esempio di utilizzo del servizio in questo senso è il quotidiano La Stampa che aggiorna i propri lettori via Twitter pubblicando "tweets" a ritmo particolamente sostenuto. PAGINA TWITTER DI LA STAMPA Figura 3.7 Fonte http://twitter.com/la_stampa 3.2.3 Rivolgersi ai professionals con Linkedin Figura 3.8 Logo di Linkedin LinkedIn è un servizio di social networking on-line basatto sulle relazioni professionali e sulla reputazione e per questo molto diverso dagli altri social network. Lo scopo principale del sito è consentire agli utenti registrati il mantenimento di una lista di persone conosciute e ritenute affidabili in ambito lavorativo. Le persone nella lista sono definite "connessioni” e la rete di contatti a disposizione dell'utente è costituita da tutte le connessioni dell'utente, tutte le connessioni delle sue connessioni (dette connessioni di secondo grado) e da tutte le connessioni delle connessioni di secondo grado (connessioni di terzo grado). Il successo della piattaforma, giunta a 80 milioni di utenti, è dovuto al molteplice uso che se ne può fare: dal trovare offerte di lavoro e opportunità di business con il supporto di qualcuno presente all'interno del proprio network, 76 all'ottenere, attraverso un contatto affidabile, di essere presentati a qualcuno che si desidera conoscere. Il tasso di penetrazione all'interno del mercato del lavoro è consolidato negli Stati Uniti, in crescita invece in Europa e nel resto del mondo. Minore si è rivelata finora l'utilità a scopo promozionale rispetto ai concorrenti Facebook e Twitter, poichè il servizio offriva alle aziende limitate possibilità di conversare e discutere dei propri brand e servizi. Con il recente lancio delle pagine aziendali dove mostrare prodotti e raccomandazioni connesse, lo scenario però è destinato a mutare; infatti le "company pages" consentono alle aziende di mettersi in risalto plasmando il proprio brand attraverso raccomandazioni di altri utenti della rete che contribuiranno a costruire viralmente la brand reputation. Questo perchè ogni volta che un membro di Linkedin condivide i prodotti o servizi di una certa azienda, la sua raccomandazione diventa visibile a tutti i suoi collegamenti provocando la così detta diffusione virale. Inoltre, quando si promuovono queste raccomandazioni, si hanno credibili e autentiche convalide sui prodotti visibili sulla propria scheda aziendale. Le pagine aziendali di Linkedin, comprendono oltre 40 società a livello globale che vanno dalle piccole imprese alle aziende della Fortune 500 come HP, Microsoft Corporation, Samsung Electronics America, AT&T Business Solutions e Dell. PAGINA LINKEDIN DI HP Figura 3.9 Fonte http://www.linkedin.com/company/hp-enterprise-services/products 77 Le prime reazioni da parte delle società che utilizzano le pagine aziendali di Linkedin sono state estremamente positive, lo dimostra l'affermazione di Michael Mendenhall, Chief Marketing office di HP: "LinkedIn è pioniere nel sfruttare la potenza dei social media e i brand possono trarre notevoli vantaggi dalla partecipazione in rete da parte dei grandi professionisti". 78 CAPITOLO 4: CASE HISTORY 4.1 Un corporate blog a supporto della community: il caso Ducati Desmoblog Figura 4.1 Logo di Ducati Ciao a tutti, spesso quando si viaggia in moto, ci si rende conto di quanta strada si è percorso solo quando ci si ferma e ci si guarda indietro. Da marzo 2006, quando abbiamo aperto questo spazio, di strada insieme ne abbiamo davvero fatta tanta. Abbiamo giocato, discusso, sperimentato. Ci siamo messi in gioco, vi abbiamo ascoltato, e vogliamo continuare a farlo. I tempi e gli strumenti sulla Rete però scorrono velocemente e noi cerchiamo di essere sempre al passo. Per questo abbiamo deciso di chiudere il Desmoblog: per concentrare tutti i nostri sforzi su altri spazi di conversazione. Come sapete da qualche tempo abbiamo aperto la nostra pagina su Facebook; uno spazio aperto, visibile anche a chi non è iscritto, che è stato scelto da più di 180.000 persone per rimanere in contatto con noi. Inoltre conversiamo con gli appassionati e comunichiamo alla stampa on-line tramite Twitter, e utilizziamo il nostro canale Youtube per mostrarvi video divertenti e (speriamo!) interessanti. Noi continueremo a raccontarvi il “dietro le quinte” dell’azienda, quello che accade nel mondo Ducati attraverso gli occhi dei piloti, dei dipendenti, di Ducati stessa. Voi potete fare di più: potete raccontare (e raccontarci) Ducati dal vostro punto di vista, che sappiamo essere appassionato quanto il nostro. Potete pubblicare liberamente foto, video, link, e segnalarci le vostre opinioni. Perciò questo non è un addio, è un arrivederci, tanto breve quanto un click. Vi aspettiamo on-line! Redazione Desmoblog Il 7 luglio 2010 con questo annuncio la Ducati comunica ai propri lettori la chiusura del blog aziendale che ha scritto una delle pagine più prestigiose del manuale della comunicazione on-line. La sua metodologia di costruzione ha infatti rispettato al meglio sia i principi che garantiscono un buon funzionamento delle comunità, che quelli sottostanti il concetto di blog aziendale stesso. Fra gli aspetti che hanno contribuito alla buona riuscita 79 dell'operazione, tra cui una gamma rinnovata di prodotti con un'immagine vincente, una serie di successi a livello sportivo e un controllo crescente sul canale distributivo tradizionale, ne spicca uno che è anche alla base della definizione del modello di business di Ducati sul canale digitale: la disponibilità di una base clienti fedele e appassionata. Ducati è infatti un'azienda che unisce decine di migliaia di appassionati sparsi in tutto il mondo, sino a diventare, per chi la guida e per chi la tifa, un vero e proprio stile di vita. Fondata nel 1926, Ducati produce motociclette sportive, caratterizzate da potenti motori desmodromici, design innovativo e tecnologia all'avanguardia. La gamma di moto Ducati comprende sei segmenti di mercato, che variano per caratteristiche tecniche e di design e per tipologia di clientela: Superbike, Monster, Multistrada, Streetfighter, Hypermotard e la nuovissima Diavel. Le moto sono vendute in oltre 80 paesi in tutto il mondo, con una concentrazione maggiore nei mercati europeo, giapponese e nordamericano. Ducati ha collezionato numerosi successi anche gareggiando nel Campionato Mondiale Superbike, aggiudicandosi più vittorie individuali di tutte le altre case concorrenti. Inoltre, dal 2003 partecipa al Campionato Mondiale MotoGP, ottenendo grandi risultati anche in questa competizione. L'esperienza di Ducati su Internet ha inizio negli anni Novanta con la classica presenza tipica di quegli anni: la statica brochure on-line con la presentazione dell'azienda, la gamma dei prodotti e i contatti. Il nuovo millennio ha portato però l'azienda a percepire in modo concreto le vere potenzialità di questo canale e a rivedere la propria posizione on-line, tanto che il 1 gennaio 2000 Ducati decide di mettere in vendita sul sito web un modello a produzione limitata e dedicato alla celebrazione del grande campione Mike Hailwood. Il risultato fu la vendita di 1000 moto in pochi minuti e le restanti 1000 esaurite nei pochi giorni successivi, talmente clamoroso e inaspettato che una profonda riflessione del management al riguardo fu inevitabile. Da quel momento il modello di business sviluppato da Ducati.com si è orientato in una direzione community-based, sfruttando le caratteristiche e i servizi messi a disposizione da Internet, per promuovere, animare e potenziare la comunità dei consumatori e degli appassionati di Ducati. In questo modo l'insieme dei processi sviluppati all'interno della comunità on-line hanno generato valore per la Ducati stessa, che ha rafforzato il senso di identificazione dei suoi componenti con la marca, la fedeltà al prodotto e la disponibilità dei consumatori a essere 80 agenti attivi nella costruzione del brand. Internet è diventato quindi per Ducati il mezzo virtuale per prolungare al massimo l'esperienza dei propri tifosi, i “ducatisti”, che hanno a disposizione una finestra sempre aperta sul mondo Ducati con la possibilità di approfondire, rivivere, conoscere, giocare, informarsi e parlare all'azienda. Quattro in particolare sono i principi guida di Ducati nella gestione e nello sviluppo del canale virtuale che le hanno permesso di restare fedele nel tempo alla filosofia di orientamento alla comunità: • informazione, • interazione, • coinvolgimento, • dialogo. L'avvento del Web 2.0, consacrazione del carattere relazionale di Internet, per Ducati non è stato altro che una naturale evoluzione del modo di sfruttare il canale virtuale, per mezzo del quale ha potuto rispettare al meglio i proprio principi e completare la propria proposta sfruttando le possibilità fornite dai nuovi strumenti di partecipazione on-line. Ducati li ha utilizzati per poter ampliare il raggio di azione del luogo virtuale d'incontro e dialogo della community, finora confinato al sito aziendale. E l'esperienza che Ducati ha saputo creare per mezzo del blog è l'esempio più completo e di successo di utilizzo integrato di tutti gli strumenti del Web 2.0 a supporto della relazione tra tifoso e azienda. Nato da un'idea di Federico Minoli, allora amministratore delegato di Ducati, il blog intitolato alla due ruote di Borgo Panigale battezzato Desmoblog, ha pubblicato il suo primo post nel marzo 2006 e da quel giorno è cresciuto nel tempo fino a diventare un vero e proprio caso di marketing tribale. Il blog ha fatto nascere una community di 250000 persone, tutte appassionate come solo i motociclisti sanno essere, e attivamente prodighe di consigli, interventi, segnalazioni. Il blog, che ha continuato a vedere gli aggiornamenti dell'amministratore delegato Del Torchio, succeduto a Minoli e da cui ha ereditato la carica di CEO blogger, ha visto spesso gli interventi dei piloti Casey Stoner e Nicky Hayden, nonché dei responsabili di gara che raccontavano le vittoriose vicende del team italiano sui circuiti di tutto il mondo. Quello che nella media è un fenomeno quantitativamente contenuto, per Ducati è diventato un vero e proprio canale di comunicazione con migliaia di commenti 81 (una media di 5 commenti a lettore), e picchi di interazione in coincidenza di eventi e iniziative specificatamente rivolte ai desmoblogger. Il caso che ha scatenato più degli altri la partecipazione dei Ducatisti è stato il programma relativo al lancio del modello Hypermotard, per il quale è stato scelto come canale di comunicazione proprio il Desmoblog, che ha tenuto col fiato sospeso la carica di appassionati dalle fasi di sviluppo al lancio; essi hanno potuto infatti condividere attraverso questo canale il processo di realizzazione ed esprimere opinioni su un prodotto che ancora non era stato realizzato che avrebbero di certo influenzato le decisioni aziendali, come se stessero vivendo in diretta le stesse fasi vissute internamente all'azienda. Il progetto di co-creazione è durato quasi un anno, durante il quale l'esperienza virtuale è stata arricchita da quella reale, invitando in azienda alcuni appassionati per assistere alla produzione delle prime moto, il cui video è stato pubblicato nel Desmoblog, e premiando i due desmoblogger più assidui e appassionati con la partecipazione al lancio stampa internazionale con tanto di prova in pista delle moto. I due fortunati sono successivamente diventati autori di post per raccontare al resto dei lettori la propria esperienza. Ducati, grazie al blog e alle iniziative come questa che lo stesso ha permesso di realizzare, ha saputo creare un valore per il cliente che poche altre aziende finora sono state in grado di replicare. La sua chiusura non ha determinato la fine della proficua conversazione azienda-utente, che si è semplicemente spostata su altri canali che l'azienda ritiene possano più efficacemente contribuire alla sua ulteriore espansione. 82 4.2 Una community di esperti a supporto dei processi di innovazione: il crowdsourcing di Innocentive Innocentive è una comunità on-line che consente agli esperti del settore chimico, informatico e farmaceutico di venire a conoscenza di una serie di problemi irrisolti sul fronte della Ricerca & Sviluppo da parte di grandi aziende che pongono su tale piattaforma quesiti di natura chimica, biologica, matematica, statistica e ingegneristica. Le aziende possono così attingere ai talenti di una community globale di ricercatori scientifici senza doverli assumere tra i propri dipendenti, ma corrispondendo un premio prefissato a coloro che hanno generato le idee ritenute vincenti. L'operatore virtuale Innocentive è stato fondato nel 2001 nel Massachusetts da un'idea di Eli Lilly, proprietario dell'omonima multinazionale farmaceutica, inizialmente per mettere in relazione ricercatori con le aziende del settore farmaceutico per poi estendersi a molti altri ambiti, annoverando fra i suoi clienti società del calibro di Boeing, DuPont e Procter&Gamble. I membri della community sono oltre 200 mila, tra cui molti scienziati e ricercatori scientifici. Il suo meccanismo è semplice: le organizzazioni espongono sul sito un particolare problema e valutano le soluzioni ricevute attribuendo premi che vanno da un minimo di cinque mila ad un massimo di un milione di dollari in funzione della difficoltà più o meno elevata del quesito. Il processo sottostante è articolato in quattro fasi. Nella prima le imprese contattano la community per proporre problemi di open innovation (OI) di cui gli scienziati fruitori della piattaforma possono consultarne on-line i contenuti analitici, che includono la descrizione della struttura molecolare, le specifiche tecniche, l'incentivo economico, e la data di scadenza per la sottomissione delle relative soluzioni. Coloro che intendono partecipare alla competizione devono, nella seconda fase, registrarsi al sito in qualità di “problem solver”. Iscrivendosi ottengono una stanza virtuale, la “project room”, in cui durante la terza fase possono lavorare individualmente o come membri di un team allargato, potendo inserire documenti, proposte e comunicare con l'impresa committente. Quest'ultima, nella fase finale, valuta le proposte pervenute e premia quella che ritiene più coerente con le aspettative maturate. Innocentive può rivelarsi un operatore tanto efficace quanto efficiente per le imprese che ricercano soluzioni di natura innovativa, in quanto da una parte 83 consente ad esse di espandere in modo flessibile le proprie competenze di R&D e dall'altra, poiché i pagamenti dipendono dall'ottenimento della soluzione finale, risulta un meccanismo economicamente efficiente. Innocentive è stata la prima community on-line basata su meccanismi ad incentivo, creata per aumentare il potenziale di innovazione delle aziende, che nel tempo si è dimostrata una tra le più valide piattaforme di crowdsourcing. Il termine che unisce la parola crowd, gente comune, e outsourcing, esternalizzare una parte della propria attività, è un neologismo che definisce un modello di business nel quale un’azienda o un’istituzione richiede lo sviluppo di un progetto, di un servizio o di un prodotto ad un insieme distribuito di persone non già organizzate in un team. Questo processo avviene attraverso degli strumenti web o comunque dei portali su Internet, e le community open source, come Innocentive, sono state le prime a trarne beneficio. Karim Lakhani, ricercatore della Harvard Business School, ha effettuato uno studio in cui ha esaminato 166 quesiti formulati da 26 società, scoprendo che, in media, i quesiti delle aziende sono stati affrontati da 240 persone, e che uno su tre è stato risolto. Nella maggior parte dei casi le soluzioni provengono da partecipanti con un elevato grado di specializzazione in settori però apparentemente molto diversi da quelli in cui hanno vinto la competizione. Sulle orme del successo di Innocentive, altri hanno dato vita negli ultimi anni a piattaforme di crowdsourcing; tra i tanti c'è General Electric, che recentemente ha chiesto aiuto per la progettazione di una rete intelligente di gestione dell'elettricità, 100 mila i dollari in palio e 3 mila le risposte già pervenute . Il caso Innocentive è la dimostrazione di come, su Internet, siano le idee più semplici ad essere vincenti. 84 4.3 Marketing su Facebook per una piccola attività locale off-line: corsi di pilates Body & Mind Uno dei principali ruoli di Facebook in campo pubblicitario è quello del facilitatore di passaparola. A questo scopo ha scelto di utilizzarlo un piccolo centro di pilates di Milano, inserendolo all'interno di una più ampia strategia, in cui la realizzazione della pagina pubblica su Facebook è stata solo una delle componenti del piano di web markerting progettato. Per la sua realizzazione, la piccola attività milanese si è rivolta all'esperto di comunicazione on-line Massimo Turco, specializzato nella progettazione e realizzazione di soluzioni che permettono alle aziende di essere presenti sul Web nel modo giusto e senza spreco di investimenti. Nel caso in esame, Turco ha inizialmente definito insieme al cliente gli obiettivi da perseguire e le difficoltà oggettive che, per la tipologia di settore e per il genere di attività, ci si sarebbe trovati ad affrontare. Fasi, queste, essenziali per la pianificazione di una strategia coerente ed efficace. In particolare Body & Mind necessitava di: • rinnovare il sito web, creando un canale di comunicazione semplice, accessibile e "fresco"; • acquisire nuovi clienti utilizzando il Web; • posizionare il sito nei primi risultati di Google per le parole chiave "pilates Milano" e "centro pilates"; identificando le seguenti, come proprie difficoltà oggettive: • concorrenza medio alta nel settore; • richiesta del servizio focalizzata in alcuni periodi dell'anno; • servizio fortemente legato alla geolocalizzazione (una precisa zona di Milano). Come prima mossa è stata utilizzata la ricerca di Google per verificare quello che al momento il motore di ricerca forniva, digitando la parola "pilates". I risultati erano: 1. la presenza di pubblicità concorrenti (tramite Google AdWords); 2. gli esercizi commerciali nei pressi della città da cui ci si connette (in questo caso Milano); 3. presenza di risultati per immagini relative al pilates; 4. presenza di risultati video riguardanti il pilates. 85 RISULTATI DI GOOGLE PER “PILATES” Figura 4.2 Fonte http://www.facebookstrategy.it/files/pilates-milano.pdf Sulla base delle precedenti valutazioni è stata successivamente pianificata la strategia da seguire: • intercettare le ricerche strategiche su Google; • essere presenti nei risultati per gli esercizi commerciali e su Google Maps; • creare una community geolocalizzata interessata al servizio; • essere presenti nei risultati di ricerca video su Google e YouTube. 86 STRATEGIA DI UTILIZZO DEI SOCIAL MEDIA Figura 4.3 http://www.facebookstrategy.it/files/pilates-milano.pdf Come si può notare, la realizzazione della pagina Facebook non è presente nè tra gli obiettivi nè tanto meno nella strategia, a dimostrazione che la creazione di uno spazio aziendale in questo, o qualsiasi altro social network, non è da considerarsi un fine bensì un mezzo veicolato al raggiungimento degli obiettivi preliminariamente prefissati. Alla formulazione della strategia sono seguiti una serie di interventi ad essa coerenti: • progettazione e realizzazione di un sito facilmente aggiornabile, con modulo di contatto e recapito telefonico presenti in tutte le pagine; • apertura di un account AdWords per attivare annunci pubblicitari per le ricerche su Google; • realizzazione di una Landing Page specifica dedicata alla raccolta di potenziali clienti; • inserimento del sito negli esercizi commerciali censiti da Google Maps; • realizzazione di un canale video su YouTube dove caricare video di esercizi realizzati ad-hoc; • progettazione e realizzazione di un servizio di news fortemenente tematizzato sul pilates; • realizzazione di una pagina pubblica su Facebook dedicata agli appassionati di pilates residenti a Milano. 87 ALCUNI INTERVENTI REALIZZATI Figura 4.4 Fonte http://www.facebookstrategy.it/files/pilates-milano.pdf I risultati ottenuti da settembre 2009 ad agosto 2010, periodo in cui sono stati realizzati gli interventi, sono stati più che soddisfacenti: • aumento dei visitatori del sito di oltre il 500%; • 300 mila visualizzazioni dei due video caricati sul canale di YouTube; • realizzazione di una lista di oltre 400 contatti fortemente interessati al servizio e altamente compatibili con la zona geografica; • rafforzamento della visibilità del marchio e dell'offerta sui motori di ricerca; • oltre 250 richieste di informazioni e contatto; • realizzazione di una micro community di oltre 500 persone; • aumento del fatturato del 25% rispetto all'anno precedente. All'ottenimento dei risultati ha largamente concorso la conversazione intrapresa con gli appassionati di pilates nella pagina fan di Facebook, realizzata principalmente per tenere aggiornati gli interessati sull'argomento. Per fare ciò è stato elaborato un micro piano editoriale, identificando gli argomenti principali che suscitassero l'interesse del pubblico attraverso strumenti come 88 Google Keyword Tool External, Google Suggest, Google Insight for Search, unitamente ai suggerimenti proposti da YouTube tramite il box di ricerca e i video correlati. Dall'elenco di argomenti ottenuto ne sono stati selezionati 30 e per questi è stato realizzato un newsradar in grado di intercettare tutte le notizie pubblicate sui vari canali di informazione (Google News, Yahoo Notizie, Twitter, Liquida, Digg e lo stesso Facebook). L'analisi dei nuovi contenuti proposti dal newsradar viene fatta quotidianamente e quelli più interessanti vengono riproposti nella pagina Facebook in versione sintetica con collegamento all'articolo originale. Questo servizio di selezionatore delle novità più interessanti relative al pilates, che Body & Mind ha scelto di fornire attraverso la pagina Facebook, gli permette di essere presente sugli stream dei fan e di raggiungere, in maniera naturale, altrettante persone interessate. Ai fini della viralità è però il nome dato alla pagina ad essere, più di tutto il resto, strategicamente rilevante, ed in questo caso è stato scelto in modo che tenesse in considerazione alcuni criteri di rintracciabilità, innanzitutto tramite il motore di ricerca di Facebook, e che palesasse l'argomento principale ed il focus della pagina, poichè particolarmente importante per gli aggiornamenti sulla bacheca dei fan. Il brusio naturale e gratuito generato attraverso la pagina pubblica è stato supportato da vere e proprie inserzioni pubblicitarie realizzate su Facebook, utilizzate per due principali scopi. Innanzitutto per creare popolazione e traffico iniziale nella pagina, i primi fan sono stati ottenuti proprio tramite un annuncio che promuoveva il servizio di selezione di informazioni, video e curiosità sul pilates offerto dalla pagina. Facebook da, in questo caso, la possibilità di targetizzare il pubblico destinatario del messaggio, e Body&Mind ha scelto come segmento le donne che vivono nell'area milanese di un'età compresa tra i 25 e i 45 anni a cui piacciono gli argomenti "pilates" o "pilates yoga". In poco tempo e a costi minimi è stato possibile raggiungere un numero significativo di fan che in un paio di mesi ha contribuito ad incrementare considerevolmente il numero di iscritti alla pagina, corrispondente al target ideale per i servizi offerti. La secondo ragione del ricorso alle inserzioni di Facebook è stata la Lead Generation: dal momento che il centro ha individuato periodi dell'anno in cui l'affluenza dei clienti aumenta (inizio settembre e inizio gennaio), sono state attivate, attraverso inserzioni mirate, campagne orientate allo stesso target ma con un messaggio personalizzato nell'ottica del "tornare in forma". I risultati 89 anche in questo caso sono stati definiti molto buoni con incrementi degli iscritti in quei periodi di circa il 20%. Il centro Body & Mind nel suo piccolo ha colto l'importanza della conversazione e del coinvolgimento, ottenendolo attraverso la trattazione di argomenti interessanti e non strettamente legati al brand; ed è questo che serve, in canali ad alta componente sociale come Facebook, se si desidera incrementare in modo naturale la condivisione e l'interazione con la pagina, che diventa in questo modo più visibile e di conseguenza più soggetta a ricevere connessioni ed acquisire fan. 90 CONCLUSIONE Sono consapevole che, ad un primo approccio, il panorama della nuova comunicazione aziendale possa apparire un pò sfocato, non ci sono infatti regole formali e teorie scientifiche che lo governano, le organizzazioni giocano in trasferta su un terreno dai tratti sociali e comportamentali, dove di economico c'è davvero molto poco; ma vorrei che, in conclusione, risultasse chiaro almeno un concetto, quello fondamentale. L'utilizzo dei social media è semplicemente un'occasione per le aziende per interessere rapporti diretti e continuativi con gli utenti, farsi conoscere e presentare la propria offerta. Questo fa sì, aumentare la probabilità che gli utenti si convertano in consumatori, ma non assicura che essi producano sistematicamente atti d'acquisto. So bene che questo avvertimento potrebbe bastare a smorzare l'entusiasmo di molti che avevano pensato di avere tra le mani la "ricetta della felicità", ma dirò di più a tutti coloro che hanno creduto che, con poco sforzo e minimo investimento, si potessero raggiungere risultati; se la democrazia e la partecipazione fanno di questi mezzi qualcosa di unico e potente mai esistito prima, per un'azienda non del tutto consapevole di cosa significhi destreggiarsi tra questi nuovi strumenti del marketing, trovarsi in un terreno simile, dove ogni utente è libero di dire la propria rispetto a prodotti, servizi, persone e esperienze personali, potrebbe essere piuttosto traumatico, se si pensa che ci sarà sempre la possibilità di imbattersi in chi non ha opinioni positive sui servizi e i prodotti offerti. Certo, perchè lo scopo di ogni organizzazione è ridurre al minimo la fetta dei consumatori insoddisfatti e circondarsi solo di clienti entusiasti, sempre pronti a mettere una buona parola. Ma superata la frustrazione iniziale, data dall'imbattersi in domande scomode e lamentele, provenienti dalla minoranza scontenta a cui i nuovi media permettono di dar voce, ci si potrebbe sorprendentemente meravigliare che quella che apparentemente sembrava un'insidiosa minaccia si è rivelata un'insostituibile risorsa. D'altronde quando si ha a che fare con persone del tutto soddisfatte del proprio operato, quale stimolo si ha a migliorarsi? E' semplice psicologia comportamentale, che applicata all'organizzazione aziendale fa dedurre che, quando questa ha solo clienti soddisfatti, questi difficilmente la stimolano a mantenere il vantaggio conseguito 91 sulla concorrenza. La crescita è effettivamente sempre correlata agli scontenti perciò, piuttosto che domandarsi se la propria offerta piacerà ai propri clienti soddisfatti, alle aziende converrebbe scofare quelli insoddisfatti, il social web è una grande risorsa in questo senso, e chiederlo a loro. Questo è lo scenario. Cosa farne? Nei mesi trascorsi a sfogliare testi e a navigare on-line tra articoli di blog e siti dedicati all'argomento, redatti da agenzie di marketing e da appassionati del settore (non credevo ce ne fossero tanti), ho potuto rendermi conto che suggerimenti e spunti su come implementare un'efficace gestione dei social media a scopo di marketing, non mancano di certo. C'è da perdersi tra i post del guru del blog in azienda, piuttosto che tra i consigli per costruire un buon marketing dell'ascolto, o tra i suggerimenti dell'esperto di marketing su Facebook. Sembrerebbe allora tutto molto semplice: leggere, imparare, applicare. Ma capire quali siano le scelte gestionali migliori per la propria realtà aziendale e come implementarle, è la parte più complicata della storia. Non ci sono dubbi sul punto di partenza: la dimensione sociale che connota i nuovi media. Chi intende portare la propria realtà aziendale su queste piattaforme deve considerarla prima di tutto il resto, poichè al contrario, ignorarla, sarebbe letale. Ma in genere una delle pecche principali delle web agency italiane è quella di essere costituite da grafici e programmatori/ingenieri, non curandosi che in tutte le interazioni che implicano il sociale e la gestione dei media, vanno inserite figure con competenze in campo sociologico e comportamentale. Il focus si è spostato su quello che i consumatori vogliono, il contenuto sociale, e non più quello pubblicitario: la marca, quando arriva, arriva dopo. Chi sceglie di utilizzare i social media deve essere consapevole di avere tra le mani uno strumento nuovo, con cui poter e dover fare cose nuove. Questo significa, ad esempio, pensare di colmare le lacune e di curare le insoddisfazioni lasciate dai vecchi media: quanta gente è stufa di stare al telefono a premere dei numeri per parlare con qualcuno di un disservizio o di aspettare risposte da improbabili mail di servizio al consumatore? Con i social media ce li si può scordare, perchè il canale è diretto, la linea sempre libera e la comunicazione rigorosamente spontanea. Ecco, a mio modesto parere credo sia questo il punto da cui partire per evitare di approcciare queste opportunità con sufficienza e distacco, che condurrebbe le aziende a ricreare on-line quello che già fanno con i media tradizionali off-line e 92 cioè pubblicizzare, pubblicizzare e pubblicizzare. Quello che l'azienda ha la possibilità di fare attraverso gli strumenti tecnologici di comunicazione sociale è molto di più, essa può infatti intervenire sul processo di creazione della propria reputazione più a fondo di quanto non possa fare con il più riuscito degli spot pubblicitari. La reputazione è fiducia, ammirazione e stima, è in poche parole il presupposto per divenire rilevanti agli occhi dei consumatori e per far presa sul target con le proprie campagne pubblicitarie. E' quindi necessario integrare questa panoramica nelle decisioni di business e prevedere attività di salvaguardia della reputazione attraverso il blog aziendale e i social network, che permettono di incentrare la comunicazione sui bisogni dei soggetti interessati e non sui piani delle società. Il fatto che i consumatori spesso non si fidino di chi ci sia dall'altra parte significa che è necessario fare di più di quello che finora ha fatto in questo senso la comunicazione tradizionale, e il social web è l'unico strumento in grado di smascherare il falso e premiare l'autenticità. Qui sarà valorizzato chi abbandonerà i soliti e vuoti slogan per vestire i panni del "problem solver", fornendo supporto gratuito agli utenti; questo permetterà all'azienda di ottenere prestigio e autorevolezza. Conquisterà fiducia chi eviterà di condividere ogni pensiero pur di conquistarsi la simpatia di tutti, ma piuttosto chi preferirà dire ciò che pensa nonostante la consapevolezza che quello che dice potrebbe non essere unanimamente condivisibile, questo permetterà di costruirsi una propria personalità all'interno del social web e gli utenti lo apprezzeranno. In questo senso quello che operativamente si può fare è utilizzare i social network per connettersi con vecchi, nuovi e potenziali clienti, condividere il contenuto ritenuto rilevante e interessante, coinvolgere i propri fan-follower con concorsi, notizie economiche e contenuti accattivanti e mantenerli informati e attivi sui prossimi eventi che coinvolgeranno l'azienda. Parallelamente si potrà utilizzare il blog aziendale per sviluppare una profondità di contenuti in grado di contraddistinguere l'attività aziendale, avvicinare il lettore con le ultime informazioni sul settore, e tenere viva nei motori di ricerca la presenza dell'azienda per quel che riguarda le principali parole chiave del settore. E' indubbio che tante siano le opportunità offerte dallo scenario, eppure sembra essere così difficile per le aziende dedicarsi a qualcosa che non assicuri un ritorno economico immediato. In questo caso, quello che io direi loro, dopo essere stata catapultata in questo nuovo mondo e averlo conosciuto 93 relativamente a fondo, è: partite dalla soddisfazione e la cura del cliente che questi nuovi strumenti consentono ampiamente di accrescere, e i ritorni verranno, eccome se verranno. 94 Bibliografia: • Cova B., Giordano A., Pallera M. (2008), Marketing non-convenzionale. Viral, Guerrilla; Tribal e i 10 principi fondamentali del marketing postmoderno, Il Sole 24 Ore, Milano • Caiazzo D., Colaianni A., Febbraio A., Lisiero U. (2009), Buzz marketing nei social media. Come scatenare il passaparola on-line, Galatea, Milano • Sernovitz A.,Word of mouth marketing: how smart companies get people talking • Arnesano G. (2007), Viral marketing e altre strategie di comunicazione innovativa, Franco Angeli, Milano • Dalli D., Romani S. (2001), Il comportamento del consumatore. Acquisti e consumi in una prospettiva di marketing, Franco Angeli, Milano • Carraro M. 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