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Corrida
L’assenza totale di fonti prima dell’XI secolo ha permesso le interpretazioni più diverse sulle
sue origini: mussulmane, romane, cretesi e addirittura preistoriche.
La nascita della corrida avviene nel XVI secolo, a Siviglia, dove alcuni impiegati dei macelli
pare si divertissero a inseguire e schivare i tori prima di ucciderli. A poco a poco le loro
tecniche si affinarono, tanto che la gente si recava ad assistere allo “spettacolo”. Benché le
autorità si opponessero a questa pratica, essa si diffuse anche nelle città dell’Andalusia, di
Castiglia e di Navarra, divenendo a poco a poco una professione.
I primi toreri pagati sono anziani impiegati nei mattatoi.
Le prime arene fanno la loro apparizione e da semi selvatico il toro diviene domestico e
conosce le selezioni genetiche per farne un combattente adeguato.
S’inizia con allevamenti di proprietà di religiosi, Dominicani e Certosini, fino a che gli
allevamenti laici impongono la supremazia del toro Andaluso.
Il caro acquisto di questi animali impone di ridurne il numero in una corrida.
La corrida con il tempo si espande in alcuni stati dell’America, dell’Europa e dell’Africa: alcuni si
oppongono, altri la sostengono, soprattutto per la sua capacità di attirare turisti.
Lo spettacolo, di cui gli schermi mostrano solo la minima parte, attira un pubblico molto vario.
Il posto privilegiato che occupa la corrida tra i media tende a rendere non colpevoli tutti coloro
che vanno ad assistervi, dai curiosi agli appassionati.
A tutti arrivano però messaggi di violenza, sicuramente pericolosi soprattutto per i giovani.
Questi ultimi potrebbero arrivare a considerare la figura del torero un esempio da seguire e
imitare, senza rendersi conto che la sua formazione è basata esclusivamente sull’incitamento
alla crudeltà.
Il Governo e la Chiesa assurdamente istituiscono e appoggiano scuole apposite per
l’addestramento dei toreri, i quali iniziano proprio da bambini, alla tenera età di sette anni. Essi
cominciano con carriole munite di corna; in seguito si esercitano su vitellini che torturano a
lungo prima di imparare a uccidere secondo le regole.
Definita espressione d’arte, di cultura e di folklore, la corrida è invece solo un percorso atroce
in cui agli animali sono negati i diritti di difesa, di libertà e di vita.
La sofferenza del toro inizia molto prima dello spettacolo.
Egli è tenuto chiuso al buio, drogato e purgato al fine di indebolire le sue forze, percosso sui
reni con sacchi di sabbia, le zampe cosparse di trementina che gli impedisce di stare fermo, la
vista annebbiata da vaselina negli occhi, stoppa infilata nella gola e nelle narici a bloccargli il
respiro e aghi conficcati nella carne.
Entra nell’Arena con una lama lunga circa 40 centimetri avente in cima un pennacchio
(coccarda) infilata nel dorso. Due picadores a cavallo si avvicinano a lui e ognuno lo ferisce due
volte con le “picas” (lance) nella schiena.
E’ la volta poi dei banderilleros, ciascuno munito di un paio d’arpioni che cercano di conficcargli
nelle spalle.
Il toro, ormai sfinito, affronta l’esecuzione del torero che più volte tenta di conficcargli una
spada lunga un metro in mezzo alle scapole per trapassargli il cuore.
Un assistente si assicura della sua morte accoltellandolo alla base del cranio, per spezzare la
colonna vertebrale.
Il toro è allontanato dall’arena ancora agonizzante.
Triste è anche la sorte dei cavalli utilizzati dai picadores: per costringerli ad avvicinarsi al toro
vengono loro tagliate le corde vocali, bendati gli occhi, riempite le orecchie di cotone e
intorpiditi i riflessi con morfina.
Benché protetti da un materassino, il toro li incorna facilmente; i cavalli sventrati vengono
allora allontanati, ricuciti e riportati nell’arena.
E’ ormai dimostrato da tutte le inchieste che la maggioranza degli spagnoli è contraria alla
corrida, ma vi è una minoranza, una sorta di mafia, che ne trae i suoi affari. I guadagni delle
corride vanno quasi totalmente ad allevatori, impresari e alcuni toreri di successo.
Lo spettacolo continua a essere sostenuto dal Governo.
Animalisti e ambientalisti, con le loro proteste, manifestazioni e pressioni politiche, sono riusciti
a farsi ascoltare dal Parlamento europeo, richiedendo l’abolizione della corrida e delle feste
sanguinarie. Molte proposte di risoluzioni e di raccomandazioni sono state presentate da diversi
parlamentari europei, sempre però contrastati dalla lobby taurina.
Gli articoli del Codice Penale italiano, relativi alle violenze sugli animali, sono nettamente
contradditori: il primo capoverso dell’articolo 521-1 condanna le sevizie gravi o gli atti di
crudeltà verso gli animali; il capoverso 3 specifica che tali disposizioni non sono però applicabili
nei casi in cui una tradizione ininterrotta può essere dimostrata.
La sola cosa che resta da fare quindi è boicottare le corride, come anche qualsiasi altra
manifestazione, in qualsiasi Paese del mondo, in cui gli animali vengono torturati e uccisi, non
assistendo a tali spettacoli.