leggi articolo - Ospedali riuniti di Trieste

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COSì CAMBIANO IN CENT’ANNI LE NOSTRE MALATTIE
Da una ricerca sui verbali d’autopsia la radicale evoluzione di stili di vita e patologie
dei triestini
Cent’anni fa si spegnevano in tenera età 42 bambini su mille. Si moriva di tifo, di
tubercolosi o di enterocoliti e solo i più fortunati raggiungevano i settant’anni. Oggi il
quadro si è modificato in maniera radicale. Malattie una volta rare, quali l'
arteriosclerosi, gli
eventi cardiovascolari o i tumori al polmone sono diventate le principali cause di morte. La
mortalità infantile è scesa sotto lo 0,5 per mille. E malattie un tempo diffuse e letali, come i
tumori gastrici o quelli femminili, si sono fatte meno frequenti grazie ai farmaci, allo
sviluppo della prevenzione e alla nascita di programmi di screening.
A disegnare un quadro affascinante dei nostri mali nell’ultimo secolo è una ricerca, curata
da Furio Silvestri e Rossana Bussani dell'
Anatomia patologica dell'
Azienda Ospedaliero
Universitaria di Trieste, che ripercorre l'
evoluzione della salute della popolazione dell'
area
triestina attraverso i referti autoptici degli ultimi cent'
anni. “Lo studio – spiega Rossana
Bussani dell'
Anatomia patologica - si basa sui verbali delle autopsie eseguite
dall'
Anatomia patologica triestina dai primi del Novecento ai giorni nostri. Per analizzare il
modificarsi di alcune delle principali patologie fra il 1901 e il 2000 sono stati infatti rivisti
125 mila 191 verbali così da determinare la frequenza e l'
iter delle patologie descritte,
infettive e non”. Il risultato è un quadro di estremo interesse per interpretare i mutamenti
che hanno caratterizzato nell'
ultimo secolo le popolazioni di queste terre.
Dottoressa Bussani, come sono cambiate le patologie dei triestini? Quali sono le
principali novità che emergono dal vostro studio?
L’analisi meditata delle cause di decesso che emergono dalla revisione critica dei verbali
di autopsia in un secolo così determinante per lo sviluppo della medicina ha permesso di
mettere in luce modificazioni molto significative dei trend di patologie causa di morte.
L’evento principale è sicuramente la netta, evidente inversione di tendenza fra patologie
infettive e patologie degenerative e neoplastiche. Nel 1901 quasi il 50 per cento delle
persone moriva per cause infettive - tubercolosi, polmoniti, croup, tifo, sifilide, scarlattina,
colera, enteriti infettive, meningiti, stati settici. Nel 2000 il 31 per cento dei deceduti aveva
come causa di base una o più neoplasie maligne e il 63 per cento moriva invece per
patologie strettamente legate a eventi arteriosclerotici di vari distretti.
L’elevata mortalità infantile e certe malattie un secolo fa piuttosto diffuse a Trieste,
ad esempio il tifo, erano legate a particolari condizioni di vita della nostra città?
La situazione socio-sanitaria della Trieste asburgica d’inizio secolo era drammatica. I tassi
di povertà in alcuni rioni, quali ad esempio Barriera vecchia e San Giacomo, andavano dal
19 al 22 per cento. Sovraffollamento, abitazioni insalubri, umide, spesso semi-sotterranee,
fognature pressoché assenti e comunicanti con i pubblici canali, rendevano complesso
arginare la diffusione delle infezioni, quando non le amplificavano a dismisura. Oltre a ciò
la stessa logistica della mega struttura ospedaliera del Maggiore non creava argini
sufficienti al dilagare di determinate patologie. Basti pensare all’assenza di fognature, ai
contatti fra degenti infetti e non e all’accesso incondizionato e non regolato ai reparti da
parte degli esterni, con conseguente importo di ulteriori patogeni ed esporto nella città di
altrettanti patogeni.
Oggi l’aspettativa di vita è molto più elevata e non si muore più di patologie un
tempo frequenti. A cosa si deve quest’inversione di tendenza?
Il netto calo degli eventi infettivi è dovuto, oltre che al progressivo risanamento urbano che
ha visto la costruzione di fognature; l’abbattimento del cuore malato di Città vecchia, la
costruzione di una rete idrica adeguata e il risanamento dello stesso ospedale Maggiore,
all’introduzione di farmaci quali i sulfamidici, la penicillina, la streptomicina e l’isoniazide,
nel periodo fra il 1935 ed il 1952.
Quali sono diventati i nemici principali della nostra salute?
Le neoplasie maligne e, ancora di più, l’arteriosclerosi nelle tante sue manifestazioni
organiche. Per alcuni tumori si sono compiuti indiscutibili passi in avanti, specie sotto il
profilo di prevenzione con programmi di screening, ma ancora molta strada sarà da
percorrere. Anche nell’ambito del vascolare vi sono stati significativi progressi, quali la
terapia anti-ipertensiva, i presidi di rivascolarizzazione cardiaca chirurgica e non, i farmaci
che controllano lo scompenso cardiaco, i sistemi di disostruzione vascolare arteriosa, e
così via.
Quali indicazioni possiamo trarre dal vostro studio?
Che la medicina è un cammino continuo. Lo è sempre stata e probabilmente sempre lo
sarà, perché al centro vi è l’uomo che vive in un contesto sociale ed ambientale a sua
volta in mutamento continuo e che incide fortemente sulla salute delle persone. La salute
è il riverbero di così tante variabili da renderne impossibile la stabilizzazione. Proprio per
questo, con umiltà, dedizione e quotidiani nuovi obiettivi, ogni medico contribuisce, per
quanto di sua competenza, a progredire in un percorso complesso di cui forse non si
vedrà mai l’orizzonte. E questo non è un dato negativo, ma una sfida continua.