Tribunale di Milano Ordinanza 3 maggio 2005, n. 23 Il Tribunale del

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Tribunale di Milano Ordinanza 3 maggio 2005, n. 23 Il Tribunale del
Tribunale di Milano Ordinanza 3 maggio 2005, n. 23
Il Tribunale del Lavoro, in composizione collegiale, nelle persone dei Giudici (omissis)
Pronunciando sul reclamo ex artt. 669 terdecies, quaterdecies e 739 c. p.c. proposto da (omissis)
e nei confronti di (omissis)
Per ottenere la revoca dell'ordinanza ex art. 700 c. p.c.
pronunciata dal Giudice Unico del Lavoro e depositata il 17 marzo 2005 sciogliendo la riserva di
cui al verbale 19.4.2004,
osserva:
il reclamante sostiene che - questione non esaminata dal giudice della prima fase- il patto di non
concorrenza azionato in via cautelare dalla società H.R. Italia Spa sia affetto da nullità per più
concorrenti ragioni. Il Collegio non condivide tale giudizio. In primo luogo, quanto alla asserita
eccessiva vastità dell'oggetto e del territorio, appare chiaro che nella odierna dimensione
globalizzata dell'economia e in particolare delle società coinvolte in questa vicenda, un patto di
non concorrenza non possa quasi mai utilmente limitarsi al territorio nazionale, ma debba
investire almeno la dimensione europea.
Quanto all'oggetto, poi, la dizione di "attività in concorrenza" esprime esattamente l'oggetto
essenziale e necessario del patto sotto l'aspetto oggettivo, non vietando l'attività del reclamante in
favore di soggetti che siano magari in concorrenza in via generale ma non lo siano, in ipotesi,
nello specifico settore di attività in cui vada ad inserirsi l'ex dipendente. Poiché, nel nostro caso,
è pacifico che le due società oggi convenute sono in concorrenza fra loro e che la nuova attività
nella quale si dovrebbe impegnare il ricorrente è anch'essa selettivamente, in concorrenza con
quella analoga di H.R., il patto ben può essere invocato dall'ex datore che vi ha interesse.
Quanto poi alla pretesa inesistenza, nel bagaglio professionale del ricorrente, di "segreti" di
H.R.I. utilmente comunicabili alla società concorrente, si osserva che qui non è questione di
specifici segreti, peraltro già tutelati da specifiche norme; il patto di non concorrenza mira a
porre ostacoli al rapido trasferimento di professionalità -intesa nel suo insieme- da una azienda
che la ha utilizzata ed incrementata ad altra concorrente con la prima; è certamente una
limitazione alla mobilità del lavoratore ma, nel momento in cui essa ha una contropartita
proporzionata e viene accettata dal lavoratore, non vi è motivo di ritenerla illegittima.
Non va dimenticato, infatti, che resta comunque a disposizione del lavoratore, anche per
quest'anno, tutto il resto del mercato globale, con la sola esclusione della cosmetica in Europa.
Sul piano della proporzione tra sacrificio e contropartita, ritiene il Collegio che il vincolo di un
anno, dietro la retribuzione fissa di sei mesi, realizzi senz'altro la richiesta proporzione. La
giurisprudenza ha ritenuto validi compensi proporzionalmente anche molto inferiori.
Quanto poi alle modalità di pagamento del compenso, posticipato, non pare che questo dettaglio
possa far cambiare il giudizio: è evidente la finalità dello stesso di consentire il previo controllo
dell'osservanza del patto, mentre il reclamante, che ha incassato le competenze di fine rapporto,
verosimilmente ha una qualche capacità di resistenza ed inoltre nessuno gli vieta di fare, medio
tempore, altre attività remunerate.
In ordine poi alla asserita nullità della clausola che consente alla società datrice di lavoro di
recedere dal patto di non concorrenza fino all'ultimo giorno di durata del rapporto di lavoro, si
concorda con detta tesi perché effettivamente tale clausola, se azionata, consentirebbe all'azienda
di ottenere tutti i benefici del patto senza pagarne la contropartita, poiché il lavoratore sarebbe
costretto a decidere della propria carriera presupponendo il vigore del patto salvo poi trovarselo a
cose fatte "annullato", sennonché H.R.I. Spa, nel nostro caso, non ha affatto azionato tale
clausola ed è qui, anzi, per far valere il patto: il che priva di concreta rilevanza la nullità in
questione, la quale, come si dice, vitiatur sed non vitiat.
Queste considerazioni fondevano e fondano, a parere del Collegio, l'apparenza del buon diritto a
favore della società ricorrente.
Queste ragioni inducono a ritenere valido e dunque efficace come deciso dal primo giudice il
patto di non concorrenza in questione.
L'ordinanza reclamata va peraltro modificata laddove è incorsa in errore circa la durata del patto,
non biennale ma solo annuale.
Il reclamo appare comunque giustificato da ciò, oltre che dall'esigenza di avere risposta sulle
questioni circa la validità del patto contestato.
Appare perciò equa la compensazione delle spese della fase.
P.Q.M.
Il Tribunale a modifica dell'ordinanza reclamata,
ordina
a M.P. di astenersi dallo svolgimento di qualsiasi attività lavorativa in favore della E.L.I. Srl per
il periodo di un anno dalla cessazione del rapporto; compensa tra le parti le spese della fase di
reclamo.