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www.gliamicidellamusica.net Pubblicato il 18 Novembre 2014 Tratto da Chaikovskij il Lago dei Cigni ridisegnato da M onteverde trionfa a Ferrara Cigni e vecchietti di successo servizio di Annarosa Gessi FERRARA - Tutto comincia con quattordici corpi sdraiati a terra. Ognuno ha accanto degli stracci colorati, tanti stracci. Poi delle braccia si alzano, sembrano tanti gigli improvvisamente spuntati dalla terra. No... sembrano il collo dei cigni perché le mani sono girate come se fossero le teste degli uccelli (ma i cigni sono uccelli o polli?). Restiamo incantati a guardare quelle braccia e quelle mani che si muovono come teste di cigni, mentre la musica di Chaikovskij ci entra dentro la pelle, ci emoziona. Ci emoziona. Lo dico perché ho con me la mia nipotina Ludovica e sento il suo corpicino vibrare d'emozione. Lo spettacolo comincia bene, è bello fin dall'inizio, è veramente coinvolgente. Stiamo assistendo a Il lago dei cigni -ovvero il Canto, ispirato al "Lago" del compositore russo Petr Ilic Chaikovskij ma danzato con i passi e i gesti della danza contemporanea. Così l'avevo spiegato alla Ludovica prima dell'inizio e le avevo anche raccontato la storia del principe Siegfried che ama e deve sposare Odette ma viene sedotto da Odile perché c'è un uomo cattivo che si chiama Rothbart che mette in movimento tutto il marchingegno del tradimento di Siegfried. Le avevo detto che Odette era il Cigno Bianco e Odile il Cigno Nero. La luce e la tenebra. La storia, nella realizzazione del regista e coreografo Fabrizio Monteverde e del Balletto di Roma, mantiene questa trama, ma viene riscritta come se fossero dei vecchi ballerini classici che decidono di danzare ancora una volta il loro "Lago", quello di Chaikovskij, quello che li aveva visti protagonisti durante la giovinezza. Vecchietti che cercavano un ritorno al passato, una illusione da portarsi nel cuore, un sogno da non spegnere mai. Ci sono tanti stracci colorati accanto ai corpi sdraiati. Poi i corpi cominciano a muoversi e quegli stracci diventano linee sul palcoscenico, circonferenze, stanze, cumuli, attorno e dentro cui i ballerini fanno la loro danza. Si capisce dai gesti che quei corpi devono mostrarsi anchilosati, abbruttiti e resi macilenti dalla vecchiaia, ma quando danzano sembrano giovinetti, perché si immergono dentro il loro "Lago". Solo che il gesto è un pochino somigliante alla caricatura del vero gesto classico, ma è una scelta, perché se quei ballerini volessero danzare alla maniera classica, ci riuscirebbero. Lo si capisce da come vanno sulle punte e da come, durante le prese in aria, i ballerini riescono a tenere salde le ballerine impegnate e slanciate nelle figure classiche. È un'emozione continua, che il pubblico accoglie con tanti applausi a scena aperta, anche noi, anche la mia nipotina; il bello è che gli applausi più convinti (anche della Ludovica) sono quelli indirizzati alle scene di danza classica, anche se spesso sembra una parodia della vera danza classica, mentre gli applausi di cortesia sono indirizzati alla danza contemporanea, quella che racconta il passaggio dei vecchietti da una scena all'altra quando riprecipitano nella loro condizione di anziani. La prima ballerina, interprete del Cigno Bianco, è Roberta De Simone, grande nella danza, e molto brava anche come attrice perché le sue smorfie di dolore e di rassegnazione sembrano proprio le maschere del dolore e della rassegnazione. Il suo partner, bello e atletico nel Siegfried della danza del "Lago" e incartapecorito quando interpreta il vecchietto, è Mirko De Campi, indossa una parrucca rossa che lo rende sgradevole alla vista: forse Monteverde vuole far vedere la sua anima controversa e connivente con il tradimento, perciò non è bello, non è il principe della favola, è un macho dei sottofondi. Sussurro alla Ludo questa mia impressione e lei mi guarda muta, interrogativa, chissà se condivide d'istinto oppure non capisce, il suo sguardo di risposta mi è indecifrabile. Comunque applaude, perché De Campi è bravo. Ed è brava anche Anna Manes quando danza il Cigno Nero, seducente, piena di promesse, sfrontata: tutte queste cose stanno nel gesto che le ha attribuito Monteverde e che lei esegue con efficacia. Bravissimo poi Luca Pannacci che danza il ruolo di Rothb art, violento, subdolo, sgradevole nel gesto e nel passo, ma così perfetto nel ruolo. La storia si conclude lasciando tutti un po' tristi, perché abbiamo percorso la strada che porta sulla via del tramonto e raggiunge la meta ineludibile della decadenza fisica e psichica. Quando Siegfried, al termine, scompare dentro un cumulo di stracci accatastati come se rientrasse dentro l'utero materno, Odette, il Cigno Bianco, rimane sconsolatamente sola. Ha danzato per l'ultima volta, assieme agli altri, assieme a tutti, il suo "Lago" ora anche lei deve tornare alla realtà, quella del tempo che passa e dei sogni che svaniscono. Lo spettacolo, bello e coinvolgente, ci lascia un pochino d'amarezza e ci fa riflettere che tutto passa, restano i ricordi: là i cigni della giovinezza, qui ora i vecchietti del presente. Eppure i ricordi belli sono la nostra consolazione. Fortunato chi li ha. Bravi i ragazzi del Balletto di Roma che ci hanno mostrato questo tenue lato positivo della vita in tarda età. Fortunato chi li ha, i ricordi belli. Crediti fotografici: Matteo Carratoni e Marco Caselli Nirmal per il Teatro Claudio Abbado di Ferrara Nella miniatura in alto: la prima ballerina Roberta De Simone Al centro: una bella postura della De Simone e di Mirko De Campi In basso: gli stracci colorati fatti volare dal Balletto di Roma