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www.gliamicidellamusica.net Pubblicato il 14 Giugno 2013 Conclusa anche la Stagione coreutica nel Filarmonico di Verona Balletto in due parti su pagine del Verdi servizio di Sergio Stancanelli VERONA - Uno spettacolo di balletto ha concluso nel teatro Filarmonico la Stagione – lirica secondo il programma di sala – della Banca popolare di Verona – sic sulla copertina dell’opuscolo dello spettacolo: ma in caratteri microbici v’è menzionata anche la fondazione Arena di Verona col suo Festival del centenario 1913 2013 –. Titolato “Cercando Verdi” e suddiviso in due parti, annunciate per una durata di 40’ ca. ciascuna (effettivi 33’ ciascuna, con una frode di quattordici minuti in totale), lo spettacolo è articolato in cinque numeri nella prima parte e sette nella seconda, su altrettante pagine operistiche e cameristiche di Giuseppe Verdi, per la coreografia, le scene, i costumi e le luci di Renato Zanella, veronese ma noto soprattutto quale coreografo nei Concerti di capodanno con i Wiener philharmoniker («la Wiener Philharmoniker» secondo il programma di sala, redatto con la consueta competenza non solo professionale specifica ma anche grammaticale e, questa volta, persino d’impaginazione: le biografie dei danzatori Mikhail Kaniskin e Antonio Russo s’avvalgono della medesima fotografia, e pure con una medesima fotografia sono rappresentate addirittura tre danzatrici: Alessia Gelmetti, Teresa Strisciulli e Amaya Ugarteche, mentre la sola Teona Dvali ha il privilegio d’essere effigiata con la propria foto). Io non rappresento nulla, io danzo - S’inizia con il Preludio dall’opera “Un ballo in maschera”, dove quel che sùbito più si fa notare è la bravura direttoriale di Julian Kovatchev, il quale ricava dall’orchestra dell’Arena di Verona un’interpretazione musicale ottima. Coreuticamente, il numero è costituito da un a-solo del Kaniskin, il quale in pantaloni camicia e cravatta si muove a passi di danza come è logico che faccia se pure con significati inidentificabili e risultati anonimi. Segue la rara Ouverture dall’opera “Alzira”, dove un ottetto di vigili urbani (nonetto secondo il programma di sala) sono impegnati a regolare il traffico sino a che non arriva la Gelmetti che a gambe nude pagliaccetto nero e maglietta bianca tutti a turno si passano l’uno dopo l’altro. E’ quindi la volta dell’aria da concerto L’esule per soprano e pianoforte, che interpretata vocalmente dalla soprano Dvali, per udire la voce della quale agli spettatori, insieme col biglietto d’accesso, si dovrebbe consegnare un cornetto ascustico, con Pietro Salvaggio al pianoforte, e coreuticamente dal Kaniskin con un ottetto femminile (nonetto secondo i nomi elencati sul programma) in costumi interi color verde e due neri, cui si aggiunge in un secondo tempo una dama in abito da sera, su fondale nero e verde-smeraldo, probabilmente vuol significare qualcosa, che il programma di sala non ci svela, dodici pagine essendo dedicate a biografie d’interpreti zeppe di errori d’ogni genere, che comunque nessuno legge, anziché a produttive descrizioni degli intenti se non narrativi almeno coreutici d’ogni numero del balletto. Segue il Preludio da “Ernani” col Russo in tuta nera e la Ugarteche in abito da sera bianco, la quale, alle note su cui nell’opera don Ruy proclama «Se uno squillo intenderà / tosto Ernani morirà», spalanca le gambe in un’offerta oscena e francamente del tutto fuori luogo, a meno di privare la musica d’ogni riferimento significante riducendola a mero tempo ritmico di battute equivalente al tickettare d’un metronomo. L’interpretazione musicale conferma la bravura degli orchestrali sotto la guida del direttore bulgaro. La prima parte dello spettacolo si conclude con la Ouverture da “La forza del destino”, dove dieci danzatrici ed altrettanti danzatori, cui interviene la solista Strisciulli, sembrano intenti a proporre un indovinello, la cui soluzione è con tutta evidenza la parola «culinaria». Sesso in pubblico è di moda - Dopo ventuno minuti d’intervallo, la seconda parte ha inizio con il Preludio da un’altra opera rara, «I masnadieri». La solita coppia in bianconero, lei in braghette corte, cui s’aggiunge una seconda coppia di danzatori, mentre con fare maestoso transita la coppia regale, si muovono frammezzo a due ottetti rispettivamente di danzatori e di danzatrici, secondo una trama incomprensibile, che come già detto il programma di sala si guarda bene dall’illustrare, e che secondo me non vuole dire proprio nulla. “La seduzione”, un’altra aria per voce e piano ancora cantata del tutto inudibilmente dalla soprano conterranea di Giuseppe Stalin, vede la Gelmetti offrirsi d’ambo i lati. Ottima è la successiva prestazione del duo Russo-Ugarteche nel Preludio da “Attila”, cui fa sèguito il ritorno dei vigili urbani questa volta senza divisa e col capintesta a busto nudo, mentre il Kaniskin svolge un a-solo. Ancora una romanza, “Deh, pietoso, oh addolorata”, vede – di sentire non se ne parla – il duo Russo-Ugarteche in bianconero, questa volta col pianista in scena. Ci si avvia al termine col Preludio da “Luisa Miller”, danzato da un settetto femminile in bianco lungo (ottetto a voler contare i nomi elencati sul programma), cui s’aggiungono successivamente un’ottava femmina, la Strisciulli, che in comune con le precedenti svolge l’impegnativa attività di sollevarsi le vesti per un’esibizione la quale, in mancanza di esplicazione, lascia più che perplessi. E soltanto qualora si presti fede al programma stampato, tre maschietti. Conclude lo spettacolo, durato come s’è detto poco più di un’ora in tutto, il duo in bianconero Kaniskin-Gelmetti, che ballonzola su le celeberrime ma improbabili note del Preludio a “La traviata”, seguito da un post-finale che vede pezzi di carta piovere dall’alto. Mah. Giorni fa una cercatrice di maschi sul web si firmava pioggia dorata, e alle allusioni ovvie dei lettori, rispondeva che, honny soit, lei si riferiva alla pioggia che vien dal cielo. Infatti, com’è noto, la pioggia che scende a ristorar le piante e gli uomini è, come tutti sanno, di color giallo. Non paga, la dispensatrice di pioggia dorata copriva d’insulti i suoi detrattori: che a questo punto s’appellavano alla Direzione del sito, la quale rispondeva dando loro torto. Ça suffit: mi guardo bene dal contestare l’affollarsi di pezzi di carta, e dall’ipotizzarne possibili significati. Posso dire che ballare su arie da concerto, romanze d’opera e ouvertures sinfoniche equivale, secondo Charles Chaplin condiviso da chi scrive, a ballare su un discorso di Hitler. Se proprio si vuol celebrare Verdi coreuticamente, ci sono i balletti dalle sue opere. Ma evidentemente, ciò sarebbe banale. Come ti erudisco il pupo - In definitiva, bravi danzatori – quelli del Corpo di ballo dell’Arena e quelli importati – in coreografie narrativamente insignificanti ed esibizionisticamente spesso volgari se non oscene, con costumi che più banali non si potrebbe, su scenografie e luminarie inesistenti, con musiche a tutto adatte fuor che ad essere danzate. Sul programma di sala, in sei pagine di presentazioni i firmatarî con abilità davvero rara riescono a non dire praticamente niente se non a ripetere pedissequamente l’elencazione dei dodici pezzi in programma. Soldi buttati su tutte le ruote, gran mole di fatica sciupata, e nessuna possibilità che ne sopravviva traccia di ricordo. Nell’intervallo, qualche spettatore ci consulta, e un giovane collega dell’ultim’ora ci confida come, secondo quanto riferitogli da persona degna di fede, le nostre recensioni negative non verrebbero rammostrate al Sovrintendente. Il discorso sulla critica musicale obiettiva e su quella ammaestrata porta il giovane cronista d’una locale emittente virtuale a commiserare la recensione sul giornale “l’Arena” del penultimo concerto sinfonico, secondo cui la “Sinfonia n.1” di Brahms venne resa con ricchezza di dettagli. Io non metto bocca, perché si tratta di persona che, se non mi è amica, certo lo fu. Altrettanto certo è che l’incompetenza non è novità nel quotidiano veronese. Carlo Bologna, saltabeccato dalla cronaca nera alla critica musicale perché una sera Pippo Faccincani non aveva la disponibilità d’un critico da inviare in provincia al concerto della pianista Laura Palmieri, e poi rimastovi in servizio permanente effettivo per la disponibilità della moglie a redigere le recensioni che lui firmava, si rivelò per quello che effettivamente valeva, come critico musicale («l a samba», «Prokofiev? mai sentito nominare»), quando lasciata la moglie e accoppiatosi con una commessa di negozio più giovane e pettoruta ma ignara di musicologia, le recensioni dovette farsele da solo. Bisognoso d’un aiuto, che però non lo sommergesse, chiamò a proprî vice due innocui lettori del giornale, autori di Lettere al Direttore in campo musicale. L’uno, maestro, sì, ma di scuola elementare, ci lasciò presto (e me ne addoloro perché era un buon uomo), l’altro («lo spartito del direttore») è tuttora in spe: non sa leggere una partitura, non sa suonare uno strumento – salvo, come ha detto un collega, il campanello della porta quando ha dimenticato le chiavi -- , ma pontifica a spron battuto a voce e dalle colonne del principale quotidiano locale, scrivendo, appunto, che Pablo Mielgo ha diretto con ricchezza e precisione di dettagli (non ho letto il suo articolo, relata refĕro). La domanda che si pone il giovane collega è: possibile che nessuno se ne renda conto? Possibile che anche il direttore del giornale non capisca niente di musica? che nessun lettore scriva «ma va’ a magna’ er sapone»? D’altronde, i musicologi che la Fondazione chiama a redigere le presentazioni dei proprî concerti sono della stessa portata («l’unica “Sinfonia” scritta da Franck», «mai eseguito prima d’ora il “Concerto” di Respighi»). E alla via così, al seguito di Luigi Lucatelli alias Oronzo E. Marginati. Crediti fotografici: Foto Ennevi per fondazione Arena - teatro Filarmonico Crediti fotografici: Foto Ennevi per fondazione Arena - teatro Filarmonico Nella miniatura in alto: il direttore Julian Kovatchev NOTA DEL DIRETTORE Questa testata non sarà più aggiornata a partire dal 30 giugno 2013. Saranno comunque onorati gli impegni a tutt'oggi già presi da questa redazione con gli Uffici stampa dei festival estivi. Pub b lichiamo oggi questo servizio conservato nel nostro archivio allo scopo di esaurire gli arretrati.