cancro del cipresso Archivo

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Cancro del cipresso da Seiridium cardinale
Consiglio Nazionale delle Ricerche
Istituto per la Patologia degli Alberi Forestali
Malattie ed interventi/CIPRESSO
PRINCIPALI AVVERSITA' DEL CIPRESSO
Il cipresso comune (Cupressus sempervirens) è una pianta originaria delle regioni più orientali del bacino mediterraneo e la sua
introduzione in Italia risale per alcuni ai tempi dei Fenici, per altri al periodo Etrusco che contribuirono a favorirne un'ampia diffusione
su tutto il territorio.
La bellezza ed il portamento della chioma del cipresso hanno contribuito a farlo diventare una delle piante simbolo del paesaggio
toscano.Lo troviamo presente dal litorale tirrenico fino alle colline interne, dove costituisce dei veri e propri boschi puri (cipressete) o
misti con latifoglie ed altre conifere. Come pianta ornamentale è presente nei parchi, ville, giardini, singolarmente o in maestosi filari.
Il Cipresso oltre ad avere un ruolo importante nella caratterizzazione del nostro paesaggio, ha dimostrato di essere una specie pioniera
insostituibile per il rimboschimento dei terreni rocciosi, argillosi, calcarei, aridi e superficiali. Esercita una funzione di prevenzione dalla
erosione idrogeologica e contemporaneamente costituisce una fonte di reddito per l'ottima qualità del legno che produce. Notevole la
sua utilizzazione come pianta frangivento, anche per la difesa dai venti marini. Inoltre la sua commercializzazione come pianta
ornamentale alimenta una cospicua corrente di esportazione, nazionale ed internazionale particolarmente attiva nelle aziende
vivaistiche del pistoiese.
In Toscana il C. sempervirens è presente con due varietà: var. horizzontalis, con fusto visibile quasi fino alla cima, con rami inseriti nel
tronco quasi ad angolo retto e spesso disposti in palchi ben distinti; var. pyramidalis, fusto con rami inseriti ad angolo acuto e suddiviso
a breve altezza in molti fusti secondari, chioma affusolata e ristretta. In Toscana queste due varietà sono comunemente
chiamate"Cipresso femmina e Cipresso maschio" denominazione errata dal momento che il cipresso è una pianta monoica, portatrice
sia di fiori maschili che femminili sulla stessa pianta, anche se separati.
Fin dall'antichità il Cipresso è stato considerato una pianta salubre, robusta e resistente alle malattie. Purtroppo dal 1951 è attaccato da
un parassita comunemente conosciuto con il nome di "cancro del Cipresso", il quale ha messo in serio pericolo la sua sopravvivenza
nel nostro territorio.
Il cancro del cipresso è infatti una malattia provocata da un fungo, il Seiridium (Coryneum) cardinale i cui organi di riproduzione
(conidi), quando le condizioni di temperatura e umidità lo consentono, germinano e penetrano nella pianta attraverso ferite
preesistenti. In condizioni particolarmente favorevoli l'infezione può avvenire anche attraverso le aperture naturali (stomi, lenticelle) o
direttamente dall'epidermide dei giovani rametti. Il micelio, corpo vegetativo del fungo, vive e si sviluppa parassitizzando i tessuti
corticali e provocandone la morte. Nella zona corticale uccisa si differenziano gli organi di riproduzione del fungo, che appaiono
esternamente come piccole pustole nere (acervuli) contenenti migliaia di conidi. Questi trasportati in basso dall'acqua piovana possono
dare origine a nuove infezioni, che confluendo accellerano la morte della pianta.
In Toscana i periodi più favorevoli allo sviluppo del patogeno sono quelli primaverili ed autunnali, in quanto si ha concomitanza di
temperature miti con elevata umidità relativa; queste condizioni consentono un'abbondante produzione di conidi, la loro germinazione e
penetrazione. Durante l'inverno a causa delle basse temperature e particolarmente durante l'estate per l'insufficiente umidità, si assiste
ad un rallentamento o ad un arresto della malattia, inteso come comparsa di nuove infezioni e sviluppo del processo infettivo.
I sintomi:
I sintomi dell'infezione compaiono in primavera e in autunno ma si possono osservare anche in altri periodi dell'anno.
Le manifestazioni esterne, inizialmente poco visibili ad occhio nudo, sono date dall'emissione di alcune gocce di resina localizzate sulla
corteccia non ancora provvista di ritidoma e più frequentemente all'inserzione dei giovani rametti sul tronco. Praticando un'incisione
superficiale in corrispondenza dell'emissione di resina, si osserva un imbrunimento dei tessuti corticali malati che si differenziano
nettamente da quelli sani adiacenti di colore biancastro. In seguito l'alterazione appare più evidente anche esternamente poiché
compare una zona necrotica di colore marrone-rossiccio leggermente depressa che, con il tempo, si allarga in senso trasversale e
soprattutto longitudinale. Contemporaneamente la pianta reagisce all'aggressione del patogeno e fra i tessuti sani di reazione (in
crescita) e quelli morti (statici) si originano delle tensioni con conseguenti spaccature e modificazioni della forma che danno luogo al
"cancro", dal quale fuoriescono notevoli quantità di resina che cola verso il basso. Quando la necrosi o più necrosi circondano la
corteccia di un ramo o del tronco di una pianta la parte soprastane dissecca. Il colore della chioma passa velocemente dal verde pallido
al giallo paglierino, al rossiccio e solo con il tempo essa diviene grigio-cinerea.
I fattori predisponenti
Molti sono i fattori che hanno un ruolo importante nel predisporre la pianta alla malattia o nel favorire la sua diffusione. Primo tra tutti il
protrarsi di condizioni climatiche favorevoli allo sviluppo e alla riproduzione del parassita, i cui valori ottimali sono una temperatura di
25°C ed un'umidità relativa del 100%. Allontanandosi da questi valori ottimali rallentano tutti i processi evolutivi del patogeno
(aggressività, capacità riproduttiva, velocità di germinazione dei conidi ecc.) e conseguentemente la malattia diviene meno pericolosa.
Ecco perché dopo annate nelle quali la primavera e l'autunno hanno avuto un decorso molto caldo e siccitoso si osserva una minore
presenza di disseccamenti nei boschi e nelle piantagioni di cipresso.
Poiché in Italia il cipresso si trova al limite nord del suo areale di vegetazione, spesso è soggetto a danni da freddo che, provocando
delle ferite, favoriscono la penetrazione del fungo. Nelle primavere precedute da inverni molto rigidi si osserva sempre un notevole
incremento del numero delle infezioni.
Anche i cretti corticali di accrescimento, localizzati nella zona di intersezione dei giovani rametti sul fusto e particolarmente frequenti su
piante vigorose come quelle in vivaio, sono una facile via di ingresso alla penetrazione del parassita.
Le gallerie nutrizionali scavate sull'asse o all'ascella dei giovani rametti dai coleotteri scolitidi Phloesinus aubei e P. thujae, oltre a
costituire delle ferite predisponenti per l'insediamento del patogeno, possono essere contaminate direttamente dall'insetto stesso.
Infatti, le femmine degli scolitidi depongono le uova su piante o rami debilitati o morti. Quando la causa debilitante o della morte è il
cancro, gli adulti che sfarfallano in primavera, andando a nutrirsi su piante sane e vigorose, possono trasportare su queste i conidi o
frammenti di rosura infetti diffondendo così la malattia .
Il cipresso è una pianta frequentata da molte specie di uccelli che possono contribuire alla diffusione della malattia. Questi nel posarsi
su rami malati, si contaminano le zampe con i conidi del parassita e li trasportano su piante sane, situate anche a notevoli distanze,
favorendo contemporaneamente la penetrazione attraverso le ferite provocate con le unghie. La diffusione dei conidi nello spazio
avviene solo durante le bufere di acqua e vento, poiché per la loro forma e stato di aggregazione mal si adattano al trasporto
anemofilo. In molte zone della Toscana e in particolar modo nella provincia di Firenze questo complesso di condizioni favorevoli si
verifica frequentemente e ciò fa sì che l'incidenza della malattia sia molto alta e in alcune zone raggiunga anche il 60%. Spostandosi
nelle zone con clima più asciutto e caldo si osserva una marcata diminuzione dell'incidenza della malattia che diventa sporadica nel sud
e nelle isole
La suscettibilità delle specie
Non solo il C. sempervirens, ma anche altre specie del genere Cupressus sono estremamente suscettibili all'attacco di questo
parassita. Il C. macrocarpa, pianta largamente coltivata in varie parti del mondo perché adattabile a terreni e climi diversi è stata la
specie responsabile dell'attuale diffusione di S. cardinale in tutto il mondo. Essa, sia per la commercializzazione dei semi, piantine e
legname infetto, che per la sua elevata suscettibilità al parassita ha funzionato da recettore ed amplificatore dell'epidemia. In Italia,
come in altri paesi, è stata la prima specie ad ammalarsi ed a soccombere. In seguito l'infezione si è estesa anche a C. sempervirens e
ad altre specie con suscettibilità inferiore (C. arizonica, C. lusitanica, ecc.). Non solo il genere Cupressus, ma anche altre cupressacee
come Thuja orientalis, Cupressocyparis lejlandii e Juniperus communis sono risultate suscettibili agli attacchi del patogeno.
I danni
Il parassita fu individuato per la prima volta a Firenze nel 1951 da Grasso. Nel 1954 il Pavari, in un articolo su Italia Forestale e
Montana, riferisce che la malattia, pur essendo molto pericolosa in quanto capace di uccidere le piante, è presente in forma sporadica.
E' solo a partire dagli anni '60 che si ha un sostanziale incremento nell'incidenza della malattia, la quale appare ormai presente su tutto
il territorio nazionale, dalla provincia di Varese a quella di Palermo. Particolarmente gravi appaiono i danni causati in Toscana.
L'escalation della malattia continua e nel 1978, da una stima eseguita dal C.F.S., risulta che dei quattro milioni di cipressi presenti nella
provincia di Firenze, circa il 17% sono morti o gravemente malati; nel 1988 altre stime indicano che tale percentuale è salita al 30%.
Da alcune prove sperimentali eseguite su una popolazione di C. semprvirens è emerso che circa l'80% degli individui è molto sensibile
agli attacchi del parassita. La conferma di questi dati sperimentali ci viene dalla Grecia dove nell'isola di Eubea (Karistos) più del 95%
delle piante sono state uccise dal patogeno. Da tutto ciò è logico arguire che l'epidemia non ha raggiunto ancore il suo acme. Pertanto
nei prossimi anni, se non saranno presi dei seri provvedimenti, l'incidenza della malattia potrà subire un notevole incremento, il cui
livello dipenderà principalmente dalle condizioni climatiche.
I mezzi di lotta
I mezzi di difesa da adottare contro il "cancro del cipresso" si differenziano secondo la gravità dell'infezione ed il luogo in cui ci
troviamo ad operare.
Lotta meccanica
Consiste nell'abbattimento e distruzione con il fuoco delle piante morte o gravemente infette. Il fine principale che questo tipo di lotta si
prefigge è quello di diminuire il potenziale di inoculo del parassita ed il numero degli scolitidi presenti nell'ambiente. I tronchi possono
essere commercializzati previa decorticazione della parte infetta che va bruciata insieme alla ramaglia di risulta. Essa è tanto più
efficace quanto più ampia è la zona interessata dalla bonifica. Purtroppo in Toscana, a causa dell'elevata incidenza della malattia, questi
interventi risultano estremamente onerosi.
Particolare cura deve essere rivolta alla bonifica dei boschi da seme, in quanto la presenza delle piante malate, producendo enormi
quantità di polline portatore del carattere "suscettibilità al cancro", contribuisce ad abbassare il livello di resistenza alla malattia nelle
progenie.
Altrettanto impegno dev'essere posto nella bonifica dei territori attorno e nei comprensori vivaistici, dove l'eliminazione delle piante
ammalate in abbinamento con la lotta chimica permetterà di ridurre i danni della malattia e consentirà la commercializzazione di piante
senza infezioni.
Altra variante della lotta meccanica è quella chirurgica che prevede l'asportazione del cimale o del ramo malato. Una volta individuato il
cancro, si procede ad una decorticazione verso il basso fino a raggiungere i tessuti sani sui quali si procede al taglio di risanamento. La
ferita dovrà essere protetta con appositi mastici coprenti e disinfettanti.
Se il cancro è individuabile sul tronco o su una grossa branca e non ha raggiunto uno sviluppo superiore ad un quarto della
circonferenza è possibile asportarlo chirurgicamente. Infatti, una volta delimitata l'area necrotica si incide la corteccia sana fino al legno
tutt'intorno al cancro e la si asporta. Successivamente con uno scalpello si asporta anche la porzione necrotica del legno e si ricopre la
ferita con appositi mastici. Queste operazioni chirurgiche, che sono tanto più efficaci quanto più precoce è l'individuazione del cancro,
richiedono un alto grado di specializzazione, comportano una notevole spesa e quindi possono essere effettuate solo su piante di
elevato valore ornamentale.
Lotta chimica
Di difficile attuazione in quanto non si riesce ad assicurare una protezione totale dalla malattia. I trattamenti preventivi possono essere
vanificati da tutte le ferite accidentali (grandine, scolitidi, uccelli, ecc.) attraverso le quali il parassita può penetrare nella pianta
eludendo la protezione chimica. Inoltre il S. cardinale nel nostro clima può infettare le piante per gran parte dell'anno (esclusi luglioagosto e dicembre-gennaio) e quindi i trattamenti dovrebbero essere ripetuti molto spesso per assicurare un decente periodo di
copertura. Solo nei vivai si possono ottenere risultati apprezzabili, poiché la piccola dimensione delle piante, l'uniformità delle
coltivazioni e l'elevata incidenza della malattia rendono economici anche più trattamenti annui, improponibili in altre situazioni.
Trattamenti possono essere eseguiti anche su impianti di elevato valore monumentale, dove il tornaconto economico ha un'incidenza
secondaria.
Si consiglia di eseguire tre trattamenti annui: due nel periodo primaverile ed uno in quello autunnale che risultano più favorevoli allo
sviluppo del patogeno. Questi interventi chimici hanno un senso solo dove la zona è stata preventivamente oggetto di bonifica e se
ripetuti negli anni successivi. Inoltre, ogni volta che si effettuano operazioni meccaniche di ripulitura, sarebbe opportuno eseguire dei
trattamenti alla chioma, insistendo particolarmente sul tronco, per disinfettare eventuali ferite fatte durante dette operazioni.
Il miglioramento genetico
Alla fine degli anni settanta, alcune osservazioni fatte in natura e i risultati di infezioni artificiali massali in campi sperimentali hanno
permesso di accertare nei popolamenti di C. sempervirens la presenza di individui dotati di un diverso grado di resistenza al S.
cardinale. Contemporaneamente altre indagini hanno stabilito una modesta variabilità di virulenza nelle popolazioni del patogeno. Tutto
ciò ha permesso di intraprendere con buone possibilità di successo la via della selezione e del miglioramento genetico. Da un po' di
tempo l'Istituto del CNR ha brevettato cinque cloni di cipresso (quattro di C. sempervirens ed uno di C. glabra) resistenti al cancro
che sono attualmente in commercio. E' ovvio che tali cloni potranno essere usati limitatamente e solo a scopo ornamentale, in quanto il
loro impiego su ampia scala (impianti forestali), data l'uniformità genetica posseduta, potrebbe risultare molto pericoloso. L'Istituto sta
costituendo "varietà multiclonali" con almeno un centinaio di cloni resistenti e moltiplicati per via vegetativa.
La produzione di seme migliorato per impianti forestali, prossimo obiettivo del suddetto Istituto CNR, potrà essere raggiunto solo dopo
aver selezionato un centinaio di cloni resistenti che incrociati tra di loro (arboreto da seme) daranno luogo ad individui resistenti al
cancro e dotati di variabilità genetica rispetto alle caratteristiche selviculturali ed alle avversità biotiche ed abiotiche.
Per ulteriori informazioni sulla malattia del cipresso contattare il:
Dott. Paolo Raddi e Dott. Alberto Panconesi
Istituto per la Patologia degli Alberi Forestali
P.le delle Cascine, 28
50144 Firenze I
Tel: +39 55 3288 274
Fax: +39 55 354786
e-mail: [email protected]