4) Rossi
Transcript
4) Rossi
CONTRIBUTI ORIGINALI Dalla rappresentazione del sé alla realtà psichica. Studio dell’identità psichica degli alcolisti attraverso strumenti grafico-proiettivi From self-representation to psychic reality. A study of the psychic identity of alcoholics using graphic projection tools SERENA ROSSI1, TIZIANA SCHIRONE2 1 2 Docente di Teoria e Tecniche del colloquio psicologico, Direttore Istituto di Psicologia, Università degli Studi di Urbino - Via Saffi, 15 - 61029 Urbino. Ricercatrice di psicologia dello sviluppo e psicologia dell’educazione, Istituto di Psicologia, Università degli Studi di Urbino. Riassunto Secondo il modello psicodinamico, le personalità degli alcolisti sono fragili e caratterizzate, dal bisogno di sorreggersi narcisisticamente ad oggetti esterni al fine di fortificare la propria autostima. L’alcolismo è il sintomo di un disagio interiore. Scopo del nostro lavoro, è stato quello di esplorare, attraverso un’indagine psicoanimatoria e l’uso del test grafico-proiettivo, La Principessa degli specchi, il vissuto oggettuale, l’autopercezione del sé psichico e corporeo e l’identità di un gruppo limitato di soggetti alcol-dipendenti ricoverati in una struttura specializzata nel settore dell’alcolismo. Parole chiave: Indagine psicoanimatoria, autopercezione del sé, identità degli alcolisti Abstract According to psychoanalytic interpretation, alcohol-addicted people have fragile personalities and need to lean narcistically on external objects in order to strengthen their self confidence. Alcohol addiction is conceived as a symptom of internal distress. The aim of our study was to explore, through the use of psycho-animation techniques and a graphic-projection test called La Principessa degli Specchi (The Princess of Mirrors), the objective experience, identity and psychic and corporal self-perception of a small group of alcohol-addicts recovered in a structure specialised in treating alcohol-addiction. Keywords: Psycho-animation techniques, Self-perception, Alcohol-addicts’ identity Ci sono sensazioni che sono dei sonni, che occupano come una nebbia l’intero spazio dell’anima, che non permettono di pensare, che non permettono di agire, che non permettono chiaramente di essere. (…) È un’ubriachezza di non essere niente, e la volontà è un secchio che viene rovesciato nel cortile da un movimento indolente di un piede che passa. [Fernando Pessoa] L’illusione di sicurezza Tra le ipotesi più accreditate sull’alcolismo, fenomeno complesso ed eterogeneo, quella psicodinamica crede di riscontrare un “guasto” nelle relazioni precoci con l’altro e in tutte quelle che seguiranno, compresa la relazione terapeutica. L’alcolismo è dunque sintomo di un disagio interiore, le personalità fragili hanno bisogno di sorreggersi a oggetti esterni per nutrire la propria autostima e dare continuità alla rappresentazione della propria esistenza. “Da un punto di vista strettamente clinico (…) si riscontra una stretta analogia tra la sindrome alcolica e la sindrome maniaco depressiva. Sia nella sindrome alcolica che nella sindrome maniaco depressiva, inoltre l’oggetto appare particolarmente esposto alle richieste avide del soggetto, che vive nei suoi confronti sentimenti di perdita di valore, di dipendenza e impotenza, ma anche viceversa di indipendenza e onnipotenza assolute” (Rossi, 1994, p. 15). Inconsapevolmente gli alcolisti rieditano l’antico legame di benessere vissuto nel rapporto con la madre, prima relazione oggettuale di fondamentale importanza per il futuro fantasmatico dei rapporti interpersonali. Il neonato infatti, secondo la Klein, durante il primo periodo di vita prova sentimenti contrastanti - amore e odio - nei confronti della figura materna che è vissuta come seno buono, in quanto fonte di soddisfacimento e isola di tranquillità, e come seno cattivo perché origine di angoscia(1). Questo è un periodo particolarmente de- 33 BOLLETTINO PER LE FARMACODIPENDENZE E L’ALCOOLISMO licato in cui il bambino attraverso la suzione dal seno viene nutrito fisicamente e psichicamente. Nell’epoca neonatale il piccolo ha un pensiero magico-onnipotente ed è lui che determina mentalmente l’esistenza dell’ambiente circostante. Egli crea o distrugge l’immagine della figura materna che, a seconda della presenza o della assenza, diventa oggetto buono o cattivo. La psiche fragile del neonato deve essere contenuta da quella che Winnicott chiama, con una metafora, madre sufficientemente buona capace cioè di appoggiare empaticamente le esigenze onnipotenti del neonato e solo successivamente e gradualmente, di fornire le basi per l’acquisizione del principio di realtà. Il lattante ha bisogno di trovare nel volto della madre i segni emozionali che gli diano risposte relazionali di conferma; quando questo non accade sarà costretto a cercarle altrove nel tentativo di recuperare una parte di sé (Winnicott, 1995). “(…) Disillusioni orali o traumi narcisistici in questa prima relazione oggettuale si ritiene che possano determinare fissazioni a tale stadio, con inevitabili conseguenze sulla struttura della personalità” (Rossi, 1994 p.91). La dipendenza dalla sostanza alcolica si rinnova nel soggetto “(…) come un circolo in cui si sopperisce alla paura della perdita dell’oggetto con la sua continua reincorporazione; l’assunzione di alcol tenta di riempire l’assenza dell’oggetto” (Rossi, Pediconi, 1993, p.13). I rapporti interpersonali rimarranno caratterizzati dalla dipendenza; gli altri continueranno ad essere appoggi narcisistici esterni necessari per “tenere” insieme i pezzi del sé; saranno oggetti parziali come nel periodo neonatale quando l’individuo intrattiene la sua prima relazione con il seno materno e non è capace di tollerare le frustrazioni. Negli individui la cui personalità è strutturata in termini di dipendenza, il senso di colpa sarà sempre in agguato e l’alcol è in grado di anestetizzarlo. Progetto di lavoro Scopo dell’indagine è quello di esplorare l’autopercezione del sé e la rappresentazione del corpo in soggetti alcoolisti. L’ipotesi riprende l’ormai accreditata convinzione che per alcuni individui l’alcool rappresenti un potente antidepressivo che colma, sia pure per poco, un vuoto interno. L’alcoolista si appoggia su un Io ideale che lo conduce a vivere un narcisismo trionfante in una situazione eccezionale, esaltante e irreale allontanandolo momentaneamente dalla depressione; così, la sostanza alcolica modifica la rappresentazione del sé e fa sentire illusoriamente il soggetto capace di agire in situazioni che non avrebbe mai osato vivere in uno stato di sobrietà. L’alcolista è con-fuso con la sostanza; lui e l’alcol sono una cosa sola, quale autonomia? La stima di sé, costruita su false basi, non regge al confronto intrapsichico ed interpersonale. L’alcool, inoltre, può determinare una percezione del sé corpo- 34 Dalla rappresentazione del sé alla realtà psichica XXVI - N. 4/2003 reo negativa e/o onnipotente che induce spesso il soggetto a rimuovere e/o “svelare” l’istintualità. L’indagine esplora il mondo delle relazioni oggettuali dell’alcolista, il grado di strutturazione o de-strutturazione corporea e di de-privazione del sé e della propria immagine fisica attraverso categorie teoricoconcettuali e strumenti psicometrici in grado di farci comprendere il vissuto intrapsichico dell’alcolista in fase di disintossicazione. In particolare, si è analizzata la capacità del soggetto alcoolista di potersi riconoscere e sentirsi riconosciuto dagli altri. Soggetti L’indagine ha coinvolto un gruppo di 20 alcoolisti 10 maschi e 10 femmine - in fase di disintossicazione selezionati tra i 40 pazienti ricoverati nella Casa di Cura privata Villa Silvia di Senigallia - una struttura specializzata nel settore dell’alcoolismo. Il criterio adottato per la selezione del campione è stato l’inizio del trattamento; sono stati esclusi dal lavoro coloro che si avviavano alla conclusione dell’iter riabilitativo. A titolo esemplificativo del tipo di lavoro svolto con i pazienti del campione esaminato, di seguito alla descrizione dei materiali e dei metodi utilizzati nella indagine, verranno analizzati dettagliatamente i risultati ottenuti da due casi clinici emblematici: una donna Maria - ed un uomo - Giuseppe -. Strumenti per la raccolta dei dati Al fine di analizzare il vissuto dei soggetti, la rappresentazione del sé, la percezione del proprio corpo è stato utilizzato un test grafico-proiettivo di approccio psicoanimatorio al corpo - La Principessa degli Specchi (M. R. Parsi) - e sono stati condotti colloqui clinici. Il test ha la particolarità di indurre il soggetto - attraverso la produzione grafica e il racconto - a drammatizzare il proprio vissuto traendone una esperienza catartica. La somministrazione del test prevede 8 fasi: - rappresentazione grafica di se stessi; - scelta di una delle 13 figure a mezzo busto e completamento del disegno; - narrazione di una storia che coinvolga la figura scelta; - scelta di più carte a mezzo busto; - completamento grafico di tutte le carte a mezzo busto scelte; - narrazione di una storia che coinvolga tutte le carte a mezzo busto scelte; - nuova rappresentazione grafica di se stessi. Il materiale del test comprende 26 carte a mezzo busto, 13 delle quali rifinite, le altre 13 neutre, relative ai seguenti personaggi disegnati sia frontalmente che posteriormente: CONTRIBUTI ORIGINALI - principessa, principe, infante, servo, mago, prete, vecchio, suora, nutrice, vecchia, bambino, bambina, sirena. L’approccio grafico-proiettivo al corpo si è rivelato particolarmente utile per sondare l’autopercezione del sé dei pazienti e la relativa eventuale modificazione indotta dal percorso psicoanimatorio. Modalità di elaborazione dei dati: la Principessa degli specchi L’elaborazione dei dati dal test ha previsto in primo luogo l’esame comparativo dei due disegni con i quali i soggetti hanno rappresentato se stessi; per l’interpretazione della rappresentazione grafica del corpo e del completamento delle figure ci si è avvalsi delle modalità previste dal Test della figura umana della Machover. I criteri sono identificati in otto categorie comprendenti: - la dimensione del disegno; - l’utilizzazione dello spazio; - il tratto grafico; - l’equilibrio; - il movimento; - il livello formale; - l’identità e la differenziazione sessuale; - il livello dei dettagli; - il confronto età; - l’ambivalenza; - le difese. Queste categorie si sono rivelate particolarmente importanti per ottenere una valutazione più completa e affidabile delle due successive rappresentazioni grafiche del sé. Ad esempio il confronto età è utile per la verifica di un’adeguata corrispondenza tra l’età cronologica del soggetto e quella della figura rappresentata, l’ambivalenza vaglia la corrispondenza del genere sessuale e di fondamentale importanza risulta anche poter valutare il grado di difese messe in atto dal soggetto durante l’attività grafica. Tale approccio ha consentito di trarre informazioni rilevanti sull’autopercezione del sé riguardante sia l’aspetto psicosessuale che quello dell’immagine del proprio Io. Successivamente, si è passati all’analisi del completamento delle altre figure che compaiono nella parte centrale del test, dalle quali sono state tratte le informazioni sul completamento della prima immagine a mezzobusto scelta dal soggetto ed esaminata secondo i parametri già descritti applicati via via ad ogni altra figura. Nella valutazione, in questo caso, si è tenuto conto del mezzo grafico utilizzato (matita, colori a pastello, colori a spirito, colori a cera ecc.), degli elementi disegnati - in modo rifinito o schematico - e colorati, del mezzo busto superiore frontale, di quello inferiore frontale, del mezzo busto superiore posteriore e di quello inferiore posteriore. È stata anche ricavata la presenza di oggetti, liberamente aggiunti senza alcuno spunto fornito dalle tavole, in quanto fonte di informazioni significative. Infine, si è dato avvio all’analisi narrativa delle due storie create dallo spunto proiettivo stimolato dai personaggi scelti dai pazienti alcolisti dopo il completamento grafico delle immagini a mezzo busto. Nella valutazione della prima e della seconda narrazione sono state considerate come parametro d’analisi 7 categorie: - le difese; - la comunicazione non verbale (emozioni, paralinguaggio, lapsus, ecc.); - le relazioni che emergono dal racconto (agio/disagio); - il vissuto corporeo e sessuale; - l’interazione tra mondo interno e mondo esterno; - il mondo della razionalità; - il mondo degli istinti. Queste categorie sono state utilizzate per raccogliere informazioni relative, all’autopercezione del sé. L’analisi ha previsto una ulteriore classificazione utile nelle interpretazioni degli elaborati grafici e dei resoconti simbolico-narrativi. Le categorie Esserci, Non Esserci, ci hanno aiutato ad osservare la tipologia delle relazioni oggettuali, la presenza o l’assenza degli oggetti secondo la prospettiva kleiniana e il vuoto corporeo e psichico che gli individui hanno in rapporto a se stessi e agli altri. Categorie per la descrizione dei dati. Corpi vuoti: il sé destrutturato Produzione grafica di sé Il confronto tra rappresentazione grafica di sé - percezione di sé 1 -, che i soggetti hanno elaborato nella fase iniziale del test, e la seconda simbolizzazione del proprio corpo - percezione di sé 2 - fornita a conclusione del percorso psicoanimatorio, mette in evidenza che al termine della psicoanimazione per traccia graficoproiettiva, avviene una modificazione dell’autopercezione. La totalità dei soggetti, infatti, ha modificato la propria percezione corporea, alcuni in termini positivi altri negativi, come si riscontra dal confronto tra la prima e la seconda rappresentazione grafica di sé: 16 soggetti del gruppo si sono riappropriati di parti del proprio corpo probabilmente rimosse, 4 pazienti rivelano una modificazione della propria immagine corporea, in senso peggiorativo da un punto di vista strutturale, mettendo tuttavia in evidenza, nel corso della simbolizzazione per traccia narrativa, caratteristiche psichiche riaffiorate già nella narrazione della storia. Riteniamo che anche nei casi in cui abbiamo assistito ad un peggioramento dell’autopercezione, si sia verificata una riacquisizione dei vissuti corporei, fatto co- Dalla rappresentazione del sé alla realtà psichica 35 BOLLETTINO PER LE FARMACODIPENDENZE E L’ALCOOLISMO munque positivo, nonostante l’ovvio permanere di chiari elementi di destrutturazione e di frammentarietà. All’inizio del test prima di disegnare il proprio corpo i soggetti dichiarano di percepire meno rispetto alle altre parti, le gambe (17), e/o i piedi e/o la zona genitale (16), vale a dire quelle dal busto in giù connesse agli istinti e all’irrazionalità. Alla fine del test dopo la seconda rappresentazione grafica di sé, la quasi totalità del gruppo rivela di avvertire parti del corpo che prima non erano mai state menzionate, come la testa, il cuore, lo stomaco o addirittura negate come i genitali; questo accade anche nei pochi casi in cui le parti, pur raffigurate, non erano citate. L’iter grafico-proiettivo avrebbe permesso di rappresentare, riconciliati, i luoghi delle emozioni e degli istinti. Nonostante la maggior parte dei racconti sia frammentaria e metta in evidenza una destrutturazione dell’Io e della storia della propria identità, emergono pochi soggetti che utilizzano il ragionamento per costruire il ricordo di eventi a forte connotazione emotiva, come si evince dalla rappresentazione grafica della testa e della sua percezione per tratto saliente. Anche coloro che sottolineano di sentire maggiormente il cuore, svelano contenuti emotivi solitamente trascurati e/o rimossi che, durante il racconto, riaffiorano attraverso il pianto e l’espressione di emozioni intense solitamente anestetizzate. Alcuni tra i soggetti che hanno dato risalto allo stomaco (4) hanno sentito la necessità di motivare questa loro scelta affermando che esso simbolizza “lo “svuotamento di sé”. Dopo aver descritto l’andamento dell’intero campione circa le dimensioni previste dal test, ci soffermiamo, più dettagliatamente, sugli aspetti clinici di due casi ritenuti rappresentativi di problematiche intrapsichiche e corporee di soggetti alcolisti. Maria Maria, anni 45, coniugata, casalinga, ha una figlia tossicodipendente, è al terzo ricovero per alcolismo. Nella percezione di sé 1 (assente), Maria si rappresenta come una bottiglia mezza piena di vino con accanto un bicchiere che apparirà anche nella percezione di sé 2 (4). Solo successivamente, con la restituzione scriverà “non più alcol” quasi a voler compiere un tentativo di riparazione per giustificare il disegno(2). È evidente la totale identificazione della paziente con l’alcol e la sua fissazione alla fase orale; questa si manifesterà durante tutto l’iter grafico e narrativo del test. La proiezione del sé sul foglio manifesta un Non Esserci corporeo e psichico infatti, la bottiglia mezza piena potrebbe mettere in evidenza il vuoto interno che Maria sente - la bottiglia è anche mezza vuota - e l’importanza di sentirsi riempita a metà - e non completamente - dall’oggetto alcol che illusoriamente crea l’inganno di un nutrimento affettivo. Anche il bicchiere è mezzo pieno e per la sua vicinanza alla bottiglia, fa 36 Dalla rappresentazione del sé alla realtà psichica XXVI - N. 4/2003 pensare al tentativo di Maria di simbolizzare graficamente l’immagine della diade madre-bambino e la sicurezza sensoriale della suzione dal seno rappresentata dal liquido proveniente dalla madre-bottiglia. Nelle sue produzioni l’oralità è un tema dominante e non a caso Maria sceglierà, tra le carte a mezzo busto, la nutrice che allatta un neonato. Nella seconda percezione di sé si osserva una riacquisizione del vissuto corporeo della paziente, e una buona demarcazione della femminilità, attraverso il discorso degli accessori. Maria disegna il proprio corpo sproporzionatamente evitando di marcare le zone genitali; inserisce una cintura che funge da confine e segnala la netta separazione tra il mondo dell’infanzia e dell’irrazionalità e quello dell’età adulta e della razionalità. Le gambe sono visibilmente nascoste sotto una gonna, larga e lunga, dalla quale si possono intravedere soltanto i piedi. Nella parte superiore del busto, aggiunge sulla maglietta cinque bottoni che ci sembra possano simbolizzare la tendenza della paziente a chiudersi e il suo tentativo di censurare i propri sentimenti. Anche la catenina con il crocifisso potrebbe rappresentare la ricerca di una sicurezza ontologica nella religione e nella spiritualità. Maria appare inibita, contratta, con un unico mezzo per liberarsi: il bicchiere che lei ha disegnato quasi identificandosi. L’elemento che funge da trade d’union tra la prima e la seconda percezione grafica di sé è il bicchiere che simbolizza il lapsus di Maria, la sua necessità di ricorrere all’alcol, nonostante il suo tentativo di rimanere razionalmente e autisticamente “abbottonata” evitando di svelare questa verità a se stessa e agli altri. Giuseppe Giuseppe, anni 42, celibe, imprenditore edile, è al secondo ricovero per alcolismo. Anche nel caso di Giuseppe la percezione grafica di sé 1 (-8) mette in evidenza, la tangibile presenza di vuoto. La sua sembra una sagoma lasciata in balia del vento, non è proporzionata ed ha uno spostamento del baricentro; i piedi non sembrano stabilmente appoggiati. Non è comprensibile se il disegno sia frontale, anche se il soggetto dichiara di essersi disegnato anteriormente - è senza volto, mancano elementi grafici interni al corpo. Appare la sottile divisione del mezzo busto superiore da quello inferiore, le braccia sembrano monche; testa, collo e tronco sono rigidi e non sono separati tra loro. Il disegno del corpo è quasi in movimento e dà a chi lo osserva la sensazione di confusione; soprattutto i capelli che inducono a riflettere sulla non chiarezza del pensiero del paziente. Il tratto è leggero e ripassato soprattutto nel cavallo dei pantaloni e nella parte interna delle gambe. La seconda percezione di sé (destrutturata) di Giuseppe è frammentaria e indica i suoi pensieri. Sembrerebbe che durante l’esposizione allo stimolo grafico proiettivo anche lui abbia in qualche modo modificato la propria percezione corporea. È evidente quanto in CONTRIBUTI ORIGINALI questo caso l’essere pieno di vuoto del primo disegno di sé abbia poi messo in luce, attraverso le narrazioni di cui parleremo nel prossimo paragrafo, i fantasmi del paziente. In questo caso Giuseppe appare sdoppiato: nella parte inferiore del foglio raffigura il suo stato d’animo - si riproduce molto piccolo e immerso in un paesaggio tutto arido e bruciato dal sole, che potrebbe rappresentare il padre. Nella zona superiore disegna se stesso ingrandendosi un po’, definendosi con il nome “Artù”, e inserisce accanto a sé la figura di mago Merlino che, con il suo potere magico, sarà in grado di salvarlo da ogni difficoltà intrapsichica ed interpersonale. Il vuoto di Giuseppe, che si osserva nella parte inferiore del foglio, è evidenziato dal paesaggio bruciato e secco, il mondo della irrazionalità e delle emozioni appare arido e talmente prosciugato da lasciare il paziente pietrificato. Nella parte superiore del foglio - che simbolicamente rappresenta il mondo della razionalità - egli riproduce il suo Io ideale - quello che vorrebbe esistere. Giuseppe si svela mettendo in evidenza un Io frammentato che vive a metà tra il Non Esserci - è vuoto - e l’Esserci ideale e fittizio. Completamento per traccia grafico-simbolica delle immagini a mezzo busto Il completamento grafico-proiettivo delle immagini a mezzo busto è importante per il suo particolare contenuto simbolico; come abbiamo detto la parte superiore del busto simboleggia il mondo della razionalità, dei pensieri e dei ragionamenti. La parte inferiore che è assente e da completare, al contrario, rappresenta la zona delle emozioni, degli istinti e delle sensazioni e rimanda alla frattura tra il vissuto infantile e quello dell’epoca adulta. Alla prima richiesta di scegliere una carta da completare la maggioranza dei pazienti (7 maschi e 8 femmine) ha scelto la nutrice, probabile espressione del desiderio di regressione orale; tre pazienti femmine hanno mostrato anche nella narrazione una grande insistenza sull’oralità, descrivendo nel dettaglio i ritmi dell’allattamento, la sensazione di benessere che ne scaturisce ma anche l’angoscia che sorge dal seno vuoto e la sensazione di smarrimento e distruzione. I restanti soggetti hanno scelto la suora (2 maschi e 4 femmine), la principessa (4 maschi e 3 femmine) e la sirena (4 maschi e 3 femmine). Simbolicamente la figura della suora è collegata ad “esigenze ablative”, quella della principessa all’“idealizzazione del sé” e alle “aspirazioni del sé”, mentre la sirena rappresenta il “senso magico e il desiderio di potenza e di seduzione”. Le immagini assumono maggiore pregnanza in relazione alle singole identificazioni dei pazienti e alla scelta del ruolo familiare e sociale e alla narrazione da loro effettuata. Alla seconda richiesta di scelta e completamento di una o più figure a mezzo busto i soggetti hanno preferi- to nell’ordine: il prete (9), il mago (6) principessa (8), il vecchio (4), e l’infante (2). L’infante e il vecchio rappresentano rispettivamente: la libido oro-captativa e le tendenze primarie che spingono a prendere e trattenere; il timore del decadimento fisico e la saggezza. Nell’analisi dei completamenti grafico-proiettivi delle figure a mezzo busto si è tenuto conto: - del mezzo grafico utilizzato per disegnare il personaggio (matita, penna, colori ecc.); - degli elementi disegnati nella porzione del mezzo busto superiore frontale e posteriore; - degli elementi disegnati nella porzione del mezzo busto inferiore frontale e posteriore. Il mezzo grafico più frequentemente utilizzato è il colore a pastello. Le immagini nella maggior parte dei casi non sono state completate ma semplicemente riempite con il colore negli spazi interne, con l’attenzione tipica dei bambini a non oltrepassare i confini delle figure. La maggioranza dei soggetti ha preferito completare, seppure in modo poco rifinito, o riempire con il colore, il busto frontale superiore piuttosto che quello inferiore mettendo in evidenza la necessità di ancorarsi al mondo della razionalità come estrema difesa contro il vuoto emotivo. Si svelano, così, le difficoltà che gli alcolisti incontrano nella sfera libidica e le forti ambivalenze sul vissuto sessuale, come se la frattura tra l’epoca dell’infanzia e quella dell’età adulta, tra il mondo interno e il mondo esterno impedisse ogni fluidità di pensiero e affetto che insieme al vuoto oggettuale costituiscono le fonti della loro sofferenza. La difficoltà riscontrata pressoché in tutti i soggetti, a disegnare la parte posteriore della carta scelta non è certamente da attribuire ad un errore percettivo, ma assai più probabilmente ad una sorta di difesa dall’angoscia provocata dal lato oscuro della loro personalità. Rendendo frontale il retro delle immagini, i soggetti hanno proiettato sul foglio il proprio doppio. In questo modo forse, è stato possibile trasformare un’esperienza negativa e non accettabile in qualcosa di controllabile. Inserendo i lineamenti in una nuca-volto, hanno reso l’immagine conoscibile e perciò non perturbante; attribuendo gli aspetti negativi di se stessi a un personaggio somaticamente riconoscibile provano a liberarsene. La produzione simbolico-narrativa La produzione simbolico-narrativa fa emergere la proiezione del vissuto personale; attraverso il racconto, infatti, si manifestano flashback autobiografici che ripercorrono le tappe della vita di ognuno a partire dall’infanzia per giungere nell’epoca attuale. La catarsi al di là di ogni connotazione cronologica, è realizzata; l’emozione torna a far vibrare l’individuo. In molti pa- Dalla rappresentazione del sé alla realtà psichica 37 BOLLETTINO PER LE FARMACODIPENDENZE E L’ALCOOLISMO zienti emerge un pensiero e un Io frammentario e disorganizzato. Abbiamo classificato le difese dei soggetti nella produzione narrativa delle storie in basse, medie, alte. Nell’esaminare le due produzioni narrative si è riscontrato un abbassamento del livello difensivo. La maggioranza dei soggetti ha utilizzato immediatamente la prima persona nel racconto, due di loro sono passati dalla forma impersonale a quella personale (egli-io). Addirittura già nella scelta del primo personaggio alcuni si sono immediatamente riconosciuti nell’immagine, esclamando il proprio nome per un probabile investimento identificatorio realizzatosi durante il percorso psicoanimatorio. Un aspetto particolarmente importante e significativo che scaturisce dall’analisi dei racconti è l’identità di genere. Quest’ultima, costruita negli individui dall’interazione con l’ambiente sociale e con l’identificazione sessuale varia a seconda dei differenti contesti sociali. Tutte le donne del gruppo sono ben identificate con gli aspetti culturali della femminilità sia che ne evidenzino gli elementi tradizionalmente positivi sia quelli conflittuali. Tra gli uomini del gruppo, invece, si osserva un bisogno eccessivo di affermazione della propria identità sessuale. Alcuni di loro manifestano un odio smisurato nei confronti delle donne, che fa pensare ad una omosessualità latente, mentre altri nella costruzione del racconto evidenziano l’importanza del ruolo sociale maschile rispetto a quello femminile. Nelle narrazioni prodotte dai pazienti, come nel completamento delle carte a mezzo busto, si è notata l’assenza, tranne che in due casi di donne di ogni riferimento alla propria infanzia. L’analisi delle narrazioni dei soggetti ha utilizzato le categorie dell’Esserci e del Non Esserci psichico ritenute idonee a rivelare le modalità delle loro relazioni oggettuali. In tutti i casi l’unica categoria rappresentata è il Non Esserci, che mette in evidenza la difficoltà di costruire rapporti significativi e di mantenerli nel tempo, in un mondo relazionale che si sgretola e non fornisce mai basi sicure. Sentimenti di ostilità e di rabbia vengono rivolti verso se stessi. Anche per i racconti ci riferiamo ai due casi precedentemente scelti. Maria La fissazione alla fase orale di Maria è evidente nel suo racconto e nelle sue rappresentazioni grafiche; disegnandosi come bottiglia e raccontando le vicissitudini dell’allattamento di sua figlia, esprime il desiderio di sentirsi piena. È infatti particolarmente preoccupata di far acquisire peso alla bambina che per una sua incapacità “affettiva” non riesce a nutrire neanche artificialmente. Nella narrazione è evidente anche una sorta di identificazione con la piccola, che rappresenta se stessa 38 Dalla rappresentazione del sé alla realtà psichica XXVI - N. 4/2003 regredita allo stadio orale. Una delle più accreditate teorie psicoanalitiche, mette in luce che alcune disillusioni orali o traumi narcisistici nella prima relazione oggettuale possono aver determinato fissazioni a tale stadio, con inevitabili conseguenze sulla struttura della personalità. L’etilista tenderebbe a ripetere allucinatoriamente il rapporto idealizzato con l’oggetto madre-alcol. Il racconto svela un vuoto interno: Maria non ha il latte per nutrire la propria bambina e il deserto interiore in cui vive le impedisce anche il nutrimento psichico. Probabilmente riproduce l’antico rapporto con sua madre. Durante la fase orale il neonato vive, di norma, in un mondo ideale caratterizzato dall’integrità e dal benessere; da questa prima relazione oggettuale, instaurata attraverso la suzione al seno materno e le sensazioni cutanee, egli riceve piacere e sicurezza; in questo stadio necessita soltanto di essere soddisfatto senza avere alcuna capacità di dare e senza alcuna considerazione della realtà esterna(3). Per Maria l’alcol è l’oggetto buono che invece di “avvelenare” protegge, attrae e respinge. Maria non riesce ad assumersi la responsabilità della propria esistenza, e non sa neanche pensarsi; si affida agli altri decisioni vitali come quella della sua uscita dall’alcol. Giuseppe La narrazione di Giuseppe è frammentata e destrutturata come il suo Io; anche lui affida i pensieri agli altri affinché questi possano riorganizzarli. Il suo rapporto con la madre e il padre è inconsistente. Mostra di provare attrazione e repulsione verso il potere paterno e materno. È pieno di risentimento e di odio verso le donne autonome che lui non riesce a dominare. Per il paziente le donne sono “Madonna-vergine-madre, compagna-madre-ribelle, donna-amante-prostituta”. Anche la sessualità può essere agita in una situazione di sottomissione dell’altro. L’identificazione con la figura paterna è contraddittoria. Il padre incarna per lui il “potere temporale” che “rappresenta il sorriso falso, i sorrisi di Dio”. Giuseppe affida se stesso al potere magico di mago Merlino l’unico in grado di aiutarlo e di proteggerlo dall’immagine castrante del padre che viene rappresentato nella percezione di sé 2 come un sole che brucia tutto; solo da questa devastazione Giuseppe rinasce nel suo mondo ideale e magico come Artù simbolo di forza e di saggezza(4). Alla luce di quanto abbiamo analizzato, sembra che tra gli alcolisti vi sia un minimo comune denominatore: l’evanescenza, il grande vuoto psichico e corporeo. Il mondo oggettuale è arido e non permette loro di creare nuove e vitali relazioni. Questa difficoltà e la fissazione alla fase orale risultano in modo evidente dal test la Principessa degli Specchi. La notevole componente di sofferenza psichica, conduce i soggetti a pietrificare le emozioni bloccando sistematicamente qualsiasi capacità introspettiva. L’elemento depressivo è palese ed è CONTRIBUTI ORIGINALI accompagnato dalla sensazione di vuoto, di inutilità e di autosvalutazione, segnali di un Io fragile e destrutturato che nelle primissime fasi dell’infanzia non ha avuto validi supporti per una sana strutturazione. ciullo, nel suo rapporto di dipendenza con la madre, ha un vissuto identificatorio fluido perché, come afferma Winnicott, comincia da tre - la donna, la madre e la madre della madre. Bibliografia Note (1) (2) (3) (4) Melanie Klein, sostiene che il bambino dopo la sua nascita si trova nella fase schizoparanoide in cui sono al lavoro meccanismi di scissione e di persecuzione. Il neonato scinde una realtà buona e una realtà cattiva. È questo il periodo in cui il bambino non vive la madre nella sua totalità ma parzialmente: la sua attenzione è focalizzata sull’oggetto-parziale-seno che è percepito come buono quando è presente ed è in grado di soddisfare le esigenze orali del piccolo. Al contrario l’assenza della figura materna è percepita come catastrofica e lo indurrà a trasformare inconsciamente l’oggetto buono in seno cattivo - tramutandolo così in qualcosa di minaccioso, ostile e persecutorio - verso cui proiettare tutto il proprio odio distruttivo (Klein, M., Riviere, J., Amore, odio e riparazione, Astrolabio, Roma, 1969). Le difese sono presenti solo in un secondo momento, quando il conduttore fa osservare al soggetto che si è rappresentato graficamente come una bottiglia piena a metà e un bicchiere. Secondo Winnicott, se il lattante non vede nel volto della madre il riflesso delle sue emozioni subirà un’atrofizzazione della capacità creativa e cercherà di recuperare le parti di sé, che aveva messo in relazione senza ricevere alcuna risposta, nell’ambiente. In questo modo il viso della madre non assolverà più alla funzione di specchio e il neonato o continuerà a sperare di trovare significato nel suo volto o sarà costretto ad analizzarlo nel tentativo di riuscire a predire i vari stati d’umore con una conseguente chiusura in se stesso. Le gesta di Artù e di mago Merlino appartengono a quella produzione narrativa di miti che mostrano la continua ricerca dell’uomo di paradisi perduti e di straordinari tesori. Artù cerca il Sacro Graal che archetipicamente rappresenta il desiderio di riconquista del primordiale rapporto con il corpo materno. Relazione questa, caratterizzata da una iniziale dipendenza sostituita dalla fuga, ovvero dal tentativo di strutturarsi una propria identità in piena autonomia, partendo dall’urgenza di essere uno come sosterrebbe Winnicott, e in contraddizione con l’identità femminile verso cui vi è, contemporaneamente, un meccanismo di attrazione-repulsione. La bambina, al contrario del fan- 1) Bion W.: Il cambiamento catastrofico, Borla, Roma, 1972. 2) Canestrari R.: Psicologia generale e dello sviluppo, Clueb Editore, Bologna, 1993. 3) Greenberg J.R., Mitchell S.A.: Le relazioni oggettuali nella teoria psicoanalitica, Il Mulino, Bologna, 1995. 4) Klein M.: Scritti, Boringhieri, Torino, 1978. 5) Klein M., Riviere J.: Amore odio e riparazione, Astrolabio, Roma, 1969. 6) Kernberg O.: Sindromi marginali e narcisismo patologico, Boringhieri, Torino, 1978. 7) Kernberg O.: Mondo interno e realtà esterna, Boringhieri, Torino, 1985. 8) Kouth H.: La guarigione del Sé, Boringhieri, Torino, 1980. 9) Kouth H.: Narcisismo ed analisi del Sé, Boringhieri, Torino, 1984. 10) Parsi M.R.: La principessa degli specchi, OS, Firenze, 1995. 11) Pessoa F.: Il libro dell’Inquietudine, Feltrinelli Editore, Milano, 1999. 12) Resnik S.: Il teatro del sogno, Borighieri, Torino, 1982. 13) Resnik S.: Spazio mentale, Boringhieri, Torino, 1991. 14) Resnik S.: Temps des glatiations.. Voyage dans le monde de la folie, Editions Erès, Ramonville Saint-Agne, 1999. 15) Rossi S.: Soddisfazione e sofferenza nel rapporto con gli altri, In: Studi Urbinati, n.LVII, 1984. 16) Rossi S., Pediconi M.: Percorsi del desiderio e della nostalgia: patologia della dipendenza, In: Giornale italiano di psicologia e pedagogia dell’handicap delle disabilità di apprendimento, n.55, 1993. 17) Rossi S.: L’alcolista. Un nostalgico alla ricerca di identità, Guerini Studio, Milano, 1994. 18) Roth J.: La leggenda del santo bevitore, Adelphi, Milano, 1975. 19) De Saint-Exupéry A.: Il Piccolo Principe, Bompiani, Milano, 1994. 20) Winnicott D.W.: Dal luogo delle origini, Raffaello Cortina Editore, 1990. 21) Winnicott D.W.: La famiglia e lo sviluppo dell’individuo, Armando Roma, 1994. 22) Winnicott D.W.: Gioco e realtà, Armando Roma, 1995. 23) Winnicott D.W.: Sviluppo affettivo e ambiente, Armando, Roma, 1995b. Dalla rappresentazione del sé alla realtà psichica 39