cartiera “le Carte” a Pietrabuona

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cartiera “le Carte” a Pietrabuona
cartiera “le Carte” a Pietrabuona
2.1.2 la carta nella Valleriana
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a cura di Massimiliano Bini
Nella Relazione sulla statistica elaborata dalla Camera di Commercio di Lucca nel
1863, la prima del suo genere dell’Italia Unita, Pescia ottiene dei giudizi molto lusinghieri tanto da venir definita “città industriale per eccellenza, e non inferiore, crediamo,
a qualsiasi altra più industre del Regno”5. Dal testo dell’indagine appare evidente la
vitalità dell’industria cartaria che sarà chiamata di lì a poco a reggere e determinare
l’economia cittadina soprattutto quando, dagli anni Ottanta del secolo XIX, gli altri
apparati industriali pesciatini cominceranno a conoscere una crisi profonda. La situazione descritta si era consolidata solo a partire dagli ultimi decenni del secolo XVIII, e
non come riportato nella ricordata Relazione “dalla costituzione del Regno” datazione
rispondente solo alla vicenda delle cartiere lucchesi, ed aveva conosciuto una rapidissima
ascesa e consolidamento già in periodo napoleonico6.
Con l’annessione, nel 1847, dello Stato di Lucca al Granducato di Toscana, ed il conseguente inserimento di Pescia nella provincia lucchese, si era creato, dall’unione delle “fabbriche pesciatine e vellanesi già ricche di capitali e rinomate per bontà di lavorazione”7
e quelle della confinante Villa Basilica - il paese delle spade rapidamente trasformato fin
dal secolo XVII in quello delle cartiere8 -, la più cospicua concentrazione di opifici da
carta dell’intero territorio nazionale, a discapito di altri luoghi storicamente più famosi
come Colle di Val D’Elsa, con un modello basato su fabbriche di piccole dimensioni capillarmente diffuse9 e pronte a cogliere le occasioni fornite dai “nuovi e ricchi mercati”10
creatisi con l’unificazione italiana: occorre sottolineare come questa eredità sia stata
5
Relazione su la statistica e l’andamento del commercio e dell’industria nel distretto della Camera di
Commercio di Lucca, Lucca, 1864, p. 12, citata e commentata da R. SABBATINI, “Pescia città industriale del
sette-ottocento”, in C. CRESTI, “Itinerario museale della carta in Val di Pescia”, Siena, 1988, p. 20.
6
SABBATINI, “Pescia città industriale”, cit. pp. 36-38.
7
ibidem, cit. p. 43.
8
R. SABBATINI, “Le cartiere lucchesi tra XVII e XVIII secolo”, in 2Studi e ricerche II”, Firenze, Istituto
di Storia Facoltà di Lettere, 1983, pp. 297-322.
9
L. PEDRESCHI, “L’industria della carta nelle province di Lucca e di Pistoia”, in “Rivista geografica
italiana”, 1963, pp. 149-176.
10 SABBATINI, “Pescia città industriale”, cit., p. 42.
raccolta e venga oggi tutelata e portata avanti, in una ininterrotta continuità, dal Distretto
Cartario di Capannori, l’unico ed il più grande d’Europa.
La florida e per certi versi sorprendente situazione registrata nella seconda metà
dell’Ottocento, aveva avuto tuttavia una genesi lontana nel tempo ma, così come hanno
confermato anche i più recenti interventi in merito, la questione delle origini della carta a
Pescia deve essere trattata con estrema attenzione oltre che con un approccio problematico e deve, infine, considerarsi tuttora sostanzialmente irrisolta11.
Una antica tradizione, infatti, ripresa da studi locali ormai datati12, ciò nonostante spesso riproposti, vuole che l’arte di far carta fosse conosciuta nella valle di Pescia
fin dal secolo XIII, ma le discutibili prove portate a sostegno13 ed il silenzio delle fonti
documentarie, in particolare il catasto del 142714, impongono considerazioni più prudenti
e ragionate. Già il testo dell’inchiesta Leopoldina del 1768 “sopra le arti e manifatture”15
pur richiamandosi anch’essa ad una tradizione che voleva la più antica delle cartiere pesciatine essere “la prima stata eretta in Toscana”, proseguiva con moderno spirito critico
precisando che “ciò che si sa di certo è che i primi due edifizi esistevano nell’anno 1536,
come leggesi nei documenti di questo pubblico archivio”16. Ulteriori studi hanno permesso di definire in modo più chiaro i contorni della vicenda.
11 R. SABBATINI, “Pescia e la carta, una lunga storia”, in “Il Tremisse pistoiese”, anno XXXI, N. 1/2
Gennaio-Agosto 2006, pp. 41-44.
12 C. MAGNANI, “Cartiere toscane”, Pescia 1960; ID., Antiche cartiere toscane, in “Pistoia. Periodico di
informazione della Camera di Commercio, industria e agricoltura di Pistoia”, maggio, 1964.
13 Ben sintetizzate in J. BROWN, “In the Shadow of Florence, Provincial Society in Renaissance Pescia”,
New York-Oxford, 1982, trad it. “Pescia nel Rinascimento. All’ombra di Firenze”, a cura di G. I . ANZILOTTI, Pescia 1987, pp. 153-154, nota 108.
14 Il documento è analizzato da BROWN, “In the Shadow..”, cit., pp. 148-162.
15 “Relazione sopra le arti e manifatture della città e comunità di Pescia”, aprile 1768, citata e commentata
in SABBATINI, “Pescia città industriale”, cit., pp. 29-35.
16 SABBATINI, “Pescia città industriale”, cit., p. 21.
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Una antica tradizione, infatti, ripresa da studi
locali ormai datati, ciò nonostante spesso riproposti,
vuole che l’arte di far carta fosse conosciuta
nella valle di Pescia fin dal secolo XIII,...
Le fonti archivistiche, anche di recente scoperta, hanno consentito infatti di documentare
con certezza l’attività di due opifici da carta di proprietà rispettivamente delle famiglie Turini17 e
Orlandi18, fra le consorterie più prestigiose della Terra di Pescia, almeno a partire dagli anni Ottanta
del Quattrocento, in naturale collegamento con la breve ma splendida stagione della stamperia degli
stessi Orlandi, sotto i cui torchi presero vita una trentina di incunaboli19.
A differenza di una iniziale intraprendenza delle famiglie autoctone, che pure dettero avvio alla
manifattura, il tratto comune che può essere rinvenuto nella storia della carta a Pescia e al contempo
l’elemento propulsore della crescita deve essere senza alcun dubbio individuato nella presenza di
maestri forestieri: romani prima, provenienti da Colle Val d’Elsa poi e, successivamente, a partire
dal Seicento, originari di Voltri come i Dal Fabbrica, gli Ansaldi e, nel secolo XVIII, i Magnani.
Sarà proprio lo spirito imprenditoriale dei maestri liguri a determinare il successo delle cartiere
pesciatine che, ancora nel secolo XVII, rappresentavano una realtà poco significativa all’interno
del panorama della produzione cartaria toscana e vivevano un periodo che potrebbe essere definito di incubazione, vittime anch’esse dei problemi strutturali della produzione granducale quali la
mancanza di capitali, l’arretratezza tecnologica e la conseguente scarsa aggressività sul mercato.
Problemi ai quali si tentò di ovviare alla metà del Seicento con l’istituzione dell’Appalto, organo
centrale dal quale le cartiere ricevevano le materie prime e indicazioni precise e non negoziabili in
merito alle quantità e prezzi delle carte da produrre, scelta che determinò di fatto la costituzione di
un mercato chiuso e fortemente regolamentato. Nonostante tali incertezze ed imposizioni le cartiere
pesciatine, dimostrando un rilevante spirito d’iniziativa ed una tendenza all’autonomia che si andrà
sempre più accentuando, chiederanno ed otterranno nel 1648, all’interno della più generale crisi
cartaria toscana determinatasi alla metà del secolo XVII20 a causa del bando contro l’esportazione
degli stracci del 1628, e dal diffondersi della peste negli anni immediatamente seguenti, l’esenzione
17 BROWN, “In the Shadow...,” cit., p. 159.
18 ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Notarile antecosimiano 5497, fasc. 1496-97, n. 25, cfr. SABBATINI, “Pescia e
la carta”, cit., p. 41.
19 BROWN, “In the Shadow...,” cit., pp. 161-162; G. SAVINO, “La stampa a Pescia nel secolo XV”, in “Artigianato e
industrie in Valdinievole dal Medioevo ad oggi”, Atti del Convegno, Buggiano 1987, pp. 31-45.
20 SABBATINI, “Pescia città industriale”, cit., pp. 21-23.
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cartiera Magnani, Aramo 1916
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della gabella per la carta destinata all’esportazione identificata da una specifica filigrana: un delfino
coronato, simbolo della città, con una stella negli angoli del foglio.
I segni di una tale ritrovata vitalità possono essere collegati alla presenza a Pescia, almeno dal
1650, della ricordata famiglia Ansaldi, consorteria di origine voltrese, da due secoli impegnata nella
produzione cartaria e proprietaria di una delle due cartiere pesciatine richiamate precedentemente21.
Gli Ansaldi agirono fin dall’inizio con forza e spregiudicatezza trovando spesso motivi di conflitto
con le rigide regole dell’Appalto, dal 1652 in gestione ai privati, e mentre un ramo della famiglia
compiva il proprio apprendistato prima a Villa Basilica e poi a Colle, gli Ansaldi di Pescia si diedero
subito a ristrutturare la cartiera di loro proprietà. Grazie alle migliorie apportate, e alla loro esperienza, furono capaci, in virtù di un prodotto di qualità nettamente superiore, anche in confronto all’altra
cartiera pesciatina, in mano al genovese Antonio del Fabbrica, di conquistare, nonostante una produzione non eccedente le duecento balle l’anno, crescenti fette di mercato, come testimonia anche
il ministro del negozio di Livorno nel 1700: “La carta di Pescia piace ai mercanti e non vogliono
più quella di Colle, e tutti la rimandano”22. Grazie ai successi ottenuti e servendosi abilmente delle
relazioni intessute in questi anni a Pescia e a Colle, gli Ansaldi ottennero nel 1710 il permesso di
costruire, vincendo iniziali malumori e sfruttando la ristrutturazione di una antica gualchiera, una
nuova cartiera che venne però completante assoggettata alle disposizioni dell’Appalto e quindi
privata di qualsiasi autonomia: l’opificio in oggetto, il primo ad essere costruito a Pietrabuona e la
terza cartiera presente a Pescia in ordine di tempo, dopo le due iniziali costruite nella seconda metà
del Quattrocento, deve essere individuato con ogni probabilità proprio nella cartiera “Le Carte” sede
e “contenitore”, dell’ormai progetto esecutivo, del “Nuovo Museo della Carta” (cfr. PARTE TERZA 4 attuazione del piano). La nuova fabbrica dell’Ansaldi si distinse fin dall’inizio per una produzione di alta
qualità, in linea dunque con un preciso indirizzo assunto dalla famiglia, e soprattutto per un nuovo
tipo di carta detta “alla genovese all’uso di Amburgo”: un successo che spinse gli Ansaldi a costruire
una seconda cartiera sempre a Pietrabuona nel 1724.
21 A. LABARDI (a cura di), “Gli Ansaldi. Un famiglia di storici e di ecclesiastici pesciatini”, Pisa 2003.
22 ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, MdPB 607, lettera di Jacopo Valsisi al Provveditore del Monte del 17 dicembre
1700, cfr. SABBATINI, “Pescia città industriale”, cit., p. 24.
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Attorno al 1730, dunque, le ormai quattro cartiere pesciatine, due nei pressi della
città e due a Pietrabuona, producevano circa 470 balle di carta l’anno, il doppio quindi della produzione di poco più di vent’anni prima, e si erano specializzate in carta
alla genovese, sia buona da scrivere che “fioretto”, carta formata da stracci di seconda
qualità adatta alla stampa. Inoltre, in considerazione dei successi ottenuti, a fronte di una
gestione sempre più rigida dell’Appalto, i cartai pesciatini presero a dedicarsi sempre
più scopertamente ad un florido mercato clandestino grazie alla vicinanza con Lucca.
L’ascesa degli Ansaldi appare inarrestabile tanto che, scalzati tutti i concorrenti, troviamo, nell’arco di pochi anni, i quattro opifici pesciatini, sia quelli costruiti a Pietrabuona
sia i due a Pescia, in mano a vari componenti della famiglia: attorno alla metà del secolo
XVIII gli Ansaldi raggiunsero una posizione di assoluto monopolio nella produzione di
carta.
Con la fine dell’Appalto, datata primo gennaio 1750, il comparto cartario pesciatino,
tornato in regime di libertà, mise in evidenza tutte le sue capacità ancora inespresse che
bene possono essere esaminate grazie ai risultati della già citata inchiesta Leopoldina del
1768 “sopra le arti e manifatture”: le cartiere pesciatine dimostrarono di essere in grado
di andare anche oltre le pur ottimistiche previsioni della stessa relazione. L’indagine
lanciata da Pietro Leopoldo col motu proprio del 25 novembre 1766, comprensiva di tutti
i settori produttivi della città, quali le botteghe di cappelli da feltro, le conce, la vetreria, l’arte della lana, l’attività serica, venne concepita suddivisa in tre ambiti temporali:
l’elaborazione di un quadro relativo ai vent’anni precedenti; la descrizione della situazione coeva e, infine, la predisposizione di alcune proposte per il futuro. Veniamo così
a sapere che, nel giro di pochi anni, le cartiere nella zona di Pescia erano ormai salite a
tre, nell’inchiesta non rientrano infatti le due di Pietrabuona che fanno parte del vicariato di Vellano, del quale tratteremo a parte; il testo evidenzia un potenziamento della
produzione che ha ripreso vigore con la fine dei limiti imposti dall’Appalto e ha portato
gli opifici presi in esame a produrre 260 balle di carta da scrivere, 30 da stampa, 50 da involtare, e dieci di cartoni, pur confermando la specializzazione nella carta da scrivere: la
nota dolente viene individuata nel netto peggioramento della qualità del prodotto finito.
Si raccomanda quindi caldamente che la carta di Pescia debba velocemente “a qualunque
costo migliorarsi” per poter competere con le carte francesi e olandesi “forti sebbene
sottilissime, di un pesto finissimo quanto candido e di una colla meravigliosa”23, e si consiglia pertanto una scelta più accurata delle materie prime e carnicci di migliore qualità.
Dalla cancelleria di Vellano giunse una relazione di tono simile, anche se con un maggiore grado di pessimismo dovuto alla carenza di capitali e al cattivo stato delle vie di
comunicazione, sulle due cartiere di Pietrabuona24 degli Ansaldi. In esse si producevano
circa 200 balle di carta l’anno, per lo più di carta da scrivere, ma ciò che preoccupava
particolarmente era il continuo movimento migratorio di manifattori fra le cartiere di
Pietrabuona e quelle di Villa con evidenti ricadute negative sulla produttività.
Ad una considerazione generale l’inchiesta leopoldina, pur non tacendo le difficoltà
ed i punti deboli, come abbiamo sottolineato, mette in evidenza una situazione fluida ed
in dinamica evoluzione, quadro che ricevette una decisa accelerazione dall’arrivo e rapida ascesa di una nuova famiglia ligure, i Magnani25, che presto divennero la nuova famiglia imprenditoriale egemone e sostituirono gli Ansaldi nel sostanziale monopolio della
produzione di carta a Pescia. I Magnani, infatti, dettero avvio, dopo dal 1783, ad una
stagione di affitti, acquisti, ristrutturazioni e costruzioni di nuovi opifici, con l’impiego
di notevoli capitali, una delle carenze ricordate nell’indagine del 1768, e furono capaci di
dare un volto nuovo al comparto cartario pesciatino facendogli assumere, come testimonia il Sismondi26, quelle dimensioni che rimarranno immutate fino all’Unità d’Italia e,
aggiungiamo noi, per buona parte del secolo XX.
23 SABBATINI, “Pescia città industriale”, cit., p. 30
24 SABBATINI, ibidem, cit., p. 31.
25 A.M. ONORI, “Giorgio Magnani e F°: una famiglia di industriali della carta fra Settecento e Ottocento”,
in CRESTI, “Itinerario”, cit., pp. 61-86; ID., “Famiglie imprenditoriali e attività industriale a Pescia fra Settecento e Ottocento: premesse per un’indagine”, in A. SPICCIANI (a cura di), “Pescia, la storia, l’arte e il
costume”, Pisa 2001, pp. 229-238.
26 J.C.L. SISMONDI, “Des ressources de la Toscane….1799”, pubblicato in appendice a G. TURI, “Viva
Maria. La reazione alle riforme leopoldine (1790-1799)”, Firenze 1969.
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Una nuova inchiesta, anche in questo caso, ci consente di acquisire fondamentali elementi di discussione e permette di far luce su tale vorticoso sviluppo. Dalle risposte ai quesiti
posti su “Papeterie et Tanninerie” del 1811, grande inchiesta lanciata in tutto l’impero,
emerge, un quadro sorprendente27. Vengono infatti ricordate, indicandone per la prima
volta il nome esatto e la precisa ubicazione28, complessivamente 21 fabbriche, dodici in
città e nove nel territorio di Vellano, nelle quali risultavano impiegate ben 700 persone.
Al momento dell’inchiesta i Magnani possedevano già 4 fabbriche a Pescia e tre a Vellano, opifici che si distinguevano per le loro moderne attrezzature: una sola fabbrica era
dotata di un unico tino per la fabbricazione dei fogli di carta, mentre le altre ne avevano
due e tre e la più grande, di Pietrabuona, addirittura quattro. In relazione all’accresciuto
numero degli opifici funzionanti, se pure la specialità continuava ad essere la carta da
scrivere, si potevano contare ormai fino a 43 tipi diversi di carta e tre di cartoni.
L’ulteriore conferma dell’intraprendenza e della volontà di migliorare continuamente la produzione da parte dei Magnani, viene confermata e ribadita anche dal Maire
Fiori il quale non si esime dal ricordare come essi fossero “al caso di fare uso dei cilindri
olandesi se avessero potuto ottenere la privativa dal Governo”29. Tuttavia, un episodio dal valore simbolico può chiarire, meglio di ogni altra cosa, lo spirito che animava
Magnani e la loro chiara volontà di affermazione: essi infatti richiesero ed ottennero in
tempi rapidissimi, nell’agosto del 1812, l’autorizzazione a produrre uno speciale foglio
di carta con in filigrana l’immagine di Napoleone e Maria Luisa d’Austria, la forma
filigranata corrispondente era già pronta da un anno30. I Magnani possono quindi essere
individuati, in particolare dopo la chiusura della parentesi napoleonica, come i fautori
27 SABBATINI, “Pescia città industriale”, cit., pp. 36-39.
28 Nel comune di Pescia si contavano 11 fabbriche denominate Al Masso, San Lorenzo, La Torre, Fabbrica Nuova, Malcesca, Cerreto, Paradiso, Paradisino, Campolasso, All’Ansaldi, Al Buono; una soltanto,
Sant’Allucio, nel comune di Uzzano; nove invece nel comune di Vellano: Ponte a Germolano, Pettorina, San
Giovanni, Il Mulino, Terrazzo, Rimigliari, L’Orticaia, Le Carte, Pietrabuona.
29 SABBATINI, “Pescia città industriale”, cit., p. 38.
30 SABBATINI, ibidem, cit., p. 38.
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dello sviluppo ed i principali protagonisti del successivo consolidamento dell’apparato
produttivo cartario pesciatino: se Villa Basilica si specializza e costruisce la propria fortuna sull’invenzione della cartapaglia, Pescia, grazie alla famiglia ligure (occorre ricordare che Giorgio Magnani riceverà la “menzione onorevole” all’Esposizione Universale di
Londra nel 1862), continua a produrre pregiata carta da stracci commercializzata ormai
ad Alessandria d’Egitto, a Lisbona, in Brasile e in Venezuela.
All’inizio del Novecento troviamo una situazione dell’industria cartaria del tutto
simile a quella del 1863: il numero delle cartiere presenti sul territorio ammonta ormai a
25 e le carte da scrivere e da stampa di Pescia, oltre che sui mercati ricordati precedentemente, si affermano anche in America Latina, nel Nord Africa e nel Vicino Oriente. La
fase di espansione è però esaurita e, mentre la zona lucchese vedrà raddoppiare nel secolo XX il numero delle cartiere, Pescia si attesterà sulle prestigiose posizioni raggiunte.
Il comparto industriale cartario pesciatino presenta oggi una dimensione produttiva
e occupazionale decisamente ridotta rispetto all’inizio del secolo XX. Una forte deindustrializzazione ha infatti colpito, a partire dal secondo dopoguerra, la Valle della Pescia
Maggiore, così come quella della Pescia Minore, tanto che oggi, diversamente da quanto
censito nel 1863, troviamo attive a Pescia 10 cartiere e cartotecniche, le quali hanno comunque mantenuto, in collegamento con la loro lunga storia, una produzione particolare
di carte speciali. Tuttavia, i capitali e le conoscenze accumulate nei secoli nelle due valli
non si sono disperse o distratte e la stessa deindustrializzazione ha comportato la nascita
del Distretto Cartario di Capannori nella piana lucchese, esempio di continuità, pur nelle
mutate condizioni a livello internazionale.
Il problema del concreto riutilizzo dei pregevoli manufatti di archeologia industriale
presenti lungo il corso della Pescia di Pescia si è posto fin dagli anni Ottanta del Novecento e trova oggi finalmente attuazione grazie all’impegno progettuale e finanziario dell’
”Associazione Museo della Carta” ONLUS impegnata ormai da quattro anni nel recupero
e nella ristrutturazione dell’antico opificio “Le Carte”, al fine di trasformarlo nel nuovo
51
e moderno “Museo della Carta” di Pescia: istituzione depositaria, insieme alle industrie
ancora presenti sul territorio, di una così lunga e gloriosa tradizione.
BIBLIOGRAFIA
C. MAGNANI, “Cartiere toscane”, Pescia 1960;
L. PEDRESCHI, “L’industria della carta nelle province di Lucca e di Pistoia”, in “Rivista geografica italiana”, 1963, pp. 149-176;
C. MAGNANI, “Antiche cartiere toscane”, in “Pistoia. Periodico di informazione della Camera di Commercio, industria e agricoltura di Pistoia”, maggio, 1964.
J. BROWN, “In the Shadow of Florence, Provincial Society in Renaissance Pescia”, New York-Oxford,
1982, trad it. “Pescia nel Rinascimento. All’ombra di Firenze”, a cura di G. I . ANZILOTTI, Pescia 1987.
R. SABBATINI, “Le cartiere lucchesi tra XVII e XVIII secolo”, in “Studi e ricerche II”, Firenze, Istituto di
Storia Facoltà di Lettere, 1983, pp. 297-322;
G. SAVINO, “La stampa a Pescia nel secolo XV”, in “Artigianato e industrie in Valdinievole dal Medioevo
ad oggi”, Atti del Convegno, Buggiano 1987, pp. 31-45.
C. CRESTI, “Itinerario museale della carta in Val di Pescia”, Siena 1988;
A. SPICCIANI (a cura di), “Pescia, la storia, l’arte e il costume”, Pisa 2001, pp. 229-238.
A. LABARDI (a cura di), “Gli Ansaldi. Un famiglia di storici e di ecclesiastici pesciatini”, Pisa 2003.
R. SABBATINI, “Pescia e la carta, una lunga storia”, in “Il Tremisse pistoiese”, anno XXXI, N. 1/2 GennaioAgosto 2006, pp. 41-44;
ALTRE FONTI
Le immagini storiche in bianco e nero fanno parte del “Fondo Carlo Magnani” di proprietà del Museo
della Carta, realizzate dentro l’opificio “Le Carte”
La Svizzera Pesciatina

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