ARATURA e SEMINATURA

Transcript

ARATURA e SEMINATURA
Sugli attrezzi usati nel passato dai contadini per i loro lavori ho ritrovato uno scritto inedito che
condivido, offrendo la lettura agli eventuali visitatori, metto in evidenza che il termine dialettale “
cavallitte” corrisponde in lingua a “biche”.
Plinio Pelagatti
ARATURA e SEMINATURA
L’aratura è la prima fase della lavorazione del terreno e si effettua per mezzo di aratri di vari tipi: a
voltarecchia, melotta; ed i primi tipi erano semplicemente di legno.
L’aratro è un arnese adatto a capovolgere il terreno, cioè a riportare in superficie tutti i minerali e i
microelementi che la pioggia ha sciolto ed ha portato in profondità.
Una volta questa fase agricola richiedeva tempo e sacrifici.
Essendo compiuta per mezzo di animali (buoi, mucche o cavalli), arare un pezzo di terreno
significava tener conto delle esigenze di questi animali; essi dovevano mangiare prima di lavorare;
dovevano riposare dopo alcune ore di lavoro, specialmente se la temperatura fosse stata troppo
calda.
Tutto ciò obbligava i contadini ad alzarsi molto presto al mattino (verso le 2, le 3), e ad
addormentarsi la sera tardi, avendo approfittato di un breve riposo durante la giornata, insieme
agli animali.
Inoltre vi erano altri fattori determinanti che i contadini di una volta dovevano tener presente:
1) L’estensione del proprio terreno: altrimenti erano costretti a chiedere aiuto ai contadini
vicini, contracambiando a loro volta il favore;
2) La mancanza di disinfestanti chimici (diserbanti): questo richiedeva una diversa
preparazione del terreno;
3) Il tipo di coltura che si voleva (o poteva) fare, anche in base al terreno: un tipo di terreno
richiedeva un certo tipo di aratura, fatto in un certo periodo dell’anno, per un certo tipo di
coltura. Ad esempio si doveva arare il terreno in due periodi dell’anno: nel mese di maggio
(maggese) per la semina del frumento; e nel mese di agosto (al solleone) per gli erbai.
L’aratura del mese di maggio faceva in modo che tutte le erbe infestanti nel corso dell’estate
germogliassero: in tal modo si riusciva ad ottenere un terreno libero da erbacce al momento della
semina, avendo in precedenza provveduto alla ripetuta erpicatura: lavorazione compiuta almeno
due volte durante l’estate.
Una volta che il terreno era privo di erbacce, e le zolle affinate per mezzo di estirpatori o erpici, si
procedeva alla concimazione e seminagione del terreno.
Tali lavorazioni, molti anni fa, avvenivano manualmente: il contadino si appendeva una bisaccia al
collo, lo riempiva di sementi, e via su e giù per il terreno a spanderlo.
In seguito la seminagione fu facilitata con l’avvento di seminatrici trainate da buoi.
Solamente nel secondo dopoguerra comparvero i primi trattori in grado di trainare un grosso
aratro: nelle zone del pescarese ricordiamo i 55/60, gli ANSALDI, le prime AD1FIAT.
Possedere un simile trattore, per quegli anni, ha significato un enorme cambiamento nel modo di
lavorare e di vivere del contadino: voleva dire compiere un lavoro più accurato in quanto a
profondità e rapidità; per l’uomo c’era la possibilità di una vita lavorativa meno faticosa, più
“umana”: i vantaggi del “progresso” erano arrivati anche in campagna!
Tutto ciò, solo 30 anni più tardi, sembra un lontano ricordo: quei rudimentali trattori sono stati
sostituiti da modernissimi “bestioni” cob potenze di 120/180 cavalli!
Oggi nelle campagne si vedono trattori molto potenti, e con ogni tipo di confort: munite di cabine
insonorizzate, con radio e aria condizionata, con molti rapporti di velocità in modo da migliorarne
le prestazioni (alcuni hanno anche 60 marce!).
Tali trattori, inoltre, sono muniti di sofisticati aratri idraulici, aratri a voltarecchia con 2-3-4 vomeri;
vi sono ripunta tori a 5 o 7 punte capaci di raggiungere profondità di 89/90 cm.; vi sono rotofrese,
erpici rotanti, attrezzi combinati che riescono contemporaneamente ad arare, affinare le zolle e
seminare, riducendo i costi, i tempi e le fatiche.
Alle soglie del 2000 i buoi, le mucche, i cavalli, gli aratri a voltarecchia, gli aratri melotta ed altri
attrezzi agricoli simili, sono solo un ricordo di qualche espositore fanatico.
Nonostante tutto il progresso, i contadini hanno perso la felicità, sono rimasti soli in mezzo a
grosse estensioni di terreno, non possono più comunicare, perché ad ascoltarli non ci sono né gli
animali e né i contadini confinanti, ma solo un pezzo di ferro ROMBANTE.
MIETITURA e TREBBIATURA
Nel corso dei secoli, l’attività agricola della raccolta (mietitura e trebbiatura) ha sempre
rappresentato uno dei periodi più belli, entusiasmanti nonché redditizi, dell’anno.
Comunque, sebbene nei mesi di Giugno e Luglio nei campi si registrasse grande allegria, le attività
di mietitura e trebbiatura richiedevano, da parte dei contadini, un enorme dispendio di energia e
fatica, anche perché ci si doveva dedicare a questa attività tutta la stagione estiva.
Fino agli anni ’40 sia la mietitura che la trebbiatura avvenivano manualmente. C’erano i mietitori
che, muniti di “falcetto” e di “cannelli”, si presentavano già fin dal mattino presto nella piazza del
paese in cerca del datore di lavoro: al momento stesso si stabiliva il prezzo, che consisteva di solito
in venti soldi o una lira alla giornata, per poi andare sui campi e stare con la schiena piegata fino a
terra per 10-12 ore. In molti casi, dopo aver lavorato così tanto dovevano provvedere sia alla
legatura dei covoni che alla loro sistemazione in “cavalletti” formati, normalmente, da diciotto
covoni ciascuno. L’unica sosta era per mangiare qualcosa verso l’una.
Terminata questa fase della lavorazione il proprietario, aiutato da altri contadini, con l’uso dei carri
trainati da buoi, provvedeva al trasporto dei covoni dai campi all’aia, dove venivano sistemati in
maniera adatta per la trebbiatura che, 50-60 anni fa, in molte zone, avveniva manualmente per
mezzo di arnesi chiamate “mazze fruste” o per mezzo di animali (buoi o cavalli) i quali
calpestavano i covoni di frumento.
Terminata questa fase, di solito al calar del sole, con badili o altri attrezzi, ed aiutati dal venticello
serale, si provvedeva alla separazione del grano dalla paglia.
Infine con l’aiuto di un grosso setaccio rotondo appeso ad una piramide di tre pali, si provvedeva
alla concia del frumento così a farlo diventare pulitissimo.
Solo verso gli anni 50 si incominciò a meccanizzare la fase della raccolta: la mietitura avveniva per
mezzo di una falciatrice trainata da buoi, e la trebbiatura per mezzo di trebbie azionate da
rudimentali motori a vapore o da antichissimi trattori detti “a testa calda”.
Tutto questo sembrava già un grosso passo avanti, sebbene la legatura dei covoni, la loro
sistemazione e la raccolta avveniva ancora in modo tradizionale.
Durante gli anni 60, nelle grandi aziende agricole, la meccanizzazione veniva alla ribalta con
l’avvento delle prime mietilegatrici, trainati da piccoli e rudimentali trattori, e con l’uso delle
motofalciatrici con appositi apparecchi mietilegatori adoperati da quei contadini che avevano
piccoli appezzamenti di terreno, o appezzamenti con doppia coltura: infatti essendo un mezzo
molto manovrabile, permetteva di mietere il grano negli oliveti e nei frutteti.
Tutto questo ridusse sensibilmente i tempi e la manodopera, ma soprattutto la fatica.
Finalmente, negli anni ’70, il progresso fece comparire nelle campagne un attrezzo che riusciva a
coordinare sia la mietitura che la trebbiatura.
Con la comparsa della “mietitrebbia”, prima adatta solo per le pianure, poi autolivellante, capace
cioè di trebbiare anche colline molto scoscese, si pose fine definitivamente alla fatica, all’impiego
di centinaia di operai, e di conseguenza all’enorme tempo dedicato al raccolto: infatti in una
giornata, due sole persone, e con poca fatica, riescono a trebbiare circa 10 ettari di terreno,
raccogliendo circa 500 quintali di frumento.
Un tempo, anche se con tanta fatica, il contadino riusciva a coltivare ogni angolo del suo terreno:
ed il suo terreno era un giardino; oggi, nonostante la meccanizzazione, l’aumentata produttività
del terreno, sempre più terreni restano incolti e desolatamente abbandonati semplicemente
perché non conviene più!