“Passi”a voce alta. Un`interpretazione dei testi di

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“Passi”a voce alta. Un`interpretazione dei testi di
IV edizione LibrAperto Astrid Lindgren “In fin dei conti è davvero meraviglioso vivere” “Passi”a voce alta. Un’interpretazione dei testi di Astrid Lindgren prof. Alberto Brasioli Firenze, 8 novembre 2014 Grazie per avermi permesso di ritornare a Firenze. Sono stato molto attento all’indicazione che mi era stata data, cioè leggere a voce alta. Per questo vorrei fare con voi l’esperienza di sentire uno che legge a voce alta senza che voi abbiate il testo sotto, perché penso che molti dei vostri bambini non leggano. Quindi, voi fate conto di essere tornati bambini e sentite uno che legge qualcosa che non avete già letto, perché i bambini ascoltano sempre da sinistra verso destra, come leggono, mentre noi adulti leggiamo sempre da destra verso sinistra, cioè sappiamo già come va a finire. Si presuppone che quanto leggiamo ai nostri bambini lo abbiamo già letto. Voi lo sapete già come vanno le cose, no? Una di quelle cose che io dico sempre è «Per favore, non leggete mai nulla senza averlo letto prima!» Mi raccomando! Anzi, leggetelo anche un paio di volte, perché altrimenti si ha l’ ”azione-­‐
risucchio”, quando ad esempio si cambia intonazione sull’ultima parola perché si è visto all’improvviso il punto interrogativo. Vuol dire che uno non l’ha letto, non l’ha mai letto! Guardate, che questo fa la differenza in assoluto nelle letture, in assoluto! Se il ragazzo vi sente procedere casualmente o se vi sente invece padroni, qui sta la differenza. Bisogna leggere sempre; tante volte. Perché? Quando si legge tante volte, si può decidere che lettura fare. Questo è il punto essenziale, che di solito, mi pare, venga poco sottolineato; che lettura fare, perché un testo può essere esposto a miliardi di letture… Per esempio, vi ricordate il canto V dell’Inferno? Paolo e Francesca? Dante arriva nell’Inferno, sente orrende voci orribili favelle, parole di dolore, accenti d’ira, voci alte e fioche, e suon di man con elle facevano un tumulto, vento, rumore e baccano. A un certo punto, Dante, vede “due che ‘nsieme vanno e paion sì al vento esser leggeri” e dice a Virgilio “volentieri parlerei” e Virgilio gli risponde “«Vedrai quando saranno più presso a noi; e tu allor li priega per quello amor che i mena, ed ei verranno»”. allora Dante si rivolge a loro e dice:” «O anime affannate, venite a noi parlar, s’altri nol niega!». Quali colombe dal disio chiamate con l’ali alzate e ferme al dolce nido (…)”. Allora lui si ferma e comincia, una delle due anime, a parlare: “«O animal grazioso e benigno che visitando vai per l’aere perso noi che tignemmo il mondo di sanguigno, se fosse amico il re de l’universo, noi pregheremmo lui de la tua pace, poi c’hai pietà del nostro mal perverso. Di quel che udire e che parlar vi piace, noi udiremo e parleremo a voi, mentre che ’l vento, come fa, ci tace. Siede la terra dove nata fui …” Didattica e Innovazione Scolastica
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Anche Benigni, che è uno dei lettori più attenti, qui inizia a leggere con un tono soave… ma come va a finire questo canto? E’ drammatico! “Quand’io intesi quell’anime offense, china’ il viso e tanto il tenni basso, fin che ’l poeta mi disse: «Che pense?». (…) Poi mi rivolsi a loro e parla’ io, e cominciai: «Francesca, i tuoi martìri a lagrimar mi fanno tristo e pio” Francesca! Nel mezzo del racconto non si riesce a capire neppure se parla un uomo o una donna, perché Dante parla di due anime; fin quando non dice “Siede la terra dove nata fui”, non si capisce che è una donna. Ma Dante come fa a capire che era Francesca? Come fa a capire? Perché Fransesca parla così, con la cadenza romagnola! Perché se avesse parlato così, con accento tedesco, non era Franzesca da Rimini! Ma Fransesca deve mò parlar così… (anzi senza “mò” perché il “mò” comincia su verso Bologna). Voi non l’avete mai sentito leggere così? Perché se la leggete così, vi si toglie dalla testa che questa è una grande rappresentazione dell’amore, perché lì bisogna immaginarli tutti nudi, trascinati dal vento, tutti sporchi… questa qui è una che ha fatto le corna al marito, questo sarebbe da Fransesca! Bene? Quando leggete tante volte un testo vi accorgete che potrebbe essere un altro! Per cui potete scegliere quale leggere quella volta; è sempre lo stesso testo, perché non cambi le parole, ma cambi la modalità con cui le pronunci; intervieni a far intendere una cosa piuttosto che un’altra. Per esempio Dante,-­‐ sarebbe bellissimo leggerlo -­‐ fa sempre il verso a chi parla, lo prende sempre in giro. Dante è quello che ha scritto il “De vulgari eloquentia”, in cui ha fatto tutta la classifica dei dialetti. Per cui Dante, che dice di sé che era uno che si trasformava “in tutte guise”, cioè che cambiava, quando presenta un personaggio gli fa il verso, lo fa parlare nella sua lingua per cui… ragion per cui … “ragion per cui quel vecchino col berretto da notte mi disse…” , che citazione è questa? Pinocchio, brava! “«Fatti sotto e para il cappello» e io con quella catinellata d’acqua sul capo, perché il chiedere un po’ di pane non è vergogna, non è vero?”. Per esempio, potreste decidere in che lingua leggere la Lindgren: non potete leggere in svedese, però potreste non leggerla in quella che vi viene più immediata! Per sottolineare una distanza; un po’ difficile lo svedese, ma… Non è necessario mimare lo svedese, basta fare una lingua un po’ straniera… Ma io vorrei fare con voi un esperimento, leggendo Emil. Leggendo Emil quando è nella legnaia, perché dove c’è l’armadio… “Annusò l’aria. C’era un buon profumo in dispensa e tante buone cose. Si guardò attorno: c’era da mangiare in abbondanza. sotto il tetto erano appesi prosciutti affumicati e c’erano pagnotte di segala in lunghe file; ne era coperta un’asse intera, perché al padre di Emil piaceva il pane di segala col maiale e la besciamella. In un angolo stava la cesta del pane piena di sfilatini dorati proprio vicino al tavolo coperto di formaggi gialli e vasi di terracotta pieni di burro fresco. Dietro al tavolo c’era una botte colma di pesce salato e accanto il grande armadio dove la mamma di Emil aveva riposto il suo sciroppo di lamponi, i cetrioli sott’aceto, le pere con la cannella e la gelatina di fragole. sul ripiano centrale dell’armadio stavano invece le buone salsicce.” Poi cosa c’è ancora… ? “La madre di Emil si mise ad apparecchiare. le caddero alcune lacrime nell’insalata di aringhe, mentre la portava in tavola. Seguirono gli involtini di vitello, le costolette, le torte di formaggio e tutto il resto.Alla signora Petrell veniva l’acquolina in bocca (…)” Infatti… Didattica e Innovazione Scolastica
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“ (…) un pezzettino di salsiccia (…) Toccò alla signora Petrell con sua grande gioia. Tutti gli altri, che erano rimasti senza salsiccia, non lasciavano comunque la casa a stomaco vuoto. C’erano costolette di maiale arrosto, involtini di vitello, polpette di carne, aringhe marinate, insalata di aringhe, stufati, budini, anguille in gelatina fino a sazietà. Per finire arrivò una meravigliosa torta di formaggio con la gelatina di fragole e la panna montata.” Questo, a mio parere, è il passaggio essenziale di Emil. Perché è il passaggio essenziale? Adesso state attenti e guardate quello che faccio: salsicce, insalata di aringhe … Dove sono? No, non al supermercato. Brave, all’Ikea! Guardate bene se faccio così… La vedete l’Ikea? E siccome ci sono stati tutti… Io non ha fatto la signora svedese, ho fatto uno di noi che va all’Ikea, magari verso le 11 così ci mangia anche… Cosa si capisce da questo? Ve lo faccio capire leggendo un’altra cosa. Attenzione adesso: Isola dei Gabbiani; Karin -­‐ vi ricordate? -­‐ aveva il problema di lavare i panni: dovevano andare ogni volta a prendere l’acqua con i secchi e babbo Merkel le voleva fare una sorpresa, costruendo un sistema che portasse l’acqua corrente in casa. “Da oggi in poi, comunque le cose sarebbero andate diversamente. A partire da oggi, 18 luglio, nessuno avrebbe più trasportato secchi, e ciò grazie a Melker Melkerson, il quale aveva intuito a che cosa servisse un doccione, appena ne aveva visto uno. Nella rimessa ingombra di ogni sorta di roba vecchia, Merkel, con un po’ di sabbia, aveva sfregato in tutta segretezza un doccione di legno per rimetterlo a nuovo. «È semplicissimo» aveva assicurato a se stesso, e si era anche spiegato il procedimento. Punto 1. Appoggi un cavalletto alla fonte per dare la giusta pendenza al canale. Punto 2. Fissi saldamente il cavalletto con del fil di ferro a uno dei ramo bassi del sorbo. Punto 3. Monti altrettanto saldamente il doccione sul cavalletto, sempre con del fil di ferro, e lo fai passare a regola d’arte attraverso la finestra di cucina (sì, perché hai preso accuratamente le misure e hai controllato che ci arrivi). Punto 4. In cucina metti un barile per l’acqua sotto l’estremità del condotto. Punti 5 e 6. L’acqua scorre canterellando allegramente fin dentro la cucina e anche tu te ne stai a canterellare allegramente fuori, sull’erba, in dolce far niente. Naturalmente bisognava continuare ad attingere l’acqua a mano dalla fonte, ma questa non era poi una gran fatica. Ogni mattina si potevano riempire quindici -­‐ venti secchi in un solo turno, e per il resto della giornata si era liberi”. Poi naturalmente , invece … barabam! vien tutto di sotto. Secondo voi, perché dopo le osservazioni di prima vi ho letto questo pezzo? Non c’era l’Ikea, ma l’Ikea si spiega in una cultura così, che quello che ti serve te lo fa costruire in casa. Queste qui sono le istruzioni dei mobili Ikea! si capisce che un prodotto culturale di quella portata -­‐ è un prodotto culturale l’Ikea, non solo commerciale, perché ha cambiato il modo di vivere della gente -­‐ un prodotto così nasce da uno che pensa come Melker Melkerson. Adesso vi è più facile vedere l’Ikea; vedere l’Ikea come forma culturale della Svezia, perché ciascuno -­‐ essendo sparsi per ogni dove a distanze chilometriche l’uno dall’altro -­‐ si arrangia in casa e hanno quella cosa meravigliosa che noi non abbiamo che è l’hangar, il garage, dove uno può andare a sfrucugliare … fare tutte quante le cose. Questo sarebbe il luogo essenziale per titrar su i bambini, avere un posto dove traffichi… fai tutte le tue scemate. Questo non dipende da un giudizio direttamente morale, educativo… direttamente, mi spiego? È difficile pensare che qualcuno ritenga punti come questi, che sono elenchi, un aspetto educativo, invece si deve vedere quello che avete detto voi: come si impara, cosa si impara, il valore dei piccoli ecc ecc. Didattica e Innovazione Scolastica
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Mentre, a me pare, che parlare del problema della realtà a un bambino, vuol dire fargli vedere che io, quando leggo un libro, non mi perdo le aringhe. Non me le perdo! Vedo, quando leggo questa cosa qui, che questa è l’Ikea: l’ho vista io, perché fa parte della mia esperienza. Mi viene in mente Picasso e la libraia di Parigi che, quando lui ne dipinse il ritratto, tutti dissero: -­‐ Ma non le assomiglia! E lui rispose: -­‐ Non importa, le assomiglierà! Si comincia a vedere che cos’è la realtà di questa situazione, cioè la tua, perché io avrei potuto averlo letto anche controvoglia, leggendo quell’elenco di cibi con un tono schifato… Mentre invece… “Così giunse la sera e si diffuse una bellissima luce su tutto Katthult, tutta Lönneberga e l’intera regione dello Småland.” Questi tre posti, se voi andate su Google Maps e li digitate, fanno un triangolo, e Katthult è nel mezzo; per questo, quando Emil issa la piccola Ida, quando la bambina è sull’asta della bandiera, non vede certi posti ma ne vede altri, perché ci sono, sono posti che esistono; difatti lì vicino c’è anche il posto dedicato alla Lindgren. Quando voi leggete questi nomi strani, non vi viene voglia di andare su Google Maps? Così da Google Maps si fa un bel disegno sulla Lim, si segnano tutti i nomi … C’è lo Småland, ci si può anche andare; voglio andare a vederlo una volta o l’altra. Allora, in classe, vuol dire: facciamo la cartina, dove sono i posti, disegniamo… Voi leggete e viene fuori un Paese, il mondo! Se volete entrare nell’atmosfera dei luoghi della Lindgren, su Crime, il canale 39 della TV, il martedì c’è Wallander; avete ragione, sono un po’ lenti… Il suo autore, Henning Mankell, era il genero di Ingmar Bergman, cioè in Svezia non c’è solo la gelatina di fragole, c’è anche “Il posto delle fragole”. Se volete leggere la Lindgren guardate questo film di Bergman, poi il martedì sera per un po’ di sere guardatevi Wallander, un sabato sì e un sabato no andate all’Ikea… perché vi dico questo? Perché questa è la cultura che serve per poter leggere questi libri, che sono diversi dai nostri. Allora dovete sapere che lì si va piano, che non c’è fretta; la volta che devi andare a casa di qualcuno sta dall’altra parte del villaggio e nel mezzo c’è il vento… non è come da noi… è un altro mondo! E quest’altro mondo, ai vostri alunni voi glielo fate percepire -­‐ se glielo volete far percepire, perché non è detto che voi vogliate fare i fondatori dell’associazione Amicizia Italia-­‐Svezia -­‐; voi potreste completamente disinteressarvi di fare questa operazione di contestualizzazione; l’ho detto solo per dire che se uno lo legge può scegliere quale, tra le tante letture, potrebbe fare. Una, per esempio, tutta organizzata su: -­‐ Che cosa succede in quel paese lontano? Cosa vi ha colpito di “Vacanze all’Isola dei Gabbiani”? Guardate che a leggere uno prende quel che vuole… Intervento Mi ha colpito la massima libertà che questi bambini avevano, vivere a contatto con la natura così liberamente… senza che i genitori se ne preoccupassero… Voi leggendo queste cose fate il confronto con le mamme italiane che si preoccupano, mentre a me fa venire una nostalgia incredibile, perché io -­‐ non andavo al mare in Svezia -­‐ ma quand’ero piccolo, siccome abitavo a Firenze, andavamo in vacanza a San Gersolé, all’Impruneta, sopra l’Antella -­‐ tra l’Antella e Montisoni -­‐ che è il mio mondo ; vacanze un po’… esotiche, insomma! Io non ringrazierò mai a sufficienza i miei genitori per non aver avuto i soldi e quindi per averci portato nelle case che fino a un anno prima erano degli sfollati, in queste case che erano piene di ragnatele… di Didattica e Innovazione Scolastica
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topi… E lì facevamo come questi: sempre fuori; per i campi. Non c’era nessuno; ogni tanto s’incontrava un contadino che dava da mangiare ai polli; eravamo liberi. per cui quando leggo libri come questo, loro sono sull’isola svedese, ma io mi sento io, mi sento io bambino, che uscivo la mattina, tornavo a mezzogiorno, e ritornavo la sera. La storia del doccione, che a voi ho fatto come costruzione dei mobili Ikea, in realtà per me quando io facevo le vacanze, non c’era mica l’acqua in casa, bisognava andare a prenderla con le mezzine alla fontana; un mondo meraviglioso, una grazia di Dio. Quindi voi potreste leggere senza l’Ikea, ma con la vostra nostalgia. Quando si sente il vento, quando si sentono i fiori, quando il prof. Rialti parlava di “momenti lirici”, sono momenti di nostalgia, per cui noi ci commuoviamo; è una bellezza assoluta. Per me leggere la Lindgren a voce alta è stata una sfida assoluta; l’ho letta, anche, sui libri perché penso che voi -­‐ in classe -­‐ leggiate sui libri (cosa che io sconsiglio vivamente, perché i bambini oggi leggono con il tablet.) Se lo fanno a casa perché non dovrebbero farlo a scuola? Pensate che di qui a un decennio i giornali di carta sono destinati a scomparire! Ci sono zone per la nostalgia, ma anche zone che devono tenere il ragazzo al passo con la situazione attuale. Leggere a voce alta questo libro della Lindgren, “Vacanze all’Isola dei Gabbiani”, a parte i momenti lirici e quella parte schifosissima e illeggibile (per me ovviamente) quando arriva Peter, il vichingo biondo (perché non un bel principe mediterraneo con la pancetta?) … anche queste sono cose da sottolineare. Tutte cose che uno aggiunge e ci mette dentro perché i testi della Lindgren non nascono come testi scritti, ma nascono come testi orali. L’isola dei Gabbiani è nato prima come sceneggiatura della serie TV, poi il libro è nato come il report di una cosa che i bambini svedesi vedevano in TV; i personaggi sono piatti, coincidono con i fatti che li riguardano. Questo per dire che leggere Pippi in classe, quando tutti i bambini conoscono il film, toglie alla lettura una possibilità enorme di valenza. la bellezza del leggere ad alta voce è proprio nella possibilità di immaginare. Intervento Questo è un dato di fatto. La sfida è proprio spazzar via lo stereotipo che hanno nella testa, perché ormai hanno visto tutto! In ogni cosa dovete mettere il peso dell’esperienza vostra; è la nostra esperienza che fa emergere quella dell’altro. I colori, come ben sapevano gli impressionisti, si evidenziano per contrasto; ne basta una righina, ma ci vuole il complementare per creare il contrasto che fa vedere le cose. DOMANDE AL RELATORE Intervento. Io lavoro nella scuola dell’infanzia e ho una classe di bambini di 5 anni, molto bravi e grandi lavoratori, ma quando si tratta di ascoltare una storia letta fanno molta fatica e non solo con testi complessi come questi, ma anche con quelli semplici; fanno fatica a fermarsi ad ascoltare. Avevo provato a leggere Emil, perché mi piaceva e perché ha la loro stessa età, ma non gli è piaciuto: loro sono troppo bravi ed Emil troppo birichino. Molti di loro mi hanno detto che non era simpatico. Allora ho provato con Pippi. La fatica è sempre molto grande, però nella mia esperienza, diversamente da quanto lei sosteneva prima, il fatto che i bambini avessero già visto il film televisivo delle avventure di Pippi, per me è stato un fattore positivo: che i bambini conoscessero già Pippi e che l’amassero, mi ha dato quel credito iniziale che li ha aiutati ad ascoltare. Insomma, che loro conoscano già il personaggio è vero che limita la fantasia, ma può essere anche un vantaggio. Didattica e Innovazione Scolastica
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Brasioli. Questo è un problema molto grave e complesso perché è un problema che non riguarda solo la lettura. Io lo vedo presente in due zone dell’umano recente, che sono la mania della consultazioni del tempo -­‐ io l’ho chiamata mania, per alcuni non è che un normale esercizio di razionalità -­‐ e il modo con cui si affrontano i viaggi; nel senso che bisogna vedere come intervenire sulla tendenza contemporanea a muoversi per lo più nell’ambito del già noto, del prevedibilmente noto. In Vacanze all’isola dei Gabbiani c’è un bellissimo pezzo in cui Peter, il bel tenebroso, anzi non tenebroso, dice questa frase: “il tempo è sempre bello”. Ecco io sono personalmente di questo avviso. Non esiste il tempo brutto. Perché non esiste? Il tempo è bello così. Io ho tra i miei ricordi più belli un giorno sull’Alpe di Siusi in cui venimmo giù, mia moglie e io, dal Sasso Goldknopf fino giù a Saltria. Veniva giù una pioggia della malora ma eravamo soli nell’Alpe e c’era un profumo prima di erba… poi siamo scesi giù in basso nel bosco. Non c’era nessuno perché c’era tempo brutto… Invece c’era un tempo bellissimo: come l’ho vista io, voi non l’avete vista mai! -­‐ Ma a Parigi che tempo c’era? -­‐Ah brutto. Una bella nebbiona! Ma ti sembra di essere Baudelaire! Vai in giro con questa nebbia, vedi le vetrine appannate… Allora a me piace questo: piace non sapere che tempo trovo e non sapere -­‐ se non vagamente -­‐ che cosa troverò. Quando Goethe fece il suo viaggio in Italia, non aveva la guida del Touring! E’ giusto essere preparato, culturalmente preparato, avere una infarinatura, però il bello di ogni viaggio è la scoperta. A me piace così. Quindi oggi è vero che, per osmosi, anche i bambini piccoli si muovono meglio in ciò che sanno, in ciò che in qualche modo conoscono e quindi può essere giusto fare questo. Io però penso che, fondamentalmente, quello che noi dobbiamo essere per loro è una sorpresa. Il motore fondamentale dell’educazione è incontrare uno che non è come te lo aspetti. Faccio un esempio, quando alla fine di “Vacanze all’Isola dei Gabbiani” Pelle e Melina, di notte, di nascosto vanno a riprendere il famoso piccolo cucciolo di foca, devono passare davanti alla casa di Vesterman, che è quello cattivo, lui vuole i soldi: “… andare a rubare un piccolo cucciolo di foca solo per venderlo? Ma non ci sarebbe riuscito: questo poteva toglierselo dalla testa e metterci una pietra sopra, assicurò Melina. << Basta che Cora non si metta ad abbaiare>> aggiunse. [ Il prof. Brasioli si mette a quattro zampe e abbaia] E invece Cora abbaiò. ( …) Ma Pelle aveva calcolato tutto in anticipo. Per cena, alla Vecchia Falegnameria, avevano mangiato delle cotolette. Così ora Pelle porgeva a Cora un paio di ottime cotolette sussurrandole dolci paroline. (…)<<Dormono della grossa>> disse Melina soddisfatta. Ma aveva parlato troppo presto, perché all’interno della casa una finestra s’illuminò, e a Melina si mozzò il fiato in gola. Appena videro la signora Vesterman accendere un lume a olio proprio sopra il tavolo, corsero in punta di piedi proprio in direzione di quella finestra, poi si gettarono pancia a terra, il più possibile vicino al muro.” [il prof. Brasioli si rimette carponi],. Difficilmente un bambino pensa che una maestra si metta in ginocchio, non l’hanno mai vista una maestra in ginocchio o sdraiata per terra! Allora quel momento lì non è più solo il momento della lettura, i bambini pensano: adesso vediamo cosa fa. Si può anche dire: Cora come faceva ad abbaiare? Perché qui non c’è scritto come faceva ad abbaiare [il prof. Brasioli imita con toni diversi l’abbaiare] Per questo credo che si possano scegliere tutt’e due le prospettive. Io personalmente scelgo sempre l’impatto duro, cioè il bambino deve essere portato via dal “già saputo” dal “già previsto”. Qual è la cosa imprevista? Non tanto il testo, è l’insegnante che legge e che, mentre legge, fa una cosa per cui si vorrebbe vederlo sempre. Per esempio qui c’è scritto il lume a petrolio. Scusate se io sono così banale, ma se voi arrivate in classe con un lume a petrolio e quando arrivate al punto della lettura lo accendete, quelli non se lo dimenticano più! Didattica e Innovazione Scolastica
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Perché per loro accendere il lume a petrolio non vuol dir nulla, e per quanto tu sia un genio della lettura non riesci a far capire questa roba, mentre vedere il lume a petrolio fa capire bene. Ad esempio, avete capito che io ho la mania degli elenchi. “C’era in quella rimessa”, dove Vasterman aveva portato la foca, “C’era, in quella rimessa, una strana luce livida (…) «Esco un attimo» disse Stina, spingendo la porta che stridette pesantemente sui cardini. Ciò che turbava Stina, piaceva invece moltissimo a Pelle, che, girando lo sguardo su tutti i vecchiumi abbandonati lì dall’ultimo proprietario, affermò: « Io, invece, ci abiterei volentieri». C’erano reti a strascico strappate, e nasse, e una specie di paiuolo ammaccato, annerito dal tempo, per metterci i pesci appena pescati, e poi qualche sagoma di civetta in legno per richiamare gli uccelli, e bastoni ferrati per saggiare lo spessore del ghiaccio, e sassole e remi, mastelli di legno per il bucato e spatole per battere i panni insaponati, una slitta antiquata coi pattini di legno e, in un angolo, una vecchia culla con un nome e una data intagliati su un fianco.” Questo è un mondo incredibile, voi pensate cosa non ci si tira fuori da qui, perché io sono la prima generazione che ha la propria infanzia nel museo. Io un giorno sono andato al museo della civiltà contadina e c’erano gli attrezzi dell’età del ferro e poi quelli dell’età di quando io ero bambino: falci, antella, … Loro non ce l’hanno: adesso sono nei musei! Allora pensate cosa vuol dire arrivare in classe e fare vedere questa roba qua. Un po’ di reti … quando andate al mare d’inverno, -­‐ d’estate no, perché le portano via -­‐ ci sono pezzi di reti lungo la spiaggia; allora voi le portare a casa le mettete via. Perché ve lo dico, perché per esempio io faccio così, quando vado in giro. C’è un posto meraviglioso per questo, la foce dell’Ombrone, vicino Grosseto, lì c’è l’universo! C’è di tutto; di fatto io torno a casa pieno di cose “per leggere”. Cosa vuol dire “per leggere”? Perché le sassole, quell’affare che serve per aggottare, dove le trovi oggi? Non è che puoi andare a prendere una rete nuova, perché poi non te la vendono. Ed è venuta questa frase bellissima che mi è parsa giusta per indicare che stavo trasmettendo una cultura. Quando mia moglie disse a un mio nipote piccolo, che fa la seconda elementare: -­‐ Daglielo al nonno questo, che lo butti via. E lui ha detto: -­‐ Ma nonna, il nonno non butta via, lui usa. Giusto! Il nonno non lo butta, lo riusa. Arrivare a sdraiarsi per terra o tirare fuori oggetti che non conoscono, a mio avviso, rende facile che i bambini si attacchino. Se no, l’altro metodo va benissimo. Intervento. Io ho il problema opposto: quando dico “ il cane abbaiò”, mezza classe comincia ad abbaiare, tutti si buttano per terra e io non riesco più ad andare avanti. Brasioli. Bene sono contento di queste domande. Vi ringrazio molto perché voi fate vedere che non c’è una ricetta, non c’è un” si fa così”. Ci si gioca. Se i bambini sono così, si prova a far così o cosà, se i bambini si buttano per terra ad abbaiare, allora io abbaio. Se sono bambini piccoli, mi metto ad ululare, perché significa che se ne stanno appropriando fisicamente. Capisco che da un punto di vista disciplinare, sono 26 bambini che ululano. A mio avviso, tutto ciò che nel corso di una lettura a voce a voce alta provoca una reazione fisica, ancorché scomposta -­‐ entro certi limiti -­‐ se la provoca (non che io la debba provocare!), se i lettori sono di quel tipo, allora è giusto! Infatti, come è stato detto anche recentemente sui giornali e sui siti, da come è neurologicamente accertato, la memoria, per non essere volatile, ossia per non essere nella ram a breve termine, per fissarsi sulla corteccia, ha bisogno di un impulso di ordine muscolare. Io l’ho scoperto tanti anni fa parlando di come faceva Svevo: scriveva dei foglietti e poi li buttava via e diceva che anche Napoleone faceva così. Napoleone, quando doveva ricordarsi delle cose importanti, le scriveva e poi Didattica e Innovazione Scolastica
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stracciava il foglietto. Sembra buffo e invece, mi ha detto uno che se ne intende molto, che è proprio così. Provate, quando avete da ricordarvi qualcosa e non avete la carta per scrivere o un tablet, fategli corrispondere un movimento non volontario, cioè per esempio scrivetevi un numero con la sinistra se siete destri, vedrete che non lo dimenticate. Per cui legatelo a un movimento fisico: se non c’è una perdita di disciplina, nel senso che si sbracano male, un minimo io favorirei questi momenti, anche perché così imparano i versi degli animali, imparano i movimenti. Intervento. E’ capitato anche a me che i bambini si coinvolgano talmente da parlare e muoversi, e anch’io sono dell’idea che sia una cosa molto positiva. Per la mia esperienza questo è stato il punto che ha dato il via all’esperienza teatrale, perché dal movimento che veniva fuori liberamente è venuta l’ispirazione che poi ha dato il via a un lavoro sistematico. Mi sembra importante però anche non perdere il filo del discorso, e questo mi sembra l’altro pericolo, in una situazione così caotica. Però io ho visto, passato il momento in cui i bambini sono stati lasciati liberi, che se la maestra ha la capacità -­‐ e ce l’ha sicuramente -­‐ di riprendere il filo del discorso senza sgridare, si va avanti. Brasioli. Non vorrei focalizzarmi troppo su questo, ma bisogna vedere la reazione. C’è chi fa questo per sbandare, per ‘far casino’, e allora non va bene. Se invece questa modalità diventa il modo per fissare … Qui si gioca l’unica cosa che secondo me può fare un’insegnante e non può fare un computer: il compito dell’insegnate dentro una situazione è il rischio che si prende dentro quella situazione ed è tremendamente difficile, perché non ci sono regole. Una volta si diceva: “en amour comme à la guerre…”1 et dans l’école si potrebbe dire! In classe infatti è lo stesso: s’inventa lì per lì, ci sono alcuni principi. Se fanno un po’ di caos positivo si può farglielo fare? Sì. Si deve indurlo? Non direi. E si muovono solo se hanno già visto? Mi gioco su questo, cambio su questo. Per esempio, su questo libro ci sono pezzi che io non farei mai, quelli in cui ci sono le due bambine, Melina e quell’altra, che io farei diventare rognose, soprattutto una. Non lo so leggere, dico alle mie nipoti, per cui questo fatevelo leggere dalla mamma. Io in classe non lo so leggere, per cui, per ora, non mi so mettere … non c’entro. Ma si potrebbe dire: quindi non bisogna leggere dei pezzi? Se voi ve la sentite, ma io farò di tutti per non leggerli, mi sto antipatico a me stesso quando leggo quei pezzi lì. C’è solo una bambina alla fine, quella che arriva con il suo barboncino, che siccome quella deve essere antipatica, allora sì, ve lo faccio volentieri, perché mi viene subito. Per cui questo è un altro principio: state attenti quando leggete, se vi state antipatici non leggetelo, se non vi sentite a vostro agio, non leggetelo! Intervento: Questo va anche nella direzione della scelta del libro da leggere, a pelle mi sembra che il libro “Vacanze all’Isola Dei Gabbiani” non le stia simpaticissimo. Io per esempio non lo farei alle elementari, avendo avuto anche in classe delle ragazzette un po’ svegliette… Non gli vado a mettere nelle orecchie un testo un po’ ammiccante, trovo che in tal caso dovrei fare una grossa azione di mediazione. Adesso sto leggendo, ad esempio, “Pippi Calzelunghe”, tra l’altro lo sto leggendo sul libro che avevano regalato a me quando avevo nove anni, per cui loro vedono questo libro che è una cosa … Brasioli. Perché lei gliel’ha detto, che è il libro suo. Intervento. Mi hanno detto: -­‐ Ma perché maestra è così brutto questo libro? -­‐ Perché era il mio di quando avevo nove anni. 1
En amour comme à la guerre, tous le coups sont permis (in amore e in guerra tutto è permesso) Didattica e Innovazione Scolastica
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Brasioli: Questo cambia tutto! Intervento. Infatti si dicono: -­‐ Sta’ attento, che c’è il libro della maestra! E’ diventato un oggetto sacro. Brasioli: Questo è assolutamente meraviglioso: quando gli dici che quello era il libro che leggevi quando eri bambina, cambia tutto! Questi sono i punti della lettura a voce alta, la soglia, come direbbe Genette2. Intervento. La mia domanda è più che altro una considerazione, questa: non ci sono libri che vanno assolutamente letti ai bambini perché, se no, gli porti via chissà quale pezzo di cultura; anche un libro che è meno alto o meno profondo, può permettere di fare un lavoro grande perché è tuo. Brasioli. C’è un libro pubblicato dal Melangolo3, dove c’è un pezzo di Proust sulla lettura, in cui racconta di un libro che ha letto da piccolo, meraviglioso, bellissimo e poi alla fine dice: sapete che libro era? Capitan Fracassa4. E’ un libro che uno dice: ma che razza di libro è? Ma per lui è tutto. Per lui è stato tutto. Voi sapete che cosa leggeva Tolstoj vecchio? D’Artagnan e i temi dei suoi bambini, quelli a cui faceva lezione in fattoria. Questa è un’altra delle grandi affermazioni. Proprio perché chi gioca è l’insegnante, è il corpo dell’insegnante. Diciamola per bene: l’insegnante è un corpo, un corpo fisico che ha una voce, che ha una storia, che ha una memoria, che ha una libertà di fare cose che altri non fanno. Questo è quello che è decisivo nell’ambito della lettura. Il rapporto che questo corpo dell’insegnate gioca, rischia, con i suoi ragazzi è quello che determina nella memoria culturale dell’insegnante la scelta di un libro piuttosto che di un altro. A me per esempio, Vacanze all’Isola dei Gabbiani, mi fa morire. È un libro che mi fa morire, perché? Perché le mie nipoti lo adorano e io non capisco cosa ci trovino, perché anch’io ci trovo tante cose qui dentro, ma da maschi, non da femmine! Come, per esempio, andare in giro per le isole … Ma cos’è che a piace a loro, cos’è che ci trovano? Non lo so. Perciò con loro non lo leggo tanto volentieri a voce alta, perché ho paura di rovinarglielo, di rompergli il gioco. Loro se lo sentono con la voce della loro mamma, con la voce della loro maestra, io non c’entro con quel libro lì con loro. Per cui è vero, ci sono libri che uno leggerebbe diversamente. Allora non c’è un catalogo di libri da leggere. Ci sono i nostri libri, che secondo me vanno ripresi tante volte, ciascuno per conto suo, perché più vai avanti nella vita più ti accorgi di tante cose che prima non avevi mai nemmeno visto né pensato. E se, come diceva Tolstoj (ma questa è la cosa più difficile tra quelle che ho detto stamani), se uno riuscisse a scoprirsi, a mettere in evidenza a se stesso cosa gli sta capitando mentre legge (Tolstoj dice: se uno sapesse accorgersi dell’esperienza che fa leggendo) avrebbe imparato il mondo. Cosa vuol dire accorgersi dell’esperienza che si fa leggendo? Vuol dire accorgerti perché, di quel pezzo, tu hai letto quella cosa in quel modo lì e non in un altro. Nel campo mezzo grigio e mezzo nero resta un aratro senza buoi, che pare dimenticato, tra il vapor leggero. E cadenzato dalla gora viene lo sciabordare delle lavandare con tonfi spessi e lunghe cantilene: (…)5 Ma a me cosa succede quando leggo questo? Viene da piangere. E quando l’ho letto la prima volta io vedevo i buoi, che si chiamavano bovi, sentivo le lavandare al ruscello, i tonfi spessi… ma per i ragazzi di oggi, è turco! Cosa vuol dire “giace un aratro senza buoi che pare dimenticato”, non vuol dir niente! Bisogna ricostruirgli l’universo. Allora, se uno si rende conto dell’esperienza che fa leggendo, può -­‐ in 2
Genette Gérard, Soglie. I dintorni del testo , Einaudi Paperbacks, Torino 1989 Proust, Marcel, Sulla lettura, Il Melangolo, Genova 1989 4
Il Capitan Fracassa (titolo originale Le capitaine Fracasse) è un romanzo d’appendice di Théophile Gautier pubblicato a puntate tra 1861 e 1863 5
È l’incipit della poesia di Giovanni Pascoli Lavandare 3
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qualche modo -­‐ prevedere certe reazioni che i ragazzi avranno. Per esempio a loro Emil non piace, anzi sta antipatico! E’ troppo distante da un ragazzo di oggi. Quando Emil fa le statuette di legno, a voi cosa viene in mente? Se pensate cos’è un designer nordico come Tapio Wirkkala, per esempio, che faceva tutti i modelli dei cucchiai, delle forchette, delle tazzine da caffè, ecc. in legno, con il tipico coltellino finlandese… Però lavorare il legno col coltello è un’attività che i bambini … Il pezzo in cui lui fa le figurine: ce n’è da dire di cose… Perché l’avete scelto voi. Cosa avete pensato che i ragazzi possano trovare come memoria di loro stessi in quello che leggete? Ad esempio nel primo pezzo de L’educazione sentimentale di Flaubert6, dove si descrive una nave, c’è un mondo. E più ne avete, più quel pezzettino di storia insignificante diventa un’esperienza viva, un’ esperienza di cose, eventi. Però in questo dovete essere un po’ maniaci, i maestri per poter leggere devono essere un po’ maniaci. Cioè se senti nominare un nodo … lo fai! Se volessero insegnare a rassettare una rete … Però son tutte cose molto interessanti. Perciò, più cose avete dentro meno diventa decisivo il ricorso a libri che tutti devono avere letto. Ricordatevi sempre di Proust, di cosa diceva del libro di Capitan Fracassa, e di Tolstoj, che anche quand’era vecchio considerava D’Artagnan il massimo della vita. Tolstoj lo dice in dice in una frase breve -­‐ Proust lo lascia intendere -­‐ che ciò che conta è assolutamente l’esperienza che uno fa intorno al libro. Se voi leggete Contre Sainte-­‐Beuve7 , uno dei primi libri che Proust ha scritto, dice -­‐ iniziando -­‐ che uno dei libri che a lui piaceva di più (me lo ricordo, perché anche a me piaceva!) era l’orario ferroviario. Magari era matto anche lui, … e allora eravamo in due! Dice: “scorrere le stanzioncine dell’orario e sognare di arrivarci una sera d’inverno quando gli alberi sono spogli, contro il cielo … e l’aria è pungente e viva.” Questo è un lettore! Pontassieve, Camucia, 8…. Intervento Quindi, leggere l’orario ferroviario diventa la cosa più difficile del mondo, perché ci deve essere un vissuto di paesaggi, di luoghi… Brasioli: È il massimo della difficoltà! Grazie, perché quando dico queste cose, sono sempre in dubbio se doverle dire. Innamorarsi dell’orario ferroviario è la cosa più difficile del mondo. Sentire tutto … però io ho nella mia vita esperienze di questo tipo. C’è stato un mio amico che quando ha fatto la maturità si è fatto regalare un biglietto per Poggibonsi. Perché? Ma come, con un nome così… ! Non sapeva cosa c’era a Poggibonsi, però lui voleva andare a Poggibonsi. Ecco, se io sento uno così, me l’abbraccerei! Per questo credo che valga la pena la lettura, perché costruisce attraverso l’incontro con una persona che è, per così dire, il luogo vivente in cui si percepisce questo rapporto con tutto. La lettura è la costruzione di questo “universo a specchio” per cui, più hai dentro il particolare, più hai dentro l’universo. Poggibonsi, Castiglion Fibocchi, Ponte a Mensola, Castiglion de’ Pepoli, Castiglion delle Stiviere... E più ti si fissano dentro i particolari, e più vai nel mondo; e quando vai nel mondo ti sembra sempre di essere nel posto più bello e più incredibile. Terranova Bracciolini ... Il mondo, attraverso i nomi, le letture che ti fai dentro, fiorisce, diventa grande. Intervento. Mentre parlava adesso, mi è venuto in mente che Vacanze all’isola dei Gabbiani inizia con un brano che dice esattamente ciò che diceva lei: il babbo Merkelson ha scelto di andare a trascorrere lì le vacanze con la famiglia perché s’è innamorato del nome. E dice: ma le altre famiglie come avrebbero fatto? Si sarebbe informate, avrebbero saputo tutto prima di fissare la casa. Io, ho letto questo pezzo a scuola appena tornati dalle vacanze, subito, perché ciò che mi ha colpito -­‐ mi veniva in mente mentre parlava e 6
Flaubert Gustave, L’educazione sentimentale, Garzanti Libri, 2005 Proust Marcel, Contro Sainte-­‐Beuve, Einaudi Tascabili Classici, Torino 1991; si tratta di un saggio di critica letteraria ed estetica, in cui Proust spiega bene per quale motivo è spinto a scrivere, e questo è un motivo così profondo che l'aiuterà a superare tutti gli ostacoli che troverà sulla sua strada per diventare scrittore. 8
Il professor Brasioli inizia qui a nominare una serie di stazioncine ferroviarie sulla linea Firenze-­‐Roma e di paesini dai nomi evocativi e suggestivi 7
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me ne ero dimenticata! -­‐ è questo innamorarsi delle cose già prima di conoscerle, l’attesa che ha questo Melkerson di andare lì. Brasioli: Grazie. Dice : “«Isola dei gabbiani, che bel nome!» esclamò. <<È per via di questo nome che ci ho preso in affitto la casa>>. Karin, la figlia diciannovenne, lo guardò scuotendo la testa. Che padre sventato avevano!”. Non è la traduzione giusta, son sicuro; non conosco lo svedese, ma sono sicuro! “Si avvicinava alla cinquantina, ma era più ingenuo, spensierato e impulsivo dei suoi figli.” Il papà è un poeta. “Eccolo lì, eccitato come un ragazzino la sera di Natale, aspettando che tutti i suoi fossero entusiasti della sua idea di fissare una casa per l’estate sull’Isola dei Gabbiani. «Proprio una cosa da te» disse Karin «Sì, proprio una cosa da te affittare una casa su un’isola che non hai mai visto, solo perché ti piaceva il nome».” Questo è andato a Poggibonsi! “«Perché non fanno tutti così? » si difese Melker;” Questa è la mancanza di riflessione sulla propria esperienza. “poi ammutolì, pensieroso. « O forse » riprese dopo un momento di riflessione, bisogna essere uno scrittore mezzo matto, per fare una cosa del genere? ” O un maestro mezzo matto. Come li coinvolgi? “«Un semplice nome … ‘ Isola dei Gabbiani’ … ah ah! Magari un altro sarebbe andato prima a vedere» « Certo che ci sarebbe andato! Tu invece no! » « D’accordo, però adesso ci sto andando.” Intervento: Io ho fatto leggere le stesse pagine in classe e non avevo notato nulla di questo aspetto. Perché non ho notato nulla? Eppure ora mi sono commossa. Brasioli: Grazie di avermi invitato. Guardi, se noi ce le ricordassimo sempre le cose che siamo detti oggi, cosa di cui vi ringrazierò sempre, riusciremmo a decostruire, a buttar via, quello che è uno dei maggiori impedimenti alla lettura, che è un’ideologia, un modo di pensare: cioè che un libro si possa capire, si debba capire. Per cui insegnare a leggere sembra che voglia dire insegnare a capire; non è così. Noi, tutti, di un libro prendiamo quello che ci corrisponde, quello che riusciamo a capire. La gran parte delle cose non le capiamo; non solo: non le possiamo capire, non è possibile. Un libro è un organismo vivente. Quando si legge un libro e si pensa di averlo capito, succede poi che un altro, casualmente, dice un’altra cosa e il libro cambia e tu ti commuovi perché riconosci quella cosa lì e dici: non l’avevo capito! Guardate che questa cosa qui è quello che afferma Ezra Pound, uno dei più grandi scrittori americani, che dice così: anche se uno conoscesse “Donna me prega” di Cavalcanti o i versi 100-­‐180 dell’Odissea così come li conosco io, dovrebbe sempre pensare che potrebbe incontrare una novità leggendoli ai …(e poi si corregge) con i suoi ragazzi. Noi diciamo: so tutto. No! Ci può essere che quel bambino, quella mattina, ti dice una cosa che ti svirgola completamente; e questo succede sempre, per fortuna succede. Noi dobbiamo smettere di pensare di poter capire tutto. E’ bello leggere perché qualcuno ti svirgola, ti apre orizzonti inimmaginabili, non perché ti dice quello che tu ti aspetti che ti dica, ma proprio perché ti apre orizzonti inesplorati. E’ l’esperienza dei Didattica e Innovazione Scolastica
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grandi questa. Winckelmann, il grande archeologo del ‘700, racconta: un giorno mi accorsi che avevo buttato via, come fosse inutile, un pezzo che un bambino che mi aiutava negli scavi mi aveva riportato, perché era il tappino di una lucerna che c’era lì; ma io, non conoscendo lucerne, non avevo visto che quello era il tappino, mentre il bambino romano che aveva la lucerna in casa, me l’ha detto. Ecco: questo gesto è quello che succede, secondo me, quando si legge. Disponibili ad essere messi nella condizione di aprire all’infinito la nostra lettura, attraverso il contatto con qualcosa di nuovo, con qualcosa che accade lì per lì. Didattica e Innovazione Scolastica
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