scarica la lettera-appello
Transcript
scarica la lettera-appello
SINDACO PISAPIA, QUATTRO MESI PER UN SÌ O UN NO NON LE SEMBRANO TANTI? Perché noi no? Ce lo chiediamo da anni, guardando l'Europa intorno che corre e noi dietro con l'affanno; un Paese che dice di voler essere faro nel nostro continente ma che in quanto a diritti civili preferisce il buio pesto. Perché noi no? Ce lo ri-chiediamo da qualche mese, da quando la sentenza del Tribunale di Grosseto ci ha restituito la speranza di vederci riconosciute; da quando altri Comuni, in mancanza di una politica nazionale troppo presa a promettere e a non fare, hanno deciso di muoversi. Grosseto appunto, poi Fano, Napoli, Bologna, Reggio Emilia, Empoli, Sesto Fiorentino. E presto Cagliari, Livorno, Roma... Tante, ma non Milano, la città più europea d'Italia, come si dice sempre, evidentemente non in fatto di diritti. Milano che l'anno prossimo sarà il cuore del mondo, che dopo anni a destra ha un sindaco fieramente di sinistra che si dice attento ai diritti civili più di tutto. Solo a parole, purtroppo, anche lui. Noi. Noi siamo una dozzina di coppie sposate all'estero come tante altre ce ne sono a Milano e nel resto d'Italia. Mariti e mariti, mogli e mogli, che attraversati i confini esistono come coppia ma a casa loro sono due coinquilini, senza doveri né diritti. Coppie sposate che chiedono al proprio Comune la trascrizione al pari delle altre coppie che scelgono un matrimonio all'estero perché, come recita l'articolo 3 della Costituzione: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. Principi che, noi ne siamo l'esempio, sono validi solo sulla carta, anche quando vi è una legge che basterebbe applicare. Alcuni di noi hanno già in tasca un rifiuto formale alla trascrizione da parte del Comune di Milano per -si dice- contrarietà all’ordine pubblico, una motivazione già ampiamente smentita dalla Corte di Cassazione. Altri sono in attesa di capire quale sarà la posizione definitiva del sindaco Giuliano Pisapia, che da oltre quattro mesi ha avviato tramite l'assessore alle Politiche sociali Pierfrancesco Majorino un confronto con Rete Lenford, associazione di avvocati per i diritti LGBTI. Un confronto finito due mesi fa in un vicolo cieco, di cui ci sembra doveroso ripercorrere le tappe principali. 9 aprile. Il Tribunale di Grosseto ordina al Comune di trascrivere nei registri di Stato civile il matrimonio tra due uomini regolarmente celebrato a New York. 18 aprile. Tramite Casa dei diritti, Majorino chiede a Rete Lenford un parere giuridico sulla trascrizione del matrimonio omosessuale celebrato all'estero in seguito alla sentenza di Grosseto. 26 maggio. Majorino convoca Rete Lenford presso la Casa dei diritti e riferisce che la volontà politica di procedere alla trascrizione c'è, ma propone che sia solo simbolica, una “messinscena” durante le celebrazioni del Pride. Rete Lenford e le coppie rifiutano tale proposta ritenendola di pura propaganda ed insistono perché si proceda sulla base della normativa di Stato civile. 26 giugno. Il Comune di Milano consegna a una coppia di uomini sposatisi a New York lettera formale di rifiuto alla trascrizione. 28 giugno. In seguito all'uscita sul Corriere della Sera di un articolo sul rifiuto, Majorino contatta Rete Lenford e la coppia colpita dal provvedimento per esprimere il suo rammarico e assicurare che il Comune provvederà a risolvere la situazione. Dal palco del Milano Pride, Pisapia, in merito alla mancata trascrizione, dice: «Abbiamo commesso degli errori a cui porremo rimedio». 29 giugno. Majorino dichiara al Corriere della Sera: «La mia posizione è che la trascrizione si faccia, anche a rischio che sia vanificata dalle leggi di un Paese arretrato». 22 luglio. Majorino convoca nuovamente Rete Lenford e le coppie per valutare possibili soluzioni al “problema”, dalla stesura condivisa di un progetto di legge da sottoporre al Parlamento, all'adozione di provvedimenti simili a quelli promossi dai sindaci di Napoli e Bologna. In particolare, è la soluzione presa dal primo cittadino del capoluogo emiliano a sembrare la più convincente. L'incontro è chiuso con la seguente promessa: «Entro una settimana vi faremo sapere. Se Bologna trascrive, lo faremo anche noi». Poche ore dopo, Virginio Merola, sindaco di Bologna, firma la delibera sulla trascrizione dei matrimoni same-sex. 25 luglio. Sembra fatta. Viene fatto sapere informalmente a Rete Lenford che Pisapia ha deciso di procedere alla trascrizione. Parte la campagna di SEL per chiedere ai suoi eletti nei consigli comunali di procedere con iniziative atte a promuovere la trascrizione dei matrimoni gay celebrati all'estero. Pisapia, per due volte deputato di Rifondazione Comunista, viene da SEL. 5 agosto. Dopo due settimane di assoluto silenzio, Rete Lenford scrive a Pisapia e Majorino chiedendo informazioni circa intenzioni e ritardi in merito al tema. Né l'uno né l'altro rispondono. 6 agosto. Notizie ufficiose ma attendibili riferiscono che la discussione circa la trascrizione sarebbe stata rinviata per non urtare la sensibilità dei consiglieri comunali di Forza Italia e procedere speditamente e senza intoppi con l’approvazione del bilancio. 31 agosto. Pisapia, alla trasmissione In Onda su La 7, dichiara di voler lavorare a una nuova entità di sinistra in grado di dialogare con il PD. In cima alle priorità della nuova formazione cita i diritti civili. 1° settembre. Alcune coppie scrivono a Pisapia e Majorino chiedendo di essere messe al corrente circa intenzioni e ritardi in merito al tema. Né l'uno né l'altro rispondono. 15 settembre. Virginio Merola, sindaco di Bologna, trascrive ufficialmente il primo matrimonio gay sul registro di Stato civile. 18 settembre. Dopo un ennesimo sollecito, Majorino finalmente risponde. «Dal punto di vista politico condivido totalmente la scelta delle Amministrazioni locali che hanno provveduto, pur in forme diverse, alla “trascrizione dei matrimoni all’estero”. I recenti fatti di Bologna, peraltro, non fanno che rafforzare questo mio convincimento. (…) Per quel che riguarda l’orientamento complessivo dell’Amministrazione attualmente non sono in grado di esplicitarlo non essendo io responsabile del procedimento in oggetto. Ovviamente il contenuto di questo mio breve messaggio lo trasmetterò all’Assessore competente e al Sindaco». Quattro mesi. Di mezze frasi e silenzi pieni, passi in avanti e una più veloce retromarcia. Quattro mesi di ipocrisie, di persone tenute sospese senza fornire spiegazioni, la cui dignità, già ampiamente compromessa da un Paese omofobo in cui vige una netta discriminazione in base all'orientamento sessuale, merita evidentemente di essere ignorata. Quattro mesi di rappresentanti delle istituzioni che promettono e non mantengono, che parlano di nuovi diritti ma sono i primi, pur potendo agire con un'azione forse imperfetta ma rispettosa della legge e dall'enorme significato politico, a decidere di rimanere fermi tradendo quegli ideali così tante volte espressi sui palchi da comizio. Che si pretendono diversi da chi c'era prima ma che in quanto a diritti sembrano solo il rovescio di una stessa medaglia. Che se la coerenza con le proprie convinzioni etiche e politiche non fosse solo un'opinione da tirar fuori in campagna elettorale, dovrebbero scusarsi pubblicamente, se non fare un passo indietro e lasciare spazio a chi cerca l'armonia tra parola e azione. Da oggi aspettiamo una risposta formale, che non sia un nascondersi dietro a un “vorrei ma non posso” dettato da interventi prefettizi, veti politici o procedimenti giudiziari. Si può, e tanti altri sindaci l’hanno dimostrato. Coraggiosamente. 28 Maggio 2011. Un arcobaleno attraversa Piazza del Duomo e saluta l'avvento di un nuovo sindaco, con tutto il suo carico di speranze. La comunità LGBTI, che nell'arcobaleno ha il suo simbolo, è lì a festeggiarlo compatta. Peccato doversi rendere conto che quell'arcobaleno non portava con sé il sereno, ma ancora altro buio. Perché gli altri sì, ma noi no. Philippe e Alberto, sposati in Francia Annie e Micaela, sposate in Massachusetts Sarah e Antonella, sposate in Francia Anna e Barbara, sposate in Norvegia Laura e Barbara, sposate in Danimarca Laura e Monica, sposate in Danimarca Andrea e Gianni, sposati a New York Maria Silvia e Francesca, sposate in Spagna Chiara e Giulia, sposate in Danimarca Stefano e Claudio, sposati a New York Andrea e Luca, sposati a New York Marco e Marcello, sposati in Spagna Tutti/e coniugi per l’Unione europea e gli Stati che riconoscono il matrimonio same sex