rassegna stampa - Comune di Pegognaga
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Piccoli crimini coniugali L'amore è eterno, fiché dura. Oppure: l'amore non è bello se non è litigarello. Avete mai riflettuto sui detti popolari circa i sentimenti e la vita di coppia? E a parte i detti, che risposte vi siete dati sull'ontologia dell'amore, e della bigamia? Tipo: è vero, è normale che con gli anni il rapporto a due si trasforma, andando a sembrare sempre più a un'affettuosa amicizia, piuttosto che a una passione travolgente? Oppure: è più forte il coinvolgimento mentale o quello fisico? Che è un po' come dire: peggio il tradimento pensato o quello concreto? E ancora: la stabilità, la sicurezza e l'abitudine sono le condizioni per la serenità o la morte di ogni relazione? Questo spettacolo non dà risposte, come è giusto, ma fornisce diversi spunti di riflessione. Eric-Emmanuel Schmitt (scrittore e drammaturgo francese di culto) sviscera e mette alla berlina le ipocrisie, i rancori e soprattutto i latenti istinti omicidi di una coppia di colti cinquantenni. Schmitt ama mescolare la leggerezza con il dramma, lo humour con la riflessione, e scrive pagine raffinate e coinvolgenti senza mai essere né frivolo né grave. In questa commedia dove gli aspetti tragicomici mitigano atmosfere degne del miglior thriller, l'autore ha il grande merito di far riflettere e sorridere sui meccanismi più profondi e reconditi che animano anche il più affiatato dei rapporti a due. La trama: Gilles e Lisa sono sposati da quindici anni, innamorati e complici. Lui scrive romanzi gialli, lei dipinge. Nel loro ambiente colto e un po' chic, si muovono vantando emancipazione e tolleranza: si dicono coppia aperta. In realtà Lisa soffre moltissimo nell'immaginare Gilles con altre donne, e cerca di reprimere in tutti i modi la sua gelosia. Finché un giorno scoppia... Anche la violenza entra a far parte delle dinamiche del loro matrimonio, e per un po' non si capisce chi ha tentato di uccidere chi. Il motore della narrazione è l'amnesia temporanea di Gilles, conseguenza di un trauma cranico, frutto delle frustrazioni della loro relazione. Lisa ne approfitta per re-inventare il loro rapporto, in un tentativo disperato di recuperare gioie perdute o mai avute, mirando alla perfezione. Manca l'obiettivo, ovviamnete, ma questo non preclude il lieto fine, che arriva puntuale, nonostante la forza devastante delle insicurezze e delle fragilità dei due personaggi, che rischiano di distruggere tutto. Lo spettacolo diretto da Sergio Fantoni, che ha curato anche l’adattamento dal francese del testo originale, ricrea in maniera piacevolmente realistica l’elegante interno borghese della coppia, dove si muovono con grande disinvoltura Andrea Jonasson nei panni della bella Lisa e un efficace e simpatico Gianpiero Bianchi, marito assalito dai dubbi e dalle mille domande. Più convincente e coinvolgente la seconda parte, con un ritmo più incalzante della prima, nel complesso la performance è buona. Si sorride e si ride, lì per lì. Poi però arriva il retrogusto, dolce e amaro. www.flashgiovani.it, Elisa Rosso L'amore coniugale In tutta la sua opera teatrale Eric-Emmanuel Schmitt non ha mai smesso di riflettere sul tema dell’amore in tutte le sue manifestazioni: carnale o platonico, romanzesco o quotidiano, libertino o fedele, e sulla difficoltà, forse l’impossibilità, di riassumerle tutte in una sola persona. Schmitt si è anche domandato chi si ama veramente quando si ama: una proiezione del nostro sentimento, un essere idealizzato dalla nostra mente o una persona in carne ed ossa dotata di una propria personalità che sfugge alla nostra immaginazione. Con Piccoli crimini coniugali Schmitt affronta un argomento che non aveva mai preso così di petto: l’amore coniugale dopo quindici anni di vita in comune, un amore di lunga durata in cui i sogni finiscono immancabilmente per urtare nella realtà… Ci voleva del coraggio per fare di una coppia in crisi l’argomento di una commedia popolare. La vita matrimoniale non è un tema caro a questo tipo di teatro, tranne che nel vaudeville con lo schema del mènage à trois o nel dramma poliziesco dove alla fine dei conti si insegue un crimine. E ci sarà infatti crimine, inchiesta e mènage à trois in questa commedia. Ma è un mènage à trois di un tipo particolare dato che il marito, a causa di una caduta, ha perso la memoria. Sono quindi in tre: quello che era il marito prima dell’amnesia e che ora è per lui uno sconosciuto, quello che è ora dopo la perdita della memoria e la moglie di questi due uomini. Con l’aiuto o malgrado la donna che lui non riconosce più, Gilles inizia una ricerca per riavere la memoria del suo passato, nel corso della quale seguirà tutte le piste possibili per scoprire la verità su se stesso, sulla moglie, sulla loro vita di coppia e su ciò che è realmente successo la notte dell’incidente. L’amnesia è anche una possibilità: è un modo per prendere le distanze da se stesso e per giudicarsi imparzialmente, per vedere con occhi nuovi ciò che la routine impediva ormai di vedere. La ricerca dell’identità sconfina simbolicamente nell’inchiesta poliziesca… Assistiamo a un gioco a rimpiattino, di scaltrezze e di sorrisi, di false piste con le quali ciascuno cerca di nascondere qualche cosa all’altro. La verità non è facile a dirsi, né piacevole da capire, e sarà annidata nel dolore, passando attraverso le astuzie e le menzogne. Sarà una crisi di distruzione o di salvezza. Noi assistiamo a una giostra furibonda tra marito e moglie, un duello verbale dove si alternano momenti di brutale realismo e di sconfinata tenerezza, un crescendo di ostinata ricerca e di confessioni. Ci immergiamo nell’intimità di una coppia moderna, una coppia di artisti parigini, senza figli, una coppia “di sinistra” che professa (in teoria e in pubblico) tolleranza nei confronti delle scappatelle dell’altro; forse non è una coppia universale, ma certamente rispecchia il clima del nostro tempo. Schmitt ne approfitta, come è sua abitudine, per fare i conti con parecchie idee che vanno per la maggiore, “tutte quelle stupidaggini che si dicono a tavola in compagnia per sembrare maliziosi e intelligenti” La coppia in crisi è oggetto di sterminate inchieste sociologiche. Ma per capire a fondo l’intimità della vita di coppia, lasciate perdere le inchieste sociologiche e leggete Piccoli crimini coniugali. Ne saprete di più e con più divertimento. La Nation, Suisse, Laurence Benoit, 31 octobre 2003 Quanto c’è di vero in ciò che dice Gilles, un personaggio di «Piccoli crimini coniugali»? “La coppia è una libera associazione di assassini, uniti dalla violenza di un desiderio che li getta uno contro l’altro, tra sudore, miagolii, rantoli…la lotta si risolve, per esaurimento, in un armistizio, chiamato “piacere”. Col matrimonio i due assassini firmano una tregua, ma solo per dirigere la loro violenza contro la società, brandendo i frutti delle loro risse: i figli. E qui l’inganno rasenta il capolavoro! Perché d’ora in avanti, in nome della famiglia, sarà loro tutto permesso. I loro istinti brutali e licenziosi passeranno per un servizio reso alla specie umana. La loro ottusità, la loro idiozia, il loro insulso vociare coprirà ogni altra voce. La famiglia sarà la punta di diamante della truffa. Invecchiati, mentre i figli si danno da fare per mettere su altre associazioni di assassini, loro, i vecchi predatori, finiranno per prendersela con sé stessi. Non più a colpi di reni però, eh no! Adesso ricorreranno ai colpi bassi, i più vigliacchi: la malattia, la sordità, l’incontinenza, il rimbambimento. Chi vincerà? Chi andrà all’altro mondo per ultimo. Ecco cos’è la vita coniugale: una libera associazione di assassini….Una coppia giovane è una coppia che cerca di sbarazzarsi delle altre coppie. Una vecchia coppia è quella dove ciascuno cerca di sbarazzarsi del proprio compagno. Quando guardate un uomo e una donna sull’altare davanti al prete o davanti al sindaco non vi siete mai chiesti chi dei due sarà il primo a uccidere l’altro?”. Un uomo ha ricevuto un colpo in testa e si ritrova nell’appartamento di una donna che dice di non conoscere e che tuttavia è sua moglie. Èstato colpito da un’amnesia. Per lo meno sembra, perché Schmitt ci riserva parecchi colpi di teatro. Di volta in volta, i personaggi si rivelano diversi da come sembrano. Ognuno con la sua dose di durezza e di istinti criminali, senza idee scontate e preconcette sull’uomo e sulla donna. Costruendo tutto un gioco di luci e di ombre, di calma e di violenza, di buona educazione e di istinti bestiali, di rallentamenti e di precipitazioni, Eric Emmanuel Schmitt ha voluto soprattutto parlarci della coppia. In apparenza, un elegante braccio di ferro tra due verità. In sostanza, una riflessione sui rapporti umani che si consumano e non possono trovare la loro salvezza, la loro rinascita se non attraverso una crisi e la sua risoluzione. Schmitt sbroglia con sapienza quanto c’è di arcaico e di moderno nell’uomo contemporaneo rispetto ai sentimenti e ai comportamenti amorosi. Magazine Littéraire, Gilles Costaz, septembre 2003 Il soggetto ? L’amore. La coppia. Quello che succede tra un uomo e una donna, per quanto siano intelligenti, ben disposti l’uno verso l’altro e chiari, dopo quindici anni di vita in comune. La diagnosi è pesante: è un inferno. Schmitt non ci va leggero. All’inizio, la copula assume la forma di un’associazione a delinquere, i due compagni sono uniti dalla violenza che li getta l’uno contro l’altro. In seguito, la loro prestazione non migliora: fondano una famiglia. Èun errore raccontare l’intreccio, si rischia di mettere a nudo il complotto, il grande complotto della vita a due. Uno spettacolo succulento. Le Canard enchaîné, Bernard Thomas, 1 octobre 2003 La commedia è così intelligente da dare allo spettatore l’impressione di essere anche lui una persona intelligente. Le Parisien, André Lafargue, 26 septembre 2003