TFR E FONDI PENSIONE COSA CAMBIA PER LE AZIENDE

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TFR E FONDI PENSIONE COSA CAMBIA PER LE AZIENDE
TFR E FONDI PENSIONE
COSA CAMBIA PER LE AZIENDE
di Patrizia Della Serra
Risorse Umane >> Fondi pensione
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Sommario
Premessa ..............................................................................................3
Il Tfr fino al 31 dicembre 2006 .................................................................4
Il Tfr dall'1 gennaio 2007 .........................................................................4
Agevolazioni fiscali per i versamenti volontari ad un fondo pensione ..............6
Glossario ...............................................................................................8
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Premessa
La previdenza complementare nasce nel 1993 con lo scopo di costituire una seconda
pensione da aggiungere a quella di base erogata dagli enti di previdenza, in vista della sua
progressiva perdita della capacità di assicurare rendite sufficienti a conservare il tenore di vita
goduto durante il periodo lavorativo.
Fino al 31 dicembre 2006 i fondi pensione potevano essere finanziati solo con i contributi del
datore di lavoro e/o del lavoratore, il quale ultimo poteva scegliere di versare anche quote del
proprio Trattamento di fine rapporto (da ora in avanti solo Tfr).
Il D. Lgs. n. 252 del 5 dicembre 2005, in vigore dall’1 gennaio 2007, introduce la possibilità di
finanziare i fondi pensione con il solo Tfr maturando dall’1 gennaio 2007 dei lavoratori
subordinati del settore privato.
Il Tfr è un istituto previdenziale previsto dall’art. 2120 del codice civile che consiste
nell’obbligo, posto a carico del datore di lavoro, di accantonare annualmente una somma di
denaro1 da corrispondere al lavoratore subordinato al momento della cessazione del rapporto
di lavoro.
La misura dell’accantonamento, oltre ad essere prevista dal primo comma della disposizione
suddetta, è stabilita anche dal principio contabile internazionale IAS 192 ma soltanto per i
soggetti indicati dal D. Lgs. del 28 febbraio 2005, n. 38, e precisamente per:
•
•
•
•
le società quotate;
gli istituti di credito ed intermediari finanziari sottoposti alla vigilanza della Banca di
Italia e dell’ISVAP;
le società che emettono strumenti finanziari diffusi tra il pubblico;
le società che redigono il bilancio consolidato, diverse da quelle indicate ai punti
precedenti e diverse da quelle che possono redigere il bilancio in forma abbreviata ex
articolo 2435 bis del codice civile.
Nell’elenco delle categorie obbligate rientrano anche le società controllate, anche se non
quotate in borsa, incluse nell’area di consolidamento.
La riforma suddetta ha portato alcune novità contabili e fiscali rispetto alla disciplina vigente
al 31 dicembre 2006.
1
Ai sensi del 1° comma dell’art. 2120 del c.c. «Tale trattamento si calcola sommando per ciascun anno di servizio
una quota pari e comunque non superiore all’importo della retribuzione dovuta per l’anno stesso divisa per 13,5
(…)»; successivamente il 4° comma della stessa disposizione di legge prevede una rivalutazione della quota
maturata al 31 dicembre di ogni anno con l’applicazione di un tasso fisso dell’1,5% e di un tasso variabile pari al
75% dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati accertato dall’ISTAT rispetto al mese di
dicembre dell’anno precedente.
2
Lo Ias 19 denominato «Benefici per i dipendenti» disciplina il trattamento contabile che un’impresa deve
utilizzare per contabilizzare i benefici erogati ai dipendenti. Il principio contabile individua varie tipologie di
benefici a cui hanno diritto i dipendenti nell’ambito di un rapporto di lavoro, prevedendo per ciascuna di essa,
specifiche regole di rilevazione e valutazione nonché l’informazione integrativa. Per quanto riguarda il trattamento
di fine rapporto, il principio lo contempla tra i piani a benefici definiti. Da ciò consegue che il calcolo per
l’accantonamento del Tfr deve essere effettuato con una valutazione di tipo attuariale utilizzando un tasso di
sconto individuato in base ai criteri indicati nel principio medesimo.
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IL TFR FINO AL 31 DICEMBRE 2006
Per il lavoratore la liquidazione del Tfr, percepita alla data di cessazione del rapporto di lavoro,
rappresenta una retribuzione differita il cui trattamento tributario è quello della cosiddetta
tassazione separata previsto dall’art. 19 del D.p.r. del 22 dicembre 1986 n. 917 (Tuir); per il
lavoratore, detto trattamento risulta più conveniente rispetto alla tassazione ordinaria in
quanto consente di tassare la liquidazione con un’aliquota media dei cinque anni
precedenti l’anno di percezione senza farla concorrere insieme ad altri redditi, evitandosi in
tal modo l’applicazione delle aliquote più alte in sede di dichiarazione annuale.
Per il datore di lavoro invece, la liquidazione futura del Tfr rappresenta un debito a
medio/lungo termine nei confronti del dipendente; mentre l’accantonamento annuale al Tfr
rappresenta un costo deducibile nell’anno di competenza. Da un punto di vista contabile,
l’accantonamento annuale va registrato contemporaneamente alle voci:
B)9)c) del conto economico;
C) del passivo dello Stato Patrimoniale.
La voce del passivo sarà annullata alla data del pagamento della liquidazione del Tfr.
Da un punto di vista fiscale, ai sensi dell’art. 105 del Tuir, l’accantonamento è deducibile
nei «limiti delle quote maturate nell’esercizio in conformità alle disposizioni legislative e
contrattuali che regolano il rapporto di lavoro dei dipendenti». In altre parole,
l’accantonamento determinato ai sensi dell’art. 2120 del codice civile è interamente deducibile
dal reddito di impresa del datore di lavoro; mentre quello determinato secondo la procedura
prevista dal principio contabile IAS 19 potrebbe non essere interamente deducibile per il datore
di lavoro; ciò si verificherebbe nel caso in cui la quota accantonata secondo il principio IAS
fosse superiore a quella calcolata secondo la normativa civilistica. In tal caso l’eccedenza
indeducibile andrebbe recuperata a tassazione mediante apposita variazione in aumento3.
Nel caso contrario, cioè nell’ipotesi in cui l’accantonamento effettuato secondo lo IAS fosse
inferiore all’accantonamento civilistico allora sarebbe una facoltà del datore, che è obbligato ad
applicare i principi IAS, effettuare una deduzione extracontabile ai sensi dell’articolo 109,
comma 4, lettera b), dello stesso Tuir, utilizzando il prospetto EC del modello di dichiarazione
dei redditi.
In tal modo sarebbe assicurata la stessa deducibilità prevista per gli accantonamenti civilistici.
IL TFR DALL’ 1 GENNAIO 2007
Il Tfr maturato fino al 31 dicembre 2006, rimane in azienda e continuerà ad essere gestito con
le regole esposte al paragrafo precedente; invece il Tfr che maturerà dal 1° gennaio fino alla
data di cessazione del rapporto di lavoro sarà gestito con regole diverse a seconda che sia
destinato ad un fondo pensione o che non lo sia secondo il dettato del D.Lgs. n. 252/2005.
La scelta spetta al lavoratore che, a partire dal 1° gennaio ed entro il 30 giugno dell’anno in
corso, ovvero entro sei mesi per i lavoratori assunti dal 1° gennaio, può:
•
•
3
operare una scelta espressa;
non effettuare alcuna scelta.
Risoluzione Ministeriale n. 133/E del 16 novembre 2006
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Ipotesi a): il lavoratore opera una scelta
Il lavoratore, utilizzando il modulo Tfr1 (riservato a chi era già in azienda al 31 dicembre
2006) e Tfr2 (dedicato ai neo assunti dal 1° gennaio), può scegliere:
•
•
di destinare il Tfr alla previdenza complementare;
di lasciare il Tfr in azienda.
Il lavoratore sceglie in favore del fondo di previdenza
La scelta in favore del fondo di previdenza complementare è irrevocabile, vale a dire che una
volta fatta il lavoratore non può più decidere di lasciare il Tfr in azienda.
Tale scelta comporta che alla data di cessazione del rapporto di lavoro il lavoratore non ha una
liquidazione dal datore di lavoro ma una prestazione pensionistica del fondo che ha scelto
lui stesso.
Per il lavoratore la tassazione della prestazione pensionistica è fiscalmente più vantaggiosa
rispetto alla tassazione separata prevista per la liquidazione del Tfr; infatti, basti pensare che i
rendimenti della gestione del fondo pensione (cioè i plusvalori) sono soggetti all’imposta
sostitutiva dell’11% ex art. 14 del D. Lgs. 21 aprile 1993 n. 124.
La parte imponibile della prestazione, invece, in base alla disposizione dettata dal comma 6°,
dell’art. 11 del D.Lgs. n. 252/2005 è tassata con l’aliquota del 15% se la partecipazione al
fondo è inferiore a quindici anni; poi, la tassazione scende dello 0,3% ogni anno successivo il
quindicesimo fino ad arrivare ad una riduzione massima del 6%. Perciò dopo trentacinque anni
di partecipazione al fondo l’aliquota diventa il 9%. Invece la tassazione separata è determinata
con le aliquote di imposta previste dall’art. 13 del Tuir che sono più alte di quelle suddette
(attualmente la aliquota minima è del 23%).
Per il datore di lavoro l’accantonamento non è più imputato alla voce «trattamento di fine
rapporto» ma va iscritto tra i debiti a breve in quanto deve essere versato mensilmente al
fondo pensione designato dal lavoratore; l’accantonamento è comunque deducibile ai sensi
dell’art. 105 del Tuir.
Da
un
punto
di
vista
contabile,
l’accantonamento
periodico
va
registrato
contemporaneamente alle voci:
B)9)d) del conto economico;
D)13) del passivo dello Stato Patrimoniale4.
La voce inserita nel passivo dello Stato Patrimoniale sarà annullata al momento del
versamento al fondo pensione della somma accantonata.
Il lavoratore sceglie di lasciare il Tfr in azienda
Nel caso in cui il lavoratore scelga di lasciare il Tfr in azienda, al termine del proprio rapporto di
lavoro avrà diritto alla liquidazione così come accade nella disciplina vigente fino al 31
dicembre 2006.
Se l’azienda occupa meno di 50 dipendenti il datore di lavoro continua ad accantonare la
quota di competenza del Tfr e ad imputarla tra i debiti a medio/lungo termine con le modalità
viste.
Se l’azienda occupa più di 50 dipendenti l’accantonamento deve essere devoluto ad un
apposito fondo istituito presso la Tesoreria dell’Inps. In tal caso l’accantonamento va imputato
tra i debiti a breve nei confronti dell’Inps alle voci:
B)9)d) del conto economico;
D)13) del passivo dello Stato Patrimoniale.
4
In tal senso cfr. circolare Inps n. 70/07.
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Al termine del periodo lavorativo il lavoratore matura il diritto alla liquidazione che gli viene
pagata dal datore di lavoro; perciò se questi occupa più di 50 dipendenti il pagamento della
liquidazione è fatto in nome e per conto dell’Inps; da ciò consegue che al momento del
pagamento il datore di lavoro iscrive contabilmente un credito nell’attivo dello Stato
Patrimoniale nei confronti dell’Inps (che si chiuderà con la restituzione dell’anticipazione fatta).
Il datore di lavoro, inoltre, deve concedere le anticipazioni5 quando il lavoratore con almeno
otto anni di servizio ne faccia richiesta e la domanda sia giustificata dalle motivazioni indicate
dall’art. 2120 del codice civile6.
Se il datore occupa più di 50 dipendenti l’anticipazione è fatta per conto dell’Inps; pertanto,
come per l’erogazione della liquidazione, contabilmente matura un credito nei confronti
dell’ente citato che si annulla con la restituzione dell’anticipazione stessa.
Ipotesi b): il lavoratore non opera una scelta
Se il lavoratore non opera una scelta nei sei mesi di tempo concessi dal decreto n.
252/2005, si perfeziona in modo irrevocabile, l’istituto del silenzio-assenso ex art. 8 del
decreto citato in favore del fondo pensione previsto dagli accordi o dai contratti collettivi7,
salvo le diverse previsioni di accordi aziendali che individuano un fondo specifico. In mancanza
di tali fondi il Tfr deve essere versato alla forma pensionistica complementare istituita presso
l’Inps, FondInps.
Il versamento degli accantonamenti da parte del datore di lavoro ha periodicità mensile e parte
dal mese successivo a quello di scadenza dei sei mesi suddetti.
Al FondInps non è possibile aderire in modo espresso ma solo con il silenzio-assenso.
Da un punto di vista contabile e fiscale valgono le stesse considerazioni già fatte nel caso di
scelta espressa in favore di un fondo pensione.
AGEVOLAZIONI FISCALI PER I VERSAMENTI VOLONTARI AD UN
FONDO PENSIONE
I lavoratori possono decidere di versare al fondo Pensione, oltre il Tfr, dei contributi a proprio
carico mediante trattenuta sullo stipendio effettuata dal datore di lavoro in qualità di sostituto
di imposta. Detti contributi sono deducibili dal reddito complessivo del lavoratore nell’anno in
cui sono stati pagati (principio di cassa).
I lavoratori possono decidere di versare al fondo Pensione, oltre il Tfr, dei contributi a proprio
carico mediante trattenuta sullo stipendio effettuata dal datore di lavoro in qualità di sostituto
di imposta.
In particolare, i contributi sono deducibili fino al doppio della quota di Tfr destinata al fondo
con il tetto massimo non superiore al 12 per cento del reddito complessivo e ad euro
5.164,57.
Il limite del doppio della quota del Tfr non si applica per i soggetti iscritti al fondo pensionistico
complementare entro il 28 aprile 1993 (c.d. vecchi iscritti ai fondi complementari); mentre
nessun limite di deducibilità si applica agli iscritti alle forme pensionistiche per le quali è stato
accertato lo squilibrio finanziario e approvato il piano di riequilibrio da parte del Ministero del
lavoro e della previdenza sociale.
5
Le anticipazioni possono essere richieste anche al fondo pensione a cui aderisce il lavoratore, ai sensi del
comma 7, dell’art. 11 del D. Lgs. n. 252/2005.
6
Il comma 8 dell’art. 2120 del codice civile recita: «La richiesta deve essere giustificata dalla necessità di:
eventuali spese sanitarie per terapie e interventi straordinari riconosciuti dalle competenti strutture pubbliche;
acquisto della prima casa di abitazione per sé o per i figli, documentato con atto notarile».
7
Se gli accordi o i contratti collettivi prevedono più di un fondo il Tfr è devoluto a quello a cui ha aderito il
maggior numero di lavoratori dell’azienda.
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Infine, le somme versate alla previdenza complementare sono deducibili anche dal reddito
complessivo del familiare di cui il lavoratore è fiscalmente a carico8 e che le ha sostenute.
8
Sono considerati fiscalmente a carico i contribuenti che nel periodo di imposta non hanno posseduto redditi che
concorrono alla formazione del reddito complessivo per un ammontare superiore ad euro 2.840,51.
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GLOSSARIO
Fondi pensione
I fondi pensione, in base alle loro modalità istitutive, si distinguono in fondi negoziali (o
chiusi), fondi aperti, PIP di matrice assicurativa, fondi pensione preesistenti. I fondi
negoziali sono istituiti grazie ad accordi collettivi tra i lavoratori ed i datori di lavoro; i fondi
aperti sono istituiti direttamente da banche, compagnie di assicurazione e società di
gestione del risparmio; i Piani Individuali Pensionistici (PIP o FIP) sono forme
pensionistiche individuali attuate mediante contratti di assicurazione sulla vita; le forme
pensionistiche preesistenti sono rappresentate da quei fondi pensione che già operavano
al momento della entrata in vigore della prima normativa sui fondi pensione.
FondInps
Si tratta di un fondo autonomo rispetto all’ente Inps in quanto dotato di un patrimonio
autonomo sul quale non sono ammesse azioni esecutive da parte dei creditori dell’Inps. Il
periodo di permanenza al fondo è di almeno un anno, trascorso il quale il lavoratore può
trasferire la posizione contributiva ad un altro fondo. La permanenza minima ad un fondo
pensione scelto espressamente dal lavoratore è, invece, di due anni.
.
Documento reperibile, assieme ad altre monografie, nella sezione Dossier del sito
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Fonte: Amministrazione & Finanza
Quindicinale di gestione, pianificazione e controllo aziendale, Ipsoa Editore
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