east13_Zambon, una generazione dopo l`altra con la stessa
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east13_Zambon, una generazione dopo l`altra con la stessa
Focus sull’innovazione e la ricerca, grande spinta all’internazionalizzazione, integrazione a monte con il settore chimico, valorizzazione del capitale umano. Ma anche rigore e dedizione verso un’azienda che viene vissuta come entità “viva”. Elena Zambon, presidente di Zambon Spa, ci racconta i fattori che hanno portato il gruppo al successo e alle più recenti scelte “per far correre il business” Zambon, una generazione dopo l’altra con la stessa passione LEADER GLOCALISTI 2 a cura di Sasa Carpaneda ono passati 100 anni da quando – era l’11 novembre 1906 – Gaetano Zambon e il socio Silvio Farina diedero ufficialmente avvio all’attività del “Magazzino medicinali Zambon”, il primo nucleo di quello che sarebbe diventato il gruppo Zambon. Una multinazionale chimico-farmaceutica attualmente presente in tre continenti – Europa, America e Asia – con più di 2.300 dipendenti e quattro stabilimenti produttivi (Vicenza, Cadempino S in Svizzera, Haikou in Cina e San Paolo in Brasile) e che nel 2005 ha registrato un fatturato pari a oltre 480 milioni di euro, di cui circa il 78% realizzato all’estero. Una realtà con una storia “curiosa”, in cui il binomio famiglia-azienda si è intrecciato così strettamente da divenire un insieme unico. Ma anche una realtà che ha precorso i tempi – basti pensare all’internazionalizzazione avviata sin dagli anni ’50 e alla costante apertura all’innovazione e alla ZAMBON, UNA GENERAZIONE DOPO L’ALTRA CON LA STESSA PASSIONE ricerca – e che nella sua crescita ha portato avanti con intelligenza e rigore quei valori etici e morali cui si ispirava già il suo fondatore. Come sottolinea Elena Zambon, una laurea in Economia Aziendale all’Università Bocconi di Milano, presidente di Zambon Spa e vice presidente di ZaCh System - Zambon Advance Fine Chemicals Spa, raccontandoci le tappe salienti della storia del gruppo. “Quasi tutte le aziende farmaceutiche in Italia sono nate grazie alla volontà e all’intuizione di un farmacista. E a questo proposito Zambon non è diversa dalle altre: il nonno infatti si laureò in Farmacia, affascinato da questo mondo al punto da abbandonare la ben avviata attività del padre Giovanni, commerciante di granaglie. Che – tra l’altro – non glielo perdonò neppure sul letto di morte. Nella storia della nostra azienda, però, vi sono degli elementi assolutamente peculiari. A partire dal legame a doppio filo esistente tra l’azienda, i suoi soci e la famiglia. Orfano di madre a 11 anni – un evento che segnò profondamente la sua vita e il suo carattere – il nonno dovette presto assumersi la responsabilità di sei sorelle cui trovare marito. E non fu certo solo un caso se i suoi due amici e soci nella ‘Gaetano Zambon & C.’, la società creata nel 1906, divennero anche suoi cognati: Teodorico Viero sposò infatti Carmela Zambon, mentre Silvio Farina portò all’altare Antonia, la sorella preferita di Gaetano. I due matrimoni cementarono il rapporto societario con un vincolo di parentela, dando all’azienda una stabilità e una forza propulsiva difficilmente ottenibili diversamente. Lo stesso avvenne con Giovanni Ferrari, cooptato in azienda, cui andò in sposa la più piccola delle Zambon, Cecilia”. “Il primo dopoguerra”, continua Elena Zambon, “segnò la trasformazione da commercianti a industriali, con l’avviamento di proprie linee di produzione con il marchio ‘Zef’ (dai fondatori Zambon e Farina). E fu nel corso degli anni ‘20 che la Zambon si sviluppò definitivamente come impresa industriale, con processi moderni e standardizzati e un centinaio di dipendenti, mentre il mercato servito si ampliò fino a raggiungere l’intero territo126 rio nazionale. Al tempo stesso venne messa a punto la struttura organizzativa, con una precisa suddivisione di responsabilità tra i soci-cognati (cui si era aggiunto nel frattempo il marito di un’altra sorella, Arrigo Giacomelli), che riconoscevano Zambon come indiscusso leader dell’azienda benché le quote fossero paritetiche. La conduzione dell’azienda si fondava su principi di operosità, prudenza e dedizione, ma non mancava una grande apertura all’innovazione e la capacità di anticipare i tempi. Oltre alla volontà di valorizzare l’intelligenza dei collaboratori, ritenuti una parte essenziale del patrimonio dell’impresa”. Quali sono state le tappe successive? Nel decennio seguente in Zambon entrarono in funzione i primi reparti per la sintesi dei prodotti di base a uso farmaceutico, destinati principalmente all’impiego interno ma anche a terzi. Era un passo importante in termini di integrazione nella catena del valore e in più permetteva uno stretto controllo sulla qualità dei materiali di base. Inoltre fu aperto il primo laboratorio di ricerca interno, che si avvalse sin dall’inizio della collaborazione con l’Università di Padova, nella convinzione che produrre farmaci originali avrebbe determinato significativi vantaggi competitivi. E così fu. Il laboratorio riuscì a realizzare sintesi complesse, tra cui quella della canfoedeina (un cardiocinetico) che sarà uno dei pilastri delle fortune della Zambon. Intanto l’azienda, che aveva ormai 300 dipendenti, si era trasformata in una società anonima per azioni, la Zambon & C., il cui capitale era diviso in quote paritetiche tra i quattro cognati (il quinto era morto nel frattempo). Nel 1946 venne inaugurato il nuovo stabilimento – il precedente era stato distrutto da un bombardamento nel ’44 – con macchinari all’avanguardia che permisero di accelerare i processi di produzione. Un intero edificio di tre piani, inoltre, venne destinato ai laboratori di ricerca – a testimonianza dell’importanza attribuita a questo tema –, per i quali vennero assunti decine di tecnici e laureati che si mantenevano in costante contatto con cliniche, centri e laboratori universitari. Grazie alla sinte- LEADER GLOCALISTI 2 tizzazione di farmaci innovativi – in particolare il primo antibiotico a largo spettro, il cloramfenicolo – i nostri prodotti cominciarono ad affermarsi anche all’estero. Inizia qui, quindi, lo sviluppo di Zambon a livello internazionale? Sì, ma il processo di internazionalizzazione venne poi enormemente rafforzato negli anni seguenti da mio padre Alberto, laureato in Chimica all’Università di Padova (e successivamente in Farmacia), cui il nonno Gaetano lasciò le redini dell’azienda nel 1948. Sotto la sua guida, l’attività commerciale e produttiva si espanse nel mondo: dapprima in Europa e nel bacino del Mediterraneo, quindi in Sud America, in particolare in Brasile, dove nel 1957 venne inaugurato il primo stabilimento estero, e in alcuni Paesi asiatici e ben presto il fatturato prodotto all’estero superò quello del mercato nazionale. La ricerca è un altro fronte cui papà dedicò sforzi e investimenti, convinto che il successo della società si fondasse su farmaci di proprietà e non su licenza. Attivò quindi stretti rapporti con gli Stati Uniti, il Giappone e con alcune grandi multinazionali, e nel 1962 trasferì a Bresso, alle porte di Milano, il quartier generale e i laboratori di ricerca della società – lasciando invece a Vicenza lo stabilimento – così da offrire una maggiore “centralità” sotto l’aspetto logistico a scienziati, ricercatori e addetti commerciali stranieri che collaboravano con noi. E la ricerca diede i frutti sperati? _In Cina la Zambon è entrata nel 1988 attraverso una joint venture con un partner locale. Ora produce direttamente in loco, nello stabilimento di Haikou, operativo fin dal 2000 Indubbiamente. Risale proprio a quegli anni, per esempio, lo sviluppo del Fluimucil, che rappresenta ancora oggi uno dei nostri prodotti di punta. La sua storia è molto particolare: esso deriva da una molecola, l’acetilcisteina, scoperta alla fine degli anni ‘50 negli Stati Uniti, dove però non ne seppero intuire le potenzialità farmacologiche. I nostri ricercatori si resero invece conto dei suoi benefici effetti, se somministrata per via orale, per la fluidificazione del muco e diedero così vita non solo a un farmaco di grande successo ma addirittura a una classe di prodotti, quella dei mucolitici, che prima non esisteva. E anche successivamente sono stati i nostri laboratori interni a creare i prodotti che ci hanno dato – e continuano a darci – le maggiori soddisfazioni. Come l’antidolorifico Spedifen (Faspic per il mercato italiano) e il Monuril, un antibiotico per la cura della cistite così potente da agire in un’unica somministrazione, ma tanto sicuro da poter essere utilizzato persino in gravidanza. La nostra attenzione si è sempre rivolta per lo più ai “farmaci per il benessere della persona” e in particolare a tre filoni terapeutici: malattie da raffreddamento, cura della donna e dolore. E veniamo all’oggi. Quali sono le principali direttrici strategiche? Il tema fondamentale è il raggiungimento di un corretto equilibrio tra ricerca e innovazione – che caratterizzano la cul127 ZAMBON, UNA GENERAZIONE DOPO L’ALTRA CON LA STESSA PASSIONE tura del gruppo Zambon – e l’orientamento al mercato. Perché oggi anche nel mondo farmaceutico, soprattutto quando si tratta di prodotti per la “qualità di vita”, è essenziale distinguersi dagli altri e “farsi scegliere” dal consumatore. Diviene quindi necessario comunicare e far correttamente percepire all’esterno i valori che caratterizzano i nostri farmaci. Ecco allora che stiamo valorizzando il nostro portafoglio prodotti utilizzando strategie di marketing e comunicazione e innovando le caratteristiche dei farmaci per meglio rispondere ai bisogni del consumatore. Ma puntiamo anche all’allargamento delle aree terapeutiche in cui siamo presenti, sempre nell’ambito di prodotti che non salvano la vita, ma ne migliorano la qualità. Proseguiranno inoltre gli investimenti e l’espansione diretta nelle aree geografiche ritenute strategiche mentre in altri Paesi si cercherà il potenziamento attraverso alleanze. È il caso del recentissimo accordo siglato con una primaria azienda farmaceutica – che ha una filosofia di business complementare alla nostra – per la concessione in licenza di tutto il nostro listino prodotti in Germania. Riteniamo infatti che sul mercato tedesco, che ha caratteristiche diverso da quello italiano, si possa così rafforzare la presenza dei nostri farmaci. Il gruppo è attivo anche nel settore della chimica fine. Quando è stata sviluppata quest’area e quanto incide sui revenue totali? Lo sviluppo della chimica all’interno del gruppo risale agli anni ’70, quando a Lonigo vicino a Vicenza venne costruito uno stabilimento dedicato. La produzione della chimica in realtà era già stata avviata precedentemente, ma è in questa fase che supera l’ambito “captive” e comincia a lavorare per terzi. Oggi rappresenta una realtà da oltre 70 milioni all’anno di fatturato, pari nel 2005 a circa il 15% dei revenue complessivi, e serve – gruppo Zambon a parte – una clientela totalmente straniera. Nel 2005 circa il 78% del fatturato globale del gruppo è stato realizzato all’estero. In quali Paesi siete attualmente presenti e quali sono le aree più interes128 santi per lo sviluppo del vostro business? Attualmente siamo presenti direttamente in 16 Paesi – oltre all’Italia – tra Europa (anche dell’Est), America Latina e Asia. I mercati esteri per noi più importanti restano Spagna e Francia, ma anche tutto il Nord Europa (Belgio, Olanda, Paesi nordici) mostra tassi di crescita interessanti. Le performance migliori, con incrementi “double digit” sono però quelle dei Paesi cosiddetti emergenti: grandi soddisfazioni vengono dall’Est Europa, soprattutto dalla Russia dove siamo in fase di transizione da un ufficio di rappresentanza verso una filiale vera e propria e distribuiamo i prodotti anche di altre società italiane. In Cina siamo entrati nel 1998 attraverso una joint venture con un partner locale nella quale abbiamo progressivamente aumentato la nostra partecipazione fino al 90% e produciamo direttamente in loco nel nostro stabilimento di Haikou, operativo dal 2000. Si tratta di un mercato che offre grandi opportunità per il farmaceutico, anche perché concentra nelle quattro principali città – e con numeri consistenti di potenziali consumatori – quella fascia di popolazione che costituisce il nostro target di riferimento, sia per reddito sia per cultura. Perché non bisogna dimenticare che qui – dove la tradizione dei medicamenti a base di erbe resta ben radicata – accettare un farmaco significa sposare uno stile di vita occidentale, dimostrarsi cittadino del mondo. È quindi un fatto culturale. E per quanto riguarda gli altri Paesi asiatici? Anche l’India mostra grandi potenzialità, soprattutto sul fronte della chimica. Tra l’altro l’eredità del mondo anglosassone agevola enormemente i rapporti a livello linguistico e la diffusione in quest’area geografica del modello dell’impresa familiare permette di condividere lo stesso tipo di mentalità. Qui abbiamo aperto dal 2003 anche per la chimica un ufficio commerciale e avviato diverse alleanze di tipo strategico con importanti realtà locali, mentre nel farmaceutico – pur presenti da anni sul mercato con accordi di distribuzione a partner locali – stiamo valutando ulteriori opportunità di sviluppo. Siamo poi presenti direttamente anche in Indonesia, un Paese per noi “storico”, sviluppato sin LEADER GLOCALISTI 2 dagli anni ‘50-’60. E a proposito di mercati “storici”, il Sudamerica – dove iniziò nel 1957 il processo di internazionalizzazione del gruppo Zambon – continua a darci grandi soddisfazioni e rientra nelle nostre strategie di sviluppo. A proposito di ricerca, negli ultimi anni avete lanciato due iniziative assolutamente innovative per il mondo farmaceutico: Z-Cube e il Bresso Science Park. Di che cosa si tratta? E quali sono i riscontri ottenuti? Z-Cube è un incubatore industriale di progetti di ricerca legati all’ambito farmaceutico e biotech, che offre a ricercatori provenienti da tutto il mondo la possibilità di sviluppare il loro progetto diventando anche imprenditori. Non solo mettendo a disposizione fondi per lo sviluppo di analisi di fattibilità, ma anche affiancando nostre competenze che difficilmente il ricercatore ha – sia di tipo tecnico che economico e finanziario (per esempio per la definizione di un business plan) – e ricercando altri finanziatori che credono nel successo dell’idea. Fino a dare vita a una newco che vede come azionisti lo stesso ricercatore, il nostro gruppo e le altre realtà interessate. Quanto ai riscontri, il successo di Z-Cube – partito nel 2003 – ha largamente superato le nostre aspettative: avevamo calcolato di accedere a 100 progetti annui per poi arrivare dopo sei anni a due/tre farmaci da lanciare sul mercato. In realtà in solo un anno e mezzo ci sono arrivate 900 proposte e siamo già riusciti a incubare tre nuove aziende, tra cui l’italiana PharmEste, mentre diversi altri progetti sono in fase avanzata. Anche l’idea del Bresso Science Park riflette un nuovo approccio alla ricerca, che può, a nostro avviso, raggiungere più facilmente livelli di eccellenza attraverso il In occasione del Centenario del gruppo Zambon è apparso il volume “1906-2006” - testi di Paolo Stefanato - a cura del Gruppo Zambon, in cui sono raccolti - in una sede più ampia - alcuni dei temi raccontati da Elena Zambon nella presente intervista. continuo scambio con altre realtà. All’interno del nostro stabilimento di Bresso abbiamo quindi messo a disposizione di altre aziende laboratori e servizi così da creare un’area dove “si respiri” innovazione, quasi una Silicon Valley del farmaceutico. E oggi sono con noi importanti realtà quali NicOx, Cell Therapeutics, Biosearch. Nel 2006 è stata attuata una profonda ristrutturazione societaria a livello di gruppo. Quali sono i motivi di questa decisione e cosa è cambiato? Fino allo scorso anno la capogruppo controllava il 100% di Zambon Group, al cui interno erano posizionate le diverse business unit (la chimica, il farma, ZCube). Oggi invece queste sono divenute società a sé stanti e hanno acquisito una loro precisa identità: sono infatti sufficientemente cresciute per poter svolgere un ruolo autonomo nel loro business e possono quindi “camminare con le proprie gambe”. La nuova struttura vede quindi Zambon Company esercitare un ruolo di indirizzo strategico e di allocazione delle risorse necessarie allo sviluppo delle singole aree. La realizzazione di questa nuova organizzazione societaria ci ha impegnato molto nell’ultimo anno, ma crediamo che sia la soluzione ideale per “far correre il business”, focalizzandoci sulle potenzialità di sviluppo non ancora espresse. E ci ha anche permesso di scegliere le persone cui affidare la guida delle singole società in base alle differenti esigenze. Ecco allora, per esempio, che ZaCh System può contare sulla presidenza di Gianni Marini – che apporta l’esperienza e competenza sviluppate in qualità di presidente e amministratore delegato di I.C.I. e successivamente di AstraZeneca fino al 2006 –, così come Z-Cube ha acquisito ulteriore autorevolezza e affidabilità grazie alla presidenza di Luciano Balbo, uno dei fondatori del private equity in Italia con il fondo B&S. La famiglia Zambon controlla circa l’80% del capitale del gruppo. Ma l’impostazione organizzativa oggi è profondamente diversa da quella tipica di un’azienda familiare. Quali le ragioni che hanno condotto a questa scelta? 129 ZAMBON, UNA GENERAZIONE DOPO L’ALTRA CON LA STESSA PASSIONE Nel 1999 – ad alcuni anni di distanza dal passaggio della guida del gruppo da mio padre Alberto a noi terza generazione – siamo arrivati a convincerci della necessità di liberarci degli incarichi operativi per concentrarci sul futuro dell’azienda. Abbiamo pertanto deciso la separazione tra i ruoli operativi, affidati a manager esterni, e quelli di indirizzo strategico e di garanzia, peculiari dell’azionista di controllo. Oggi il nostro compito è quindi quello di selezionare chi guida le singole realtà del gruppo e supportare il management nelle scelte di lungo periodo, seguendo e controllando da vicino le diverse società pur senza entrare nelle decisioni operative. A me è affidata la presidenza di Zambon Spa, a mia sorella Margherita quella di Zambon Company, mentre Chiara, la terza sorella, che ha una formazione scientifica e di ricerca, segue in particolare Z-Cube. Tutte e tre, però, facciamo parte dei diversi Consigli e vi è pertanto una condivisione piena della decisioni. Le scelte strategiche necessitano di un’obiettività e di un distacco che non è sempre facile avere quando si è coinvolti nell’operatività di tutti i giorni, soprattutto in realtà complesse e articolate quali il nostro gruppo; e in più una logica di separazione dei ruoli attrae i manager migliori perché lascia loro più spazio di crescita. Ma il nostro legame con l’azienda resta quello di sempre e i valori che ci animano anche. E non è certo un caso che il nonno Gaetano – enunciando nel 1948 i principi sui quali avrebbe dovuto fondarsi il futuro dell’azienda in una sorta di “testamento morale” rivolto a figli e nipoti – teorizzasse anche la possibile distinzione tra azionisti e “prestatori d’opera”. I NUMERI DELLA ZAMBON Anno di nascita: Fatturato: Utile netto: Dipendenti: In quali Paesi esteri: (i principali) 130 1906 Nel 2005, 480 milioni di euro Nel 2005, 23,3 milioni di euro 2300 circa Spagna, Francia, Belgio, Paesi Bassi, Svizzera, Brasile, Colombia, Cina, Russia, India, Indonesia