Un`artista alla moda

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Un`artista alla moda
UN’ARTISTA ALLA MODA
La vita e le opere
di Elsa Schiaparelli
Chiara Maggiali, °B
Liceo Artistico Vincenzo Cardarelli
Anno scolastico 00-010
Elsa Schiaparelli un’artista alla moda
Il linguaggio comunicativo di
Elsa Schiaparelli
Mi era capitato un paio di volte di pensare che invece di dipingere o
scolpire, attività in cui riuscivo piuttosto bene, avrei potuto inventare
abiti o costumi. Per inciso, ritengo che disegnare vestiti non sia una
professione, ma un’arte. La consideravo un’arte molto difficile e di
poca soddisfazione, perché un vestito, appena nato è già qualcosa che
appartiene al passato. Spesso, devono intervenire molti elementi perché
si possa realizzare un’idea che corrisponda esattamente a ciò che si ha in
mente. L’interpretazione che si dà di un vestito, il modo in cui è fatto e
la strana reazione che a volte riservano i materiali – questi fattori a prescindere da come l’abito viene portato, provocano tutti inevitabilmente
una leggera, se non amara, delusione. Esserne soddisfatti in un certo
senso è anche peggio, perché il vestito una volta creato non ti appartiene
più. Un vestito non può semplicemente stare appeso alla parete come
un quadro o rimanere intatto e vivere a lungo ben protetto come un
libro. Un vestito vive solo se lo si indossa e, appena ciò accade, un’altra
personalità ti sostituisce e lo anima – o almeno ci prova - lo esalta, lo
distrugge o lo trasforma in un canto di bellezza. Più spesso diventa un
banale oggetto o anche una misera caricatura di ciò che tu desideravi
fosse – un sogno, un modo di esprimersi.
(Shocking life, Elsa Schiaparelli 1954)
Elsa Schiaparelli un’artista alla moda
Elsa Schiaparelli un’artista alla moda
Due furono le donne che crearono la moda fra le due Guerre, Chanel e Schiap, l’una nata in
povertà, l’altra in una situazione estremamente privilegiata.
Fin da subito, Elsa iniziò a mostrare la sua determinazione e il suo forte temperamento, sognava di
fare l’attrice ma la posizione della famiglia non poteva consentirle di salire su un palcoscenico. Scrisse
alcune poesie, in stile vagamente dannunziano, che vennero pubblicate in un piccolo volume.
Schiap non aveva ancora trovato la sua strada quando, un’amica della sorella, sposata con un
ricco inglese, iniziò ad occuparsi di bambini orfani e chiese informazioni a proposito di una ragazza che potesse aiutarla. Elsa decise di cogliere l’occasione. Partì per raggiungere Londra passando
per Parigi, fu il suo primo contatto con la città delle avanguardie, e il suo primo approccio con la
sartoria. Un amico di famiglia la invitò ad un ballo per il quale realizzò il suo primo abita da sera
tenuto insieme solo da pochi spilli.
Arrivata a Londra, ad una conferenza,
incontrò il conte Wendt de Kerlor, suo
futuro marito che praticava e predicava
dottrine filosofico-religiose d’ispirazione
orientale.Si sposarono dopo poco, nel
1914.
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Il diminutivo Schiap fu probabilmente introdotto in Francia
per semplificare la pronuncia
del suo cognome ma divenne
poi una sorta di nome d’arte
con cui anche lei stessa si
chiama nelle sue memorie.
Lo sport e la maglia
I due coniugi allo scoppio della prima
Guerra Mondiale si trasferirono a Nizza,
dove rimasero fino al 1919, data di partenza per gli Stati Uniti.
Giunta a destinazione, Elsa si rese conto di quanto fosse diverso quel posto, non
solo da Roma ma anche dalle città precedentemente visitate. Nel giro di un anno la
sua vita cambiò, ebbe una figlia, Gogo, il
marito la lasciò e suo padre morì. Si trovò
sola con una bimba piccola di salute cagionevole e senza sostegno economico della
famiglia di origine. Conobbe Gabrielle, ex
moglie dell’artista Francis Picabia, che si
offrì di occuparsi di Gogo mentre Schiap
era alle ricerca di un lavoro. La conoscenza
di questa donna fu fondamentale poiché
le diede la possibilità di inserirsi nella
vita di New York, frequentare gruppi di
artisti Dada e fotografi d’avanguardia
come Man Ray e Marcel Duchamp. Fu in
questo periodo che avvenne l’incontro che,
secondo le sue stese affermazioni, segnò il
suo destino: il grande Poiret.
Figura 1. Elsa Schiaparelli, golf di lana, 1927. Londra, Victoria
and Albert Museum.
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Un giorno accompagnai una amica americana ricca
nel piccolo hotel straripante di colori che Poiret aveva in
faubourg Saint-Honorè. Era la prima volta che entravo
in una Maison de Couture. E mentre la mia amica sceglieva degli abiti, mi guardai intorno abbagliata.
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Silenziosamente provai dei vestiti e, dimenticando completamente dove mi trovavo, passeggiai, molto contenta di me, davanti allo specchio. Misi un mantello dal taglio ampio e largo, che
sembrava fosse stato fatto per me. Era di velluto d’arredamento nero con grosse bande lucenti,
doppiato in crêpe de Chine blu vivo. Era magnifico. - Perché non lo acquistate, signorina? Si direbbe fatto per voi. - Il grande Poiret in persona mi guardava e io sentii lo choc delle nostre due
personalità. - Non posso, risposi. È certamente troppo caro, e quando potrei metterlo? - Non vi
preoccupate del denaro, riprese […] . E poi, voi potreste portare qualsiasi cosa in qualsiasi posto.
– Poi con un affascinante saluto me lo offrì. Nelle mie stanze scure, il mantello somigliava a una
luce del cielo.
(Shocking Life, Elsa Schiaparelli 1954)
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Dagli anni 20 in poi, l’attività sportiva divenne una moda diffusa perciò si crearono abbigliamenti specifici. Elsa pensò che questa poteva essere la strada giusta e iniziò a realizzare abbigliamento
sportivo. Nel 1925 sostenuta dal finanziamento di una amica comprò la Maison Lambal una piccola
sartoria. Nel 1927 venne presentata la sua prima vera collezione all’interno del suo appartamento.
Si trattava soprattutto di maglieria dai colori brillanti ispirata per lo più al Futurismo e a Poiret,
realizzata con materiali nuovi come il kasha. I giochi di colore prevedevano cardigan abbinati a
gonne ma anche calze e sciarpe abbinate ai completi.
Il modello che poco dopo la lanciò nel campo della moda fu un particolare golf. L’aveva visto
addosso ad un’amica ed era stata colpita dal suo aspetto solido, elastico e dal particolare punto a
maglia fatto a mano. La lavorazione era ottenuta con 2 fili di lana che permetteva di avere come
risultato un capo più resistente e, grazie alle modifiche che apportò Elsa, di creare effetti di disegno utilizzando i due fili di diverso colore. L’idea del golf trompe-l’oeil fu immediata, disegnò un
grande fiocco sul davanti del golf e quando venne raggiunto l’effetto desiderato fu lei la prima ad
indossare tale capo, attirando immediatamente l’attenzione del pubblico.
La fantasia di Schiaparelli si scatenò e sui golf apparvero i soggetti più svariati: foulard, cravatte, schemi di cruciverba o tatuaggi. Nel giro di poco tempo tutte le signore alla moda avevano
un maglione trompe-l’oeil.
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Dallo sport all’alta moda
Nel 1928 Schiap trasferì la sua attività in un appartamento nella zona della moda dove espose
l’insegna “Schiaparelli pour le sport”. Schiap cercò di rinnovare tutto l’abbigliamento sportivo,
utilizzando molti colori.
La sua specialità erano i costumi da bagno e i pigiama da spiaggia.
Nei primi anni 30 la sua produzione divenne una vera e propria Maison de Couture e così,
senza alcuna conoscenza in materia, si fece strada nel campo della moda; aveva il coraggio di rischiare poiché non aveva nulla da perdere. In seguito imparò alcune regole riguardo ai vestiti, che
lei stessa stabilì , aiutata dalla bellezza che l’aveva circondata durante tutta l’infanzia.
Sentiva che i vestiti dovevano ispirarsi all’architettura: non bisogna mai dimenticare il corpo
e bisogna usarlo come si usa la struttura di un edificio. Le linee e i dettagli stravaganti o un effetto asimmetrico devono sempre essere in stretto rapporto con questa struttura. Più il corpo viene
rispettato, più vitalità acquisisce il vestito. Si possono aggiungere imbottiture e fiocchi, si possono
abbassare o alzare le linee, modificare le curve, accentuare questo o quel punto, ma l’armonia deve
restare. I greci, più di chiunque altro a esclusione dei cinesi, hanno capito questa regola e hanno
dato ai loro dèi, anche a quelli decisamente grassi, la serenità della perfezione e il meraviglioso
portamento di chi è libero.
(Shocking life, Elsa Schiaparelli 1954)
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Armonia era la parola chiave delle sue creazioni.
Successivamente tailleur, gonne-pantalone e abiti da sera completi di giacca divennero la specialità della casa.
Schiap decise di indossare personalmente a party e ad occasioni mondane le collezioni più
stravaganti, quelle che nemmeno le clienti più eccentriche e alla moda avevano il coraggio di sperimentare per prime. Ma per fare questo doveva essere accettata alla pari dalla società del lusso, una
condizione che fu resa possibile dal fatto che lei non veniva dal chiuso mondo della sartoria ma da
quello dell’aristocrazia e dagli artisti internazionali girovaghi, che sapevano vivere e fare gruppo in
qualsiasi luogo e situazione. Elsa si sentiva un’artista. Fare un abito era un modo per intervenire
nella cultura estetica di un’epoca e delle donne che lo indossavano e lo vedevano indossato. Il vestito, era il primo strumento di comunicazione interpersonale e doveva nascere, da un lato, dallo
studio di chi doveva metterlo e dal contesto in cui si inseriva e dall’altro dalle idee che attraverso
il suo aspetto potevano essere veicolate. Questo la portò a cercare un rapporto diretto con i suoi
committenti.
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La moda secondo Schiaparelli
Agli inizi degli anni 30, Schiap aveva messo a punto una sua silhouette femminile che corrispondeva allo stile e all’ideale di donna che si stava facendo strada dopo la crisi del 29. La ricchezza
tornò ad essere un bene raro, che si poteva comunicare, attraverso il lusso e l’estrosità. Gli abiti,
dovevano proteggere la donna dai contrattacchi del maschio, di cui stava sfidando superiorità e di
cui stava invadendo il territorio. Gli abiti di Elsa, riflettevano un’intera rivoluzione sociale: difensiva
di giorno ed estremamente seducente di sera.
Il suo matrimonio era stata una delusione, questo la portò a pensare che la nuova donna degli
anni 30 non doveva avere fiducia negli uomini. L’universo femminile cominciava a costituire un
universo autonomo dove l’uomo era il nemico da fronteggiare per farsi spazio nel lavoro. Nacque
così negli anni 30, la silhouette a “grattacielo”: vestiti muniti di imbottiture, dalle linee dritte e
verticali e dalle spalle larghe e squadrate. Le decorazioni, fin da subito, assunsero un significato
ambiguo: da un lato sembravano sottolineare la femminilità dell’indumento, dall’altro la loro collocazione, esaltava l’effetto di armatura.
La Schiaparelli conquistò il comfort senza perdere la femminilità. Ad una struttura semplificata, affiancò una fantasia sfrenata, che si espresse con decorazioni e accessori. Dal 1931 cominciò
ad ingrandire la sede della Maison, occupando i primi piani del palazzo in rue de la Paix e aprendo
un piccolo spazio vendite nel cortile. Lo sistemò in modo che avesse l’aspetto di una imbarcazione.
Insieme all’attività si era allargato anche il suo staff che ormai prendeva un responsabile per ogni
settore e una serie di collaborazioni.
Clement si occupava della creazione degli accessori e Lesage eseguiva i ricami.
Collaborò con artisti come Dalì e Cocteau e con fotografi come Man Ray conosciuto a New
york.
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Elsa Schiaparelli. Linea “uccello” .
Nel 1933 aprì una sede a Londra che però creò
continui problemi sia dal punto di vista finanziario che
organizzativo.
Negli anni seguenti, l’artista continuò a lavorare sulla
stessa silhouette, variandone l’immagine: comparve la
linea “a scatola”, “a cono”, successivamente la linea “uccello” che comprendeva berretti alati, cappe alate, ali in
spalle abbastanza grandi per volare e come decorazioni
piume di pappagallini e canarini.
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Elsa Schiaparelli. Linea “uccello” .
Sperimentò una grande quantità di materiali sintetici o rielaborati chimicamente, alla ricerca
di effetti particolari. Il cellophane venne utilizzato sia lavorato a tessuto sia per ricamare, sia per
creare accessori trasparenti.
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Le collezioni a tema
Nel 1935 la boutique viene trasferita in Place Vendome e diventa subito famosa per la nuova
formula del “pret a porter”. Elsa non si limita solo alla produzione di abiti, ma spazia dai profumi
agli accessori, bijoux ecc.
Il suo scopo era quello di poter dare al cliente, la possibilità di vestirsi Schiaparelli dalla testa ai
piedi, oppure scegliere solo un piccolo particolare. La boutique Schiap divenne uno dei punti obbligati della moda parigina. Le collezioni presentate divennero 4 ogni anno ed erano create ognuna
secondo un tema diverso che si rispecchiava in abiti, bijoux e stampe dei tessuti. Questo metodo
faceva in modo che Schiap potesse scatenare tutta la sua creatività e teatralità. Nel 1935 il tema
della collezione di primavera erano le cerniere, di colori contrastanti rispetto al colore dell’abito
e dalle collocazioni inattese, tali da colpire l’occhio.
Elsa Schiaparelli, cerniere tema della collezione di primavera, 1935.
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La collezione estiva del 1935 era ispirata all’oriente e comprendeva: sari, pantaloni da harem.
Elsa Schiaparelli, sari, 1935
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Non mancava la ricerca dei materiali: cape de verre era un corto mantello
trasparente realizzato in rhodophane,
dalla trasparenza vetrosa e il tessuto
stampato a pagina di giornale che le era
stato ispirato osservando una donna che
usava un copricapo di carta per ripararsi
dal sole, venne utilizzato per ogni indumento e accessorio.
Schiaparelli, Cape de verre, in “Harper’s,Bazaar”, febbraio 1935
(foto Andrè Durst).
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Colcombet, tessuto stampato a foglio di giornale, 1935
A Copenaghen, un giorno Schiap visitò il mercato del pesce, dove c’erano vecchie che restavano sedute per
ore sulle rive dei canali in mezzo a un mare di pesci con le scaglie d’argento, ancora vivi e tremanti. Queste
donne portavano in testa cappelli dalle strane forme, fatti con fogli di giornale piegati. Schiap osservò con
attenzione e, tornata a Parigi, mandò a chiamare Colcombet, il più audace dei tessitori.
<<Voglio un tessuto stampato come se fosse un giornale>> disse.
<<Ma non venderà mai>> esclamò l’uomo allarmato.
<<Io penso di si>> rispose Schiap.
Tagliò articoli che parlavano di lei, lusinghieri e non, in tutte le lingue, li incollò insieme come un puzzle
e li fece stampare sulla seta e sul cotone. I tessuti vennero realizzati in colori di ogni genere e lei li trasformò
in camicette, sciarpe, cappelli e piccoli capi per il mare.
(Shocking Life, Elsa Schiaparelli 1954)
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Colcombet, tessuto stampato a foglio di giornale, 1935.
La collezione d’autunno affrontava temi politici e si chiamava “FERMATI, GUARDA E ASCOLTA”,
quasi a voler incitare ad una necessaria presa di coscienza.
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In ottobre presentò la collezione “ESKIMO”, che tendeva ad esaltare la parte alta del corpo in modo
esagerato, utilizzando inserti di pelliccia a scopo decorativo, ispirandosi al mondo del lavoro.
In dicembre si recò a Mosca per rappresentare la couture francese alla “prima fiera internazionale sovietica”, da questa esperienza
nacque il tema delle prime sfilate del 1936, legato al volo e ai nuovi
mezzi di trasporto che iniziavano a solcare i cieli.
Nella collezione dell’inverno, Elsa si adeguò alla moda che tutte
le case parigine, stavano proponendo: abiti bianchi che ricordavano
le statue greche. Realizzò anche modelli più vicini al suo stile, rese
personali gli abiti con la sola applicazione di un nastro appoggiato
sugli indumenti e ripiegato su se stesso durante il percorso. Ancora
una volta interveniva il meno possibile sulla silhouette, ma suggeriva il tema di moda attraverso un elemento decorativo da usare in
collocazioni e modi diversi e il nastro divenne anche un’alta cintura
da stringere in vita.
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Il rapporto col surrealismo
Ne l 1 9 3 6 i n i z i ò u n
periodo particolare nella ricerca di Schiaparelli:
fu come se a quel punto
avesse sentito il bisogno
di chiarire a se stessa i
contenuti culturali del lavoro che stava facendo sul
linguaggio dell’abito. Già
negli anni precedenti aveva
osato come nessuno aveva
mai fatto prima, rifiutandosi di seguire i metodi
e i contenuti tradizionali
dell’alta moda; voleva che
le donne fossero se stesse
e che comunicassero agli
altri la propria individualità. La forma del lusso
che offriva alle sue clienti
era quella di non seguire le
regole del senso comune,
anche nell’aspetto. C’era
qualcosa nel suo modo di
fare arte che somigliava
alla comunicazione messa
in atto dagli artisti dada e surrealisti, conosciuti prima a Parigi poi a New York. Si rivolse a due surrealisti,
Cocteau e Dalì, per capire attraverso due diversi metodi quanto “il linguaggio dell’inconscio”, che il surrealismo stava sperimentando, potesse modificare il linguaggio degli abiti.
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Dall’autunno dello
stesso anno le collezioni si articolarono su
doppi filoni, da un lato
la stilista si concentrava sull’elaborazioni di
particolari temi, attorno ai quali sviluppare
le collezioni, (musica,
farfalle, astronomia…)
Elsa Schiaparelli, abito appartenente alla collezione de “le farfalle” 1936.
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Elsa Schiaparelli, Mantello da sera, collezione estate 1937.
Fiadelfia, Philadelphia Museum of Art.
...dall’altra creò su disegno di Dalì e Cocteau, capi in cui dovevano emergere il nuovo rapporto tra abito, corpo e pulsioni inconsce.
Cocteau lavorò sul “doppio” e l’ambiguità. Un abito portava sulla
schiena un tradizionale schema di ambiguità visiva: un vaso contenente fiori applicati in rilievo, appoggiato su una colonna era ottenuto
attraverso il disegno di sagome di due profili femminili.
Il mantello in tessuto lilla (la versione in collezione era di jersey
di seta blu) ha il dorso ricamato da Lesage su un disegno realizzato appositamente da Jean Cocteau. Le scanalature della colonna e il vaso/profili sono in filo d’oro, gli occhi, le bocche e le foglie di seta colorata, le
rose di tessuto ad applicazione.
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La giacca di lino grigio sabbia è senza collo e con
il davanti incrociato, ricamato da Lesage.
In basso, la firma di Cocteau. La decorazione è
eseguita con lamè oro e argento e filo di seta.
Elsa Schiaparelli, Giacca, collezione estate 1937.
Filadelfia, Philadelphia Museum of Art.
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Dalì invece rielaborò il tema del richiamo sessuale nascosto nella fascinazione vestimentaria. Tradusse
in tessuto un soggetto già sviluppato, quello della Venere di Milo. I cassetti dovevano fare emergere quello
che la più grande bellezza esteriore nasconde dietro una maschera di serenità. Gli stessi cassetti diventarono
tasche con pomello, su un cappotto presentato in sfilata con un cappello “incoronato”.
Elsa Schiaparelli, Modello “Scrivania”, collezione autunno inverno 1936/37, in “Vogue”,
15settembre 1936 (foto Cecil Beaton). Cecil
Beaton usa un fondale che suggerisce gli scenari
dei quadri da Dalì.
Confronto tra Modello “Scrivania” e Venere di Milo con cassetti, Salvador Dalì,
1936 Rotterdam, Museum Boymans-van
Beuningen. La scultura, alta 98 cm, è realizzata in bronzo con montatura tipo gesso
e nappe di pelliccia.
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Da questo “frugare” all’interno della donna, emerse l’aragosta che venne dipinta sulla
gonna di un abito bianco circondato da ciuffi
di prezzemolo. L’abito fu subito acquistato dal
personaggio dell’anno, Wallis Simpson, che
lo acquisto più per la singolarità della decorazione che per la grande carica erotica e questo
dimostrò che l’esperimento di Dalì era riuscito
solo in parte.
Elsa Schiaparelli, Abito da sera, collezione estate 1937. Filadelfia, Philadelphia Museum of Art. Il modello, di etamine
di seta bianca e arancio, è stampato sul davanti . Il disegno
è di Salvador Dalì.
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Successivamente Dalì disegnò un modello da sera bianco, con il velo, che mostrava vistosi strappi stampati
o applicati da cui traspariva un fondo rosso come fosse carne viva, immagine di verginità infranta
Elsa Schiaparelli ,“Tears dress”, 1938 circa. Philadelphia Museom of Art. L’abito lungo, con strascico a due
punte, è di crepe di seta chiaro stampato con un disegno di strappi di Salvador Dalì. Il modello è completato
da un velo da testa arricciato, decorato con “strappi” di tessuto rosa e rosso cupo applicati a ricamo.
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Verso la fine del ’37 disegnò, per la collezione autunno-inverno, un tailleur nero con le tasche rifinite da
bocche rosse, completate da un cappello a forma di scarpa con il tacco rosso.
Questo abito descriveva chiaramente la fissazione sessuale di Dalì, che nel cappello rivedeva il simbolo
fallico, che veniva completato dal simbolo sessuale femminile rappresentato dalle bocche decorate sul tailleur. Questi simboli erotici dichiaravano quello che la forma rigorosa del tailleur aveva sempre cercato di
mascherare. L’artista riprenderà il tema delle labbra, progettando uno degli arredamenti più kitsch che avesse
mai creato, un vero divano rosa shocking, che venne collocato nella boutique Schiaparelli.
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Salvador Dalì, Mae West lips sofa,1936-1937
Londra, Borough of Brighton/Sussex. Progettato per
essere ricoperto con tessuto del colore del rossetto di
Mae West, fu successivamente realizzato utilizzando
due toni di rosso.
Il surrealista giunse alla conclusione che la vera
essenza della persona, intesa come immagine sociale, non si trova nel corpo ma nell’abito. L’abito come strumento di comunicazione. Lo stesso messaggio si trovava nel nuovo profumo che Schiap chiamò shocking; il
flacone aveva la forma di un busto femminile (ispirato a Mae West e il tappo era coperto di fiori col marchio
scritto su un metro da sarta che passava intorno al collo della boccetta).
“Nacque la bottiglia di profumo a forma di donna
[…]. Mi restava da trovargli un nome e da scegliere
il colore della confezione.[…] Il colore d’un tratto
mi si parò davanti agli occhi: brillante, impossibile,
sfrontato, piacevole, pieno d’energia, come tutta la
luce, tutti gli uccelli e tutti i pesci del mondo messi
insieme, un colore proveniente dalla Cina e dal Perù
, non occidentale; puro e non diluito. Così chiamai
il profumo Shocking. La presentazione sarebbe stata
Shocking e la maggior parte degli accessori e degli
abiti, sarebbero stati shocking.[…] Il colore shocking
si impose per sempre come un classico.”
Elsa Schiaparelli, shocking, 1937 circa.Il flacone
venne disegnato da Leonor Fini.
Mary Jean West è stata un’attrice statunitense e, prima
ancora, una star del musical: è stata inoltre il primo
vero e proprio sex symbol del cinema. Fu la sceneggiatrice delle sue interpretazioni e volle sempre scegliere
personalmente i partner cinematografici, cosa che
sarebbe stata raramente concessa ad un’altra attrice.
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La moda, l’inconscio e l’immaginazione poetica
A questo punto gli abiti realizzati da Dalì iniziarono a starle stretti poiché erano volti a comunicare un
unico significato erotico - sessuale. La moda femminile nel corso del tempo espresse fondamentalmente
due contenuti: quello erotico/seduttivo, anche se in forma meno esplicita di come aveva fatto Dalì, e quello
sociale. Elsa voleva ricorrere ad altri universi linguistici per esprimere altri significati.
L’obiettivo del surrealismo era liberare l’immaginazione poetica e dare sfogo al mondo dei sogni. Il metodo era la libera creazione d’immagini prive di significato e di scopo, lasciate scaturire come nascono dalla
fantasia. Il sogno, l’infanzia, il favoloso e il meraviglioso erano le fonti cui ricorrere. Schiapparelli scoprì
che questo metodo le era congeniale per creare un linguaggio vestimentario che comunicasse la dimensione
interiore della donna. Capì infatti che quello che riusciva più stimolante era considerare il corpo della donna
e la forma dell’indumento come pagine bianche su cui scrivere il flusso delle fantasie, che sorgevano spontaneamente nel momento in cui si metteva a lavorare su un tema; immagini isolate e precise, che nella loro
libera sequenza ricostruivano il suo immaginario, come si era costruito nel tempo, attraverso mille esperienze
diverse. Il problema poteva sorgere nel momento in cui queste immagini dovevano essere accostate alla realtà
degli abiti e qui le venne in aiuto il ricordo di Marchel Duchamp e i suoi ready-made.
Schiapparelli scelse lo stesso sistema: le figure si aggregarono sui suoi modelli senza alcun senso preciso
che non fosse quello della sua fantasia e quindi della sua immaginazione, creando favole che raccontava alle
donne.
Nel ’38 nacque la prima collezione che seguì questo criterio, dedicata al circo. Per la prima volta una
sfilata ebbe le caratteristiche di uno spettacolo, nella boutique di place Vendome gruppi di acrobati facevano
i loro numeri entrando e uscendo da finestre e vetrine. La novità era nella decorazione che diventava una
sorta di gioiello sul capo. I cappelli si adeguarono alla linea generale e furono piccoli feltri conici ispirati ai
pagliacci, cappellini con la piuma, finte galline da accompagnare a bottoni a forma di uova.
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Elsa SChiaparelli, bozzetti per la collezione “Cirque”,1938 e Giacca (particolare) collezione “Cirque”,
estate 1938, Londra, Victoria and Albert Museum.
La giacca è di twill di seta rosa con un motivo di cavalli ammaestrati, tessuti in due toni di azzurro e filo
metallico dorato. I quattro bottoni, a forma di trapezisti dipinti di rosa e azzurro, sono realizzati a mano in
metallo e avvitati all’interno ad un gancio.
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Successivamente sulla stessa linea creò le collezioni estive: in “paienne” (pagana) esplorò il
mito della natura, ispirandosi alla primavera di
Botticelli, in “cosmique” fece emergere tutto lo
splendore della natura celeste.
Qui a destra completo da sera, collezione
“Paienne”, autunno 1938 (foto appartenente alla
collezione Kharbine-Tapabar).
La giacca, di velluto di seta, è decorata sul
davanti con un ricamo a spighe di grano e fiori di
filo metallico, perle e strass, eseguito da Lesage.
Nei bottoni, di resina trasparente, sono inglobati
piccoli fiori.
La sfilata del ’39 si articolò attorno al tema
della maschera ispirandosi alla commedia dell’arte con i suoi personaggi come Colombina,
Arlecchino o Pierrot. Non è da escludere che il
tema della commedia dell’arte fosse stato scelto
come metafora della sensazione psicologica che
la gente comune aveva di fronte alla situazione
politica generale.
Elsa Schiaparelli, collezione “Commedia
dell’Arte”, primavera 1939, in “Vogue”, dicembre
1938 (foto Erwin Blumenfeld).
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La guerra
La collezione dedicata allo commedia dell’arte fu l’ultima in cui si espresse il desiderio di Elsa di studiare
il profondo significato dell’abito femminile. Tra la paura del comunismo e quella del nazismo fece ancora
due sfilate: una collezione “revival”, che modificava la linea dell’abito attraverso il rigonfiamento artificiale
della parte posteriore e un’ultima collezione-sfilata sul tema della musica, per alleggerire un’atmosfera ormai
pesantissima. Cercò anche di allestire la boutique di Place Vendome, simboleggiando la pace attraverso un
grande globo terrestre cosparso di colombe.
La guerra scoppiò e negli anni seguenti non ci fu più, né il tempo né la voglia di dedicarsi al linguaggio
e alla ricerca. Dopo l’inizio della guerra mise in atto una collezione pratica, ricca di grandi tasche, utile
per scappare in fretta e portare con sé tutto il necessario. Inoltre c’era l’abito che da corto diventava lungo,
tirando semplicemente un nastro, quindi portabile anche di sera. Era una moda utile che non rinunciava
alla femminilità. In quel periodo circolavano i nuovi ricchi , queste cambiò la qualità della clientela e ebbe
influenza sulla moda. Spalle larghe, vite sottili, gonne e giacche corte, pettinature complicate, scarpe ortopediche che rendevano sgraziato ogni piedino femminile, tutto questo provava che una Parigi calpestata
possedeva ancora un po’ di senso dell’umorismo e per difendere la sua personalità, aveva deciso di scegliere
un fronte che sfiorava il ridicolo. Subito dopo l’invasione, Elsa partì verso gli Stati Uniti per raccogliere medicinali e fondi per i bambini della zona non occupata. Contro il parere di tutti tornò per portare a termine
la sua missione e riprese a lavorare, ma presto dovette fuggire per evitare i nazisti. Riuscì a tornare di nuovo
in America dove, per sensibilizzare l’opinione pubblica alla situazione francese, tenne conferenze, organizzò
concerti e mostre collaborando anche con Marchel Duchamp.
Pensai sarebbe stato interessante proporre una mostra solo di opere moderne e d’avant garde. Per organizzarla chiesi aiuto a Marchel Duchamp […]. Marcel è un personaggio molto speciale. Nei suoi quadri, in
brevi frasi pronunciate qua e là, ha dato la più perfetta definizione di surrealismo, poi, quando pensava di
aver detto tutto ciò che aveva da dire, lo ha abbandonato […]. Promise di collaborare ed emergendo dolorosamente dalla sua solitudine si mise in azione con risultati sbalorditivi. Le maestose stanze furono divise
con pannelli che dovevano servire ad appendere i lavori e tra i pannelli vennero stese delle corde disposte in
modo da formare un labirinto che conduceva i visitatori alle diverse opere secondo un ordine organizzato
per creare un preciso contrasto […]. Era una collezione di dipinti straordinaria […]. La mostra, composta da
circa 80 opere fece molto scalpore, perché da essa emergeva l’influenza che la vita americana aveva esercitato
sugli artisti francesi trapiantati.
(Shocking Life, Elsa Schiaparelli 1954)
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Nel 1944 tornò in Francia subito dopo la
liberazione di Parigi, qui partecipò a tutte le
iniziative per far rinascere l’Alta Moda, ma la
situazione era molto difficile, mancava tutto
il necessario per confezionare gli abiti e quello
che si riusciva a realizzare costava moltissimo.
Nel ’46 Schiap tenta di ricominciare da
dove aveva interrotto il lavoro, ricercando i
collaboratori del passato e affidò a Dalì l’incarico di disegnare la confezione per un nuovo
profumo, Le Roi Soleil. Nacque un lussuoso
flacone dalla forma di un sole dorato su cui
volavano delle rondini, che si ergeva su un
mare blu e oro in una conchiglia d’oro.
Lanciato da Christian Dior in America, il New
Look rivoluzionò la moda degli anni Quaranta,
cambiando l’immagine della femminilità allora
in voga: spalle arrotondate e non più imbottite;
gonna lunga a forma di corolla a venti centimetri
da terra; vita di vespa ottenuta con un leggero
bustino (guepière); tessuti raffinati e costosi al
posto del panno usato durante la guerra.
Salvador Dalì, Le Roy Soleil, 1946.
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I tempi erano cambiati e la società che emergeva dalle tragedie della guerra, era totalmente diversa: la
moda d’avanguardia degli anni ’30 non era più adatta. La risposta all’emergente ricca borghesia internazionale
la diede Dior nel 1947 con il nuovo “New Look”.
Negli anni successivi l’interesse nei confronti dell’alta moda di Schiap sembrò diminuire, infatti nel 1954
ritenne che la sua avventura fosse terminata e chiuse l’atelier. Fu lo stesso anni in cui Chanel riaprì la sua
maison per condurre la propria guerra personale contro il New Look.
Nel 1973 Elsa morì nel sonno all’età di 83 anni.
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“SHOCKING”! THE ART AND FASHION OF ELSA SCHIAPARELLI
September 28, 2003 - January 4, 2004
Writing in The New Yorker in 1932, Janet Flanner observed that “a frock from Schiaparelli ranks like a modern canvas,” and the Paris fashion designer herself defined dressmaking as an art rather than a profession. The Philadelphia Museum of Art celebrates the extraordinary Elsa Schiaparelli--acknowledged by her contemporaries as the style arbiter of the 1930s--in the first major retrospective
exhibition and catalogue to examine the ways in which her creations mirrored the social, political, and cultural climate of her times.
This survey explores the Italian-born designer’s career from its modernist beginnings in the 1920s, through its connections with surrealism, to the upheavals of war, the business struggles in the years thereafter, and finally the closure of her salon in 1954. It is particularly
appropriate that this project has been undertaken by an American museum, for Schiaparelli readily acknowledged that her special relationship with the United States--sparked by the sale of a trompe l’oeil sweater to an American buyer in 1927--was the foundation of her
great success, and her impact upon and relationship with the American fashion industry is considered here in detail for the first time.
Schiaparelli designed for the modern woman: she created the practical wardrobe for aviator Amy Johnson’s solo flight to the Cape Town in 1936; the
culottes for tennis champion Lily d’Alvarez that outraged the English lawn tennis establishment in 1931; and the interchangeable wardrobe that she
herself wore on her extensive travels. She had a close relationship with the Parisian artistic community, posing for Man Ray and collaborating with
such artists as Salvador Dali, Jean Cocteau, Alberto Giacometti, and Marcel Vertes for designs of clothing, fabric, embroidery, jewelry, and advertising.
Schiaparelli was prized by women on the best-dressed list,including Millicent Rogers, Daisy Fellowes, Mrs. Harrison Williams, and Lady Mendl,
and the clothing they wore will be among the items featured in this selection. Schiaparelli’s involvement with film and theater costume was equally
celebrated--her designs appeared in more than thirty motion pictures, including Every Day’s a Holiday with Mae West and Moulin Rouge with Zsa
Zsa Gabor--and is the subject of study here for the first time.
Presentazione per la mostra permanente del Philadelphia Museum of Art
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Rassegna stampa
…Eccentrica fino a scuotere il rosa dal suo pallore, per trasformarlo in “Shocking”, tinta cult delle sue collezioni e titolo della sua autobiografia…
Francesca Tumiati, Stupore in rosa shocking, Gioia,03/01/2009
…A 55 anni dalla sua prima edizione in lingua inglese e francese, il libro esce per la prima volta in Italia. Questa sorta di romanzo, spesso narrata in
terza persona, conduce il lettore nei meandri del processo creativo, nella realizzazione del sogno di una bambina che, credendosi brutta, si cosparge il
viso di semi di fiori, perché il suo volto sbocci finalmente e diventi uno splendore. Una bambina che, da quel momento in poi, dedicherà la sua vita
alla ricerca impossibile della bellezza assoluta…
Ivan Cotroneo, Elsa Schiaparelli, Rolling Stone, 01/02/2009
…La moda, così come la fotografia, ha sempre incontrato difficoltà ad essere considerata arte a tutti gli effetti. È un argomento ricorrente di cui ancora
oggi si dibatte. A voler semplificare e dissipare ogni dubbio, basta nominare Elsa Schiaparelli.
La sua vita e la sua opera sono la testimonianza che la moda può essere arte vera, assoluta. L’haute couture di Schiap, così la chiamavano gli amici, si
nutre e dialoga con l’arte. La sua invidiabile vita, raccontata appassionatamente in questo libro è la prova diretta che la creatività, in qualunque modo
si manifesti, si fonda necessariamente sulle scelte che si fanno e che si può fare della propria vita un’opera d’arte…
Ettore Bellotti, Moda e Arte, Domus, aprile 2009.
…Fra le pagine di shocking life ricorrono, verbi come “ lottare”, “combattere”, “resistere”, spie del desiderio di infrangere convenzioni , stili e soprattutto di fuggire dal suo mondo, quello dell’alta ed oziosa borghesia…
Marco Dotti, Elsa la donna-lampo, Alias. Il Manifesto- 24/01/2009
…Il gusto altissimo di Schiaparelli si è formato attraverso la curiosità, dal fatto di trovarsi a Parigi, conoscere e collaborare con grandi artisti e da una
base culturale solida. Per fare abiti eleganti (l’eleganza è disciplina) occorre essere eleganti nella propria testa, nei propri gesti, se questi sono volgari,
o banali, lo saranno anche gli abiti. Se il creatore non è colto,la sua opera sarà nelle migliori delle ipotesi inutile o copiata o banale…
Ettore Bellotti, Moda e Arte, domus, aprile 2009.
“Più surrealista dei surrealisti “, come osserva Natalia Aspesi nella prefazione
Tuttolibri- Il genio di Elsa, 06/12/2008
...Divertente, dissacrante, un po’ folle: nessuno provocava come lei, nessuno fra i suoi colleghi fu altrettanto audace e travolgente.
Laura Laurenzi, Marisa Berenson-mia nonna Elsa Schiaparelli, l’artista, IL VENERDì di repubblica, 28 novembre 2008.
Folle perchè non sapeva decisamente nulla di sartoria. Il suo coraggio , pertanto, senza limiti e folle.
Giulia Crivelli, La cerniera lampo che rivoluzionò la moda, Nova - Il Sole 24 ore- 21/05/2009
Strano che il suo paese, l’Italia, non le abbia mai dedicato una mostra, non abbia mai celebrato una vera artista…
Laura Laurenzi, Marisa Berenson-mia nonna Elsa Schiaparelli, l’artista, op.cit.
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Cronologia, bibliografia e ringraziamenti
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Shocking life: Elsa Schiaparelli by Elsa.
Nasce a Roma il 10 settembre 1890 da una famiglia di intellettuali piemontesi e respira cultura già dai primi anni
della sua vita. Ribelle ed emancipata, Elsa si sposa giovanissima e va a New York dove conosce artisti come Man
Ray e Marcel Duchamp. A 25 anni, separata e con la figlia Gogo, ritorna a Parigi, decisa a rifarsi una nuova vita.
Nella capitale francese conosce il celebre sarto Paul Poiret.
Anni 20: L’incontro fatale con Poiret e l’ingresso nell’alta società. “i maglioni trompe l’oeil”.
Le sue prime creazioni sono pullover con stampe trompe l’oeil in stile optical bianco e nero . Presto il pubblico si
innamora di lei: grande successo hanno i suoi pullover lavorati a mano dalle donne armene. Le stampe sono rivoluzionarie: “a raggi X” (con la sagoma di uno scheletro come si vede da una lastra) o con le immagini di tatuaggi.
Elsa Schiaparelli crea inoltre accessori sportivi e costumi da bagno: nasce il marchio “Schiaparelli pour le sport”
Anni ’30: dall’armonia dei tailleurs alla nuova silhouette femminile a “grattacielo”, a“scatola”, a“cono”, a“uccello”.
Nasce una nuova idea di donna: difensiva di giorno, seducente la sera.
In quel periodo, Schiap lavora il tweed, arricchisce gli abiti da sera con bottoni stravaganti e realizza una mantella
trasparente leggendaria. Il suo stile innovativo incanta Greta Garbo, Katharine Hepburn e le Duchessa di Windsor,
sue affezionate clienti
1935: lascia l’atelier di rue de la Paix e si sposta in place Vendome: nuova formula del “pret a porter”.
Crea abiti in rhodophane, tessuti a stampa di foglio di giornale; inaugura le sfilate all’estero (Mosca).
1936: il rapporto con il Surrealismo e il sodalizio con Dalì e Cocteau
Nascono i lunghi abiti in organza con aragoste stampate, cappelli a forma di calamaio e borse dalla foggia di un
telefono. Ed è proprio grazie a Dalì che la Schiaparelli realizza il famoso tailleur nero con tasche ricamate a forma
di cassetti.
Jacques Cocteau disegna per lei delicati profili da ricamare sugli abiti.
Arrivano poi i bijoux, bottoni gioiello e profumi, che faranno scandalo come la confezione dell’eau de toilette
Shocking, ispirata alla silhouette di Mae West, nel 1938.
La guerra. Allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, prima di cercare riparo in America, a New York, Elsa
realizza la collezione “Cash and Carry” con capi pieni di tasche per permettere alle donne in fuga dal conflitto di
portare con sé tutto il necessario. All’estero cerca l’aiuto di artisti “alleati” per sensibilizzare l’opinione pubblica
circa la situazione della Francia
1954: La Maison Schiaparelli chiude.
Tornata in Francia nel 1954 scrive l’autobiografia “Shocking Life” il cui titolo rimanda alla sua vita sopra le righe
e al suo colore simbolo, il rosa shocking, appunto. Famosi i suoi “12 comandamenti delle donne”, una sorta di
vademecum della femminilità.
1973: Elsa Schiaparelli muore nel sonno all’età di 83 anni.
Grande la sua eredità artistica:dall’incessante ricerca su nuovi materiali e lavorazioni, all’invenzione delle collezioni a
tema, il fil rouge che unisce i capi di un marchio per una stagione. I nomi Neoclassica, Farfalle, Il Circo, Fondo del
Mare, Pagana, Cosmica sono famosi nel mondo della moda e i modelli di Elsa si trovano nelle mostre e nei musei da
Parigi a Philadelphia, mentre si attende ancora che l’Italia le tributi la fama che le compete. Il debito di riconoscenza
sarà saldato, speriamo , da Diego della Valle che ha acquistato la sua maison di Parigi per farla rivivere.
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BIBLIOGRAFIA
- Elsa Schiaparelli, Shocking Life, Autobiografia di un artista della moda, Alet, Padova 2008. Traduzione Rossana
Stanga.
- Enrica Morini, Storia della moda, XVIII-XX secolo, Skira, Milano 2006.
- Gillo Dorfles – Angela Vettese, Arti visive, Il novecento, Percorsi tematici, Atlas, 2004
- Marta Ragozzino, Surrealismo, Art dossier 103, luglio-agosto 1995, Giunti, Firenze
-Hal Foster, Rosalind Krauss, Yve- Alain Bois, Benjamin H.D Buchloh, Arte dal 1900, Modernismo, Antimodernismo, Postmodernismo, Zanichelli, 2006
SITOGRAFIA
www. nannimagazine.it
www.philamuseum.org
www.aletedizioni.it/news/pdf/secolo_4.pdf
www.aletedizioni.it/news/pdf/panorama_8.pdf
www.aletedizioni.it/news/pdf/rolling_3.pdf
www.aletedizioni.it/news/pdf/elle.pdf
www.aletedizioni.it/news/pdf/gioia_4.pdf
www.aletedizioni.it/news/pdf/alias_9.pdf
www.aletedizioni.it/news/pdf/vogue.pdf
www.aletedizioni.it/news/pdf/venerd__5.pdf
www.aletedizioni.it/news/pdf/domus1.pdf
RINGRAZIAMENTI
Nell’ elaborazione della tesina sono stata seguita dalle professoresse Paola Andreotti e Carla Bertozzi insegnanti
rispettivamente Storia dell’ arte e Inglese. Ringrazio il professore di Italiano Gianandrea Ghirri per l’aiuto datomi
per l’impaginazione e le scelte grafiche. I miei professori mi hanno via via consigliato varie letture e siti internet
attraverso cui poter approfondire il tema centrale da me trattato: “il linguaggio comunicativo della moda”.
Materie interessate: arte, discipline pittoriche, italiano, inglese
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Elsa Schiaparelli un’artista alla moda
Silenziosamente provai dei vestiti e, dimenticando completamente dove mi trovavo, passeggiai, molto contenta di me, davanti
allo specchio.
Misi un mantello dal taglio ampio e largo, che sembrava fosse
stato fatto per me.
Era di velluto d’arredamento nero con grosse bande lucenti, doppiato in crêpe de Chine blu vivo. Era magnifico.
- Perché non lo acquistate, signorina? Si direbbe fatto per voi.
Il grande Poiret in persona mi guardava e io sentii lo choc delle
nostre due personalità.
- Non posso, risposi. È certamente troppo caro, e quando potrei
metterlo?
- Non vi preoccupate del denaro, riprese […] . E poi, voi potreste
portare qualsiasi cosa in qualsiasi posto.
Poi con un affascinante saluto me lo offrì.
Nelle mie stanze scure, il mantello somigliava a una luce del
cielo.
Shocking Life, Elsa Schiaparelli, 1954