La Voce del Popolo 20 04 2014.
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La Voce del Popolo 20 04 2014.
fism domenica,20 aprile 2014 una serata da prete alla vigilia di pasqua Il piccolo radar emotivo alto poco più di un metro Quella visita non la volevo. Ero stanco, avevo un altro programma in testa per la serata, così quando me li sono trovati davanti ho dovuto fare buon viso a cattivo gioco e sopportare l’ora che sarebbe seguita. Mi annoio quando sono con loro, poi ero davvero stanco. E sarà infine che sono un brutta persona a cui le visite a sorpresa proprio non piacciono. Non lo dico per giustificarmi, ma per accusarmi su tutta la linea: è colpa mia. E ho potuto porvi rimedio solo forzatamente richiamando le energie di riserva, facendo sorrisi e risate d’ordinanza (nel mondo clericale ci sono varie scuole a riguardo per queste maschere di salvataggio). E così è andata. Che ho chiesto loro di cosa proprio non mi interessava e sono stato pieno di falso entusiasmo ad ascoltare le loro risposte. Poi ho dovuto raccontare di me senza averne proprio voglia e quindi stando molto attento a cosa raccontavo e cosa non volevo proprio rivelare. E poi a bruciapelo il loro invito ad una cena fuori, già che c’eravamo, trasformando quella visita improvvisa non desiderata in una vera e propria penitenza quaresimale aggiunta. In un anticamera del cervello però si aggiunge quella luce, quell’ancora di salvezza che mi fa produrre una discreta, convincente, quasi reale bugia di un altro impegno che – diavolo – devo proprio rinunciare. Ma ci sarà un’altra volta, insomma: possiamo mica perderci di vista noi amiconi, eh?. Mentre li saluto e ringrazio quella luce che si accesa al momento giusto evitando di trasformare la farsa in tragedia vengo smascherato dal loro piccolo. Che fino a quel momento ha solo dato fastidio, pacioccando tutto quello che trovava e piangendo quando gli veniva impedito di farlo, rendendo la già noiosa e assurda conversazione un desiderio fisico di fuga al mare. E il piccolo delinquente adesso mi sta guardando e con tutta la naturalezza di cui sono fatti loro che hanno appena preso la parola dice ad alta voce: «adesso finalmente sorride davvero…». Che ha ragione quel piccolo diavolo. Accidenti: sto realmente sorridendo solo adesso, che li vedevo allontanare verso la macchina. Lui ha visto sotto la maschera, da subito. Adesso che sono davvero felice perché la tortura è finita e non mi sto forzando ma sono tornato cortese per convinzione: saluto con grande enfasi, basta che se ne vadano. Lui ha visto tutto. I bambini vedono tutto. E ogni tanto ce lo dicono. Ci smascherano. Per fortuna, nostra, non lo fanno sempre. Altrimenti sarebbero loro i grandi e noi ci faremmo così piccini per la vergogna da doverli sostituire nell’andare alla scuola materna. In oratorio ci pensano i ragazzi (anche gli adolescenti hanno a volte un buon radar per scoprire le convinzioni deboli) e far notare quando l’annuncio e la catechesi possono lasciare a desiderare. Come vivrò questa Pasqua? Quanta reale convinzione ci sarà in me della Risurrezione del Signore? Quanto spessa sarà la maschera da cerimonia e celebrazione che invece presenterò? Quanto saranno formali i miei auguri? Quanto, nella gioia di incontrare chi voglio bene, saprò andare oltre per testimoniare l’Evento che da un senso ad ogni cosa? Nella mia predicazione emergerà l’entusiasmo di gratitudine al Signore per il dono della sua vita, attraverso cui siamo rinati anche noi? Ci sarà emozione per la crocifissione e il dolore da Lui sopportato? O aspetterò, di nuovo, con la testa in altri programmi già occupata che passino quei giorni belli sì, anche intensi, faticosi perché no, ma senza più il sincero sconvolgimento a cui non dovrei mai abituarmi? Non so se rivedrò a Pasqua il mio piccolo radar emotivo umano alto meno di mezzo metro. Non so se lui mi guarderà per qualche istante svelando anche stavolta la mia debolezza interiore, la mia capacità di coprire con una battuta il contrario nel cuore di quanto sto pronunciando a voce. Che se Pasqua sarà, prima sarà di Cristo e di null’altro. Ma se poi avanza qualcosa mi piacerebbe che fosse Pasqua di Risurrezione alla verità in me e nelle mie relazioni. Cristo è davvero risorto, mica ha fatto finta per falsa educazione. don Diego GOSO consulente ecclesiastico Fism Torino 13 l’attenzione per l’infanzia e gli asili fu una costante lungo tutta la vita di giovanni roncalli Papa Giovanni XXIII, il maestro inatteso Tra le tante definizioni che sono state date di Giovanni XXIII, scelgo quella suggerita da Madeleine Delbrèl: «Il maestro inatteso». Roncalli si propose effettivamente di essere «maestro» e lo annotò nel suo «Giornale dell’anima», ma lo intendeva così: «Non debbo essere maestro di politica, di strategia, di scienza umana: ce n’è d’avanzo di maestri, in queste cose. Sono maestro di misericordia e di verità. E riuscirò per tal modo anche benemerito dell’ordine sociale». Egli fu maestro di saggezza l’uomo che, secondo Guitton, meglio ha incarnato la saggezza nel XX secolo – e sarà bene che noi ci facciamo suoi discepoli, accogliendo l’invito biblico: «Tra gli insensati bada al tempo, tra i saggi fermati a lungo». Roncalli e la scuola Roncalli fu anche uomo di scuola, anche se certamente questo aspetto non è centrale nella sua biografia, e si interessò al tema della scuola nei suoi vari aspetti. Si dedicò, anche se per brevi periodi, all’insegnamento (storia ecclesiastica, patrologia, apologetica); tenne pure per breve tempo lezioni di religione. Si interessò particolarmente al tema della libertà di religione nella scuola e intervenne anche personalmente più volte, sul tema della libertà scolastica quando era nunzio a Parigi (1945-1953): «Constatazioni meste circa il pericolo evidente di battaglie e di persecuzioni contro la scuola libera. Questo è il problema più pauroso di domani e di dopodomani. Che il Signore ci assista e protegga la libertà dei suoi figli». Roncalli e gli asili Roncalli manifestò più volte e in diversi modi un particolare interesse per gli asili (così allora si chiamavano). L’asilo di Sotto il Monte -Roncalli desiderava adibire ad asilo infantile Camaitino, la casa abitata dal primo Roncalli, disceso a Sotto il Monte dalla Valle Imagna alla fine del secolo XV. Il progetto non si sarebbe poi realizzato, ma ecco quanto scrive il 28 aprile 1943 alle sorelle Ancilla e Maria: «Mentre ricevete questa mia avrete già le notizie circa l’Asilo: e spero che voi sarete contente di entrare nel mio spirito. E così anche tutta la famiglia. L’offerta di 25 mila che ho fatto mandare non vi spaventi… Il mio sogno è di acquistare, appena la Provvidenza mi manderà i mezzi, tutta la casa Scotti [cioè la residenza di Camaitino], e poi lasciarla in memoria di me e di voi ad uso dell’asilo. Come sapete io non voglio morire con danari, perché io sono uomo di Chiesa. Quello che io ho lo debbo dare alla Chiesa ed ai poveri. Fra i poveri metto i miei congiunti e voi lo sapete. Non potrei fare di più per essi. Questa dell’ asilo è la prima opera di carità per una parrocchia, e riuscire a farla proprio nella prima casa che hanno costruito i primi Roncalli che sono venuti dalla valle Imagna a Sotto il Monte e lasciarlo in eredità per la prima formazione dei figli innocenti della nostra povera e buona gente, mi pare opera la più bella che io possa fare, come figlio anch’io di povera gente e come Vescovo della Santa Chiesa. Non vi pare? Voi lasciate dire e commentare, senza metter bocca. Sono affari di nostro fratello e basta. Si vede che la Provvidenza lo assiste. Lui ama i poveri e il Signore lo assiste. Egli dà vo- lentieri e gli altri danno a lui. Ma egli resta sempre povero e povero morirà… I bambini sono angioletti del Signore: voler loro bene, visitarli, beneficarli, ma tutto con garbo e con misura». L’asilo non fu poi realizzato nella casa di Camaitino, ma in paese. Nelle sue Agende, in data 22 settembre 1945, Roncalli annota: «Nel pomeriggio benedico la prima pietra del nuovo asilo e pronuncio breve discorso», e il 29 agosto 1953 può finalmente registrare: «A sera benedico ed inauguro il nuovo Asilo S. Giuseppe di Sotto il Monte. Siamo dunque alla meta, ma con quanta fatica e dopo quanti anni di sforzo che sono il merito più grande del buon parroco Birolini e il suo onore di zelante pastore…». Il 20 settembre 1950 registra una visita all’asilo di sotto il Monte e scrive: «Visita ai bambini dell’ Asilo festeggianti il mio giubileo. E sono gli auguri più semplici e preziosi». Nel suo Testamento Roncalli scrisse, tra l’altro: «Fra i poveri intendo riservata – nei limiti del possibile e del conveniente – una porzione, che sarà bene fissare nella liquidazione della mia povera eredità, e consegnare alla curia vescovile di Bergamo, a vantaggio dell’ asilo infantile di Sotto il Monte, che in unione al benemerito parroco, don Giovanni Birolini, procurai sempre di beneficare secondo la pochezza delle mie risorse, e che mi stette soprattutto a cuore. È dall’asilo che comincia la benedizione di una parrocchia Oltre ad essersi interessato direttamente dell’asilo di Sotto il Monte, Roncalli ebbe più volte . l’occasione di visitare diversi asili, La Pasqua secondo Marcellino pane e vino Passione, Morte e Risurrezione raccontate dalla mia figlioccia Annachiara, 4 anni «Gesù era un maestro, come mia mamma che fa la maestra, e andava in giro sull’asino o sul cammello a raccontare Dio, che è suo Padre, a tutti. Un giorno va a Gerusalemme e tutti gli battevano le mani perché erano contenti che lui era andato nella loro città. Poi entra nel tempio, che è una specie di chiesa, e si arrabbia e dice: – Questo non è mica un supermercato. E aveva ragione perché mia mamma dice che in chiesa bisogna stare zitti e al massimo chiedere le cose a bassa voce. Poi succede una cosa: una donna povera dà nelle offerte tutti i soldini che aveva, invece i signori ricchi fanno finta che non avevano i soldi. A volte mia mamma e mio papà, a Messa, mi danno i soldini piccoli perché si dimenticano che dobbiamo portarli. Ma tanto noi non siamo ricchi, anzi mamma è povera e papà è un po’ più ricco. C’erano due sacerdoti del tempo di Gesù, non come don Angelo e don Dario. Loro non volevano Gesù, gli stava antipatico, forse. Chiedono a Giuda di dire dove si trova Gesù. Gesù era con i suoi amici migliori (le mie migliori amiche sono Francesca e Giada). Stava cenando. E spezzava il pane – questo è il mio corpo – e dava il vino – questo è il mio sangue. Fanno così anche don Angelo e don Dario che sono molto amici di Gesù. Poi Gesù va nel suo orto a pregare, ma Giuda, che prima era amico e poi no, aveva già fatto la spia. Arrivano le guardie e arrestano Gesù. Lo portano dal giudice e poi tutti lo mettono in croce. Prima gli tirano calci e gli fanno tanto male. Gesù muore e il cielo si fa buio, buio. Tutti i suoi amici piangevano, per non parlare della sua mamma, la Madonnina. Lo hanno portato al cimitero e lo hanno messo in una galleria e davanti hanno messo una pietra pesantissima. Il giorno dopo tre signore che si chiamavano tutte e tre Maria portano i fiori nella tomba di Gesù. Appena arrivano si accorgono che la pietra è stata spostata e la caverna è vuota. Si sono spaventate, ma subito due angeli hanno detto che Gesù non era più lì. Per forza era risorto! Vuol dire che era vivo e non era più morto. Mamma, ma anche noi risorgiamo?» In queste frasi sgrammaticate è evidente la «grammatica» di Gesù. È stato Lui a dire: – Lasciate che i fanciulli vengano a me, perché di essi è il regno dei Cieli. La fede di questa bimba (e che il Signore gliela conservi) è la stessa di Marcellino pane e vino. Si fida della croce e sa che quell’uomo non è una favola o un personaggio dei cartoni animati. Non mette in dubbio nulla, anzi arriva a paragonare i fatti evangelici con la sua esperienza. Bellissimo il dialogo tra Marcellino e Gesù: Marcellino: – Come sono le mamme, che fanno? Gesù: – Danno... danno sempre. Marcellino: – E che danno? Gesù: – Tutto. Se stesse, finché diventano vecchie e curve. Marcellino: – Anche brutte? Gesù: – Brutte no, Marcellino: le mamme non diventano mai brutte. A che pensi Marcellino? Marcellino: – Dove sarà la mamma tua, adesso? Gesù: – Con la tua. Marcellino: – Tu vuoi bene alla tua mamma? Gesù: – Con tutto il cuore. Marcellino: – Io, alla mia, di più! Ecco: la risurrezione, non è per «creduloni», ma per le anime semplici che si lasciano abbracciare da Gesù. Buona Pasqua a tutte le maestre, a tutte le famiglie e a tutto il personale delle nostre scuole! don Angelo ZUCCHI e ANNACHIARA L’asilo d’infanzia di Sotto il Monte intitolato a Papa Giovanni XXIII: la scuola sorse in un terreno donato dalla famiglia Roncalli per volere del futuro papa a volte benedicendo la prima pietra, e questo è testimoniato dalle annotazioni riportate nelle sue Agende. Scrive, ad esempio, il 4 ottobre 1936: «In seguito passo a Villa d’Adda per l’inaugurazione dell’ Asilo ‘Tranquilla Frigerio’. Dalla finestra seguii la processione della Madonna in chiesa, diedi la solenne Benedizione. Poi salimmo all’Asilo, dove pronunciai all’aperto nella luce del tramonto alcune parole sull’importanza dell’Asilo, e il dovere di aiutarlo». Il 23 agosto 1955, negli appunti lasciati per due prediche al ritiro dei sacerdoti delle foranie di Temo e di Chignolo (diocesi di Venezia), parlando delle quattro esigenze della parrocchia moderna, cita la chiesa, «l’organizzazione dell’istruzione religiosa: dall’asilo, al ricreatorio, alla scuola di religione, alla cultura generale…». Amore per i bambini Negli scritti di Roncalli è ricorrente la sua speciale attenzione per i bambini, nella convinzione che essi godano di un speciale predilezione del Signore. Nelle lettere ai famigliari, ad esempio, si informa continuamente sulle loro condizioni e chiede di far pregare i bambini poiché «la loro voce è onnipotente presso il Signore». Il pensiero ai bambini nasce spontaneo anche nel cosiddetto discorso «della Luna», rivolto alla folla la sera dell’apertura del Concili Vaticano II (11 ottobre 1962), che ebbe un grandissimo impatto sulla gente e sui mass media. Infine, probabilmente pochi sanno che mons. Roncalli accettò un giorno di parlare ai bambini di un asilo di Roma per prepararli alla Pasqua. Nel 1921 infatti fu chiamato a Roma come Presidente del Consiglio Nazionale dell’Opera della Propagazione della Fede; poco dopo il suo arrivo, così scrive nel suo Diario: «Mattina e sera mi reco fuori porta S. Giovarmi alla città dei Tramvieri dove mi sono lasciato indurre a predicare la preparazione alla Pasqua ai bambini dell’Asilo Savoia per l’infanzia abbandonata. Oh! che bell’ambiente: è proprio il mio: quei bambini mi seguono con un trasporto che mi commuove. Non mi riputavo capace di tenerli interessati: invece vi riesco. Altro che parlare ai vescovi e ai cardinali! Così mi piace di aver cominciato il mio ministero a Roma. ‘A minimo incipe’». Aldo BASSO