1. I FIGLI DI GENITORI DETENUTI
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1. I FIGLI DI GENITORI DETENUTI
1. I FIGLI DI GENITORI DETENUTI 56. Il Comitato raccomanda che l’Italia proceda a uno studio sulla situazione relativa al diritto dei bambini con genitori detenuti a vivere in un ambiente familiare, al fine di garantire relazioni personali, servizi adeguati e un sostegno appropriato, in armonia con quanto previsto all’articolo 9 della Convenzione. CRC/C/ITA/CO/3-4, punto 56 Con lo sguardo rivolto ai diritti dei bambini ogni anno cerchiamo di dare conto di come si muova la situazione che li coinvolge in ambito penitenziario, quando in qualità di ospiti temporanei visitano il genitore detenuto o quando come “detenuti liberi” vivono con le madri detenute, un ossimoro questo che però va ricordato quando si parla di diritti dell’infanzia, talvolta in antitesi con le regole del sistema penitenziario. È questo lo spirito con cui nel 2014 è stata redatta la prima “Carta dei figli dei genitori detenuti – Protocollo d’Intesa”1, indicando una strada che, ai fini della convivenza, riconosca formalmente sia il diritto dei minorenni, sia il diritto alla genitorialità del tutore detenuto. A un anno dalla firma di questa Carta, la realtà non è ancora mutata in modo sensibile. Si sottolinea la presenza tra i firmatari, oltre che dell’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, anche di un rappresentante del Terzo Settore, che può fare da ponte tra le ONG italiane e quelle europee, confrontando e diffondendo buone pratiche e portando la cultura dei diritti della CRC in questo specifico ambito. La Carta è stata utilizzata per sensibilizzare la magistratura di sorveglianza, gli operatori penitenziari dell’Emilia Romagna e, in generale, tutti i provveditorati 1 Protocollo firmato a Roma il 21/03/2014: http://www.garanteinfanzia.org/sites/default/files/B%20Protocol lo%20d%27Intesa%20Giustizia_def_0.pdf. dell’Amministrazione Penitenziaria, durante un seminario nazionale di aggiornamento sul tema dei permessi premio, affinché i figli di minore età possano godere della presenza dei genitori detenuti nei momenti rilevanti della loro vita. Scorrendo gli otto articoli che ne costituiscono l’impianto, si affrontano tutti i nodi critici che riguardano i figli di genitori detenuti in visita agli Istituti Penitenziari, ma anche i ragazzi detenuti negli Istituti Penali minorili e, non ultimo, il tema dei figli che vivono con le madri detenute. L’art. 3 della CRC è alla base delle linee guida della citata Carta e richiede alle Autorità Giudiziarie che venga rispettato l’interesse superiore del fanciullo, tenendo in considerazione i diritti e le esigenze dei figli di minore età della persona arrestata o fermata, al momento della decisione dell’eventuale misura cautelare cui sottoporla, dando priorità, laddove possibile, a misure alternative alla custodia cautelare in carcere. Diversamente, la sfida è creare un ambiente carcerario che accolga adeguatamente i bambini, trovando il giusto equilibrio tra le esigenze di sicurezza e i buoni contatti familiari (condizioni di visita flessibili, sala visite che consenta una certa libertà di movimento e privacy alla famiglia, ambiente accogliente per i bambini). Questo problema non è risolvibile solo con l’ausilio di spazi adeguati, quanto piuttosto con una formazione degli operatori penitenziari in grado di valorizzare gli aspetti relazionali e di cura del detenuto in quanto persona, e in questo non diverso dai suoi familiari. Una trasformazione profonda che annullerebbe le differenze di approccio tra liberi e detenuti, se non per la limitazione della libertà del condannato. 8orapportodiaggiornamento2014-2015 I Diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia 72 È importante consentire al genitore l’utilizzo dello strumento dei permessi premio (art. 30 O.P., comma 2), non solo in circostanze luttuose, ma anche per consentirgli di presenziare ai momenti importanti della vita dei figli, come il primo giorno di scuola, la recita, il saggio, le festività, la laurea, il compleanno etc. Devono essere assicurate ai detenuti, ai loro parenti e ai loro figli, le informazioni appropriate, aggiornate e pertinenti in ogni fase del processo, dall’arresto al rilascio, in merito alle procedure e alle possibilità di rapporto fra loro e anche in merito alla possibilità di ricevere assistenza prima, durante e dopo il periodo di detenzione del congiunto. È fondamentale che il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria e il Dipartimento per la Giustizia Minorile raccolgano sistematicamente i dati circa il numero e l'età, ed eventuali altre informazioni, sui minorenni i cui genitori siano detenuti imputati, condannati o internati. Tali statistiche dovranno poi essere rese accessibili e pubbliche. L’art. 7 della citata Carta affronta il tema cruciale dei figli che vivono con le madri in carcere, una disposizione volutamente transitoria, che vuole affermare con forza la necessità di escludere per i bambini la permanenza sia negli istituti penitenziari, sia in quelli a custodia attenuata (ICAM), e di prevedere per il genitore misure alternative alla detenzione o eventualmente privilegiare la Casa Famiglia Protetta prevista dalla nuova legge. Tuttavia tale fenomeno permane, malgrado l’approvazione della Legge 2 62/2011 , entrata in vigore pienamente solo nel gennaio 2014 e ancora oggi al centro del dibattito, in quanto la sua attuale applicazione non pare risolutiva rispetto all’obiettivo di escludere il carcere per i bambini. Infatti, nonostante la legge vieti la carcerazione di madri con figli di età fino a 6 o 10 anni, diversi bambini vivono ancora oggi in strutture di detenzione attenuata, quali le ICAM, e diversi 2 Per quanto riguarda l’iter legislativo che ha portato all’approvazione di questa Legge, si rimanda alla scorsa edizione di questo Rapporto (http://www.gruppocrc.net/IMG/pdf/7o_rapporto_CRC.pdf). di loro potrebbero invece essere accolti in realtà alternative al carcere, che però l’attuale politica ministeriale non sembra voler promuovere. Per avere uno spaccato della dimensione del fenomeno dei bambini cresciuti in carcere riportiamo i dati ricevuti dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, aggiornati al 13/03/2015: le detenute madri con prole al seguito sono 32 e 33 i bambini (di cui 5 sono in custodia presso l’ICAM di Milano e 3 presso l’ICAM di Venezia). Dei 5 bambini presenti all’ICAM di Milano, 4 sono minori di tre anni e uno ha un’età compresa tra i tre e i sei anni. Dei 3 bambini presenti all’ICAM di Venezia, 2 sono minori di tre anni e uno ha un’età compresa tra i tre e i sei anni. Le ICAM in Italia sono 3: oltre alle due strutture di Milano e Venezia è infatti operativa anche quella di Senorbì in Sardegna, che al momento è vuota e non ospita mamme con bambini. In Sardegna, l’unica madre detenuta con bambino è ospite della sezione nido della Casa Circondariale di Sassari. Le detenute madri in detenzione domiciliare provenienti dallo stato di detenzione sono 18; quelle provenienti dallo stato di libertà 93. Come si vede, dunque, il problema è numericamente davvero limitato e tuttavia non si è ancora trovata una soluzione effettiva, giacché lo Stato continua a investire nella costruzione di ICAM, che non possono e non devono essere la soluzione, in quanto: • Molto onerosa la loro sostenibilità; • Non sempre utilizzate (vedi quella di Sernobì); • Sono strutture di detenzione attenuata, quindi non reali alternative al carcere; • Essendo l’unica alternativa al carcere tradizionale finiscono con l’accogliere anche donne con bambini che potrebbero invece beneficiare di altre misure ben più rispondenti al principio di superiore interesse del minore. 3 Dati ricevuti dal Dipartimento per l’Amministrazione Penitenziaria. CapitoloIV Le CFP devono essere gestite dal Terzo Settore e istituite dagli Enti Locali; tuttavia, mentre nella realizzazione di nuove ICAM4 lo Stato, attraverso il Ministero della Giustizia, ha investito molte risorse, per quanto riguarda le Case Protette tutto tace. A quattro anni dalla Legge 62/2011 e a due anni dal Decreto 8 marzo 2013, che ne dà l’onere in carico agli Enti Locali, ancora non sono state realizzate CFP e non sussiste la volontà politica di realizzarne. Diverse azioni di sensibilizzazione sono state promosse da ONG per chiedere agli Enti Locali di assumersi le proprie responsabilità e, in parallelo, al Ministero della Giustizia di stornare parte dei fondi destinati alle ICAM in favore delle Case Famiglia Protette; ma tali richieste sono rimaste ad oggi senza risposta. 4 Milano, Venezia, Cagliari, di prossima apertura Torino; un altro progetto in stato avanzato di realizzazione è a Lauro, in Gli ICAM, in considerazione di un numero così 73 basso di madri detenute, dovrebbero essere ridotti e realizzati esclusivamente per accogliere la detenzione femminile. Così come dovrebbe essere ulteriormente modificato l’art. 2 della Legge 62/2011 – che inserisce l’art. 21-ter rubricato come “visite al minore infermo” che versi in pericolo di vita o in gravi condizioni di salute, previa autorizzazione del magistrato di sorveglianza o, in caso d’urgenza, del direttore dell’istituto – giacché non è specificato che la madre abbia il diritto di assistere il figlio durante tutto il periodo del ricovero in ospedale e la decisione nel merito è lasciata alla discrezionalità del magistrato di sorveglianza. Ambiente familiare e misure alternative Nonostante la riforma introdotta con la citata Legge 62 del 21 aprile 2011, permangono ancora molte criticità dovute al fatto che continua a prevalere una logica securitaria nella gestione del problema. Benché infatti i numeri siano così bassi, il legislatore dovrebbe essere spinto a trattare questo argomento con urgenza, avendo chiaro l’impatto devastante che la detenzione comporta per un bambino, sotto il profilo emotivo, sociale, relazionale, fisico e psicologico. Non è infatti accettabile che anche un solo bambino varchi la soglia di un carcere e vi debba crescere per i primi tre anni di vita, e talvolta oltre, dato che, come si è visto, anche bambini di età maggiore vivono all’interno delle ICAM in situazioni di detenzione, seppure attenuta. La legge del 2011 ha introdotto dispositivi di esecuzione penale differenziati: carcere per i reati più gravi, custodia attenuta per quelli meno gravi (ICAM) e Case Famiglia Protette (CFP) per tutti quelli che, a vario titolo, non costituiscono una minaccia sociale. Ma nei fatti l’unico istituto che viene ad oggi promosso è l’ICAM, senza alcun interesse per le Case Famiglia Protette che esistono soltanto sulla carta. Pertanto il Gruppo CRC raccomanda: 1. Al Ministero della Giustizia di destinare parte delle risorse previste per gli ICAM agli Enti Locali a cui è in carico la titolarità per le Case Famiglia Protette, e dare così pienamente seguito allo spirito della Legge 62/2011, e che qualora i bambini siano residenti in ICAM sia resa obbligatoria la frequenza dell’asilo esterno; 2. Al Ministero della Giustizia – Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria e al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, di monitorare in maniera adeguata la situazione familiare delle persone detenute, mettere in luce i servizi attivati e programmare concretamente politiche di sostegno, prevedendo adeguati finanziamenti a interventi del privato sociale; Al Ministero della Giustizia – Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria e a tutti i Provveditorati regionali, di adeguare le strutture detentive e la loro organizzazione interna in base a quanto previsto dal Regolamento di esecuzione dell’Ordinamento Penitenziario, Legge 230/2000, in particolare per quanto riguarda Campania; per Roma si sta affermando un progetto di trasformazione dell’attuale struttura che ospita la sezione nido di Rebibbia Femminile. 8orapportodiaggiornamento2014-2015 I Diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia 74 gli articoli 37 (inerente i colloqui) e 39 (inerente la corrispondenza telefonica), e di destinare attenzione e risorse a un’adeguata formazione del personale addetto ai colloqui, nel rispetto dei diritti dei figli delle persone detenute. A questo riguardo, si raccomanda di prevedere un sistema di monitoraggio affidato a una figura indipendente ed esterna alle strutture carcerarie, come l’Autorità Garante nazionale e regionale per l’Infanzia e l’Adolescenza