il compasso di john donne

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il compasso di john donne
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FRONTIERA DI PAGINE
POESIA MODERNA
IL COMPASSO DI JOHN DONNE
DI ANDREA GALGANO
I http://polopsicodinamiche.forumattivo.com Prato 19 settembre 2011
J
ohn Donne (1572-1631) ha attraversato la crisi gnoseologica ed epistemologica
del suo secolo. Un trapasso che scompagina le eredità acquisite e le prospettive
sul mondo. Ma è stato anche colui che ha innovato la topografia dell’amore. Un
mondo nuovo era ciò che si presentava davanti ai suoi occhi, tutto da decifrare e
configurare. L’eredità medievale sembra scomparire dinanzi all’emergere di una nuova
soggettività e di una nuova consequenziale deriva illusionistica. L’immaginazione
artistica vive di nuove direzionalità, di una vibrante sensibilità percettiva. L’ordito di
Donne confonde i generi, mischia le carte. Affettività e religiosità che si fondono in un
unico concerto.
La poesia cosiddetta “metafisica appartenuta a Dryden, Cowley, Herbert ha per lui,
come scrive Alessandro Serpieri, un valore “cursorio”. Il wit (corrispondente al francese
esprit o all’italiano ingegno) diventa solo a partire dagli ultimi decenni del Cinquecento
quella “prontezza d’intelletto o vivacità di fantasia, con la capacità di trovare
l’espressione giusta; talento per dire cose brillanti o spumeggianti, specialmente in
modo divertente” (John Lily). Esso connota in maniera peculiare la nuova espressività
immaginativa ed espressiva. Si gioca qui la nuova partita della poesia. Poesia che
è discordia concors, combinazione di immagini e segrete similarità del nuovo discorso
poetico. I concetti, le arguzie, le modalità logico-fantastiche sono trascinate nella mente
di chi legge per cogliere una nuova immagine vera, inaspettata. T.S.Eliot in un saggio
dedicato ai poeti metafisici metteva a fuoco la simultaneità in Donne di pensiero e
sensorialità,e il wit diventa il mezzo per esprimere l’esperienza, l’auto-comunicazione
sempre in atto. Una qualità intellettuale, potremmo dire che non si affina di concetti fini
a se stessi ma in cui “l’inclinazione dialettica della mente” e “l’immediatezza
drammatica”, come scrive Mario Praz nel 1962, sono l’emersione di una nuova
sensibilità, di un nuovo problema da comunicare.
Scrive Alessandro Serpieri: “Il destinatario interno è più o meno chiaramente
individualizzato, e dietro quel “tu” (lui o lei) c’è il destinatario finale della costruzione
poetica, il lettore come ricettore implicito”.
Ed ecco che il poeta diventa performer della parola, dell’iperbole, del suo essere nel
mondo.
Esiste una dialettica forte in lui tra reale e immaginario, su ciò che è labile e indefinibile
nella topografia dei rapporti, nella vertigine dell’ordito amoroso. Quasi una
sovrapposizione di snodi paradossali e iperbolici, attraverso la sintassi simmetrica e
asimmetrica allo stesso tempo.
Poesia in bilico, quindi.
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II I suoi Songs and Sonnets hanno un loro percorso, una loro transazione e si inseriscono
come voce nuova, non necessariamente ancorata alla tradizione petrarchesca, nelle
tematiche culturali. Un amore che transita spesso nell’effimero, che si impasta di
sublime e effimero, anche delle volte con toni grevi. Nelle modulazioni del tema ha una
complessità di modi di rapportarsi all’amata che in più casi vanno a finire
nell’immaginario, l’amore è la scena dell’immaginario: “l’amore è desiderato,
reclamato, sublimato, e l’amata viene chiamata ad aderire e partecipare a queste varie
modalità della realizzazione sentimentale ed erotica”, scrive ancora Serpieri.
Queste note e queste urgenze affettive designano una nuova figura umana: l’uomo è
governato dall’immaginario e l’oggetto amato non è un’icona lontana, ma si avvicina
assumendo connotati diversi, coinvolgendo il ‘tu’ in un percorso sorprendente e carico
di fascino. Una scena, un teatro anatomico del mondo in cui l’esperienza affettiva, unica
e decisiva, viene codificata su più registri, come uno sproposito, una variazione sul
tema.
L’universo, i pianeti, lo spirito dell’uomo sono rappresentati da linee che si modulano,
serpentine e armoniche e non cerchi perfetti. Anche nella poesia sacra, impregnata
dal movere et delectare, il linguaggio spazia inesorabilmente tra fisiologia e alchimia.
Nel teatro del divino si affrontano le forze avverse, ma traluce il colloquio fervido e la
tensione con l’elemento divino non è puro esercizio o meditazione, ma attesa di perdono
e misericordia, attraverso un registro drammatico e profondo.
I duelli dell’anima di Donne sono il dramma della sua identità, del suo frammento di
specchio. La morte libera proprio quella corruzione della vita come morte ed emerge
l’umanità salva grazie alla forza salvifica di Cristo che risorge. Anche egli si muove con
una varietà di atteggiamenti che non ha pari nel mondo letterario sia classico sia
moderno.
La sua poesia, intensa negli ‘attacchi’, è un continuo intersecarsi della specularità tra io
e mondo per conciliarsi nella unità (A Valediction forbidding mourning) o meglio nella
totalità dell’unità: «one, and one anothers all».
Pertanto sia nelle trame amorose e sia nella poesia sacra la voce poetica quasi sempre
convoca un ‘tu’ a cui rivolgersi, in una scena che spesso è drammatica e quindi si svolge
all’interno della poesia: bisticcio letterario che diventa bisticcio cosmico.
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III Come uomini virtuosi trapassano miti Commiato. Vietando il lamento
E sussurrano alle loro anime di andare, mentre fra i loro tristi amici c’è chi dice, ora se ne va il respiro, e chi dice, no: così sciogliamoci, senza far rumore, non diluvi di lacrime, non tempeste muoviamo di sospiri; sarebbe profanazione delle nostre gioie rivelare ai laici il nostro amore. Il sommovimento della terra reca danni e paure, gli uomini calcolano cosa ha fatto e significato; ma la trepidazione delle sfere, pur di gran lunga maggiore, è innocente. L’amore dei rozzi amanti sublunari (la cui anima sono i sensi) non ammette l’assenza, poiché essa sottrae quelle cose che ne eran gli elementi. Ma noi, per un amore così affinato Da non saper noi stessi cosa sia, IV in reciproca certezza delle anime, meno ci curiamo che occhi, labbra, mani manchino. Le nostre due anime, perciò, che sono una, benché io debba andare, non subiscono una frattura, ma un’espansione, come oro battuto ad aerea sottigliezza. Se esse sono due, sono due come Le rigide gambe gemelle del compasso sono due: la tua anima, il piede fisso, non mostra di muoversi, ma lo fa, se l’altra lo fa; e anche se nel centro siede, quando l’altra va lontano errando, si piega e a quella tende orecchio, e torna eretta, quando l’altra rincasa. Tale sarai tu per me, che devo, come l’altro piede, correre inclinato: la tua fermezza fa il mio cerchio esatto e mi fa finire dove avevo cominciato.
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