Tendenze_ neocassic_preromant - IIS Severi

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Tendenze_ neocassic_preromant - IIS Severi
Tendenze neoclassiche e preromantiche nella cultura del II 700
In campo artistico l’Illuminismo e la successiva età napoleonica si riconoscono in genere nel
programma del Neoclassicismo: l’arte deve ispirarsi, come nell’arte classica greca e romana, alla
ragione, a criteri classici di regolarità, semplicità e armonia, e, nello stesso tempo, deve essere utile
alla società, impegnarsi in senso etico-civile. (In Italia Parini esprime bene questo indirizzo).
Il Neoclassicismo fu promosso dalla nascita dell’archeologia, dalla sensazione prodotta dagli scavi
di Ercolano e Pompei, dagli scritti dell’archeologo tedesco Winckelmann.
Il prefisso “neo” vuole indicare una differenza rispetto al classicismo dell’età precedente (Arcadia)
o di quella umanistico-rinascimentale. Infatti:
1. il concetto di imitazione , tradizionale nel classicismo, si modifica radicalmente: l’arte deve
essere attività creativa, non mimetica. Quindi il bello artistico non si realizza riproducendo il
bello naturale, ma realizzando una sintesi superiore dei singoli aspetti belli esistenti in
natura. Gli ideali di grazia e armonia devono inoltre accordarsi alla “nobile semplicità” e
“quieta grandiosità” (sono formule del Winckelmann), da cui la critica al Rococò (l’arte del
I 700), troppo frivolo e leggero
2. ora l’imitazione del mondo greco e latino si unisce al sentimento chiaro della loro
lontananza e dunque ad un moto di nostalgia e inquietudine.
3. non si mira a creare poetiche precettistiche né un canone rigido, né ci si ispira a norme
ritenute eterne, anzi il criterio di valore è affidato al gusto, riconosciuto variabile e
soggettivo.
4. l’identificazione tra valori classici, valori naturali e valori razionali porta gli artisti a
condividere, almeno in un primo tempo, la battaglia illuministica per una società più libera.
Prendere a modello la classicità significa in questa fase rifarsi soprattutto alla Roma
repubblicana, mentre successivamente, in età napoleonica, il classicismo assumerà come
riferimento la Roma imperiale e preferirà soluzioni meno sobrie e più grandiose.
5. il Neoclassicismo appare comunque come una manifestazione di modernità: come al loro
tempo i classici latini e greci, così oggi gli autori moderni possono essere maestri di civiltà.
Su questa linea di impegno civile si muovono ad esempio Diderot, il pittore francese David,
Parini e poi Foscolo. Ci fu però anche un Neoclassicismo “disimpegnato”, puramente
letterario, che concepisce la classicità come repertorio di “immagini belle” (ad es. la poesia
di V.Monti)
Testi:
Winckelmann, La statua di Apollo…(T1)
Leggi Monti T6, individuando gli elementi che la caratterizzano come “neoclassica”
Tendenze preromantiche (tendenzialmente irrazionalistiche) interne all’Illuminismo e al
Neoclassicismo o in consapevole contrapposizione con esso
Negli ultimi decenni del 700 e nei primi anni dell’800 sono presenti nella cultura italiana e europea
tendenze apparentemente contrarie a quelle neoclassiche appena descritte: si tratta di una
accentuazione delle passioni, dell’individualismo, delle tensioni eroiche, insomma di tendenze
irrazionalistiche che si accompagnano al gusto estetico per atmosfere cupe e tenebrose, per una
natura grandiose e selvaggia. Tutto ciò in autori di formazione illuministica e neoclassica, che non
rinnegano questa loro formazione, ma in qualche modo avvertono ed esprimono l’insufficienze del
rigoroso razionalismo illuministico, della concezione puramente utilitaristica dell’arte come
strumento di divulgazione delle idee: è il caso in Italia di un poeta come Alfieri.
Oltralpe, dove il neoclassicismo era meno radicato, si sviluppano invece correnti culturali in aperta
polemica con la visione della vita e il gusto illuministico/razionalistico/neoclassico (Ossianesimo,
Sturm und Drang).
Sul piano estetico, cioè della concezione dell’arte, sono sicuramente significative per queste
tendenze le teorizzazione da parte di Burke del sublime (A philosophical enquiry into the origin of
ideas of the Sublime and Beautifull). Partendo da presupposti sensistici ed empiristi (quindi
illuministi), afferma che il bello e il sublime si distinguono per diversi effetti che producono
sull’animo umano: il primo un piacere, il II un’inquietudine e uno smarrimento che sconfinano nella
paura. Il bello stimola l’immaginazione, il sublime è effetto e insieme causa di passioni: l’estetica
del sublime collega così arte e patetismo. .
Tale sentimento può essere prodotto dall’arte, ma anche dalla natura (la tenebrosità della notte,
l’ampiezza smisurata dei deserti, ecc suscitano un sentimento che è misto di piacere e sgomento,
sentimento completamente diverso da quella calma e pacatezze suscitate dal bello). Burke non nega
che il sublime abbia una matrice patetico irrazionale, ma cerca di spiegarne scientificamente le
cause, come reazioni nervose e psichiche a particolari sollecitazioni emotive: dice che le emozioni
ispirate dal dolore e dal pericolo sono più violente di quelle provocate dal piacere. Il senso di orrore
che ci pervade , quando non vi sia un concreto pericolo per la nostra vita, è però esso stesso una
forma di diletto, perché avvertiamo la nostra fragilità e precarietà, sentiamo il limite delle nostre
forze di fronte all’infinito, quindi proviamo un momento di dolore, ma se fra noi e ciò che provoca
questo sentimento c’è una distanza tale da non coinvolgerci direttamente e da permettere il
controllo razionale delle passioni, il dolore si trasforma in piacere: e tale distanza è garantita nella
rappresentazione artistica
Vicino a questa sensibilità è una parte della produzione alfieriana
Vittorio Alfieri (Asti, 1749-Firenze, 1803), piemontese, di famiglia nobile e ricca, allevato secondo
i costumi della nobiltà del tempo, compì da giovane numerosi viaggi per l’Europa, ma già allora
(quando ancora non praticava l’attività letteraria) non manifestava quello spirito illuministico
cosmopolita tipico della sua generazione: il suo viaggiare non era mosso dalla curiosità di conoscere
luoghi e costumi e di accumulare nuove esperienze, ma da una irrequietezza continua, inappagabile,
un senso di insoddisfazione e cupa malinconia che lo protendeva continuamente verso un “altrove”,
in un processo di fuga senza fine (come testimonia nella sua autobiografia Vita scritta da se stesso).
Si delinea così fin dagli anni giovanili un animo tormentato, proteso verso qualcosa di grande non
ben identificato, verso un fine sublime che dia un senso all’esistenza; parallelamente questi viaggi,
che lo mettono in contatto con le diverse realtà politiche del momento, accrescono smisuratamente
in Alfieri l’insofferenza/odio per l’assolutismo monarchico, che Alfieri identifica come tirannide;
anche l’assolutismo illuminato di sovrani come Maria Teresa o Caterina II, regimi tanto più
pericolosi perché mascherano la brutalità del potere e quindi “addormentano” i popoli, non
suscitano la ribellione eroica.
Tornato a Torino, approfondisce i suoi studi e , a partire dal 1775, si “converte” all’attività
letteraria, l’unica che gli offra la possibilità di dare un senso alla sua vita e di esprimere le sue idee
e la sua visione della realtà.
Esordisce con la tragedia e in questo ambito, particolarmente adatto ad esprimere le sue idee, si
colloca buona parte della sua produzione letteraria; oltre ad esse e alla già citata autobiografia,
Alfieri scrisse opere politiche in prosa/saggi, e le Rime
Le Rime sono una raccolta di testi poetici –prevalentemente sonetti- fortemente autobiografici,
spesso legati a particolari esperienze o situazioni sentimentali (tutti hanno una data e un luogo di
composizione).
Il modello è evidentemente quello petrarchesco , con situazioni sentimentali, parole, formule, frasi
fatte desunte dal Canzoniere del poeta 300esco, come era di rigore nel classicismo 700esco, ma
Alfieri ha in comune col Petrarca soprattutto ciò che i suoi imitatori classicisti ignoravano, cioè il
profondo senso di lacerazione interiore: anzi Alfieri esaspera tale sentimento fino ad un estremo
grado di tensione violenta, una drammatica contrapposizione tra sé e il mondo e tra diverse tensioni
e componenti del suo io.
Ne risulta anche un linguaggio mutuato sì da Petrarca, ma profondamente diverso negli esiti: non la
limpida e armonica musicalità petrarchesca, che smussa nella forma i contrasti dello spirito, ma un
linguaggio aspro, fatto di forti chiaroscuri, un ritmo spezzato da inversioni ardite, pause, scontri
consonantici, ecc. Quanto ai temi:
quello tradizionale-amoroso (amore lontano e irraggiungibile) si innesta sul più generale
tema del ritratto di sé come eroe titanico in perpetua lotta, in nome dell’amore fremente per
la libertà, con un presente vile e meschino, entro cui trova spazio la
tematica politica (disprezzo per la tirannide e per chi ad essa si sottomette, esaltazione di una
libertà assoluta che non si identifica con alcuna forma politica esistente),
l’esaltazione del sentimento (forte sentire) e della forte passionalità come segni di
superiorità spirituale.
la tematica pessimistica, un senso cioè di sconfitta ineluttabile, di destino avverso che rende
velleitaria e tragicamente destinata all’insuccesso la tensione eroica: la morte diventa allora
unica possibilità di liberazione ma anche prova estrema per l’eroe magnanimo
Tale ritratto di sé corrisponde all’ideale umano eroico e titanico delineato in modo più articolato e
insistito nella sua produzione tragica (Saul, Mirra, due tra le sue opere più mature) e anche in
quella politica.
Appare abbastanza evidente la matrice 700esca della cultura e della visione del mondo di Alfieri e
al tempo la sua distanza dalle posizioni sia degli illuministi francesi che di Parini : per un quadro
riepilogativo sintetico ma preciso si veda pag. 565 del Baldi , vol 3
Ugualmente si veda su Baldi 3 il concetto di titanismo (pag. 572, origine del termine, e il titanismo
alfieriano e di Foscolo, non l’excursus storico)
Paragrafi del Baldi su Alfieri da studiare( tra pag.556 e pag. 565): vita (in sintesi), i rapporti con
l’illuminismo, le idee politiche (limitatamente ai concetti di individualismo, odio per la tirannide,
idea astratta di libertà, titanismo). Le Rime (pag. 635-636)
TESTI . Alfieri, sul vol 3 del Baldi, T7, T8
Tendenze preromantiche in consapevole contrapposizione all’Illuminismo e al classicismo
nelle culture d’oltralpe
Esse si sviluppano particolarmente in Inghilterra, con il fenomeno dell’Ossianesimo, e in Germania,
con quello dello Sturm und Drang (tempesta e assalto): questi movimenti, in aperta polemica con l
razionalismo illuministico e neoclassico, esasperano
la centralità dell’ispirazione fino a idealizzare l’immagine dell’artista come genio-creatore,
il bisogno di spiritualità opposto al materialismo illuministico,
i caratteri della nazione come fonte di ogni cultura di contro al cosmopolitismo della
ragione.
In particolare, il movimento dello Sturm und Drang si sviluppò in Germania tra il 1750 e il 1785:
nacque in aperta polemica con il razionalismo e il classicismo francese, ed ebbe i suoi maggiori
rappresentanti in Herder, Schiller e nel giovane Goethe (I dolori del giovane Werther).
Nel principale manifesto del movimento, la poesia naturale e il genio del popolo vengono
contrapposti alla poesia classica , esaltando concetti come “cuore”, “genio”, “spontaneità”, e
indicando Shakespeare come maestro di tale poesia.
I punti fondamentali della loro poetica sono:
al centro della poesia e del dramma (forma d’arte preferita) deve essere posto il sentimento
della natura, sentita come forza immane e grandiosa, che sconvolge l’anima dell’uomo
(natura come fonte di sublime)
l’arte deve esprimere un senso fortissimo della nazione tedesca e quindi incarnare lo spirito
patriottico
l’artista si identifica con il genio creatore; quindi sono sottolineati il suo individualismo e
titanismo1, la sua assoluta libertà da ogni regola e canone, il suo contrasto perenne con una
società che lo condanna ad una sorta di esilio.
Quanto all’Ossianesimo, esso fa capo ai Canti di Ossian dello scozzese J, Macpherson.
Egli rielabora frammenti di un “Ciclo di Ossian”, attribuiti a un bardo del III sec d.C., che hanno
come protagonista un leggendario guerriero gaelico e narrano vicende di guerra e d’amore.
Il Macpherson li rielabora accentuando il gusto per il primitivo, il barbarico, il pittoresco, creando
sfondi naturali grandiosi e inquietanti. L’opera ebbe grande successo di pubblico, fu tradotta in tutta
Europa e contribuì a diffondere il clima preromantico.
Testi: Goethe, I dolori del giovane Werther :introd di Baldi pag 52, T3, T4, T6
A ulteriore chiarimento della collocazione di queste manifestazioni culturali entro o fuori il
clima illuministico e del discusso termine “preromanticismo” si studino i paragrafi pag 16-17
del Baldi 4 (Problematicità…; radici comuni)
1
Per una spiegazione esatta del termine, vedi Baldi, vol III, pag. 572-74