La scuola che verrà - Un nuovo villaggio per scienza e conoscenza

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La scuola che verrà - Un nuovo villaggio per scienza e conoscenza
La scuola che verrà - Un nuovo villaggio per scienza e conoscenza
Franco Frabboni
Articolo 33 n. 3-4/2011 Edizione del 30/04/2011
Idee per una riforma
Sono bastati pochi anni per offuscare l’età dell’oro della scuola italiana
degli anni Settanta.
Un appello alle forze progressiste per una Costituente della scuola che apra nuovi orizzonti culturali,
scientifici e valoriali per le future generazioni
L’estate scorsa, alla Festa nazionale/scuola del Partito democratico a Bologna, molti interventi
della gente comune hanno posto a ripetizione questo interrogativo: Qual è l’idea di Scuola del
Pd? Sperando nell’attesissimo licenziamento di Berlusconi e dei suoi àscari (tra questi, l’incolta
e glaciale Gelmini), ci sembra urgente predisporci a dare una prima risposta al grido di fede e
di speranza del popolo progressista. Questa. Dalle macerie della Scuola (e dell’Università),
quale nuovo villaggio della conoscenza e della scienza intende costruire l’arco progressista del
Paese? Il minicontributo, con il quale ci associamo all’urlo di Munch risuonato a fine estate
sotto le due/Torri, sfoglia tre foto-ricordo: sono bussole preziose per dare le ruote alla Scuola
che verrà.
Due report epocali
La voce dell’Unione. La prima foto/ricordo dà memoria all’anno di esordio del Ventunesimo
secolo: quando l’Unione europea ha redatto a Lisbona e a Bruxelles due profetici Report.
Nella capitale portoghese, il Report La società della Conoscenza; nella capitale belga il Report
L’istruzione e la formazione permanente nel Ventunesimo secolo. Le loro pagine, frutto del
lavoro di Commissioni designate dai quindici Paesi comunitari, scrutano nella sfera di cristallo il
futuro dell’istruzione e della cultura lungo i sentieri di un Secolo al debutto. Da chiromanti
professioniste, invitano l’Europa a tenere gli occhi ben aperti su questo rischioso, ancorché
epocale, cambio di scenario dell’emisfero boreale (a nord dell’equa- tore: i continenti del
benessere). Un “cambio”, secondo l’Unione, che ha pericolosamente dato via-libera all’avvento
di una globalizzazione guidata da una coppia di pescicani targati due/Emme.
Un Mercato competitivo senz’anima e un Mediatico/Tv in mano a padroni del vapore che
catramano la mente dei teledipendenti per raccogliere consensi decerebrati: proni a Regimi
assoluti. Una globalizzazione che gioca ostinatamente le sue fiches sul tavolo di uno
“sviluppismo” (retto da due motori: l’acciaio e il petrolio) sempre più al tramonto e che non
investe su un “progresso” (economico, sociale e umano) con a baricentro la Conoscenza e la
Formazione. Come dire, Lisbona e Bruxelles rovesciano il vecchio e logoro pa- radigma del
profitto-per-il-profitto (il totem della new economy) e indicano al Pianeta la strada maestra
che porta – in groppa alla Conoscenza e alla Formazione – al traguardo dello sviluppo/
progresso economico e sociale: sia nell’emisfero boreale (i Paesi del benessere), sia
nell’emisfero australe (i Paesi della povertà). Questa, la profezia. Il sapere e la cultura sono sia
un capitale economico perché l’affidabilità e la competitività del sistema produttivo di una
Nazione dipendono sempre più da una Conoscenza e da una Formazione diffuse e durature, sia
un capitale sociale perché la Conoscenza e la Formazione concorrono alla costruzione di una
Persona equipaggiata di valori umani e di cittadinanza: la coscienza democratica, la
partecipazione attiva, la coesione solidale.
Dunque, il primato della Conoscenza e della Formazione. I due Report hanno il pregio di dare a
queste una solenne identità pedagogica. Dal momento che il loro traguardo educativo pone al
centro la capacità di abilitare - perché ricche di parole, scritture, corporeità, musica, ascolti - la
funzione decostruttiva e ricostruttiva della mente.
Secondo l’Unione, la ricetta vincente per curare i mali della Scuola chiama a una scelta
coraggiosa. Questa. Se si vuole assicurare competitività ai sistemi produttivi e forza propulsiva
ai mercati del vecchio Continente occorre – anzitutto – investire risorse sulla Scuola: per
elevarla a Locomotiva dei trenini continentali dell’istruzione. Quanto più la crisi e la
depressione economica travagliano una stagione storica, tanto più è necessario parlare – forte,
a voce alta – di Formazione lungo le cinque stagioni della vita: infanzia, adolescenza,
giovinezza, età adulta ed età senile. Questa, costituisce oggi un vero e proprio conto-in-banca
per il sistema economico, per la democrazia e la cittadinanza, per la maturazione etica e civile
di una Nazione.
Mai è investimento improduttivo e cifra di spreco. Mai è spesa non necessaria.
L’oro dell’Italia
Flash back. - La seconda foto/ricordo dà memoria alla Primavera della Scuola italiana sbocciata
nell’ultimo terzo del Ventesimo secolo.
I Report continentali elogiano la sua stagione/virtuosa spillettando sul petto della nostra
penisola una medaglia d’oro dove si legge questo plauso. A fine Novecento, l’Italia ha dato i
natali a una Scuola di base a tempo pieno (materna, elementare e media) aperta a un
rapporto di reciprocità formativa con il territorio a lei adiacente, sociale e naturale. Cioè a dire,
ha inaugurato una sistema formativo integrato tra saperi della Scuola e saperi del territorio. A
partire da questo alto apprezzamento, le Commissioni europee concludono all’unisono (a
Lisbona e a Bruxelles) che l’Italia andava posta sullo scranno più alto dell’Europa per il fatto
che la sua Scuola si presentava molto prossima all’“idea” di istruzione caldeggiata dall’Unione
dei quindici.
Come italiani, siamo fieri della collana di perle preziose che brilla sul petto del nostro sistema
scolastico in ricordo della sua profumata Primavera. Infatti, a partire dagli anni Settanta la
Scuola di base inaugura la sua età dell’oro. Una stagione che dà i natali sia a una Pedagogia
popolare (cresciuta nelle contrade scolastiche della penisola), sia a una Pedagogia accademica
(cresciuta nei laboratori di ricerca universitari). Queste, hanno lo straordinario merito di
elaborare un’inedita teoria/prassi dell’educazione per l’infanzia e per l’adolescenza. Una via
nazionale dell’istruzione, una strada formativa del bel Paese in cammino verso un mondo
abitato da giovani generazioni dalla testa-ben-fatta e dal cuore-solidale.
Una pedagogia endogena
Dunque, la Pedagogia “casareccia” di fine Novecento scommette tutte le proprie fiches su un
mondo infantile e adolescenziale storico, reale, in carne e ossa. Sono giovani generazioni che
vogliono conoscere ma anche sognare, che chiedono di sorseggiare fino all’ultima goccia il
calice della domenica (l’oggi della vita), ma anche assaporare le primizie del lunedì (il domani
che verrà).
Profondo è il nostro sentimento di orgoglio per la pianta dell’ulivo - solare e piena di futuro sotto la quale ha guardato il cielo la Scuola italiana di fine Novecento. Parliamo dell’Album a
colori che illustra un modello scolastico di sicura tenuta democratica e culturale: il Tempo
pieno. Nasce nella Scuola elementare. Poi si declinerà, a monte, nella Scuola dell’infanzia (è il
modello a Nuovo indirizzo) e, a valle, nella Scuola media (è il modello a Tempo prolungato).
Questo fecondo patrimonio formativo, accumulato nelle contrade della penisola, indosserà
successivamente la veste di apripista di un sistema formativo “integrato” Scuola/ territorio: di
complementarità tra la cultura di cui è banca la Scuola e la cultura di cui è fabbrica la città e il
mondo della natura.
La retrocessione
La terza foto/ricordo dà memoria ai disastrosi primi due lustri del duemila, con l’eccezione della
breve estate del Governo Prodi. Parliamo della stagione nella quale Silvio Berlusconi e i suoi
inguardabili ministri hanno strappato l’anima alla Scuola della penisola abbattendo, alla radice,
la sua pianta dell’ulivo. Siamo al muro del pianto: otto anni (cinque con il Ministro Moratti e tre
- devastanti - con il Ministro Gelmini) che hanno cancellato l’identità democratica e inclusiva
della Scuola, nonché l’ideale pedagogico della formazione di teste-ben-fatte e di cittadinanze
per la sua composita utenza.
In particolare, la riformicchia/Gelmini rovescia come un calzino la pedagogia dorata per
gracchiare al vento parole-di-latta: Meritocrazia, Esclusione, Pensiero/coccodè e Competività.
Attenzione, siamo alla retrocessione/Italia. La Scuola di casa nostra, dopo essere stata
insignita nel duemila dell’Oscar europeo, ruzzola fragorosamente dal primo al tredicesimo
posto!
Il Palmares europeo viene assegnato alla Finlandia che darà ospitalità in terra scandinava a
non poche primule e viole della Primavera italiana.
Accesa una speranza
Come una tribù indiana, noi progressisti nel porre l’orecchio al suolo stiamo avvertendo, chiaro
e forte, il rullare di tamburi che annunciano imminente la fine del regime berlusconiano. Per
quanto riguarda la Scuola e l’Università sentiamo vicina la cacciata nelle tenebre dell’incolta
Mariastella Gelmini. Dunque, si è accesa la fiamma della speranza. Questo significa che il
centro-sinistra sarà seduto a cassetta della diligenza/Scuola. Chiamato – dopo anni di embargo
– a rimettere l’istruzione sulla rotta di navigazione che porta sull’isola di una Scuola-che-c’era:
democratica, inclusiva, colta e solidale. Siamo nell’attesa fiduciosa che il nostro sistema di
istruzione, al chiarore dell’alba del duemiladodici, possa esprimere – a voce alta sulla banchina
dell’educazione – la volontà di lasciare per sempre il porto antidemocratico e illiberale della
Controriforma/Gelmini. Come? Dando il mare a un veliero liberato dalle cianfrusaglie
ideologiche che l’hanno costretto – nei due lustri da poco tramontati – a imbarcare acqua
torbida e melma infetta. Un veliero/scuola a rischio naufragio per i tanti rottami ideologici
ammassati sotto e sopra coperta. Per questo, la caravella/Italia dovrà essere un’imbarcazione
leggera in grado di sbarcare – anche – sulle spiagge dell’isola dorata di nome Primavera: che
c’era-una-volta e or non c’è più.
Un replay di rinforzo. Questa speranza potrà indossare la veste della realtà se il Paese saprà
prendere coscienza che la sua Scuola, fortunatamente, dispone ancora di un corpo
“vitalissimo” per via dei suoi mille piedi-gambe-braccia: sono le tante periferie scolastiche
dall’inesauribile propulsività e creatività sociale e culturale. Parliamo della Scuola reale dalle
sette vite che danno slancio e futuro alla sua fedeltà democratica e alla sua ricchezza culturale.
è su questa straordinaria identità/vitale – le contrade periferiche dell’istruzione – che dobbiamo
scommettere tutte le nostre fiches educative. Di qui il nostro vigoroso appello al mondo della
Formazione – progressista: fedele ai valori della carta Costituzionale – perché nei territori della
Scuola militante si dia progressivamente vita – con gli studenti, con i docenti, con i genitori,
con gli enti locali, con l’associazionismo, con il volontariato, con le chiese, con il mondo del
lavoro – ad una Grande Alleanza nel nome di una Costituente della Scuola. Un patto strategico
chiamato a illuminare nuovi orizzonti culturali-scientifici-valoriali per le future generazioni dei
nostri territori mediterranei: solari e meridiani.
A partire dal richiamo a scelte coraggiose, il Report lusitano e il Report belga propongono una
terapia urgente. Destinare risorse copiose a tre anticorpi: la Scuola, l’Uni- versità e l’Arte.
Sono scudi efficaci, solide trincee di difesa per respingere l’assalto delle due/Emme. L’Unione
europea si dichiara disponibile a scelte coraggiose. Anche se già nel duemila occorreva fare i
conti politiche di austerity, quattrordici Paesi dell’Unione (sia a governo conservatore, sia a
governo progressista) hanno progressivamente trasferito cifre cospicue all’istruzione, alla
ricerca e alla cultura. Solo un Paese si è messo contromano: l’Italia. Dis- senziente, perché
imbavagliata non da un governo conservatore, ma da una dittatura populista.
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