lettera Congo Week
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lettera Congo Week
CONGO WEEK 2016 Cari genitori, vi scrivo forse per la prima volta in vita mia, forse non lo è, vi ho già scritto altre volte e voi custodite le lettere in un cassetto di casa dove un giorno sicuramente le ritroverò. Avrò scritto cose che a quell’età, sei, sette, nove anni mi saranno sembrate importanti e così intendo fare di nuovo oggi. I miei sedici anni sono un’età strana: difficile e bella. Difficile perché le insicurezze, le paure e la voglia di superarle sembrano essere costantemente presenti e ogni più piccola conquista diventa un’esplosione di gioia, una gioia ancora genuina che vorrei portare con me sempre fino alla fine della vita ma intuisco quanto sia difficile. Scrivendovi però sulla gioia, un’emozione così bella, miro a prendervi per mano e a portarvi tutti e due sulle ali della speranza e su una strada che vorrei percorrere insieme a voi. Per un tratto. Diventerò per un po’ il vostro genitore e voi i miei figli, come effettivamente a volte accade! Ricordate quando, lo scorso inverno, vi raccontai di quell’incontro nell’auditorium della mia scuola in cui venne a parlare una persona che si portava dietro, come se fosse parte del suo corpo, almeno così mi sembrò perché non se ne separava quasi mai! una chitarra, la bandiera della Repubblica Democratica del Congo e la bandiera della Pace? Quella persona si chiamava e si chiama John Mpaliza. Venne per spiegare a noi adolescenti spensierati e fortunati di vivere in un paese in cui la guerra non è così cruenta come in alcune zone della Repubblica Democratica del Congo (ma è solo mascherata meglio perché è evidente che vedere militari con mitra ben carichi passeggiare ad esempio nelle stazioni della metropolitana non fa certo pensare a uno Stato che non sia in guerra!) cosa succede soprattutto in due regioni orientali del suo paese d’origine e che si chiamano Nord e Sud Kivu, a causa di una guerra economica per l’accaparramento di minerali molto preziosi per l’industria hi-tech. Uno per tutti in particolare: il coltan. Io non ne sapevo proprio un bel niente però mentre lui parlava (John è simpatico quindi lo ascoltavo molto volentieri) mi sono ricordato di quel nome: coltan. Lo avevo già letto sul mio libro di geostoria della scuola media: era un breve trafiletto in cui venivano elencati i minerali estratti in vari paesi africani e il coltan era abbinato al Congo ma nulla si diceva riguardo allo sfruttamento orrendo delle persone per potersi procurare questo prezioso minerale. Invece John, che è anche ingegnere informatico, ci ha spiegato bene tutti i collegamenti tra il coltan e il traffico di armi, soldi e sfruttamento delle persone che lavorano nelle miniere per poterlo estrarre, non solo adulti, anche e soprattutto bambini! Mentre parlava non potevo credere alle mie orecchie, ero sbigottito nell’apprendere la spirale assurda di violenza e di massacri di persone innocenti: uomini, donne, bambini per poter mantenere costantemente attivo il traffico di questi minerali. Il numero dei morti nel corso degli ultimi venti anni è salito a circa 8 milioni …più dell’olocausto…ma l’attenzione su questi veri e propri genocidi è ancora troppo bassa, soprattutto da parte dei media internazionali. Se ne occupano soltanto gli organi della società civile come le associazioni, persone comuni e coloro che vogliono capire meglio di cosa si tratta se non altro perché un cellulare fra le mani, al giorno d’oggi, lo abbiamo tutti! E i minerali che ci sono dentro da dove provengono? Dalla Repubblica Democratica del Congo. E quanti bambini o adulti rischiano la loro vita o sono già morti per gli effetti cancerogeni di questi minerali estratti a mani nude? (oltre al coltan ce ne sono altri ma il coltan è uno dei più efficaci e potenti per migliorare le prestazioni di moltissimi oggetti hi-tech di ultima generazione). John ci ha anche spiegato che ci sarebbe sicuramente un modo per eliminare questo genere di traffico illecito o farlo diminuire molto perché arricchisce soltanto le multinazionali che vendono i prodotti informatici e distrugge la vita delle persone che lavorano per estrarre i minerali. Questo modo, ci ha detto, si chiama tracciabilità dei minerali. Lui si sta battendo, insieme a molte altre persone, per obbligare gli Stati a far approvare la legge che obbliga le aziende a dimostrare la provenienza di questi minerali: se provengono da zone che non sono in guerra, ok, altrimenti non devono acquistare da zone che sono in guerra e dove il costo dei minerali, ovvio, è molto più basso e per loro conveniente. Così John ci ha informato di un’importante iniziativa nata alcuni anni fa per volontà di un gruppo di persone congolesi che vivono negli Stati Uniti: si chiama Congo Week. Ogni anno nel mese di ottobre e per una settimana, chiunque, associazioni, singole persone, comunità, scuole, famiglie, centri sociali, istituzioni, enti, possono organizzare un evento o qualsiasi altra cosa per informare su questa tragedia umana e inventare qualcosa che sia un segnale umano di partecipazione. Quest’anno vorrei coinvolgere proprio voi, i miei genitori: so che è una piccola azione però vorrei che fosse proprio la nostra partecipazione alla Congo Week 2016: io mi sforzerò e mi impegnerò a non usare il mio cellulare per tutta la settimana della C.W. (dal 16 al 24 ottobre) – sarà dura! già lo so però tenterò di coinvolgere anche i miei amici e le mie amiche. Faremo questo sforzo per solidarietà con i tanti giovani che in questi ultimi anni hanno manifestato e contrastato in Congo il regime del loro presidente/dittatore Sig. Kabila, che al terzo mandato non sostenuto dalla maggioranza del consenso popolare, continua a permettere i massacri di centinaia di persone innocenti per continuare il traffico illecito dei minerali, poi acquistati dalle grandi multinazionali dell’hi-tech che mettono sul mercato “prodotti macchiati di sangue umano” e con i tanti giovani che sono stati feriti gravemente o hanno perso la loro vita in queste manifestazioni. A voi, cari genitori, chiedo di fare la stessa cosa che farò io: dimenticate il vostro cellulare per una settimana anche perché non potrete raggiungermi, io ne sarò sprovvisto! Troveremo un altro modo per contattarci, sarà di certo un modo più umano e ricordate soprattutto questo: io posso ancora abbracciarvi e stringervi a me perché sono vivo, non ho perso la vita come quei giovani laggiù e voi, superfortunati, potete ancora abbracciarmi! I genitori di quei ragazzi, invece, non hanno più questa straordinaria fortuna. Pensateci bene prima di decidere; testimoniate a quei genitori, con una piccola azione che è anche un piccolo sacrificio, la vostra solidarietà di adulti responsabili. La vostra calorosa vicinanza. Il vostro Vittorio P.S. Ok, una settimana è davvero difficile!!..ma anche tre giorni, due giorni, un giorno saranno un’ottima azione di solidarietà!