Per avere alcuni appunti del viaggio 2016 potere

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Per avere alcuni appunti del viaggio 2016 potere
Ecole Sarah, non solo una scuola in Madagascar
Martedì 19 Gennaio, freddo, nebbia, pioggia, strada viscida, la curva fatta ogni giorno rientrando dal lavoro
….
Ore 19:00 squilla il telefono: “… non è servita l’ambulanza ... “ rabbia, sconforto, vuoto … un amico non
c’è più.
Rimangono i ricordi, le foto e la voglia di fare qualche cosa di importante, forse banale, forse scontato, ma
un’adozione a distanza è quello che ho fatto.
Google ci mette in contatto con migliaia di realtà che raccolgono fondi da investire in aiuti umanitari, gli
obiettivi sono i più diversi: ospedali, vaccini, acqua, infrastrutture, scuole… tutti si presentano attraverso
una pagina web più o meno accattivante, tra le più scarne e meno aggiornate trovo Progetto Sarah, una
piccola ONLUS della mia città, ho subito capito che conoscere di persona i fondatori avrebbe fatto la
differenza e guidato la mia scelta.
Durante un aperitivo con il papà e la mamma di Sarah scopro quanta energia hanno dentro, l’amore della
loro Sarah, mancata prematuramente 10 anni fa, si è trasformato in una importante realtà ad Andranovolo
nel sud del Madagascar.
Progetto Sarah è cresciuto fino a diventare una splendida scuola con 300 bambini, ogni giorno un piatto di
riso per tutti, sette maestri, un dispensario medico, un bel punto di riferimento per chi ha problemi nel
villaggio, e molto molto di più …. ( poi vi dirò) .
Qui in Italia è un gruppo di volontari impegnati a raccogliere fondi per i 300 piccoli malgasci.
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Sono 6 anni che un bimbo riceve il mio sostegno, sono 6 anni che partecipo attivamente nell’organizzazione
delle iniziative locali, non so perché ho preso così a cuore questa realtà, ma ho trovato persone speciali con
un obiettivo speciale che mi ha fatto innamorare.
Rifletto. - Curiosità, amore, avventura, divertimento, mal d’Africa, non so…. Voglio conoscere quel bimbo,
vorrei vedere quella scuola!
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Torino – Parigi – Antananarivo poi in macchina fino a Andranovolo nel comune rurale di Vohipeno ; 700 km
di brutta statale talvolta sterrata e pericolosa, non troverete una cronologia di fatti o un reportage di
notizie, ma solo sensazioni personali frutto di una esperienza unica vissuta percorrendo la strada verso un
mondo completamente diverso da quello a cui noi occidentali siamo abituati.
Ogni immagine porta dietro una esperienza che proverò a raccontare.
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Parlo di circa 18 ore per percorrere i 700 km che separano Tanà ( Antananarivo ) dalla scuola, l’asfalto si
alterna ai crateri che spesso occupano tutta la carreggiata, si rallenta e si accelera dopo aver superato un
buco che ti fa letteralmente saltare sul sedile.
Gli occhi impazziscono, in basso, in alto, a destra e sinistra: sulla strada una gallina fugge starnazzando, poi
un carretto trainato da zebù, un villaggio invaso dalla gente al mercato, il paesaggio che dopo ogni curva
sorprende con nuovi colori e scenari, ma un taxi bruss che taglia male una curva e per poco non ci investe
riporta gli occhi sulla strada.
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Il traffico è assente, si incontrano solo pochi e vecchissimi mezzi devastati dai milioni di chilometri, la
sicurezza è l’ultimo dei pensieri, spesso le gomme sono più lisce di quelle usate in F1.
Tutti i mezzi sono stracarichi di gente, di riso, di polli, di carbone, di litchi, e di ogni altro genere di
mercanzia.
Un camion stracarico di banane è appoggiato sul fianco lungo la strada, l’autista accudiva il fuoco che aveva
acceso vicino al carico sparso sull’asfalto, sapeva già che avrebbe trascorso la notte sulla strada in attesa di
qualche amico per raddrizzare il mezzo.
I primi 100 chilometri bastano per iniziare ad entrare nella mentalità malgascia: “Mora, Mora!” (piano
piano, con calma )
Rifletto. - Mentre ascolto spensierato la musica locale uscire dall’autoradio, spero in bene e mi chiedo
come Aldo e Marina ogni anno possano affrontare questo viaggio massacrante.
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L’acqua è la abbondante, acqua sempre e ovunque: immense e fantastiche risaie sono le vere protagoniste
del paesaggio, sfumature di verde alternate al rosso della terra riempiono le vallate con incredibili riflessi
azzurri del cielo.
La meta è ancora lontana le soste sono davvero brevi e sporadiche, ma spesso dopo un dosso o dietro una
curva si apre uno scorcio che meriterebbe maggiore attenzione, ma la macchina corre.
Provo a buttarmi fuori dal finestrino con la reflex avvolta intorno al polso e ben stretta tra le mani, perché
la voglia di portare a casa l’emozione è tanta, sono consapevole che si vedrà la mancanza del tripiede o
semplicemente di due piedi fermi sulla terra!
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Cerco di cogliere i momenti in cui la strada impone una velocità ridottissima per sporgere il mio grande
occhio, ma con scarsi risultati, approfitto invece delle soste fisiologiche che mi danno la possibilità di
fermare i piedi e muovere il dito senza troppi scossoni.
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Lineamenti africani con tratti asiatici creano sguardi profondi e penetranti, il popolo malgascio è molto
disponibile a mettersi in posa per una fotografia, i bambini e sorprendentemente anche gli adulti sono
curiosi di vedere le loro facce sullo schermo della mia reflex, le foto migliori sono quelle che arrivano dopo
una foto rubata e mostrata alla persona inquadrata.
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Rifletto. Qui i bambini sono bellissimi, tutti sono bellissimi, mentre gli adulti sul viso portano i segni della
dura sopravvivenza.
In questo paese la bellezza è protagonista ed è azzeccata questa frase: “Possa la bellezza essere ovunque
intorno a me”, infatti pare di vedere uno scambio continuo tra la Natura e gli Uomini.
La generosa Mamma Africa dona ad ogni bambino un po’ della sua bellezza regalando profondi occhi scuri
e sorrisi espressivi, ma troppo presto la chiede indietro nel corso della vita di ogni persona consumando le
giovani mamme e gli instancabili contadini. Le giornate di lavoro nelle risaie con i bambini legati dietro la
schiena, il peso delle stagioni con poco raccolto cedono la bellezza ricevuta alla Terra che inizialmente
aveva distribuito. Da occidentale figlio del consumismo, trovo affascinate questa viva simbiosi tra Uomo e
Natura, da noi ormai trasformato in sfruttamento.
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Rallentiamo perché non si vede nulla: il fumo di un incendio azzera la visibilità non è il primo che
incontriamo, ma questa volta è molto vicino alla strada, il verde della foresta si trasforma in un alternarsi di
zone grigie/nere e talvolta ancora verdi dove il fuoco non è riuscito a vincere la rigogliosa foresta ricca di
umidità.
Rifletto. - Carbone di legna è un importante risorsa per cucinare e scaldarsi, nuove aree da coltivare sono
necessarie visto che non esiste il concetto della rotazione delle coltivazioni e la concimazione del terreno.
Qualcuno dovrebbe spiegare a questa gente che distruggendo la foresta la Terra si impoverisce donando
sempre meno “bellezza” e riso per la sopravvivenza.
Uno strano rumore dal motore ci preoccupa. Un’altra sosta, questa volta in mezzo al nulla per capire cosa
stesse succedendo sotto il cofano.
Bastano pochi istanti, ma davvero una manciata di secondi per vedere sbucare un gruppo di bambini dalla
foresta che prepotentemente invade la carreggiata, li abbiamo tutti intorno ridono e scherzano, burlandosi
della nostra disavventura.
Rifletto. - Ci sono persone ovunque e ad ogni ora della giornata con il sole o con la pioggia c’è sempre
qualcuno che cammina che va verso casa o verso il mercato, in Africa si cammina, si cammina sempre e
molto spesso a piedi nudi per chilometri. Ci sono bambini ovunque ad ogni ora della giornata, ma la
scuola? Vengo a sapere che le scuole pubbliche sono spesso vuote perché gli insegnanti non percepiscono
lo stipendio e lavorano nelle risaie per mangiare. Capisco l’importanza delle missioni che mantengono le
scuole private.
Uno sguardo, un sorriso, un “bon bon” (una caramella – ne avevo tante nel marsupio) e una nuova
emozione forse catturata con una foto, si riparte dopo aver strappato un pezzo di plastica che sbatteva
contro la ventola del radiatore, è andata…
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Dopo due giorni di viaggio siamo scesi dai 1400 metri slm di Tanà fino al livello del mare sul fiume
Matitanana dove Ecole Sarah è stata costruita 10 anni fa, la temperatura è molto più alta, l’umidità: totale

Intorno alle 19:00 arriviamo ad Andranovolo ed è buio, un buio assoluto, l’inquinamento luminoso è
completamente assente ed il cielo pare “pesante” talmente è carico di puntini luminosi, sembra una
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struttura sferica artificiale appoggiata sulla terra da est a ovest, da nord a sud, una calotta che ti schiaccia al
suolo e fa quasi paura.
Mangiamo nella casa di alcune suore missionarie impegnate nel villaggio un ottimo spezzatino maiale
accompagnato da patate, acqua di riso ottenuta dalla bollitura del riso stesso, litchi a volontà raccolti nel
pomeriggio come se non ci fosse un domani. Ore 20:00, pancia piena, nanna.
Le giornate iniziano alle 4:30 con le prime luci dell’alba, la penombra, il canto del gallo, un sibilo intenso e
costante ad un volume insopportabile di una strana cicala lunga 10 cm, mi buttano giù dalla branda (il
materasso di foglie ed erba secca colonizzata da acari ed insetti con cui durante la notte ho fatto amicizia
 non si poteva chiamare letto).
Esco fuori, la luce mi fa capire dove sono: uno steccato in legno sulla riva del fiume difronte alla scuola
tiene lontani i caimani, mentre alcuni bambini prendono l’acqua per i bagni della scuola e per la cucina
dove alcune mamme preparano il fuoco per cuocere il riso che consumeranno dopo le lezioni.
Altri con delle frasche puliscono la strada dove molti contadini con carretti e cariole di dirigono nelle risaie.
Vedo donne che nuotano lungo le rive del fiume trascinando una rete in cerca di gamberi e pesci, spero per
loro che i caimani siano lontani anche se lo steccato non mi dà le stesse certezze.
Come ogni mattina fuori dal dispensario medico, fortemente voluto da Progetto Sarah, ci sono alcune
persone e purtroppo troppi bambini sono in attesa di una visita.
La mamma di una bimba febbricitante piena di vermi mi guarda cercando forse parole di conforto, non
sono riuscito a cambiare quello sguardo con alcune caramelle ed un sorriso.
Un nonnetto a piedi nudi ma con cappello, giacca e camicia ed attende il proprio turno come in coda dal
medico, chissà se ha davvero bisogno di cure o se è lì per confortare i malati del villaggio.
Rifletto.
Pensavo di trovare una struttura composta da una scuola una mensa, degli insegnanti ed un dispensario
medico invece ho trovato molto di più: ho trovato una comunità sviluppata intorno ai ritmi della scuola che
in questi anni ha conquistato la fiducia della gente del posto ancora troppo legata tradizioni Anteimoro
(importante tribù della zona).
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Progetto Sarah garantisce: l’istruzione, un piatto di riso al giorno ai bambini della scuola perché le mamme
a rotazione cucinano e fanno le pulizie nella struttura, una prima assistenza medica e attraverso alcuni
incontri periodici con i genitori anche i rudimenti di educazione sanitaria come bollire l’acqua e lavarsi le
mani.
Dopo alcuni giorni ho capito quanto è difficile aiutare queste persone, non bastano consigli, soldi o
medicine perché nonostante consigli e aiuti economici la loro cultura li lega fortemente alle loro tradizioni
tribali talvolta assurde e arcaiche.
Occorre lavorare seriamente con i bambini ogni giorno nelle aule, perché come sosteneva Nelson Mandela
l’istruzione è l’arma più potente per cambiare il mondo e qui c’è molto da cambiare ma deve venire da loro
non dobbiamo colonizzare.
Durante questo viaggio ho visitato alcune strutture di altre associazioni e mi sono reso conto quanto sia
importante per questo popolo la presenza di aiuti dal mondo occidentale.
La pressione fiscale del governo è molto bassa e basso è il livello di servizi ed assistenza al popolo
malgascio, non ci sono trasporti pubblici ed i pochi sono assolutamente insufficienti, non esistono strutture
sanitarie adeguate, strade e ponti sono inadatti e pericolanti.
Questo popolo povero, male istruito, e scarsamente collegato al resto del continente è fortemente
dipendente dalle infrastrutture che il mondo occidentale è riuscito a introdurre attraverso missioni
umanitarie. Credo che questa non sia una caratteristica del Madagascar, ma di tutti i paesi considerati terzo
mondo, per cui è importante continuare a sostenere le associazioni che promuovono soprattutto
l’istruzione perché è necessario fornire ai popoli gli strumenti per crescere, sarà un percorso lungo
generazioni, ma non è possibile saltare le tappe.
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E’ arrivato il momento di rientrare in Italia, prima di partire devo a salutare il mio amico Paolo che da 6 anni
guarda sorridente i bambini dell’Ecole Sarah mangiare seduti nella mensa a lui dedicata.
Grazie Progetto Sarah
Ah dimenticavo; Lahiniriko Jean Sylvio è un bimbo fantastico è anche bravo a scuola, continuerò ad aiutarlo
nel suo percorso scolastico perché il suo paese ha tanto bisogno di lui.
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