PDF - Spaghetti Writers
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1 Anna Francesco Casini 2 Anna è molto vecchia e, benché i medici dicano il contrario, vicina alla morte. Il corpo rinsecchito e crucciato, le mani e i piedi rattrappiti, non le permettono di muoversi bene. Per scendere dal letto si aiuta con una stampella ricavata da un manico di scopa e una vecchia gruccia di legno legati assieme. La stampella non è molto stabile e a vederla non si direbbe affidabile, ma Anna se ne accontenta e la ritiene più che sufficiente a sostenere i suoi quaranta chili di peso. Trascinarsi fuori dalle coperte le provoca comunque un grande sforzo che la costringe poi a riprendere fiato seduta sul bordo del materasso. Infila le ciabatte e beve il bicchiere d’acqua che ogni sera lascia sul comodino per non sa più quale motivo. Tutta l’operazione richiede diversi minuti perché ha difficoltà a deglutire e perché le mani, tremanti, non afferrano più bene alcunché. Una volta rizzatasi e assicuratasi d’essere salda sulle gambe, si avvia in bagno barcollando. Allo specchio ha modo di osservare gli occhi sbiaditi, le orecchie e il naso enormi, la pelle macchiata e cadente, e dopo aver controllato di non vedere nulla in più del normale declino del suo corpo, si siede sulla tazza del cesso per evacuare i suoi ormai timidi rifiuti corporei. A volte, prima di tirare lo sciacquone, osserva le sue feci e non può fare a meno di pensare, quasi divertita, che sono diventate innocue, nemmeno puzzano. Rimpiange i tempi in cui era costretta a spalancare la finestra per cambiare aria, rimpiange anche il sudore acre dell’adolescenza, i foruncoli, la cellulite, la forfora, persino le mestruazioni, dolori addominali compresi; se pur fastidiosi erano sintomo di vitalità. Adesso il suo corpo va progressivamente spegnendosi, emette odori e rumori sempre più lievi. Le scoregge ormai sono un flebile soffio di neonato, niente a che vedere con le sane trombe giovanili a cui dava sfogo, ridendo, in solitudine nel rispetto della sua femminilità. I gorgoglii di stomaco sono spariti da decenni, adesso qualsiasi digestione fluisce silenziosa nelle viscere o non fluisce affatto, obbligandola a rimedi farmacologici. Anche i dolori sono spariti, non è vero che in vecchiaia si acutizzano, se qualcosa fa male è perché funziona e in vecchiaia funziona ben poco. Dermatiti e infiammazioni della pelle si seccano, i dolori muscolari se ne vanno assieme al vigore, quelli ossei lasciano spazio ad artrite e rigidità. In tutta questa mancanza si fa strada solo una grande stanchezza che nessun sonno o riposo allevia. Proprio per questa stanchezza, e tutti gli altri acciacchi, Anna impiega circa due ore a lavarsi, vestirsi e sistemarsi, una decina di minuti per raggiungere la cucina, altri cinque per prendere una tazza solitamente posizionata troppo in alto e un’ulteriore mezz’ora per prepararsi la colazione. Tutte queste operazioni avvengono nel silenzio assoluto dato che Anna vive sola. Ogni tanto si rammarica della sua solitudine, sopratutto di aver perso il marito da quasi un ventennio. Aveva sempre rimproverato al suo compagno di fumare troppo, mangiare troppo, bere troppo, ma mai avrebbe pensato di vederlo andar via così presto o di sopravvivergli così a lungo. La persona con cui aveva scelto di passare il resto della sua vita se n'era andata per un melanoma, un neo trascurato. Aveva conservato la verginità fino ai venticinque anni per lui, ceduto al corteggiamento, affrontato gli estenuanti preparativi del matrimonio, rinunciato alla carriera da dattilografa per trasferirsi, comprare casa, e poi era rimasta sola con una pensione, un letto troppo grande e tanti rimpianti. Anche gli amici sono spariti, morti o costretti a casa dalla vecchiaia in stati catatonici e degenerativi, parcheggiati davanti televisori muti, lasciati a stagionare in letti ingialliti, rivoltati e imboccati da badanti straniere, attaccati a cateteri o bombole d'ossigeno, assistiti da infermieri impietosi o scrutati nelle più intime nudità da medici cinici e sbrigativi. Non ha nemmeno figli, aveva provato ad averne ma dopo tanta attesa lei e suo marito avevano desistito pensando piuttosto a un’adozione che poi non c’era mai stata a causa di complicanze burocratiche. In caso di necessità è quindi costretta ad affidarsi alla cortesia dei vicini sentendosi ogni volta in imbarazzo nel chiedere favori che non potrà ricambiare. Ultimamente succede spesso non essendo più in grado di camminare da sola per lunghi tragitti, portare grossi pesi o venire a capo di incombenze quotidiane. Anna si sente un peso ma non le importa, presto morirà e non sarà più un problema per nessuno. All’inizio tutto il vicinato ne sarà dispiaciuto e addolorato ma dopo qualche mese, quando la sua casa verrà svuotata e messa all’asta, quando tutti i suoi vestiti saranno devoluti in beneficenza, quando tutti gli effetti personali, i mobili tarlati, le foto, i profumi, i cimeli di 3 famiglia e ogni altra cosa finirà in una discarica, tutti si dimenticheranno di lei. Di Anna rimarrà un nome su una lapide, almeno fino alla tumulazione, poi solo un mucchio di ossa polverose. Questi pensieri l’assillano nelle sue sere solitarie davanti a film che ormai fatica a seguire. Ogni tanto pensa che non è mai troppo tardi per diventare nonna, magari adottando un bambino a distanza, un piccolo africano dalla pancia gonfia bisognoso di cibo e vaccini, ma non ci sarebbero speranze di conoscerlo personalmente. Qualche volta lo sguardo le cade sulla sua vecchia macchina da scrivere e fantastica su come sarebbe stata la sua vita se avesse continuato con la dattilografia. Magari sarebbe diventata la segretaria di qualcuno, qualcuno d’importante, un funzionario, un dottore, un politico che l’avrebbe sposata e portata via. Sarebbe diventata la moglie di qualcuno con una casa in periferia, la macchina parcheggiata nel vialetto, la cuoca e la domestica. Poi osserva le mani ossute e rattrappite, la sua stampella raffazzonata, e si trascina a letto. 4