LIBERTÀ NELLA SCHIAVITÙ La letteratura di genere poliziesco

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LIBERTÀ NELLA SCHIAVITÙ La letteratura di genere poliziesco
LIBERTÀ NELLA SCHIAVITÙ
La letteratura di genere poliziesco, quando è pregevole per stile di scrittura e costruzione della
trama, ha spesso la capacità di rendere evidente come il simbolico, con un paziente sforzo di taglio
e cucito, lavori sull'immaginario dell'intuizione, affrancandola dalle cadute nel senso comune o
nella paranoia che induce a scambiarla per sapere. Il piacere che si trae dalla lettura di questo
genere di testi sembra proprio sorgere da una sensazione che qualcosa in noi, se ce ne fidiamo e lo
seguiamo senza fretta, possa funzionare e condurci ad uno sprazzo di verità. E questo avviene
persino quando il lettore sia in possesso fin dall'inizio di quello a cui il detective arriverà
faticosamente al termine della lettura, perché il piacere della scoperta pare consistere
nell'apprendere e partecipare al percorso più che nel possesso della soluzione di un mistero.
E questo processo, questo percorso che cosa è se non un susseguirsi di nominazioni di oggetti e
fatti? E non sono forse proprio quei nomi concatenandosi a dar vita alla possibilità di inventarne,
cioè trovarne di nuovi che talvolta aprono a ipotesi inattese e sorprendenti?
“Ma che cos’è nominare? Non è una funzione dell’Io, non è un atto autonomo e libero. Noi
nominiamo ciò che è già stato nominato. Sono i nomi ricevuti dalle cose che ci permettono di
nominarle e, nominandole, possiamo inventare altri nomi. E’ questa capacità e necessità di
invenzione che ci tiene, in quanto parlanti, sul bordo continuo della paranoia.” 1
“Il segreto di Gotham” di Lyndsay Faye 2, che è anche uno straordinario affresco su quell'impasto
di corruzione, violenza e razzismo che è la New York del 1846, già nelle prime pagine ci offre un
esempio di come il procedere sulla via della nominazione ci porti altrove, se vi stiamo attenti, da
dove pensavamo di arrivare. Quando lo sbaffo sul muro, visibile dopo la sottrazione di un quadro,
da “sporco” trascurato dal personale di servizio, diventa “ditata” di uno spazzacamino, tutto il
senso/direzione del percorso di ricerca della verità cambia.
Non possiamo non nominare, ne siamo schiavi di una schiavitù che tuttavia ci apre la libertà di
continuare a pensare, ma perché possiamo cominciare a farlo è necessario che prima di tutto
possiamo nominare quel qualcosa che, a posteriori, chiameremo “me stesso” e questo non possiamo
farlo da soli, qualcuno, non importa chi, deve farlo per noi.
Nel testo citato viene rivolta una domanda al piccolo spazzacamino che ha trafugato una preziosa
miniatura, inconsapevole del suo valore per aggiungerla alla sua collezione di affascinanti piccoli
oggetti colorati e luccicanti. In quella casa ce ne erano così tanti...che differenza poteva fare uno in
più o in meno?
“ - Come ti chiami?- volle sapere Piest – Io sono Jakob Piest , e lui Timothy Wilde.
Il bambino si immusonì. Batté le palpebre con aria seccata, fissando il raggio ammuffito di una
ruota, poi cacciò entrambe le mani nelle tasche.
Avevo immaginato che fosse orfano. Noi orfani abbiamo un senso dell'indipendenza e una seriosità
inconfondibili. Ma almeno io e Val avevamo perso i genitori quando eravamo già abbastanza grandi
da essere entrati in possesso dei nostri nomi, per quanto fossero l'unica cosa che avevamo. E
abbastanza grandi da ricordare i genitori che ce li avevano dati. Un nome può fare un uomo. Non
riuscivo a immaginare nulla di più personale. (la sottolineatura non appartiene al testo originale)
- Dove vivi adesso in qualche modo ti chiameranno, - ragionai. - Il capo come ti chiama?
Fu scosso da un brivido. E la smorfia che gli restò sul viso diceva che non desiderava altro che
spogliarsi della propria pelle.
- Non importa, - dissi, prima che la sua espressione mi provocasse qualcosa di più forte che un
semplice dolore alla cassa toracica . - Che nome ti piacerebbe?...[omissis]
- Al diavolo il capo. Spetta a te decidere. Qual è il nome più bello che ti viene in mente?
1
Tratto dalla presentazione curata Da Renata Miletto e fabrizio Gambini all'incontro seminariale con bruno
Moroncini intitolatao “L'inconscio è strutturato come un linguaggio di J. Lacan e la teoria del linguaggio di W.
Benjamin”
2
Lyndsay Il segreto di Gotham, Einaudi, Torino, 2016, Titolo originale: “ Seven for a Secret” 2013
Il ragazzino si prese il suo tempo. Solenne come una pietra tombale, labbra serrate in una linea
dritta. Infine il volto, acceso di curiosità, indicò la pastorella che tenevo in mano. 3
- L'uomo che ha dipinto questo? Si chiamava Jean-Baptiste Jacques Augustin, - risposi.
Chiuse gli occhi mentre si rigirava in testa quel suono.... [omissis]
- Ti piace il nome Jean? - gli domandai.
A giudicare dal sorriso che gli trasformò il volto, come una limpida falce di luna dopo che le nuvole
sono state spazzate via, ritengo di sì.”(p. 54-55)
Marilena De Luca
Torino 05.02.2017
3
Si tratta dell'immagine raffigurata nella miniatura trafugata