Vox Kantis

Transcript

Vox Kantis
Sette anime,
di Muccino
(pag 24)
Vampire Diaries,
serie tv
(pag 24)
Vangelo secondo Matteo,
di Pasolini
(pag 23)
Bimensile,
X uscita
31 maggio 2012
Aeronautica:
sulle ALI di un’esperienza suggestiva.
-di Altarocca Denis
Quando mi venne richiesto
di comporre questo articolo
accettai senza esitazione alcuna e di buona lena mi dedicai alla sua redazione.
Da premettere che tenterò
(segue a pag 4)
Assemblea di Aprile
-di Matteo Catania
E’ brutto dirlo ma all’assemblea di Aprile
solo il 3% degli studenti ha partecipato. Per
la precisione erano presenti 37 alunni. Peccato perché il tema era interessante: l’Ecologia. Il IA classico si era anche preparato per
presentare un bellissimo progetto portato
avanti con la loro professoressa di scienze,
hanno infatti costruito una specie di mini
pannello solare che riuscirebbe addirittura
con la giusta carica a caricare un cellulare. Si
erano preparati anche con una bella presentazione e con un maggiore pubblico
(segue a pag 3)
Casapound:
La banda della
Magliana torna a il centro sociale di destra
far parlare di sé. -di Giulia Di Censi e Chiara Melis
-di Martina Musumeci
Grazioli Lante della Rovere,
per il quale ottennero come
riscatto un miliardo e mezzo. Il sequestro si concluse
con l’uccisione dell’ostaggio.
Una volta ottenuto il riscatto,
la banda decise di investirlo
in altre attività criminali; e
si allearono con altri gruppi criminali: nacque così la
Banda della Magliana. La
crescita della banda avvenne
in modo rapido; dalle rapine
passarono ai
(segue a pag 11)
Storia e proposte del movimento
Celtica al collo, saluto del legionario , simbolo di fratellanza , e un boccale di birra da
bere tra fedeli camerati, così si trascorrevano negli anni novanta le serate di un piccolo locale nel quartiere Celio della Capitale
, il Cutty Sark , animate dalla musica “non
conforme”della neonata band dei
(segue a pag 8)
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Un pensiero per
Melissa
-della Prof.ssa
Materdomini
Scrivere un commento
sull’attentato di Brindisi ad
una settimana circa dall’accaduto non è cosa facile; sono
state dette tante parole, forse
anche troppe: parole commosse, sincere, indignate,
strazianti, a volte anche retoriche e molto scontate.
(segue a pag 12)
L’incontro con
Epifani
-di Vincenza Belfiore
Il giorno 3 maggio 2012 la
nostra scuola ha invitato nella
sala Conferenze l’ex segretario generale della Cgil, attuale
presidente della Fondazione
”B. Trentin”, Guglielmo Epifani che ha tenuto una conferenza sul mondo del lavoro
per i giovani che terminano
gli studi dopo cinque anni di
scuola superiore. A questo
incontro hanno partecipato
solo alcuni studenti del Triennio a causa della mancanza di
posti sufficienti.
Prima di iniziare a parlare
della condizione attuale
(segue a pag 3)
Bimensile,
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31 maggio 2012
Editoriale
Eccoci al capolinea, venticinque lettori di Vox Kantis: con
questa uscita Vox Kantis si congeda, così come la sottoscritta.
E’ un’uscita molto densa ed eterogenea, vi trovate dal breve
amareggiato commento sull’assemblea di aprile all’intervista
a Siôn, dall’accurata recensione
dell’incontro tenutosi a scuola
con Guglielmo Epifani, all’accorato commento della prof.ssa
Materdomini all’attentato alla
sua Brindisi, dall’attenta analisi
dello spaventoso fenomeno di
neofascismo nella nostra città
all’omicidio di un membro della
famigerata banda della Magliana, così come abbiamo l’articolo sull’orientamento di chi si è
interessato all’aeronautica, due
particolari interviste di persone
esterne al liceo, due manifestazioni importanti, quattro interessanti recensioni, la nostra ormai celebre rubrica di poesia e
ben tre racconti. Insomma, l’u-
scita più lunga che Vox Kantis
abbia mai visto!
Eppure, sarà, ma non sento mai
il mio lavoro davvero completo.
E non che non sia soddisfatta
del lavoro fatto, tutt’altro!
Questo giornalino è nato
nell’umile passione per l’informazione nata in me lo scorso
anno, durante la collaborazione con Alessandro Viscomi,
che ringrazio molto, come mio
“trampolino di lancio”, anche
sul lato più pratico, grazie alle
fondamentali
agevolazioni
sull’impaginazione; si è poi evoluto nella mia mente la scorsa
estate quando ho iniziato a pensare nuove idee, come la satira,
che, sebbene non sia riuscita a
proporre fino all’ultima uscita, ritengo un ottimo elemento
proposto da un modesto occhio
d’analisi sul mondo quale è stato
Vox Kantis; è sfociato poi in sudore e notti chine sulla tastiera
del mio laptop, di cui, tuttavia,
non mi sono mai pentita davvero. Già, perché alla conclusione
di questo servizio reso dall’intera redazione -di cui ringrazio di
cuore ogni singolo membro, anche chi ha scritto poco, o chi mi
ha fatto penare di più con ritardi di consegne- all’intero liceo,
lettori e non, comunque fondamentali nel mio lavoro se non
altro nel creare il contesto con
cui mi sono dovuta confrontare, beh, a conclusione di questo,
sento davvero di avercela fatta.
E quel qualcosa che mi manca
è, paradossalmente, parte fondamentale di questo: non ho
dato tutto in tutto, ma ho dato
tutto quello che avevo. Non ho
seguito a fondo le Kantiadi, il
torneo di pallavolo, a volte ho
dato troppo spazio alla cronaca
esterna, a volte l’analisi è stata
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vasta ma superficiale, non ho
seguito a fondo il teatro, parte
fondamentale del Kant...
Certo, ho mancato, insieme
alla redazione, in molto. Eppure è questo mio essere consapevole degli errori commessi
che mi fa capire quanto il Kant
mi abbia migliorata e mi abbia
attraversata: un grande grazie
va, ripeto, ad Alessandro, che
mi ha spronata a prendere il
suo posto ed ha anche ideato
il logo, poi a Daniele Alberici,
che ha impaginato fino a dicembre, ed a Matteo Catania,
co-impaginatore della maggior parte delle uscite; ringrazio poi il preside, sempre entusiasta del taglio culturale dato
al giornalino, ed il personale
ATA, che ha sopportato il mio
petulante chiedere tessera, fogli e spillatrice; un grazie enorme va a chi mi ha spronata a
dare sempre il massimo, anche
se scomodo, e a non abbattermi neanche nei momenti più
faticosi, come Vincenza Belfiore, Irene Giancarli ed Alessandra Pizziconi; ultimi ma non
per importanza ringrazio tutti
i liceali, chi ha colto la profondità di alcune proposte, chi ha
solo letto per diletto, chi non
ha letto, chi si è complimentato e chi ha criticato. Grazie,
la direttrice,
Gabriella Santos Gonzalez
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Cronaca interna
L’assemblea di aprile
(segue dalla prima pag)
sarebbero stati anche più soddisfatti. L’assemblea poi è continuata seguendo i punti all’ordine del
giorno e l’attenzione si è spostata
su alcuni dettagli della festa di
fine anno, ma è ovvio che trentasette persone possono decidere poco. Soprattutto se decidono
per mille e duecento. Da quando sono al Kant non avevo mai
visto una così scarsa affluenza.
Capisco che era la fine di Aprile, compiti , interrogazioni, ma
quelle quattro ore di assemblea
possono davvero risultare interessanti. Peccato per stavolta.
Peccato davvero.
L’incontro con Epifani
Rapporto giovani-lavoro
(segue dalla prima pag)
riguardo al lavoro, l’onorevole si
è dilungato a descrivere la situazione di lavoro che a lui e ai suoi
compagni di classe si proiettava
dopo aver conseguito la maturità classica nel 1969, presso il
liceo Orazio di Roma. Tutti i suoi compagni di classe
hanno continuato gli studi
all’Università, scegliendo le
facoltà più comuni, Lettere,
Medicina, Giurisprudenza e
Filosofia. Dopo cinque anni
di Università, hanno trovato un lavoro che ancora oggi
continuano ad esercitare. La
nostra situazione purtroppo
non è così, anzi possiamo dire
che è ribaltata perché la maggior
parte dei laureati sono disoccupati oppure costretti a lavorare in
modo precario. La causa di ciò e
sicuramente la crisi che ha colpito l’Europa da ben quattro anni.
Inoltre bisogna aggiungere che
l’Italia è una nazione che non cresce da ben dodici anni, ovvero dal
2001, anno in cui è nato l’euro e
un nuovo paese, la Cina, entrava
nel mercato globale. Questi due
eventi sono stati molto decisivi e
quasi funesti per il nostro paese in
quanto l’economia italiana è andata man mano decrescendo a tal
punto da diventare piatta.
Per quanto riguarda la nuova moneta, il problema principale è stato
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quello di non far corrispondere
all’euro un solido stato con una
vera banca. L’Unione Europea
non è, come sembra, una potente struttura in quanto ogni stato
pensa per lo più alla sua condizione senza preoccuparsi dei
problemi delle altre nazioni.
Un ritorno alla lira sarebbe
un “suicidio” poiché è una
moneta molto debole che
non sarebbe capace di gareggiare con le altre.
La Cina, invece, è riuscita in
pochi anni a costruire un’imponente struttura economica basata sull’abbondanza di
manodopera a basso costo e
grande quantità di risorse.
Questo interessante “excursus”
sulla crisi economica è stato
una premessa che ha chiarito
e spiegato la nostra situazione
attuale. L’Italia è un paese che
non cresce, di conseguenza non
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è in grado di investire capitale su
nuove imprese o aziende che possano assumere persone. Lo stato,
così, tende sempre più a ridurre
il debito sociale, licenziando lavoratori e aumentando le tasse ai
cittadini. Tuttavia molte imprese
italiane sono riuscite a crescere e a
guadagnare molto denaro, durante
un periodo di decrescita economica, tra queste ricordiamo la Ferrari, Pirelli, azienda di pneumatici,
Brembo, impresa di freni per auto
e moto, Tod’s e Hogan, due aziende
di calzature.
Il giovane non possedendo più una
certezza sul proprio futuro, si sente
perso e smarrito in questo mondo ormai colpito da una crisi assai
ardua e difficile che egli considera
quasi impossibile da superare. Non
dobbiamo, però, cadere nello sconforto, anzi dobbiamo tirare fuori
le nostre forze, stringere i denti e
sudare un po’ per raggiungere il
proprio obiettivo.
Primo grande passo è costituito
dalla scelta della facoltà all’Università, ardua decisione che
comprometterà il futuro. Proprio su quest’argomento Epifani
si è soffermato molto e, su richiesta degli studenti, ha analizzare
le singole facoltà. In primis ha
sconsigliato la miriade di facoltà
nate negli ultimi anni e Architettura perché considerate poco
fruttuose, poi ha definito “signore facoltà” Medicina, Economia,
Ingegneria, Matematica e Fisica
poiché forniscono al giovane un
lavoro quasi sicuro. Pe quanto riguarda Giurisprudenza ha
detto: ” Roma ha più avvocati di
tutta Francia”, frase molto forte
con cui ha voluto porre l’accento
sulla percentuale molto elevata
di laureati in Legge di una città
rispetto una nazione, la Francia.
Lettere rimane sempre una facoltà molto affascinante che pur offrendo molto sbocco nel lavoro, è
caratterizzata, in quest’ultimo periodo, soprattutto in ambito sociale, musei e scuole, da un forte
licenziamento del personale.
L’onorevole poi ha rivolto a tutti
gli alunni l’invito a studiare bene
l’inglese sia a scuola sia all’estero
in quanto questa lingua è ormai
diventata un requisito per ogni
curriculum.
Poi sono seguite le domande degli
studenti riguardo al mondo del
lavoro. Al termine di questo incontro, Epifani ha fatto un grande in bocca al lupo agli studenti
dell’ultimo anno per gli esami di
maturità e ha augurato un buon
esito scolastico a tutti gli altri.
Aeronautica:
sulle ALI di un’esperienza suggestiva.
(segue dalla prima pag)
di fungere da arbitro parziale anche
se a stento sarò capace di trattenere
l’enorme emozione che ha suscitato in me l’esperienza in questione
e l’altrettanto smisurato orgoglio
che io stesso nutro nei confronti di
questa branca.
Il 3 maggio dell’anno odierno venne organizzata in maniera egregia
dalla professoressa Materdomini e
dal nostro preside Guglielmo Neri,
una uscita ai fini dell’orientamento
post-diploma alla base dell’Aeronautica militare sita presso l’aeroporto militare di Ciampino (Giovan Battista Pastine).
Tutto venne organizzato minuziosamente nei minimi dettagli e
nella prima mattinata ,scortati dal
pullman messoci a disposizione
dall’Arma stessa, ci recammo alla
base.
Appena varcata l’entrata sorvegliata, avvertii personalmente un mutamento; l’aria stessa che respiravo
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era differente!
Fummo accolti da uomini in divisa. Dalla divisa adorna traspariva professionalità, orgoglio da
parte di chi l’arma l’ha vissuta e
l’ha amata!
Dopo l’accoglienza e le varie
presentazioni, l’intero gruppo si
recò all’interno della base al fine
di vedere un filmato illustrativo
in merito alle lodevoli mansioni
dell’Aeronautica militare.
Non so bene descrivere se pro-
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vai maggior palpitazione nel vedere affisse al muro, nella sala di
‘’ricevimento’’,le
innumerevoli
crest ciascuna rappresentante un
ordine differente ,o nel AMMIRARE i(purtroppo) brevi filmati
introduttivi al quale precedentemente ho fatto riferimento.
Membri,di tutte le branche(dal Genio all’Aviatore),caratterizzavano
i video,velivoli in azione orgoglio
della nostra nazione!
Al termine dei filmati si alternarono e dialogarono con
noi vari membri presenti allo
stormo quel giorno.
Tutti indistintamente diedero
prova palese del loro amore
per la Forza armata, tutti affermarono un principio che è
alla base del loro operato ossia ‘’Noi lavoriamo per Voi’’al
sentire tali parole indipendentemente dalle volte, un brivido
mi percorse e non nascondo
che rimasi profondamente toccato da queste ammirabili parole.
Terminata l’illustrazione, fummo
scortati,a quello che fu definito
ironicamente il parcheggio degli
aeroplani militari,adiacente alle
piste dell’aeroporto stesso.
Dopo una breve e dettagliata illustrazione delle vari componenti dei velivoli in dotazione e dei
principi fluidodinamici che garantiscono la loro stabilità in volo
ci venne concesso,con mio enorme stupore,di salire in gruppo sui
vari velivoli li presenti.
Aerei perfetti in ogni singolo
dettaglio,la cosa che colse la mia
attenzione più di tutti i restanti
e svariati comfort e dotazioni di
bordo furono i pratici ‘’divanetti
adibiti sia al trasporto autorità
che (e soprattutto) al trasporto
d’urgenza,mansione che il pilota
e gli ufficiali li presenti definirono come ‘’mansione che più li
inorgoglisce’’ destando una commozione generale.
L’ultima tappa della nostra visita
in quel magnifico luogo perfettamente autosufficiente,fu una visi-
ta a bordo dell’imponente Airbus
A319 adibito al trasporto di autorità statali.
So perfettamente ( e me ne dolgo
di ciò)che avrei dovuto visitare
l’aeroplano in questione con lo
stesso zelo del precedente ma la
mia attenzione fu catturata da un
‘esperienza ancor più singolare:
visitare la cabina di pilotaggio.
Da premettere che mai in precedenza mi fu possibile entrare in
quel posto,è impossibile descrivere in due fogli,quanto io fossi
emozionato in quel momento.
Invitato a sedermi sul sedile di
pilotaggio non ero più in me e,
mentre il resto del gruppo si de-
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liziava nell’ammirare l’interno e
le dotazioni dell’aeroplano,io coltivavo un’esperienza particolare
i quanto lo stesso ufficiale che mi
diede il permesso di accomodarmi
in cabina rispose prontamente alle
infinite domande che io di continuo gli porgevo colto dal più profondo interesse.
Terminò
cosi
la
nostra
esperienza,gli alunni presenti,chi
più chi meno dimostrarono di essere soddisfatti dell’esperienza. Fummo accompagnati nuovamente al liceo,noi
coltivammo un’importante
esperienza e ricevemmo u
magnifico poster nel quale il
nostro amato Colosseo innevato veniva sorvolato dall’Airbus presidenziale,mentre
il nostro preside ricevette la
crest del 31esimo stormo ed
una spilla ufficiale.
Riconosco,ultimando
quest’articolo, di non aver adempiuto a quanto citato nell’introduzione (ossia alla parzialità),ma devo
riconoscere che l’orgoglio che io
stesso nutro nei confronti dell’arma
Aeronautica è decisamente grande
e a quanto pare sfocia nell’imparzialità. Devo ribadire,inoltre ed
infine,l’immensa utilità di questa
esperienza e devo porgere i miei
più sentiti ringraziamenti a tutte le
persone che hanno reso possibile
la stessa,a partire dal corpo docenti ed il nostro preside fino all’efficiente corpo del 31esimo stormo
di Ciampino.
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VOX POPULI
-di Gabriella Santos Gonzalez
Interviste su interviste senza mai fare due chiacchiere con un
noto personaggio della nostra scuola tutto da scoprire di nome
Siôn? Ed ecco che alla fine non abbiamo perso quest’occasione, ma l’abbiamo unita alla voglia di soddisfare la curiosità di
qualche studente che vorrebbe studiare all’estero!
-Ciao, Siôn! Da quanto tempo sei
qui e da dove vieni?
-Sono di Cardiff, in Galles, nel Regno Unito. Sono qui da ottobre, qui
al Kant, al fianco di studenti e professori.
-Quindi in pochi mesi hai
cambiato vita: com’è stato?
-Ti dirò che è stato più facile di
quello che pensavo, davvero.
-Che vita facevi lì?
-Ero e sono tutt’ora uno studente di letteratura inglese; lì,
poi, lavoravo in un bar, anche.
Per quanto riguarda il mio corso di studi, il 15% della laurea
è italiano, inteso soprattutto
come letteratura italiana. Così
sono previste interessanti esperienze all’estero.
-Quindi non è stata una tua scelta,
quella di venire qui?
-No, non proprio: queste esperienze nel mio corso di studi sono obbligatorie.
-E dicci, cosa pensi di questa
Roma?
-La adoro. Semplicemente la adoro!
Mi sto divertendo molto, qui.
-Per quanto riguarda il contesto
scolastico, cosa puoi dirci, quali differenze ed eventualmente
analogie individui tra l’ambiente
scuola di là e questo?
-Assolutamente il comportamen-
to degli studenti, questo è ciò che
fa la differenza: lì sono meno disciplinati, meno studiosi! Il confronto chiaramente lo riesco a
fare fra il Kant e l’High School
comprehensive, il corso di studio
obbligatorio fino ai 16 anni che si
segue lì, finché non si sceglie un
indirizzo particolare da seguire
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nei due anni successivi. Il fatto è
che non ho mai visto una scuola così, come questa: il Kant mi
ricorda una scuola privata in
Gran Bretagna, perché lì, di solito, nelle scuole statali non c’è
questa attenzione allo
studio, non c’è proprio
questa mentalità! Qui
ho visto, tra l’altro, un
alto livello per quanto
riguarda la lingua; certo, non per tutti quanti,
ma in generale, sono
colpito dalla media.
-E per l’Università, sei
riuscito ad entrare in
contatto con quest’altro contesto, puoi farci
un breve confronto?
-Sì, ho avuto l’occasione di entrare tramite degli amici a Roma
Tre. Ho notato che qui gli esami sono principalmente orali, lì
invece facciamo più scritti che
orali; poi ovviamente questo
cambia da università ad università, io parlo solo di quello che
ho vissuto io, anche perché in
Gran Bretagna ci sono molte differenze tra ogni università. Posso
dirvi che io ho studiato a Slansea,
un’università buona.
-Pubblica?
-No, privata, purtroppo. Privata
perché lì quelle statali non funzionano, il sistema è diverso.
-E che ci dici dei costi? Molti studenti italiani che vorrebbero studiare lì sono bloccati dai costi.
In effetti costa molto. Per me è
diverso, il governo gallese finanzia
gli studi, da me in Galles è un caso
particolare. Diciamo che in media, se proprio si volesse dare una
cifra indicativa, £ 10’000 l’anno si
spendono, però. Certo, costa, ma
con l’Erasmus conviene!
-E, vista la nota fuga di cervelli
dall’Italia, che consigli daresti a
chi volesse studiare in un’università estera?
-Se c’è chi vuole studiare in Gran
Bretagna, glielo consiglio. E non
solo in Gran Bretagna, un’esperienza di studio all’estero è da fare, io ho
imparato davvero molto, ho imparato un diverso modo di vivere, una
diversa cultura. E poi la lingua! Chi
vuole perfezionare il proprio inglese deve assolutamente farlo. Ad
ogni modo, poi, è sempre un’ottima
opportunità studiare all’estero.
-Passiamo al lato pratico del trasferimento, come ultimo aiuto
per chi debba procedere in questo
progetto.
-L’università può aiutarti per il trasferimento, ma io lavoravo, quindi
ho fatto da me. Ho girovagato su
internet ed ho trovato “easystanza” (valido solo per l’Italia!), poi
Porta Portese ed altro. La cosa
migliore per chi vuole fare lo
stesso sarebbe, però, farsi aiutare da qualcuno del posto; io non
avevo alcun contatto, perciò internet era l’unica via.
-Approdato infine al microcosmo kantiano, chi ti ha aiutato?
-La maggior parte dei docenti -ed
in questo sono molto grato a tutti-, in particolare la professoressa
Forconi, che mi ha aiutato con la
stanza, il professor La Porta e la
professoressa Cozza, che mi hanno dato lezioni di italiano. Anche
degli studenti, anche da fuori
scuola, altre esperienze.
Ora passiamo la parola a chi ha vissuto quest’esperienza dal di
fuori, dal punto di vista di chi accoglie, da dietro il banco del
liceo: Stella Torrelli, I A.
-Com’è stato per voi?
-Una novità sicuramente, una bella
novità. Per me, poi, è stato particolare, perché l’ho vissuto anche
in un altro ambiente, esterno alla
scuola, mentre altri non hanno
avuto questa opportunità. Se la si
ha, bisogna sfruttarla.
-Che tipo di opportunità e di
ambiente?
-Vi racconto: quando abbiamo
conosciuto Sion ci ha detto quali
erano i suoi hobbies, uno dei quali
era il canto. Poco tempo dopo, a
me ed al mio gruppo è capitata
l’occasione di poter fare un concerto. Una buona opportunità, pec-
cato ci mancasse in cantante.
È stato così che mi è venuta in
mente questa strana idea, l’idea
di chiederlo a lui, nonostante
non ci conoscessimo molto. Ed
è stato divertente!
Sion: Non avevo mai cantato
all’estero!
Stella: Non avevo mai suonato
con un gallese!
-Una domanda per entrambi:
tu, Sion, con cosa te ne vai
in più, nel tuo bagaglio? A
te, Stella, cosa è rimasto di
quest’esperienza, cosa ti ha
lasciato?
Sion: Tante cose. Ho imparato
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ad insegnare! E poi l’esperienza
in un gruppo italiano è stata
divertentissima; spero, poi, di
aver migliorato il mio italiano.
E poi la città, nuovi amici…è
difficile dire tutto!
Stella: ci ha dato tanto. Una
cosa del genere ti apre un
mondo nuovo: il suo lo si pensa
distante, come mondo, ma
conoscere qualcuno che viene
dall’estero fa avvicinare questi
mondi distanti. Conserverò
sicuramente tanti bei ricordi
di quest’esperienza, di questa
nuova particolare conoscenza.
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Cronaca esterna
Pagati 11,8 milioni di euro dalla giunta di Alemanno per comperare lo stabile delle Tartarughe
Casapound:
il centro sociale di destra
Lo stile di vita “non conforme” dei fascisti del terzo millennio
Zetazeroalfa, portavoce del destroide fermento politico di giovani assidui frequentatori del pub
che tramutarono la loro amata
“arte alternativa” in azione, prendendo le redini del comando dell’emergente movimento lo stesso leader del gruppo musicale Gianluca
Iannone. Il 12 luglio 2002, in via
Tiberina, compiono l’occupazione, d’ora in poi non più esclusiva
arma di protesta della sinistra, di
uno stabile abbandonato che prende il nome di Casa Montag, prima
di una lunga serie di Occupazioni
Non Conformi (Onc)
e
successivamente
gestita da associazioni politiche differenti. In seguito, il 26
dicembre 2003, un
gruppo di giovani
facenti parte dell’area
ONC/OSA (“Occupazioni Non Conformi e Occupazioni a
Scopo Abitativo”) occuparono uno stabile
nel rione Esquilino,
in via Napoleone III,
dando vita al primo
centro sociale di ispirazione fascista, nel cuore della “chinatown” ro-
mana: nacque cosi Casapound, alla
quale si puo’ accedere rispettando
uno scarno e chiaro regolamento:
“niente droga, niente armi, niente
prostituzione e essere italiani”. I
fedeli militanti seguaci di Iannone
attuano altre tre occupazioni, sorgono in tal modo Casa d’Italia Parioli, Casa d’Italia Boccea, Casa
d’Italia Torrino, tutte sgomberate. Tuttavia, nel frattempo,
fondano l’Area 19 e il circolo
futurista di Casal Bertone, ritrovi di carattere culturale ancora attivi. Nel 2006 l’associazione entrò a far
parte del partito politico Fiamma
Tricolore, due anni
dopo, per protesta
contro la mancata
organizzazione
di
un congresso nazionale, occupò la sede
centrale del partito e
fu espulsa, affermandosi nel giugno del
2008 come un movimento nazionale di
promozione sociale,
prende vita Casapound Italia. Il simbolo, la tartaruga, è stato concepito per numerose
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motivazioni tra cui le fondamentali sono la longevità dell’animale, auspicio di lunga vita del
movimento e la sua fortuna di
“avere con sé” la casa, che meglio
esprime la lotta per il diritto alla
proprietà di un’abitazione , nerbo
della proposta di legge del movimento, definita “mutuo
sociale” che
concerne la
c o st r u z i one
diretta da parte dello Stato su terreni
pubblici, di
case da vendere a prezzo di costo alle famiglie non proprietarie,
a rate mensili non superiori al
quinto del reddito, affinchè non
siano sottoposte all’usura esercitata dalle banche e non avvenga
alcuna speculazione edilizia. Nel
2009 Casapound collaborò con
la Protezione Civile in seguito al
terremoto in Abruzzo; tale cooperazione proseguì nel corso
del 2010 in occasione di diverse
emergenze, si ottenne così un
più ampio consenso nei confronti del centro sociale dell’Esquilino .
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Identità politica
L’associazione si pone come
l”estremo centro alto” , approfittando del controverso e frammentato panorama politico del paese,
tenta di rappresentarne una concreta alternativa, dunque si distacca non solo dal centro sinistra , ma
anche dal centro destra italiano.
Gli adepti al movimento si dichiarano fascisti del “terzo millennio”
quasi a voler riproporre e
attualizzare il ventennio,
assurdamente contemplato come una gloriosa epoca da cui trarre ispirazione
per fronteggiare la disastrosa crisi che incombe
sulla nazione , ergo manifestandosi inevitabilmente
in sintonia con le ideologie
estremiste che rievocano
un esasperato nazionalismo e un razzismo ingiustificato.
Il Duce è il loro principale riferimento culturale tra i numerosi citati sulle pareti dell’ingresso dello
stabile, occupato in via Napoleone
III , tra cui troviamo inoltre D’annunzio, Giulio Cesare, Tolkien,
Ezra Pound -poeta statunitense
a cui è ispirato il nome del movimento e di cui questo condivide
la contestazione elaborata contro
l’usura generata dal mercato- e Capitan Harlock, un manga di fantascienza, il pirata “tutto nero” che
rubava ai ricchi per dare ai pove-
ri. Nello stesso stabile è presente
addirittura un bivacco , ovvero un
vano dell’edifico che funge da luogo di riunione e di ritrovo, il cui
nome è ripreso dalla nota citazione
mussoliniana “Potevo fare di questa Aula sorda e grigia un bivacco
di manipoli” pronunciata dal duce
in parlamento nel drammatico
discorso del 16 dicembre del 1922,
Ma ciò che risulta essere maggiormente disarmante e preoccupante è la capacità con la
quale Iannone e il suo movimento
abbiano saputo far leva sul malcontento giovanile grazie anche
appena divenuto capo del governo e successivamente l’assassinio
del socialista Giacomo Matteotti.
Non stupisce dunque se numerosi
militanti di Casapound siano stati
protagonisti di episodi di violenza,
lo stesso fondatore e presidente
dell’associazione Gianluca Iannone nel 2009 è stato condannato in
primo grado a 4 anni per aggressione ai danni di un carabiniere in
borghese durante una rissa il 25
aprile 2004. Il 3 novembre 2011
Alberto Palladino, dirigente di
CasaPound Italia del IV Munici-
pio di Roma, viene arrestato per
l’aggressione ad alcuni esponenti
dei Giovani Democratici. Con i
centri sociali di sinistra, dei quali si rimprovera il “poco onore”,
sono stati frequenti gli scontri nei
quali le “tartarughe” non si sono
certo dimostrate impreparate,
ma sempre ben rifornite di caschi
e mazze con dipinto il tricolore
. Nonostante si ostinino
a definirsi non violenti
e a organizzare conferenze con le comunità di
immigrati , quasi a voler
ostentare un ‘apertura al
dialogo e all’integrazione , le loro azioni, l’odio
razziale , le ideologie che
perseguono e la loro stessa musica , basti pensare
al titolo del brano dei Zetazeroalfa , “Nel Dubbio Mena” ,
testimoniano tutto il contrario .
Predicano l’odio contro il diverso
mascherato dall’esaltazione della propria patria , della propria
tradizione che sentono il dovere
di difendere come fossero minacciate dalla multiculturalità che
prende vita in Italia . Come loro
stessi affermano “c’è poca Italia”.
Lo straniero è un peso e capro
espiatorio della crisi che in realtà
è prodotto di ben altre, più complesse e profonde, dinamiche .
Il Blocco studentesco e la giunta di Alemanno , i due grandi alleati , la propaganda e le
controversie
9
all’opera del blocco studentesco
i cui sostenitori sono soprattutto
i nati dopo il ’94 , menti giovani,
Bimensile,
X uscita
31 maggio 2012
vulnerabili, dove più facilmente
si può insidiare la piaga del neofascismo, che hanno permesso a
Casapound di superate le undicimila preferenze nelle ultime elezioni studentesche provinciali a
Roma. Il figlio del sindaco, Manfredi Alemanno, è uno dei leader
riconosciuti, una vera soddisfazione per il padre Gianni, che si è dimostrato un convinto sostenitore
del movimento, infatti la scorsa
estate la sua giunta si è impegnata
ad acquistare l’immobile occupato
dai camerati per 11,8 milioni di
euro ,soldi dei contribuenti, quasi
ignorando la crisi economica e le
difficoltà finanziarie della Capitale , passate in secondo piano per
promuovere un associazione che
rievoca la pagina più nera e disastrosa del paese, le cui dottrine
vengono esplicitamente ripudiate
dalla nostra cara Costituzione .
Ovviamente questa evidente alleanza con le istituzioni permette
alle tartarughe di non avere rivali e
di poter agire indisturbate , scatenando le numerose proteste e mobilitazioni dell‘associazione nazionale dei Partigiani Italiani (ANPI),
insieme ad altre organizzazioni antifasciste, le quali sono consapevoli
della pericolosità del fenomeno e
del suo preoccupante inserimento nei luoghi di formazione. Vi è,
inoltre , un sistema capillare di propaganda : in tutta Italia Casapound
possiede 15 librerie, tra cui la nota
“Testa di Ferro” a Roma , 20 pub, 8
associazioni, una web radio (“Bandiera Nera”), un mensile (“L’Occidentale”) e un trimestrale “Fare
Quadrato” quest’ultimo motto del
movimento che è emblema dell’unità di intenti dei camerati, tutto
squisitamente NON CONFORME
come le loro attività dalle serate
turbo-goliariche agli sport come
la “cinghia mattanza “ nella quale i
camerati mettono a dura prova la
loro virilità e a cui è dedicato un
Inattualità di Casapound e il miglior Fabbro
Non è corretto estrapolare le teorie economiche di Pound, nate da
altri, per trasformarlo in un ideologo e sulla base di quell’ideologia
fondare la propria attività politica. Lo sarebbe di più riferirsi agli
economisti su cui si fondano le
sue teorie economiche, altrimenti
si strumentalizza la fama del poeta. Pound riassume la tragedia del
crollo della civiltà occidentale intesa in un certo modo e che trova
espressione massima nei Cantos
Pisari. Pound è l’americano che
nelle prime due decadi del secolo
viene in Europa a cercare le radi-
ci della civiltà occidentale contro il
dilagare del capitalismo e le trova
nella poesia provenzale. E’ significativo che Pound, dall’alto della
sua perizia tecnica , riveda il testo
di Eliot che già riassume il crollo di
questa civiltà occidentale (società)
nella “Terra desolata” dove gli elementi della contemporaneità sono
collegati ad elementi del mondo
antico, sicchè quello moderno è
ridotto ad un cumulo di macerie,
per questo Eliot dedicherà a Pound
“La terra desolata” con l’epigrafe
“al miglio fabbro” (che è il richiamo al maggior poeta provenzale).
10
brano della band di Iannone.
Talvolta Casapound è stata oggetto di numerose polemiche
in quanto ha utilizzato nomi di
alcuni celebri personaggi deceduti che non hanno mai avuto
contatti o affinità con le correnti di pensiero della destra
estrema: come l’eroe Peppino
Impastato, siciliano martire
della lotta alla mafia e candidato nella lista di Democrazia
Proletaria, certamente ostile
ideologicamente al fascismo ,o
addirittura Ernesto Che Guevara il guerrigliero rivoluzionario profondo conoscitore e
amante del Marxismo, mentore
di tutti coloro che sognano ancora oggi una Rossa Primavera, incompatibile con quanto
predicato dalle contraddittorie
menti delle provocatorie tartarughe che lasciano basita, attonita l’estrema sinistra nonché
l’opinione pubblica.
Per Eliot la soluzione è la fede
nell’istituzione monarchica di
fronte alla società di massa delle
moderne democrazie. Le teorie
economiche a cui Pound si rifà
condannano l’usura , che rende
inautentica la civiltà occidentale , a partire dall’affermarsi delle
banche , cossichè anche la stessa arte di allora risente di quella
inautenticità . Per questo la sua
opera maggiore i “Cantos” si
propone come una sintesi della
società moderna e si concludono
però con la coscienza del crollo
nei “Cantos Pisari” . A differen-
Bimensile,
X uscita
31 maggio 2012
za di Eliot , Pound ha creduto di
trovare nel fascismo quella lotta
all’usura che dovrebbe ricondurre la civiltà all’autenticità dell’uomo. Ma a ben guardare la seconda guerra mondiale trova da
una parte il capitalismo angloamericano alleato al comunismo
staliniano e dall’altro le nazioni
totalitarie; ed è proprio il totalitarismo l’espressione degenere
della società di massa che in altri
cosi di esprime nella democrazia
formale. La tragedia di Pound
sta nell’aver scoperto nei “Cantos Pisani” il crollo delle sue idee
, tanto è vero che gli ultimi anni
della sua vita si chiudono nel silenzio. E’ vero che le recenti vi-
cende economiche a livello globale miche di Pound senza tener conto
della sua coscienza della sconfitta significa richiamarsi al passato , chiudendo le ragioni di quella sconfitta
di cui Pound da grande intellettuale
e da grande poeta è cosciente e per
la quale paga in termini personali
. Si tratta di affrontare la questione
più generale della società di massa , che non si risolve con le azioni
velleitarie di gruppuscoli nostalgici
. La conclusione della parabola sta
in Pound , in questi versi del canto
LXXXI : “ Strappa da te la vanità ,
non fu l’uomo a creare il coraggio , o
hanno riproposto il problema del l’ordine , o la grazia, strappa da te la
dominio dell’economia finanzia- vanità , ti dico strappala”.
ria, delle banche nel mondo reale
, ma richiamarsi alle teorie econo-
La Banda della Magliana torna a far parlare di sé.
(segue dalla prima pag)
sequestri di persona, al controllo
dei giochi d’azzardo e, soprattutto, al traffico di droga. I proventi
del traffico di droga, così come
quelli relativi al gioco d’azzardo,
alla prostituzione, alle scommesse clandestine, al traffico di armi
e di tutte le altre attività criminali in cui la banda era impegnata, erano divisi sempre in parti
uguali: tutti i membri ricevevano
la cosiddetta stecca, ossia una
sorta di dividendo indipendente
dal lavoro svolto in quel periodo. Dopo molti anni che non si
sentiva più parlare della Banda
della Magliana, questa è tornata
sui giornali a causa dell’uccisione
di Angelo Angelotti, boss storico della Banda della Magliana,
avvenuta il 28 Aprile a Spina-
11
ceto, in seguito ad una rapina al
furgone di due fratelli gioiellieri.
I due fratelli hanno trovato il coraggio di impugnare l’arma e di
sparare, colpendo a morte il boss
e ferendo gli altri due complici,
che hanno tentato la fuga ma che
sono stati fermati dalla squadra
mobile. Dopo una vita passata tra
il carcere e la strada, l’ex boss mafioso ha terminato il suo romanzo
criminale.
Bimensile,
X uscita
31 maggio 2012
Un pensiero per Melissa
(segue dalla prima pag)
Di sicuro è stato un attentato che ci
ha ferito profondamente, tutti.
Ci ha ferito in quanto genitori,
perché mai saremmo arrivati ad
immaginare di poter temere di
mandare i nostri figli a scuola ogni
mattina, di salutarli magari anche un po’ frettolosamente, ignari
di non rivederli mai più tornare a
casa.
Ci ha ferito in quanto insegnanti,
perché abbiamo riconosciuto nello sguardo allegro e spensierato di
Melissa lo sguardo dei tanti ragazzi con cui abbiamo a che fare ogni
giorno e che si fidano della scuola,
la ritengono un luogo sicuro, in cui
trascorrono gran parte della loro
giornata.
Ma io sono stata particolarmente
ferita in quanto brindisina, perché
ancora una volta si parla della mia
terra non per l’ospitalità della sua
gente, la bellezza del suo mare, il
sapore del suo cibo, ma per un attentato che ha tentato di infrangere in un attimo i sogni di un’intera
generazione.
La mia città è sconvolta da tanta
ferocia; noi brindisini ci sentiamo violentati da tanta crudeltà, e
cominciamo a chiederci se questo
non sia il risultato di un degrado
antico che ha raggiunto, ormai,
proporzioni immani.
L’unico elemento “confortante” in
questa tragedia è stata, però, la risposta della società civile: il sacrificio di questa ragazza è servito a
stimolare una reazione da parte dei
cittadini, e soprattutto dei giovani.
In un attimo, dai blog, da Twitter,
da Facebook è partito l’invito a non
stare a guardare l’orrore, ma a scendere in piazza per gridare tutti insieme che a questa logica della violenza, a questa politica del terrore
l’Italia intera non vuole sottostare,
tutto il Sud non lo vuole, Brindisi
non lo può più permettere.
Il 19 maggio, nell’incontro a Piazza
Vittoria (la Piazza principale della
città), erano davvero in tanti: tanti
genitori, tanti nonni, tanti bambini, oltre a Don Ciotti, ai politici
locali, al Sindaco e al Vescovo della
città. E poi tanti giovani, tantissimi,
non solo gli amici di Melissa, miracolosamente scampati all’attentato,
ma anche tanti, tantissimi ragazzi. Quando ancora gli inquirenti
non avevano ipotizzato la matrice
dell’attentato né chiarito l’identità
degli attentatori, quando davanti
al cancello della Scuola “Morvillo
Falcone” erano sparsi per terra gli
zaini bruciati con i libri ancora fumanti, tutta la cittadinanza è uscita da casa per esprimere il proprio
sdegno e per chiedere giustizia per
Melissa e per tutti i ragazzi feriti da
tanta ferocia.
E il 26 maggio, ad una settimana dall’attentato, erano ancora di
più: i media parlano di circa 5000
studenti provenienti da tutta Italia che hanno indossato magliette
bianche con la scritta nera “Io non
ho paura” e, dopo essersi dati ap-
12
puntamento proprio davanti
alla scuola, hanno sfilato per le
vie della città al grido di “tutti
insieme senza paura” in ricordo
di Melissa. Mi hanno raccontato
che, per strada, sono stati applauditi dai passanti indaffarati
ed anche da chi, affacciato alla
finestra, non si è unito al corteo ma ha voluto testimoniare
il proprio consenso gettando un
fiore dal balcone, raccogliendo
l’invito del Sindaco della città
che, in occasione dei Funerali
solenni di Melissa, aveva invitato tutti i brindisini ad esporre
sui balconi e sulle finestre un
fiore bianco. Anche io l’ho fatto.
Venti, trenta anni fa, questa reazione, coraggiosa, forte, decisa,
non sarebbe stata così spontanea.
Le stragi di Capaci e di Via d’Amelio (e quella di Brindisi, se
fosse confermata l’ipotesi della
pista mafiosa) hanno prodotto lentamente una maturazione nella coscienza civile che ha
portato questi ragazzi – i nostri
ragazzi – a dire basta alla cultura della violenza; benché siano
stati colpiti nel luogo che hanno
sempre ritenuto il più sicuro di
tutti e questo fatto li abbia fortemente spaventati, i ragazzi di
questa generazione hanno trovato il coraggio di alzare la testa e cominciare proprio dalla
scuola un percorso di legalità in
risposta alla barbarie.
Bimensile,
X uscita
31 maggio 2012
Brindisi oggi è una città blindata,
come del resto Mesagne, il paese di
provenienza di Melissa diventato
di colpo tristemente famoso non
per i suoi meriti artistico-culturali
(che sono tanti) ma per aver dato i
natali al fondatore della Sacra Corona Unita; i ragazzi in corteo hanno compreso, però, che non è solo
questa la strada da seguire ed hanno confermato la loro fiducia nella
scuola come punto di riferimento
saldo, soprattutto quando i riflettori si spegneranno e la città resterà
sola ancora una volta.
La più efficace risposta
all’attentato è dunque un
percorso culturale che
coinvolga l’intero territorio, sin dai primi anni di
scuola, per negare quel
consenso degli strati più
emarginati della popolazione, proprio come auspicava
il Giudice Borsellino a proposito della sua Sicilia: “La
lotta alla mafia, il primo
problema da risolvere nella nostra
terra bellissima e disgraziata, non
deve essere soltanto una distaccata
opera di repressione, ma un movimento culturale e morale che
coinvolga tutti e specialmente le
giovani generazioni, le più adatte a
sentire subito la bellezza del fresco
profumo di libertà che fa rifiutare
il puzzo del compromesso morale,
dell’indifferenza, della contiguità e
quindi della complicità”, e ancora:
“Se la gioventù le negherà il consenso, anche l’onnipotente e misteriosa
mafia svanirà come un incubo”.
E proprio sull’onda del ricordo e
dell’esempio di Falcone e Borselli-
no i ragazzi a Brindisi hanno rifiutato con forza, ad alta voce, un ipotetico ”aiuto” da parte della Sacra
Corona Unita nel trovare e punire i
colpevoli della strage, perché sono
proprio queste “scorciatoie”, queste
garanzie di giustizia sommaria a
promuovere quella cultura dell’illegalità che gli studenti di questa
generazione hanno trovato il coraggio di respingere.
In questo sforzo più grande di loro,
noi della generazione precedente
(che siamo divenuti “adulti” con
il coraggio e l’esempio dei giudici
Falcone e Borsellino) non dobbiamo lasciarli soli, non possiamo,
per il loro futuro; è significativo,
in quest’ottica, a soli quattro giorni
dall’uccisione di Melissa, l’incoraggiamento che è giunto ai giovani
in occasione della Cerimonia di
commemorazione del Giudice Falcone da parte del Presidente della
Repubblica Giorgio Napolitano,
proprio dall’Aula Bunker di Palermo, che continua ad essere, per
entrambe le generazioni, anche se
con modalità diverse, luogo simbolo della lotta alla Mafia: “Colgo,
in questa vostra generazione, una
13
carica di sensibilità, di intelligenza, di generosità che molto mi
conforta, che mi dà grande speranza e fiducia. E perciò voglio
dirvi: completate con impegno la
vostra formazione, portate avanti il vostro apprendistato civile, e
scendete al più presto in campo,
aprendo porte e finestre se vi si
vuole tenere fuori, scendete al più
presto in campo per rinnovare
la politica e la società, nel segno
della legalità e della trasparenza.
L’Italia ne ha bisogno; l’Italia ve
ne sarà grata”. Un invito a studiare, quindi, a
completare la propria
formazione civile nella
Scuola per divenire attori principali nello scenario politico e sociale
futuro, all’insegna della
legalità.
Melissa è morta mentre
andava a scuola, e non
si può certo morire andando a scuola.
Parlando di Palermo, una volta
Falcone ha detto: “A questa città
vorrei dire: gli uomini passano,
le idee restano, restano le loro
tensioni morali, continueranno a camminare sulle gambe
di altri uomini”. Anche Melissa
è passata su questa terra, ed è
andata via troppo presto, troppo in fretta per poter coronare i
suoi sogni; ci piace pensare che
però i suoi sogni continueranno
a restare, che resteranno i suoi
progetti, e che continueranno a
camminare sulle gambe di tanti
altri giovani belli e puliti come
lei.
Bimensile,
X uscita
31 maggio 2012
17 maggio: dire NO all’omofobia
-di Jessica Andracchio
Pochi giorni fa, ha avuto luogo un
“flash mob” a Montecitorio, organizzato dalla pagina di Facebook
I’m gay any problems? (Vinciamo
l’omofobia!); solo una delle tantissime iniziative prese dalla comunità lgbt di tutto il mondo per
respingere l’omofobia.
“Oggi, 17 Maggio, giornata mondiale contro l’omofobia. Siamo
qui per le vittime dell’omofobia,
per dare voce a chi ormai non
può più farlo”.
Inizia così il discorso di una delle organizzatrici del Flash Mob, e
già queste due semplici frasi dovrebbero farci riflettere.
Un centinaio di persone rigorosamente in giallo, con la scritta ‘NOH8’ (“niente odio”) sulla
faccia, sul petto o sulle braccia,
in piedi davanti a dei ragazzi con
un megafono, si buttano a terra
appena sentono iniziare il discorso, nel quale verranno nominati
molti dei “ragazzi spinti al suicidio o ammazzati da chi si sente
leggittimato a condannare l’omosessualità”, come urla la ragazza al
megafono.
“Tra i diversi nomi delle povere
vittime, siamo qui per ricordare:
Matthew, bruciato vivo perché
gay; Eric Jake, 19 anni, sucidatosi dopo aver fatto coming out;
Jamie, 14 anni, bisessuale che
lottava per i gay. Si è tolto la vita.
Kennet Jake, 15 anni, aveva raccontato ai compagni di classe di
essere gay. Da quel giorno, la sua
vita è diventata un inferno. Si è
suicidato il 15 Aprile 2012”.
La lista continua, e vengono nominate solo alcune delle vittime
che in un singolo anno l’omofobia
ha provocato.
“Migliaia di ragazzi omosessuali, bisessuali, transessuali, il cui
nome è finito nel dimenticatoio
di questa società bigotta. Siamo
qui per chiedere la fine di questa
mattanza. Noi siamo esattamente
uguali a voi [...]. Vogliamo solo essere tutelati! Vogliamo una legge
contro l’omofobia!”.
Alla fine del discorso la gente si
alza, le coppie presenti si scambiano un casto bacio sulle labbra,
ci si tiene per mano: pian piano si
mette in un angolino, almeno per
il momento, tutta la tristezza che il
commovente discorso ha scatenato e si fa amicizia.
In seguito tutto il corteo si dirige
14
sulla scalinata di Piazza di Spagna, dove gli organizzatori della
giornata distribuiscono dei bracciali fosforescenti con il logo della loro pagina di Facebook, già
nominata in precedenza. Cominciano le interviste: chi vuole può
raccontare la propria storia, può
esprimere un giudizio sulla giornata, oppure può semplicemente
rispondere alle domande che gli
vengono poste. Altri fermano i
passanti, gli chiedono una semplice opinione sull’omosessualità,
filmandoli con il cellulare. Alcuni video della giornata sono già
presenti su YouTube.
Quando il caldo prende il sopravvento, cominciano a formarsi i ‘gruppetti’; chi vuole andare
a bere qualcosa, chi deve prendere il treno, chi ha il coprifuoco e
deve tornare a casa. La manifestazione può dichiararsi conclusa.
Come si può immaginare, una
giornata così ha la sua degna
conclusione con un drink al Coming Out, noto locale gay che si
trova sulla Gay Street, vicino al
Colosseo: una bevuta, e poi tutti
a casa.
Iniziative come questa dovrebbero essere prese più spesso,
perché, nonostante la mentalità
della gente sia parecchio cambiata, dilaga ancora l’omofobia, e più
gente si dichiara (o, se vogliamo
usare un termine ‘tecnico’, fa ‘coming out’), più persone rischiano
Bimensile,
X uscita
31 maggio 2012
di diventare vittime dirette o indirette dell’omofobia.
Personalmente, ho sentito spesso le argomentazioni e le lamentele degli omofobi, anche negli
ambienti scolastici (ovviamente
non farò nomi), e posso dire che
più sento questo tipo di persone
parlare, più mi rendo conto di
quanto purtroppo l’ignoranza, o
cattiva informazione, o pregiudi-
zi che dir si voglia, la fa ancora da
padrona.
Per concludere, vorrei solamente riportare una parte del discorso
della ragazza al megafono, del quale
condivido ogni parola, ogni supplica, ogni speranza.
“Anche noi amiamo, anche noi soffriamo, anche noi piangiamo, anche
noi commettiamo sciocchezze, anche noi finiamo tra gli artigli spie-
tati della depressione, dell’anoressia, del suicidio, della rabbia,
dell’autolesionismo. Anche noi
passiamo quel periodo difficilissimo chiamato adolescenza, periodo in cui si è particolarmente fragili e vulnerabili.
L’ultima cosa di cui abbiamo
bisogno è l’accusa inesistente
di essere dei mostri, dei malati,
dei pervertiti”.
Il 12 maggio per i diritti dei disabili
-di Lorena Urucu
Il 12 Maggio si è tenuta a Roma
una manifestazione per i diritti
delle persone con disabilità.
La giornata, organizzata dal Comitato Prepensionamento per i Famigliari Disabili Gravi e Gravissimi,
si è aperta con una maratona che
partiva dal Colosseo, per arrivare alle terme di Caracalla,
dove è stato allestito il “Villaggio dei Diritti”, formato da
stand pronti ad accogliere e
dare informazioni a chiunque
si mostrasse interessato, oltre
all’organizzazione di intrattenimenti per i più piccoli e l’esposizioni di alcuni libri scritti
a testimonianza delle esperienze, complete di disagi, vissute
da persone che vivono o hanno
vissuto con disabili.
Tra i gazebo presenti, vi erano
quelli dell’Associazione “Aiutiamoli a Vivere”, volta al miglioramento
delle condizioni di vita, l’AISLA
(Associazione Italiana Sclerosi
Laterale Amiotrofica), quello del
gruppo Facebook “Genitori di ragazzi down – Esperienze a confronto”, ed infine quello degli Indignati. Ad occuparsi, invece, dei
bambini, era presente un’associazione degli scout della zona. Infine, per rifocillare tutti coloro che
hanno partecipato alla giornata, la
Centrale del Latte, sponsor della
manifestazione, ha provveduto alla
distribuzione di latte e merendine.
Intorno, magliette che recitavano
“Mai più a testa bassa” e striscioni
15
che reclamavano l’attenzione
da parte di un governo e di un
popolo sempre meno coinvolto, attraverso frasi esplicative
come “Diversa normalità, stessa indignazione”, “Non siamo
una discarica sociale”, oppure
“Non siamo un mondo a parte,
ma una parte del mondo”.
Di tanto in tanto, faceva
capolino una telecamera a
riprendere l’evento. Il quale
è stato mandato in onda da
GoldTvItalia, RaiNews24,
Rai3 e Sky.
L’elemento più coinvolgente della giornata è stato
rappresentato dall’intervista della giornalista agli
scrittori dei tre libri presentati. Il primo, “E se mio
figlio…”, scritto da Bruno
Di Bari, tratta della sindrome Down non solo dal punto di
vista di una donna che scopre
di essere incinta di un bambino, appunto, down, ma anche
dal punto di vista prettamente
Bimensile,
X uscita
31 maggio 2012
medico della malattia. Il secondo libro presentato “Un cubo di
marzapane, quando si può sfidare l’autismo”, invece, scritto da
Christina Kaflisch, è un racconto
molto più sentito: l’autrice racconta dei propri disagi nell’allevare una figlia affetta da autismo,
quando ancora di autismo non
si conosceva nulla. Una donna
che la testa bassa sostiene di non
averla mai tenuta, e che ha concentrato tutte le proprie forze per
far sì che sua figlia non si sentisse diversa, ma integrata in una
società che non la capiva. Stes-
so approccio è anche presente
nell’ultimo libro, “Noi e i nostri
figli, dalla nascita all’Amore – I
nostri racconti per fare del Bene”,
un insieme di racconti personali, scritti dai genitori del gruppo
Facebook prima citato. Ognuna
con il proprio bagaglio di esperienze, la giornalista ha forse mal
posto la domanda “Qual è il più
importante, il più coinvolgente?”,
a cui una delle mamme ha risposto “Nessuno lo è, sono tutti di
egual importanza. Non se ne può
scegliere uno solo”. Il libro è in
vendita su www.lulu.com come
e-book e i cui proventi andranno tutti ad Emergency.
Una giornata, forse, che ha visto pochi partecipanti, rispetto
a quanti ne meritasse. Una
giornata per coloro che non si
rispecchiano nella nostra società, perché essa non ne dà loro
la possibilità. Possibilità che
hanno reclamato così, tra emozioni e divertimenti, insieme
contro un governo che sarebbe
dovuto essere lì con loro.
“Così si riconoscono
come gocce uguali in un mare piatto”
-di Lorena Alessandra Urucu
Ho avuto il piacere di conoscere,
come orami capita a chi viaggia su
Internet, una ragazza: Francesca
Bottari. Ha la mia stessa età e dipinge in maniera divina, almeno
secondo il mio modesto parere.
Parlando con lei, ho scoperto
di non avere solo in comune in
passione per l’arte in genere, ma
l’interesse per la cultura dell’est,
non limitandosi solo ad un puro e
semplice interesse, ma una comprensione per quella storia, fatta
di luci ed ombre, che spesso non
viene ne compresa, e tantomeno
apprezzata.
Questo suo interesse si riflette nel
progetto “JOC DE LEAGANE”,
sul quale ho posto diverse domande, alle quali vi voglio rende-
re partecipi.
1-In cosa consiste il progetto?
Il progetto “JOC DE LEAGANE”
rientra nel percorso formativo che
ha visto noi ragazzi impegnati in
vari repertori. Facciamo parte del
Centro di Formazione Musicale
“Les Choristes”, uno spazio di socializzazione e condivisione per
ragazzi che si avvicinano alla musica, alla tradizione popolare, all’arte
musicale in tutte le sue forme e le
sue manifestazioni ed ha lo scopo
di formare i giovani attraverso un
percorso artistico e culturale, basato sull’alto ed indiscusso valore
educativo della Musica.
2-Quando è nato?
Il Centro di Formazione Musicale “Les Choristes” è nato nel 2007,
16
ad opera della nostra Direttrice,
Giovanna Pesare (la mia mamma!), a Sava, in provincia di Taranto.
Siamo un gruppo vocale polifonico, affiancato da giovani
strumentisti. Ci siamo esibiti in
varie occasioni finalizzando gli
eventi ai temi della solidarietà e
dei diritti civili. I nostri repertori si basano su diversi generi,
quali il Gospel, il Negro-Spiritual, il Canto Etnico, il Rock e il
Country, su un costante lavoro
in formazione SATB (a quattro
voci).
Nella primavera 2009 abbiamo presentato la 1ª edizione di
“GIVE PEACE A CHANCE”
− UN CONCERTO PER LA
PACE, in collaborazione con
Bimensile,
X uscita
31 maggio 2012
AMREF - Fondazione Africana
per la Medicina e la Ricerca, allo
scopo di finanziare, tramite raccolta fondi, il progetto “Children
in need project” dedito al recupero dei ragazzi di strada di Nairobi,
in Kenia.
È stato, inoltre, realizzato un CD,
allo scopo di sostenere ulteriormente il progetto.
Il nostro 1° CD “GIVE PEACE A CHANCE” contiene
brani provenienti da varie
parti del mondo: canti tradizionali americani, canti ebraici, canti africani, brani degli
Anni ‘70 collegati al grande
movimento dei pacifisti, canti contro la guerra, canti patriottici, intercalati dalle citazioni dei grandi Premi Nobel
o semplicemente dalle parole
dei poeti, dei pacifisti e di chi
ha lottato in ogni tempo per
la Pace. Nel 2010 è stata realizzata la 2ª edizione del CONCERTO PER LA PACE e l’evento
è stato nuovamente presentato in
collaborazione con l’AMREF. In
programma, brani provenienti da
varie parti del mondo: canti tradizionali americani, irlandesi e
islandesi, canti negro-spirituals,
canti africani, ballate medievali,
brani dell’America anni ’70, rock
e country. L’esecuzione dei brani è
stata completata da una delicata,
e forte al tempo stesso, drammatizzazione sul tema: “L’atroce realtà dei bambini-soldato”. Siamo
consapevoli di aver affrontato un
tema molto difficile e delicato, ma
siamo anche certi di aver toccato
tanti cuori. Ora, dopo un intenso
anno di lavoro, il nostro ultimo repertorio! Il CD “Joc De Leagane”.
3-Da chi è formato il coro?
Siamo ragazzi tra i sedici e i venti
anni. Ci unisce la passione per il
canto, l’intrigante fascino degli in-
trecci vocali, il bello dello stare insieme, la voglia di affrontare temi
importanti e spesso trascurati.
4-Cosa vi ha spinto a fare il nuovo
cd?
Il desiderio di tuffarci nella storia
di due popoli affascinanti e particolarmente ricchi di luci e di ombre: gli Ebrei e gli Zingari. Il nostro
CD “Joc De Leagane” è, per noi, un
viaggio interiore alla scoperta di se
stessi. È un dolce e passionale abbraccio itinerante attraverso i canti
ebraici, israeliani, yiddish, sefarditi, balcanici e klezmer.
Contiene 18 brani di musica etnica: canti tradizionali, di origine
17
antichissima, eseguiti sia in forma solistica che polifonica: a
due, tre e quattro voci. La rielaborazione vocale e strumentale,
curata in modo semplice e raffinato, è affidata alla freschezza
di noi ragazzi, i protagonisti del
Progetto “Les Choristes”. È un
lavoro delicato e passionale,
dolce e meditativo, intimo e
travolgente!
Le tracce:
Joc De Leagane - Romanian
Folk Song
Erev Shel Shoshanim - Popular Poetic Hebrew
Durme Durme - Sephardic
Song
Tumbalalaika - Russian
Jewish Song in the Yiddish
language
Jaan Läeb Jaanitulele - Popular Estonian Song
Trugnala Rumjana - Bulgarian Traditional
Rumelaj - Romanian Folk Song
Papirosen - Yiddish Russian
Belz - Yiddish Song
Bublitschki - Yiddish Russian
Folk Song
La Rosa Enflorece - Jewish/Spanish (Sephardic) Song
Dodi Li - Israeli Folk
Yerushalaim Shel Zahav - Popular Israeli Song
Ma Navu - Jewish Hymn
Dona Dona - Hebrew Song
Rad Halaila - Hebrew Traditional Song
Sto Mi e Milo - Macedonian
Folk Song
Trece-Un Nouras Pe Sus - Ro-
Bimensile,
X uscita
31 maggio 2012
manian Folk Song
5-Quanta importanza ha il progetto, e cosa ne pensate dei vari Paesi
di cui cantate le melodie?
È un lavoro che rappresenta il nostro cammino artistico e musicale,
ma anche il nostro cammino interiore, il cui significato abbiamo
voluto racchiudere nelle parole
della meravigliosa poesia di Charles Baudelaire, scritta in copertina:
Lo straniero
«Dimmi, enigmatico uomo, chi
ami di più? Tuo padre, tua madre,
tua sorella o tuo fratello?
- Non ho né padre, né madre, né
sorella, né fratello.
- I tuoi amici?
- Usate una parola il cui senso
mi è rimasto fino ad oggi sconosciuto.
- La patria?
- Non so sotto quale latitudine
si trovi.
-La bellezza?
L’amerei volentieri, ma dea e
immortale.
- L’oro?
- Lo odio come voi odiate Dio.
- Ma allora che cosa ami, meraviglioso straniero?
- Amo le nuvole... Le nuvole che
passano... laggiù... Le meravigliose nuvole!»
I brani contenuti nel CD narrano la storia dei Paesi a cui essi
sono legati: terre affascinanti e
misteriose, dolci e forti. Narrano
la storia di un popolo che conosce il dolore e le sofferenze, ma
che non perde mai la speranza e
che non conosce l’odio.
Una storia che abbiamo voluto
scoprire e raccontare attraverso
la loro stessa musica: una musica che può riempire di malinconia, poiché affonda le sue radici
in una patria lontana, simbolo di
desiderio mai appagato di ritorno; così come può essere piena di
allegria, perché sa guardare ironicamente la vita di cui le varie
sfaccettature diventano altrettante piccole storie, tante tappe lungo questo interminabile viaggio.
Intervista ai Folkstone
Folkstone : Quattro chiacchiere con Lore e Maurizio
concesso! Siamo i Folkstone da
Bergamo, una marmaglia di 9
elementi che bazzica per l’Italia
dal 2004 proponendo un rockmetal misto a sonorità e strumenti di estrazione medievale
come cornamuse, arpa, bombarde, flauti, ghironda, ecc…
-di Fedra Fiorentini e
Dalila Di Maria
In occasione della loro ultima data
a Roma, il 20 Aprile di quest’anno,
abbiamo avuto modo di incontrare i simpatici membri della band
e fare la loro conoscenza. Gentilissimi Lore e Maurizio ci hanno
concesso questa intervista, graditio regalo per quanti già li seguono
ma anche per tutti gli amanti altri
del genere che hanno modo così di
ampliare le proprie vedute musicali.
Ciao ragazzi, e benvenuti sulle
pagine del Vox Kantis!
Cominciamo subito con le domande…
Prima di tutto vi chiederei una
breve presentazione, per i ragazzi
che non vi conoscono!
Lore: Ciao a voi e grazie dello spazio
18
Sono anni che girovagate per
concerti all’Italia e all’estero e si può dire che siete un
gruppo affermato e piuttosto
conosciuto ormai. Vi va di
raccontarci come si è formato
il gruppo e la sua crescita durante tutto questo tempo?
Bimensile,
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31 maggio 2012
Lore: Bhe l’idea Folkstone è nata
un po’ per scherzo verso fine 2004
davanti alla solita “pinta di troppo”. Dopo quasi 8 anni, del primo
nucleo siamo rimasti in 5 irreducibili: io, Roby, Teo e Andrea e Yonatan, il nostro produttore e fonico
(gli altri hanno deciso di dedicarsi ad attività più sane, risate ndr).
Arrivando un po’ tutti dallo scenario rock/metal, c’era chi già sapeva
suonare qualcosa, ma per quanto
riguarda gli strumenti tradizionali (cornamuse, bombarde, ecc…)
siamo tutti partiti da lì, da autodidatti. Abbiamo iniziato a
stendere le nostre idee e suonare
in giro, finché nel 2007 ci siamo
buttati nella produzione della
prima demo e, un anno dopo,
dell’album di debutto.
Maurizio: Cornamuse medievali europee e italiane (come i “baghèt” tipici delle nostre valli),
bombarde (c’è chi li chiama pifferi o rauschpfeifes) e arpa celtica sono i primi strumenti “folk” ad
aver fatto la loro comparsa sin dai
primi lavori; mentre tra il 2010 e
il 2012, insieme a nuovi musicisti
abbiamo inserito bouzouki e whistle irlandesi, cittern medievale e
ghironda, e non è ancora finita…!
Come musicisti ci piace “sperimentare” e proporre sempre nuove
sonorità, rende tutto più divertente anche a noi!
Come mai la scelta di unire strumenti folkloristici come cornamuse, arpa e flauti alle sonorità
più “dure” tipiche del rock e del
metal? Ci sono stati dei gruppi in
particolare che vi hanno ispirato?
E voi come definireste il vostro genere?
Lore: certo, per quanto riguarda la
componente “folk” siamo sempre
stati appassionati di certe sonorità
e formazioni straniere che proponevano qualcosa del genere già da
metà anni ’90. Qualche nome…
Schelmish, In Extremo, Corvus Corax. Poi per quanto riguarda la componente “elettrica”, ognuno ha portato la sua buona dose di influenze:
dal thrash al crossover, dal classico
heavy metal al rock italiano e straniero. Poi, per dire, il nostro fonico e produttore Yonatan fa musica
elettronica, io sono sempre stato
appassionato di Guccini! Quindi,
per farti capire, un bel mix di generi
ed influenze, che si riflette poi sulla
nostra proposta, altrettanto eterogenea.
Maurizio: etichettare una band con
un nome è sempre una questione
controversa… Ci hanno sempre infilati sotto l’ala del “folk metal”. In
Europa, dove il genere è nato, c’è un
concetto di “folk metal” dal quale effettivamente distiamo, specialmente
se pensiamo alle tematiche dei no-
19
stri brani.. Facciamo largo uso
di doppia cassa, sì, basso e chitarre distorte, così come adoriamo suonare in set acustico
(tanto da aver prodotto un raccolta, “Sgangogatt” del 2011)…
Sull’ultimo CD ci sono almeno 2 ballad e altrettanti “midtempo”, che sono tutto fuorché
metal! La trovo assolutamente
riduttiva come etichetta. Ultimamente ci piace il termine
“Medieval Rock”, che vuol dire
tutto e niente se ci pensi (per le
case discografiche anche Laura Pausini fa rock!), ma alla
fine è proprio questo il bello.
Ognuno coglie qualcosa di
diverso nella nostra musica e
nei nostri spettacoli, dal punk
in mezzo al pogo, al papà con
figliolo in spalle in parte al
palco o alla signora di mezza età col booklet in mano in
fondo al locale... E questo nella musica è molto importante
secondo me.
C’è stato un evidente cambiamento tra “Il Confine” e i
vostri lavori precedenti: un
sound più cupo, tematiche più
mature, e la quasi totale scomparsa delle canzoni “da taverna” che avevano caratterizzato “Folkstone” e “Damnati ad
Metalla”. A cos’è dovuta questa
“evoluzione”?
Lore: un’evoluzione naturale diciamo, non ci siamo messi a tavolino a decidere nulla. Si cambia e si matura inevitabilmente
nel corso degli anni, sia sotto
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31 maggio 2012
l’aspetto artistico che personale,
è un percorso assolutamente naturale! Anche tra i primi due album se ci pensi ci sono svariate
differenze, e c’è chi le ha accolte
in modo positivo e chi invece non
le ha apprezzate, capita per quasi
ogni album.
Maurizio: personalmente credo
sia più probabile che un artista
che sforna due album troppo simili lo faccia in modo forzato..
Perché? Forse per non allontanarsi dallo stile precedente, per avere
la garanzia che i fan continuino
a comprare, non di certo perché
non abbia nulla di nuovo da dire
o “confini” da oltrepassare.
Scelta curiosa quella di non
affidarsi a nessuna casa discografica per la produzione de “Il
Confine”, ma di farvi produrre
dai fans che si son fidati di voi
e hanno acquistato il CD in prevendita, aiutandovi con le spese
per la produzine del CD. Come
mai questa coraggiosa decisione, che tra l’altro ha avuto un riscontro decisamente positivo da
parte dei fans?
Lore: sì, circa 400 fans che ci teniamo ogni volta a ricordare e
ringraziare! E’ stata un po’ una
sfida, che alla fine ha consolidato
il rapporto che c’è tra noi e i nostri
supporter più stretti. Certamente,
il rischio più grande era che il CD
non piacesse... Noi abbiamo pensato a fare del nostro meglio, “o la
và o la spacca” come si suol dire,
e alla fine ne è valsa la pena davvero!
Maurizio: non essere vincolati al
nome, alla produzione e al portafogli di un’etichetta discografica
significa in poche parole essere
indipendenti, avere libertà e carta
bianca su ogni aspetto e permette
all’artista di cogliere per sé i frutti
del proprio lavoro, o naturalmente subirne le sconfitte. Nel magro e
“imprenditoriale” scenario discografico odierno autoprodursi un
album non è affatto cosa facile e
non ti dà alcuna garanzia, ma se si
ha le possibilità per farlo non vedo
perché non azzardare!
Oltre ai tre CD “ufficiali”, avete
lavorato con successo ad un album che ripropone vecchie canzoni medievali rivedute e suonate da voi durante i vostri concerti
acustici. Che tipo di ambiente
trovate durante queste esibizioni? Il pubblico è diverso rispetto
alle vostre esibizioni in elettrico? E
quali sono le principali differenze
tra i vostri spettacoli in elettrico e
in acustico?
Maurizio: ci tengo a parlarti dell’aspetto peculiare di un nostro spettacolo in acustico, secondo me,
aldilà delle ovvie differenze con un
live in elettrico (strumenti acustici,
giochi di fuoco, musica ballabile,
ecc…): ti parlo del contatto diretto con gli spettatori. Nella maggior parte dei casi non abbiamo
di fronte persone che conoscono
e cantano i nostri pezzi (con quali
parole poi?) e si tratta di comunissimi passanti di qualsiasi età che
ci notano per caso. Incuriosire,
interagire, muoversi insieme a un
20
pubblico “improvvisato”, che non
è accorso sul posto perché ti conosceva ma spinto dalla curiosità
e dal caso, è un’emozione molto
particolare. Senza contare che
difficilmente suoniamo in acustico su palco: siamo sullo stesso
livello, sullo stesso “piano” dei
nostri ascoltatori, non so se ti è
mai capitata una situazione del
genere, ma si crea tutto un altro
genere di interazione rispetto a
un canonico live su palco!
Ultima domanda: Se chiedessi a ognuno di voi di scegliere
tra tutte le canzoni dei Fokstone quella che vi piace di più, o
quella a cui siete più legati…
Quale sarebbe e perché?
Maurizio: personalmente ci tengo a citare Frammenti de Il Confine. Robi, senza saperlo, ha steso
un testo che si collega al particolare periodo in cui ho scritto la
musica. Ha fatto strike!
Lore: Mah, siamo legati un po’
a tutti i brani… E’ difficile sceglierne uno come preferito! C’è
da dire che uno dei pezzi è una
sorta di autodedica: “Omnia
Fert Aetas” dall’ultimo album “Il
Confine”. Questo brano infatti
racconta di “raminghi artisti che
portano il loro spettacolo sulle
strade, mentre il tempo passa e
porta tutto con sé...consci in fondo che tutto scorra anche senza
loro...” e in studio l’abbiamo registrato cantandolo tutti insieme.
È tutto, grazie mille per la disponibilità! Speriamo di rivedervi
Bimensile,
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31 maggio 2012
La morte di Lucio Dalla
-di Martina Musumeci
L’1 Marzo 2012 è morto Lucio
Dalla, uno dei più grandi cantautori della storia della musica
italiana, all’età di 68 anni. La sua
vita da cantautore è stata stroncata da un infarto.
La sua morte è stata uno shock
per tutti, perché, almeno personalmente, reputo
simili personalità immortali, e vedere morire così, da un giorno
ad un altro, fa crollare
quell’alone di mistero che si crea attorno
a queste personalità,
facendoci credere che
siano diversi da noi,
quando, invece, non
è così.
La sua ultima, quasi
recente, comparsa in
televisione è stata a
Sanremo 2012, dove
ha accompagnato un
nuovo talento uscito
da un Talent Show.
Ha scritto la sua ultima canzone,
‘Nanì’, proprio per questa occasione.
La sua personalità si scopriva
giocosa e allo stesso tempo assai
sensibile in canzone come “Attenti al lupo” o “Caruso”! Proprio
questa sua voglia di vivere ha
fatto sì che molte persone trovassero in lui un buon amico, o,
perché no, un compagno di vita.
L’amicizia e l’amore, infatti, sono
state, per Lucio Dalla, due cose
fondamentali nella sua vita e lo
hanno legato, come amico, a molte
persone, alcune delle quali a causa del dolore si sono rifiutate di
partecipare al funerale, e lo hanno
legato in amore al suo compagno,
che, nonostante l’enorme dolore
provocato dalla sua morte, ha deciso di dare l’ultimo saluto all’amato,
lasciando così trapelare la notizia
della loro omosessualità!
In tutto ciò, però, vorrei fermare
la vostra attenzione principalmente sul fatto che il sacerdote, che ha
tenuto la cerimonia funebre, ha
tranquillamente “scambiato quattro chiacchiere” con il compagno
di Lucio Dalla. Questa cosa ha at-
21
tirato l’attenzione di molto, per la
sua equivocità! Sappiamo infatti
che la Chiesa da secoli discrimina l’omosessualità, andando
contro gli stessi principi dettati
da Dio, il quale ha detto di amare
il nostro prossimo, senza preoccuparsi delle sue caratteristiche
fisiche o morali, del sesso e della
religione. Cosa
sarà stato il gesto del sacerdote,
forse una nuova
testimonianza di
discriminazione
sociale o un’apertura verso il
diverso, dal momento che sembra che i pregiudizi svaniscano,
quando si tratta
di
personalità
importanti?
E, alla fine, nonostante questo fatto, penso che tutti ricorderanno
Lucio Dalla per tutte le canzoni e
le emozioni che ha regalato.
Bimensile,
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31 maggio 2012
Qualche verso tra una testata e l’altra
Rubriche
- di Chiara De Felici
Cari lettori,per quest’ultima uscita della nosta rubrica vi propongo,sperando che vi sia piaciuta, alcuni versi
di una poesia di Pablo Neruda,”La poesia”, che non potrebbe riassumere meglio il significato della rubrica
e della poesia stessa. Chi è Pablo Neruda? Neftalì Ricardo Reyes nasce a Parral il 2 luglio 1904. L’ostilità del
padre alla sua attività poetica lo spinge ad usare pseudonimi, tra cui Pablo Neruda è l’ultimo e definitivo.
Nella vita conosce persone illustri, come Gabriela Mistal (prima donna sudamericana a vincere il nobel
per la letteratura) e Gandhi. Ha una vita politica ativissima
e muore nel 1973. Nelle sue poesie Neruda canta l’amore,la
vita degli uomini, le terre e l’impegno civile.
La poesia
E fu a quell’età... Venne la poesia
a cercarmi. Non so, non so da dove
uscì, da quale inverno o fiume.
Non so come nè quando,
no, non erano voci, non erano
parole nè silenzio,
ma da una strada mi chiamava,
dai rami della notte,
all’improvviso tra gli altri
tra fuochi violenti o mentre rincasavo solo
era lì senzavolto
e mi toccava.
Con questi versi Pablo Neruda ci dice come è nata la sua passione: la poesia,come una persona, una donna,
l’ha chiamato all’improvviso e da quel momento essa ha fatto parte do lui, lo toccava. Da queste parole ci
viene in mente l’immagine di un uomo, solo per la strada, spaesato ed anche un pò spaventato, che si sente
chiamare da qulcosa più grande di lui, da una passione.
Ed è proprio così: quando nasce in noi una passione, che sia la poesia o qualcos’altro, ne siamo catturati e
possiamo solo arrenderci. Chi di noi non ha qualcosa che lo fa stare bene e lo rende felice, come scrivere,fare
uno sport, disegnare o tante altre cose? Sono queste cose a darci forza quando ci sentiamo a terra e per le
quali lottiamo. Quando scrivo o leggo una posia io mi sento veramente me stessa. Da piccola anche io come
molti pensavo che le poesie fossero noiose, perchè le credevo solo un obbligo scolastico; poi però, verso
dopo verso, poeta dopo poeta, ho capito quanto fosse travolgente leggere una poesia, specie di autori contemporanei, perchè le impressioni, le paure, le gioie del poeta, leggendo, diventano un pò anche le nostre.
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Possiamo quindi viaggiare, fare esperienze, esplorare la mente umana, restando sul nostro divano. Aristotele diceva che l’artista è colui che ci fa entrare in un mondo e ce lo fa sentire nostro,cosa che non potrebbe
essere più vera,basti pensare a quando ascoltiamo una canzone o guardiamo un film. Con questa rubrica
ho cercato di farvi entrare nel mondo della poesia, troppo spesso giudicato noioso e da “sfigati”. La verità è
che quando abbiamo una passione non ci importa quali siano i giudizi degli altri o i sacrifici che dovremo
fare per portarla avanti: nessun orario, nessun impegno può fermarci. Molti di noi, pur di praticare lo sport
che amano da una vita, rinunciano ad uscire con gli amici o si riducono a studiare dopo cena. Sono tanti
i sacrifici che deve affrontare un atleta, una ballerina o uno scrittore, ma una forza, la stessa forza che ha
catturato Neruda, ci aiuta a non arrenderci. Perciò, se anche voi avete una passione, una “vocazione” che,
come dice il poeta, vi chiama all’improvviso tra gli altri, allora non tiratevi indietro. Io, come avrete capito,
ho trovato la mia, e voi?
Detto questo, vi lascio con alcuni versi della poetessa Wislawa Szymborska, tratti dalla poesia “Ad alcuni
piace la poesia”: “La poesia, ma cos’è mai la poesia? Ma io non lo so, non lo so e mi aggrappo a questo come
all’ancora di un corrimano”.
Il Vangelo secondo
Matteo, di Pasolini
-di Lorena Urucu
Erano gli anni ‘60 quando
Pier Paolo Pasolini girò il film
“Il vangelo secondo Matteo”,
seguendo fedelmente l’omonimo vangelo, dove viene narrata la vita di Cristo, dalla predicazione alla morte in croce,
ed infine la resurrezione, oltre
all’annunciazione e alla fuga
in Egitto di Maria, Giuseppe e
il piccolo Gesù ( episodi legati
alle figura di Cristo, ma non
strettamente alla sua predicazione).
Strano che un marxista, quin-
di poco incline alla religiosità cristiana, realizzi un film del genere, ma non
può negare il modello racchiuso in
questa figura.
“Sono un marxista che sceglie soggetti
religiosi. Questa è bella! Esiste adesso
anche un monopolio sulla religione?”,
dice Pier Paolo. E con queste parole, e
tenendo presente il significato di ‘religioso’ che emerge da alcuni discorsi, non sembra più sostenibile che il
ricorrere a temi relativi alla religione,
pur continuando a vedere il mondo
secondo il punto di vista di Marx o di
Gramsci, sia una contraddizione.
Infatti Pasolini, come dice lui stesso,
alla fine della lettura di questo vangelo, iniziato per noia, ha sentito “il
bisogno di fare qualcosa”. Non poteva
restare indifferente: Gesù è una figura
che “dovrebbe avere la stessa violenza
di una resistenza”.
Come lui, anche questa figura, così
antica ma allo stesso tempo così nuova, è il simbolo della ribellione.
Come fa ad esserlo?
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Recensioni
Perché è “qualcosa che” contraddice ”radicalmente la
vita come si sta configurando
all’uomo moderno, la sua grigia orgia di cinismo, ironia,
brutalità pratica, compromesso, conformismo, glorificazione della propria identità nei
connotati della massa, odio
per ogni diversità, rancore teologico senza religione.”
Qualcosa suggeriva a Pasolini
che vi erano alcuni aspetti in
comune fra se stesso e Cristo:
entrambi si rivolgevano con
forza ai loro contemporanei,
entrambi ebbero chi li seguì,
entrambi infine furono perseguitati dalla giustizia.
Se Gesù parlava dell’amore,
della pace, del rispetto, mentre Pier Paolo, assimilando
questi valori, ne aggiunge altri: il modo di organizzare la
vita di quel mondo immutabile, naturale, contadino, dialet-
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31 maggio 2012
tale ed umanistico che scoprì
in Friuli durante la Resistenza, che rappresentava ciò che
l’Italia esprimeva attraverso la
sua lunga storia cattolica; ora
vedeva avvicinarsi alla morte
a causa dell’avanzare dell’industrializzazione
assoluta,
diventando quello che oggi
chiamiamo globalizzazione.
Ecco il motivo della realizzazione di questo film, che
seppur in bianco e nero e non
dotato degli effetti speciali a
cui siamo ormai abituati, alla
velocità delle azioni dei personaggi, l’attenzione alle parole
pronunciate; esso ha un forte
impatto sullo spettatore.
Gli attori, presi tra il popolo,
ma anche tra amici letterati
o borghesi, e persino la stessa madre, Susanna Pasolini,
esprimono non solo attraverso le parole, ma anche attraverso i gesti semplici, il messaggio del regista. Nulla era
la sua intenzione di realizzare
due ore di cathechismo.
Pasolini desiderava inoltre,
che nella società in cui viveva, ci fosse una trasparenza ed
una comunicabilità che non
erano presenti, nonostante
l’avvento degli strumenti di
comunicazione di massa.
Nulla di nuovo sotto il sole,
solo che alcuni potrebbero essere più sensibili degli altri.
“Voi siete il sale del mondo;
ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrò
render salato?”
Sette anime, di Muccino
.di Lorena Urucu
“Sì, pronto?”
“C’è una emergenza!”
“Di che si tratta?”
“C’è stato un suicidio!”
“Chi è la vittima?”
“Io”
Del 2008, il film di Gabriele
Muccino che vede di nuovo la
collaborazione con Will Smith
(ve lo ricordate in “La ricerca
della felicità”?), nei panni di Tim
Thomas, che in realtà si spaccia
per suo fratello Ben.
A causa del suo passato, motivo
di costante tormento,Tim cerca sette persone a cui cambiare
la vita, ma questo cambiamento
avverà con il dono più grande: la
sua di vita.
Ma questo sacrificio deve valere
la pena: le persone se lo devono
meritare. Saranno quindi messe
alla prova, senza nemmeno saperlo.
E’ un film che parla di vita, di
morte, di amore, e tutte e tre le
cose sono collegate dal fatto che
prevendono tutte il donarsi.
“Non stavo così bene da un sacco di tempo.
24
Vorrei fare tante di quelle cose.
Vorrei volare per 13 ore senza l’angoscia di pensare di essere lontana dal
mio medico.
Prendere e partire.. zaino in spalla e
via, pronta a fare esperienze..., a vedere
il mondo.
Vorrei avere solo il tempo di.... capire
chi sono, capire cosa mi piace...
Provare cose, cambiarle, lasciarmi andare ogni tanto.
Non sai quanto vorrei poi provare a
correre...
A volte poi penso a come sarebbe se....
se potessi... CORRERE.”-Emily
Tim non cambierà la sua scelta, nemmeno quando si innamora di Emiliy,
una delle sette persone che aiuterà.
Muccino ha scelto bene il cast (in particolar modo Will Smith-Tim-, Rosario Dawson -Emily-e Woody Harrelson). Non poteva essere più espressivo,
naturale e coinvolgente.
Vampire Diaries (serie tv)
la, incontra Stefan Salvatore, un
vampiro. La loro storia d’amore è
stravolta, quando Elena scopre che
lui è un vampiro e che lo è anche
suo fratello, Damon: la differenza
tra i due fratelli è che il primo ha
una coscienza e si nutre soltanto di
animale, mentre il secondo nasconde la sua umanità.
Per completare il quadro sovrannaturale, la migliore amica di Elena,
Bonnie, è una strega.
Una volta che la storia tra Stefan ed
Elena è tornata alla normalità, lei
scopre di essere identica a Katherine Pierce, la vampira che nel 1864
trasformò i due fratelli; inoltre, le
viene rivelato che lei è stata adottata.
La serie, andata in onda in America sulla CW nel settembre 2009,
ha riscosso un enorme successo ed
ha ricevuto un ottima accoglienza, vincendo due People Choice
Awards uno nel 2010 ed uno nel
2012 e dodici Teen Choice Awards
sette nel 2010, cinque nel 2011.
In Italia la prima serie è andata in
onda su Mya dal 3 Febbraio al 30
Giugno 2010, la seconda dall’ 11
Ottobre al 20 Dicembre 2011. Dal
7 Giugno 2012 andrà in onda la
terza serie.
I vampiri arrivano sul piccolo schermo, con u la serie The Vampire Diaries, basata sull’omonima collana di libri
di Lisa Jane Smith.
Protagonista della serie (e dei romanzi) è Elena Gilbert, una normale
ragazza, che vive a Mystic Falls, in
Virginia. La sua vita viene stravolta
quando, il primo giorno di scuo-
Young the giant
-di Alice Casalvieri
-di Andrea Cecchini
appassionante, nonostante, o
forse proprio a causa, della sua
15 sono le tracce, incluse le 3
tranquillità. Per non parlabonus tracks, attraverso le quali
questa band californiana è appro- re, ancora, di “St. Walker” e
dell’aura di mistero che avvoldata in Italia. Precedentemente
ge l’intera canzone, grazie alle
conosciuti come ‘The Jakes’, i
‘Young the Giant’ compongono e parole, ma, soprattutto, alla
scrivono canzoni dai testi rilevan- musica.
Inoltre, al concerto, la band ha
ti, la cui importanza non è forse
presentato canzoni del proscomprensibile al primo ascolto.
simo album, tra cui ho avuto
Coinvolgente, la loro musica è
il piacere di porre particolare
fatta per lanciare un messaggio,
attenzione a “Camera”, che
ed è ancora più coinvolgente
credo rispecchi perfettamente
live. Infatti, si sono ultimamente
esibiti in un concerto nella nostra il coinvolgimento che caratterizza anche l’intero album
città.
“Young The Giant”.
L’album si apre con il singolo
‘Apartment’, che mostra da subito
le doti canore del vocalist Sameer
Gandhia. Seconda è “My Body”,
altro singolo, che, a quanto riporta lo stesso cantante, è nata in
circa 10 minuti dalla frustrazione provata dalla band dopo una
giornata particolarmente dura.
In effetti, la canzone trasmette
esattamente quella lotta interiore
che situazioni difficili ti portano
ad affrontare.
Un altro brano significativo è la
probabilmente molto più conosciuta “Cough Syrup”, scritta
dalla band quando ancora doveva
sfondare. La canzone è un vero e
proprio grido di aiuto, ed il suo
successo è forse dovuto alla facilità con cui, soprattutto i giovani,
riescono ad immedesimarsi in
essa, sentendosi parte di ogni
parola ed ogni nota.
Ancor più degna di attenzione
è, “Strings”. Una canzone che dal
vivo dà ancor di più, il ritmo è
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31 maggio 2012
Racconti
Si può fare!
-di Francesca Cicetti
Il celebre pittore Gustav Foller era morto da appena un mese eppure il valore delle sue opere era
già schizzato alle stelle. I suoi quadri erano veduti
per cifre a dodici zeri, e altrettanto preziosi erano considerati i suoi schizzi, le sue carte, i suoi
album, persino i suoi fazzoletti per il naso o qualunque dannata cosa su cui Foller avesse anche
solo posato lo sguardo.
Il professor John Hammer, nel silenzio del suo
studio, era entusiasta di tutto ciò. Era il più illustre studioso dell’opera di Foller e da settimane
non faceva che trottare in giro tra sale e musei,
elargendo i propri giudizi dietro lauto compenso.
In effetti, non aveva motivo di dispiacersi della
morte del pittore, dal momento che quest’ultima
non aveva fatto che portargli benefici: in poco
tempo aveva guadagnato abbastanza da permettersi un attico a Manhattan ed uno all’ombra della
Tour Eiffel.
- Professor Hammer, un tale che dice di chiamarsi Frank Olsen ha appena telefonato domandando se lei può riceverlo ora.
La voce solenne dell’ossuta segretaria lo risvegliò dalle sue fantasie sonnacchiose.
- Sono quasi le venti, Amanda, gli dica di passare domani.
- L’ho fatto, signore, ma insiste a dire che è importante.
Hammer si sistemò sulla sua poltrona in pelle.
In fondo era così di buonumore che neppure quel
contrattempo poteva guastare la sua giornata.
- E va bene, gli dica che lo aspetterò.
Amanda sparì e si chiuse la porta alle spalle,
lasciandosi dietro una scia di colonia scadente.
Hammer arricciò il naso: non tollerava la sciatteria, ma era disposto a perdonarla ad una solerte
segretaria.
- Amanda?
26
- Sì, professor Hammer?
- Quell’uomo… ha detto cosa vuole?
- Desidera parlare con lei solamente, signore.
Hammer, stranamente, se lo aspettava. Con
un’alzata di spalle congedò di nuovo la donna
e posò gli occhi sulle carte a cui aveva lavorato
l’intera giornata. Quasi tutto era pronto per l’esposizione internazionale da lui promossa che
avrebbe raccolto ogni singola opera di Gustav
Foller. Era un evento di straordinaria importanza ed Hammer aveva programmato ogni
passo con precisione maniacale. Non lo faceva
per denaro, dopotutto si considerava un fine
intenditore, superiore a qualsiasi venalità, ma
piuttosto perché lui era e sarebbe sempre stato il più illustre ed appassionato estimatore di
Foller. Semplicemente, Hammer lo idolatrava,
ne apprezzava ogni singola opera e conosceva
con estrema accuratezza ogni sua pennellata,
schizzo o disegno. Foller era la sua passione, ed
ora che era morto era una passione che valeva
svariati miliardi.
Il suo telefono squillò brevemente e la segretaria attivò la comunicazione interna.
- Il signor Russell per lei, signore.
- Passamelo pure, Amanda.
Per una manciata di secondi attese, infine udì
una rauca voce familiare.
- John, per l’amor del cielo, non torni mai a
casa, tu?
- Ho un ultimo appuntamento prima di staccare. Come vanno le cose, George?
- Non mi lamento, - rispose George Russell, Tra una settimana l’esposizione aprirà, ed io ho
appena parlato con Connor, il proprietario del
museo.
- Cosa dice? – domandò stancamente Hammer.
- Che è soddisfatto del nostro lavoro e la mo-
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31 maggio 2012
stra gli interessa, ma che manca qualcosa.
Il professore si mise più dritto: - In che senso? Non
capisco.
- Ma sì, ma sì, - fece l’altro in tono sbrigativo, - Dice
che ci vorrebbe un pezzo forte.
- ‘La fanciulla e il dragone’ non va bene come pezzo
forte? È l’opera più celebre di Foller!
- Certo, certo, ma quello che ci vorrebbe, ecco... –
Russell sembrava vagamente a disagio, - Quello che
ci vorrebbe, secondo Connor, è un inedito.
- Un inedito? – chiese Hammer stupito.
- Un inedito, un quadro mai visto prima, mai esposto.
- Ma Cristo Santo, Foller è morto, dove lo andiamo
a prendere un inedito?
Russell assunse un tono conciliante: - Gliel’ho detto
anche io. Dove lo troviamo un inedito, visto che il
pittore ha tirato le cuoia? Ma Connor insiste… Cielo,
John, non dobbiamo far altro che pescare un qualunque scarabocchio e metterlo lì, al posto d’onore, sono
sicuro che tu puoi riuscirci…
Hammer si sentì avvampare. In un istante non riuscì più a comprendere come solo un minuto prima
avesse potuto essere così di buonumore.
- Non si può fare.
- Ma sì che si può, John!
- No, George, non si può!
- Sii ragionevole! Se non ci sforzeremo di trovare
un’opera ancora mai vista, Connor chiederà a qualcun altro, il quale si prenderà il merito dell’intera
esposizione. Tutta la nostra fatica sarà stata inutile,
tutto il nostro lavoro andrà in fumo…
- Tutto il mio lavoro, intendi, George, – ringhiò lui,
e con un colpo secco riappese il ricevitore.
Amanda, dall’altra stanza, doveva aver sentito il
baccano, ma ebbe l’accortezza di non intromettersi
e restare alla sua scrivania. Il professor Hammer era
furente. Il suo lavoro per riunire le opere di Foller
era stato eccellente, eppure non sembrava bastare. Il
disappunto lo fece scattare in piedi ed era di fronte
alla finestra quando la segretaria, timidamente, socchiuse la porta.
- Professore, è arrivato il signor Olsen.
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- Chi? – ruggì lui.
- Il signor Olsen. Ha telefonato prima, si ricorda? – rispose Amanda a bassa voce.
- Ah, sì… - fece Hammer, - Lo faccia accomodare.
Non dovette attendere molto che un ometto
rachitico fece la sua comparsa con il cappello in
mano, avanzando a lenti passettini.
- Permesso?
- Ma sì, si accomodi, - rispose bruscamente
Hammer.
- Mi scusi per l’ora, è una questione alquanto
importante, - pigolò Olsen.
- Mi dica, allora.
Frank Olsen non parve far caso al suo tono irritato e si sedette sulla sedia di fronte alla scrivania.
- So che lei è uno studioso dell’opera di Gustav
Foller. Il migliore, dicono, - esordì.
- Sono uno storico dell’arte, sì, - ringhiò lui, con
poco tatto.
- Vorrei che quello che sto per dirle restasse tra
noi.
- Accordato, - disse Hammer, sedendosi a sua
volta.
Olsen si schiarì la voce: - Io ho un’opera di Foller da mostrarle. Vorrei che lei mi dicesse cosa ne
pensa. Sa, io sono solo, non mi resta che questa
consolazione, nella vita…
D’improvviso il cuore di Hammer saltò alcuni
battiti: - Un’opera di Foller?
- Sì, - disse Olsen, - Della cui esistenza nessuno,
eccetto noi due, è a conoscenza.
Il professore scattò in piedi, lo sguardo colmo
di eccitazione.
- Allora andiamo! Mi porti a vederla subito!
- Non ce ne sarà bisogno, - rispose l’altro, - La
ho qui con me.
- Qui? – domandò lui, - Ma dove…?
Lentamente Frank Olsen si sfilò la giacca, poi
iniziò a sbottonare la camicia ed infine rimase a
torso nudo, lì, nel mezzo del suo ufficio.
- Ora capisce come mai ho voluto tenere segreta
quest’opera, professore?
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Olsen si era voltato, e sulla sua schiena, a partire
dalla base del collo per finire dopo l’ultima vertebra, un enorme tatuaggio raffigurava un serpente
volante circondato da volute di fuoco.
- E questo cosa dovrebbe significare? – chiese
Hammer.
- Si avvicini, lo esamini. È autentico, c’è anche la
firma. Questo tatuaggio è stato creato da Gustav
Foller.
Il professore eseguì. Si fece avanti e guardò il
disegno, il tratto, il nome stampato in basso, sul
fianco destro dell’uomo. Non c’erano dubbi: quella era opera di Foller. Era assurdo, eppure era al
tempo stesso meraviglioso. Hammer sorrise.
- Lei è una persona fortunata, signor Olsen, disse, - Non sono in molti a poter vantare una
schiena del genere, - tornò dietro alla scrivania
mentre l’altro si rivestiva, - Ora mi ascolti, io posso fare di lei una celebrità. Tra breve ci sarà una
mostra per commemorare Gustav Foller e stanno
cercando un’opera inedita, un’esclusiva: lei sarà
perfetto, non dovrà far altro che lasciarsi ammirare, venerare, fotografare, e così verrà ricoperto
d’oro. Lei ed io saremo ricchi, ma non solo. Questa è arte sublime, non può restare celata a lungo!
Stranamente, Olsen aggrottò le sopracciglia.
- Temo che lei abbia frainteso, professor Hammer, - disse.
- Come?
- Io non ho intenzione di prestarmi a nulla di
tutto ciò. Amo la mia vita e non diverrò un fenomeno internazionale. Ho mostrato a lei questo
tatuaggio perché mi desse un parere artistico, e
questo è quanto.
Hammer cadde a sedere. Non credeva alle sue
orecchie. Non era possibile che la fortuna gli scivolasse così dalle mani in un momento simile.
- Non capisco.
- Non c’è molto da capire, professore. Non mostrerò ad altri questo tatuaggio. Voglio tenerlo
per me come ricordo del mio vecchio amico Foller, - rispose soavemente l’uomo, stampandosi
sul viso un sorriso conciliante.
- Lei è pazzo, - rispose Hammer, sgranando gli
occhi, - Non capisce quale contributo sia questo
per la storia dell’arte? Non diventerebbe solo ricco,
ma anche immortale!
Olsen scosse la testa: - Mi dispiace deluderla ma
non mi interessa affatto. Quello che desidero è solo
il suo parere di studioso. Allora?
A malincuore il professore rispose: - L’opera è
pregiata, non c’è che dire. Si riconosce il tratto di
Fuller ed il tema sembra una prosecuzione del suo
‘Ciclo del Dragone’.
L’altro sorrise ancora: - La ringrazio. Spero di rivederla presto, allora, e di non averle dato un dispiacere.
- Ma no, no, - rispose lui, e lentamente lo accompagnò all’uscita. Olsen gli strinse la mano ed infine
uscì, chiudendosi la porta alle spalle. Amanda era
già pronta per tornarsene a casa, e anche Hammer
si infilò il cappotto meditando in silenzio. Mugugnò una risposta al saluto della sua segretaria, prese l’ombrello ed uscì sul pianerottolo. In silenzio
chiamò l’ascensore: occupato, così scese le scale
rapidamente, e quando fu in fondo scorse la figura
di Olsen che lo precedeva di qualche metro, già in
strada.
D’improvviso un odio profondo si impadronì
di lui, fissando quella schiena che si allontanava
a passo svelto. Non era giusto, non doveva andare così. Il mondo doveva conoscere l’ultima opera d’arte di Fuller, e quell’ometto rachitico non lo
avrebbe impedito. Insensatamente Hammer iniziò
a correre. Corse, corse e lo raggiunse.
- Signor Olsen?
Si voltò.
- Sì?
Aveva in mano il suo ombrello…
- Un successo, amico mio, un successo, - ripeteva
Russell, che pareva aver ritrovato il sorriso, - Connor è entusiasta, il pubblico è entusiasta! Foller sarebbe fiero del tuo lavoro, John!
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Hammer si schernì agitando una mano.
- E quest’opera inedita! Meravigliosa! Così particolare! Su cosa hai detto che è stata dipinta?
- Pelle di daino, - disse lui con naturalezza.
- Ah, sì, - fece George, - Splendida, - disse, - Un
po’ macabra, in effetti, ma splendida! Avevo ragio-
ne, hai visto, vecchio mio? Un’opera mai esposta si
poteva trovare, e tu ci sei riuscito. Con impegno e
volontà anche l’impossibile si può fare, eh, John?
- Sì, - rispose Hammer, - Si può fare.
Ed entrambi si volsero ad ammirare il serpente
volante circondato da volute di fuoco.
Lo vedo anch’io.
-di Andrea Cecchini
Lì stava lei.
Seduta, su una panchina di marmo. Il vestito rosa
tutto pizzo e merletti che seguiva dolcemente il movimento del vento. La bambina guardava l’orizzonte. Guardava quel mare, che si apriva di fronte a lei,
come fosse un libro pieno di misteri e realtà sconosciute, che non aspettava altro di essere aperto e
sfogliato. La bambina guardava le onde infrangersi
lungo la costa, impotente di fronte alla bellezza che
le si apriva davanti agli occhi.
Ecco, un brivido di freddo ore le percorreva la
schiena, richiamandola prepotentemente alla sua
realtà.
- Tieni – una voce, accanto a lei, le offriva un giacchetto di jeans.
La bambina si voltò e un sorriso più grande di quel
mare che aveva di fronte le accese il volto.
- Tommy! – gridò poi, piena di gioia.
- Non urlare così, o mi spaccherai un timpano –
scherzò il ragazzo.
- Scusa, sono solo felice tu sia qui. Mi sei mancato
– Il brivido di freddo era improvvisamente sparito.
O forse se ne era semplicemente dimenticata.
- Anche tu mi sei mancata, piccola peste. Come
stai?
La bambina non seppe rispondere a quella domanda. Guardò in basso, mosse le gambe che non toccavano terra.
- Cosa c’è che non va? – chiese ancora quella voce
così familiare.
La bambina poté sentirne tutta l’apprensione per
lei, così si decise a fare finta di niente.
- Niente. Va tutto bene. Tu come stai?
- Importa molto poco come sto io. E’ di te che
mi preoccupo. Perché quella faccia? Perché quel
muso? Non mi è mai piaciuto vederti triste, lo sai.
Dimmi cos’hai .
Le lacrime sgorgarono dai grandi occhi azzurri
della bambina. Lei lo guardò, e rivide i suoi stessi occhi in quelli del ragazzo. Chiunque l’aveva
incontrata, da che ricordasse, le aveva detto che
aveva gli occhi di suo fratello. Lo stesso colore, lo
stesso taglio. La stessa quieta espressione di chi è
troppo gentile con tutti.
- Non posso dirtelo – si decise a rispondere poi.
Il suo cuore batteva forte, e avrebbe volentieri distolto nuovamente lo sguardo, ma suo fratello le
era mancato talmente tanto che non si sarebbe
mai perdonata di aver perso anche solo un secondo di quel contatto visivo a cui era stata abituata da piccola.
- Ora sono offeso.
La bambina lo vide incrociare le braccia e fingere
un broncio.
- Oh, non offenderti, per favore. Ti offenderesti
di più se te lo dicessi – si sbrigò subito a spiegare.
Il ragazzo le sorrise, incoraggiante.
- Non mi offenderò, te lo prometto. Dimmi cos’hai in quel piccolo cervello, per favore. Non saperlo mi distrugge.
La bambina scoppiò in lacrime.
- Mi manchi
Il ragazzo sospirò.
- Sono qui accanto a te, come posso mancarti?
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- Promettimi che non te ne andrai mai più.
- Lo prometto.
La bambina avrebbe voluto abbracciarlo, ma
sentì sua madre chiamarla a sé.
Corse da lei. Le lacrime l’avevano abbandonata,
facendo spazio ad un sorriso emozionato.
- Perché sorridi? – chiese la madre, sorridendo
inconsapevolmente anche lei.
- Tommy mi ha promesso che non se ne andrà
mai più.
Lo sguardo della madre scrutò l’orizzonte, come
un riflesso incondizionato. Il sorriso le scompar-
ve dal volto.
- Mamma, perché piangi? Tommy non se ne va
più! L’ha promesso –
La donna diede uno schiaffo alla figlia. Video quel
visino inondarsi di lacrime. Si inchinò verso di lei
e la strinse in un abbraccio, cercando di dare e di
ricevere conforto.
- Se vuoi, lo puoi vedere anche tu, sai? – le disse la
bambina, senza staccarsi dalle sue braccia.
- Lo vedo anche io, tesoro. Lo vedo anche io, anche quando non vorrei.
Scomparsa.
-di Alice Casalvieri
Emily corre sui marciapiedi bagnati dalla pioggia,
consapevole del fatto che dopo pochi minuti non
potrà più sentire alcun rumore, né tanto meno
correre e fuggire. Continua a correre, senza sapere
dove sta andando. Ma tanto cosa importa? Allo
scoccare della mezzanotte di lei non resterà più
traccia, nessuno si ricorderà di lei.
Questo è il suo destino, la sua maledizione.
Emily si ferma, alza lo sguardo e fissa le stelle, quei
piccoli puntini posti nel cielo senza un ordine
fisso. Comincia a contarle.
-Uno, due, tre, quattro..
Sbuffa, poi ricomincia. Tanto non ha niente di
meglio da fare.
-Perderai sempre il filo!- Grida qualcuno.
Emily sta zitta, perché sua madre le ha insegnato
a non parlare con gli sconosciuti. Ma la voce si fa
sempre più vicina.
Lei ricomincia a contare.
-Sai come sono realmente?- Domanda la voce.
Emily è stanca, si allontana il più possibile, ma
pochi secondi dopo torna a guardare il cielo e si
perde. Lei ha sempre amato guardare il cielo, le fa
credere di poter volare.
Si guarda le mani e scopre che le dita sono scom-
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parse: il processo è iniziato.
Scoppia a piangere,
-Stai sparendo!- Grida la voce.
E questa volta, Emily cede e si volta per parlare
con la voce.
-Che cosa vuoi?- Domanda, asciugandosi le lacrime.
-Aiutarti.
-E come?
L’uomo si fa avanti ed Emily indietreggia.
-Non posso fare in modo che tu non sparisca, ma
posso assisterti finché non sarai… sparita.
-Non voglio che qualcuno mi compatisca.
Emily si avvicina e cerca di spingere via l’uomo.
Ma l’uomo sparisce, appena la ragazza lo tocca, e
poi ricompare.
Vorrebbe urlare, ma nessuno le crederebbe e tutti
la prenderebbero per pazza.
-Ragazza impulsiva!- Urla l’uomo, ma poi la guarda e continua a parlarle con un tono dolce: -Non è
compassione, la mia.
-Perché lo fai, allora? Sei un... fantasma! Vai a
spaventare o ad infestare case abbandonate.
-Io sono quello che sarai tu.
Emily lo guarda stupita.
-Cosa intendi?- Domanda.
-Intendo che sarai così, dopo. Esisterai, ma nessuno potrà vederti o parlarti.
-Per quanto tempo?
-Finché le persone che ami non saranno morte.
-Vuoi dire che sarò un angelo custode?
-No! Ti sembra che io abbia le ali?- L’uomo sorride. –Quando sei maledetto e scompari, le persone
si dimenticano di te, una volta scomparso, ma tu
no. È il tuo cuore che ti porta a restare qui sulla
terra.
-E poi?
-Poi, quando tutte le persone, a cui tieni, saranno
morte, le raggiungerai.
-Tu... tu perché sei ancora qui?
L’uomo fissa un punto della strada e dà ad Emily
l’impressione che la domanda lo abbia turbato,
che non ha intenzione di rispondere. Ma poi tutto
cambia.
-Mia moglie e le mie figlie sono ancora qui.
-Non volevo essere sfacciata.
Il silenzio torna padrone della scena ed Emily non
sa più cosa fare. Ha scoperto tutto riguardo il suo
futuro, ma ha ancora una domanda da fare. E,
dopo aver esitato, parla.
-Dopo che.. dopo la mia scomparsa, ci sarà un
momento in cui le persone si ricorderanno di me
e di tutti gli altri?
-Si, c’è un momento: quando un’altra persona sta
scomparendo.
Emily guarda le sue braccia, che ormai non ci
sono più. Il tempo sta scadendo e lei ha sempre
più paura.
Guarda in alto e non riesce più a distinguere le
stelle.
E’ tardi.
-Voglio andare da mia madre.- Ammette.
Comincia a camminare , sempre più veloce, perché alla mezzanotte manca veramente poco.
Suona il campanello.
La madre apre la porta e sorride. L’abbraccia, la
stringe forte e piange, perché sa che quella è l’ulti-
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ma volta che la vede.
Anche Elena, la sorella più piccola di Emily,
abbraccia la sorella, nonostante non sappia per
quale motivo piangono tutte e due.
E poi la mezzanotte arriva. Mentre il corpo di
Emily scompare, la madre vede finalmente l’uomo
davanti a loro. Lo riconosce.
-Tienila d’occhio.- Dice la donna.
-Come sempre.- Risponde l’uomo e si porta una
mano sul cuore.
Poi Emily scompare e tutto viene dimenticato.
-Tienila d’occhio.- Dice la donna.
-Come sempre.- Risponde l’uomo e si porta una
mano sul cuore.
Poi Emily scompare e tutto viene dimenticato.