industria - ARPA Lombardia

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industria - ARPA Lombardia
INDUSTRIA
OBIETTIVI
INDICATORI
Sorvegliare gli effetti ambientali generali dello sviluppo industriale
Indice della produzione industriale
Promuovere il miglioramento delle prestazioni
ambientali dell’industria attraverso l’impegno delle
imprese nell’innovazione tecnologica
Spese per ricerca e sviluppo nel settore industria
Programmare gli interventi di riduzione degli
impatti ambientali in tutte le industrie di dimensioni medio-grandi
Registro INES/EPER: numero di dichiarazioni e attività IPPC dichiarate
Promuovere la riduzione dell’inquinamento atmosferico proveniente dai settori industriali caratterizzati da contributi significativi
Emissioni specifiche dei processi produttivi nell’industria chimica e nell’industria siderurgica
SETTORI
PRODUTTIVI E AMBIENTE
INDUSTRIA
INDUSTRIA
L’industria fornisce lavoro e genera reddito ma, nel contempo, determina pressioni sull’ambiente.
L’inquinamento di origine industriale, tuttavia, è diminuito negli ultimi decenni grazie all’azione legislativa ambientale, che ha individuato come primi obiettivi della regolamentazione proprio queste fonti
di inquinamento, puntuali e facilmente identificabili.
In Lombardia l’industria manifatturiera mantiene a tutt’oggi un ruolo ragguardevole nel panorama dei
settori economici, con una lieve erosione a favore del settore dei servizi; negli ultimi quindici anni del
secolo scorso si è registrato un aumento del volume della produzione. La quota di valore aggiunto rappresenta, al 2003, più del 28% dell’economia regionale.
Da oltre quindici anni nella struttura dell’industria lombarda si nota la tendenza all’aumento delle
dimensioni d’impresa: dal punto di vista ambientale ciò potrebbe garantire il miglioramento delle possibilità di intervento delle imprese nella prevenzione dall’inquinamento attraverso l’applicazione di
Sistemi di Gestione Ambientale (SGA) e della capacità di investire in nuove tecnologie e nella ricerca.
I SGA - adottati dall’industria come approcci volontari - consentono all’impresa di risparmiare energia e materie prime, di ridurre il rischio di incidenti, di migliorare l’efficienza interna e di ottenere vantaggi competitivi e d’immagine; nel contempo garantiscono il rispetto delle normative ambientali e lo
sviluppo di comportamenti basati sulla prevenzione.
L’industria manifatturiera determina potenzialmente un ampio spettro di problematiche ambientali:
emissioni in atmosfera, produzione di acque reflue di processo, contaminazione del suolo e produzione di rifiuti; a queste si aggiungono la generazione di odori, di rumore e di traffico, l’utilizzo di risorse
naturali, l’interferenza con il paesaggio nonché - in alcuni casi specifici - la generazione di rischio associato alla detenzione di sostanze pericolose.
Lo studio delle pressioni ambientali generate dall’industria viene limitato non solo dal fatto che le tipologie dei problemi ambientali sono specifiche dei singoli comparti produttivi, ma anche dal fatto che
la disponibilità dei dati è limitata. La strategia prevalente per valutare le tendenze complessive consiste quindi nell’utilizzare indicatori di approssimazione quale - ad esempio - il consumo di energia, che
è collegato all’emissione di importanti inquinanti atmosferici (in particolare anidride carbonica, biossido di zolfo, ossidi di azoto, diossine e metalli pesanti). Negli anni 1990-2000, i consumi energetici dell’industria lombarda sono aumentati meno dell’indice di produzione industriale, indicando che le
politiche e gli incentivi per il contenimento dei consumi hanno avuto effetti positivi sull’intensità
energetica dell’industria; da ciò deriva anche l’evoluzione delle relative emissioni di anidride carbonica, che sono diminuite del 15% circa nello stesso periodo.
Le strategie sviluppate ai differenti livelli di governo a partire dagli anni ‘70 hanno consentito di contrastare la maggior parte dei problemi ambientali di origine industriale: la grande sfida per il controllo
dell’inquinamento industriale è ora quella di migliorare il rapporto costi/benefici delle differenti regolamentazioni in modo da tutelare l’ambiente mantenendo nel contempo la competitività dell’industria
locale. Le linee strategiche della Regione Lombardia per gli aspetti ambientali della produzione industriale si basano sul Documento Programmatico approvato dalla Giunta Regionale nel giugno del
2003: esso pone un forte accento sulla sostenibilità dello sviluppo produttivo in termini di qualità
ambientale, tutela paesistica, prevenzione dei dissesti, riqualificazione urbana e qualità delle architetture e dei manufatti.
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RAPPORTO SULLO STATO DELL’AMBIENTE IN LOMBARDIA 2004
SETTORI
PRODUTTIVI E AMBIENTE
INDUSTRIA
Indice della produzione industriale
INDUSTRIA
INDICE DELLA PRODUZIONE INDUSTRIALE
Tema: INDUSTRIA
Nome indicatore: Indice della produzione industriale
Finalità: Mostrare l’andamento nel tempo della produzione industriale manifatturiera (escluse quindi le
costruzioni, la produzione di energia e l’estrazione di minerali), in modo tale da comprendere e interpretare le
possibili variazioni degli impatti ambientali di tale produzione
Modello concettuale DPSIR: Determinante
Fonte dei dati: Regione Lombardia, Unioncamere
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SETTORI
PRODUTTIVI E AMBIENTE
INDUSTRIA
Indice della produzione industriale
L’indice della produzione industriale misura la variazione nel tempo del volume fisico della produzione effettuata dall’industria manifatturiera, quindi con l’esclusione della produzione di energia, dell’estrazione di minerali e delle costruzioni.
A livello nazionale esso si basa sui risultati di un’indagine mensile effettuata su un campione di circa
8.000 imprese che ha per oggetto la produzione, definita generalmente in termini di quantità fisiche,
dei principali prodotti industriali di ciascun settore: attraverso i risultati dell'indagine vengono calcolati gli indici di produzione di 592 prodotti elementari e, per aggregazione di questi ultimi, gli indici di
attività economica.
In Lombardia, nel periodo che va dal 1991 al 2000, si è registrato un incremento essenzialmente costante dell’indice ed un leggero rallentamento nel triennio 2001-2003 imputabile, in gran parte, ai settori
del tessile, dell’abbigliamento e delle calzature.
Al 2003, le branche di attività che mostrano gli indici di produzione migliori sono l’alimentare, la chimica, la meccanica e la siderurgica.
Alcuni rami dell’industria sono particolarmente significativi dal punto di vista ambientale; fra questi
vanno citati la siderurgia e la chimica, che sono caratterizzate da un deciso andamento di crescita della
produzione. Dal punto di vista del peso economico sono tra i settori più importanti: nel 2001 rappresentavano rispettivamente il 16% e il 14% del valore aggiunto dell’industria manifatturiera della regione.
L’industria manifatturiera, anche se nello svolgimento dei processi produttivi utilizza tecnologie pulite o trattamenti di abbattimento finali, determina pressioni ambientali per il fatto stesso di utilizzare
materie prime e risorse energetiche, in particolare se esse sono non rinnovabili.
In linea generale, le principali problematiche ambientali riconducibili ai processi produttivi riguardano le emissioni in atmosfera ed in acqua, gli effetti sul suolo e sul territorio - soprattutto nelle vicinanze del sito di produzione - e la produzione di rifiuti. La generazione di tali problemi dipende dal tipo
di prodotti lavorati e di processi impiegati, dalle materie prime utilizzate, dall’intensità dell’uso delle
risorse (aria, acqua, energia), dalla dimensione degli impianti e dalla loro ubicazione, dalle tecnologie
adottate, dall’efficienza nell’uso delle risorse durante i processi produttivi, dall’efficacia degli impianti
di trattamento degli inquinanti.
A parità di capacità produttive, sono solitamente le tecnologie impiegate e la loro efficienza, la dotazione in impianti per il trattamento degli inquinanti e la preparazione del personale che determinano
il peso degli impatti ambientali.
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SETTORI
PRODUTTIVI E AMBIENTE
INDUSTRIA
Spese per ricerca e sviluppo nel settore industria
INDUSTRIA
RICERCA E SVILUPPO NELL’INDUSTRIA
Tema: INDUSTRIA
Nome indicatore: Spese per ricerca e sviluppo nel settore industria
Finalità: Valutare l’andamento della spesa per ricerca e sviluppo delle aziende, come indice della loro capacità di aggiornamento tecnologico, considerata fattore positivo rispetto al miglioramento delle prestazioni
ambientali
Modello concettuale DPSIR: Risposta
Fonte dei dati: Regione Lombardia, Unioncamere
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SETTORI
PRODUTTIVI E AMBIENTE
INDUSTRIA
Spese per ricerca e sviluppo nel settore industria
Le attività di ricerca scientifica e sviluppo sperimentale (R&S) nell’industria manifatturiera offrono un
contributo essenziale all’evoluzione del sistema produttivo generando nuova conoscenza scientifica e
tecnologica potenzialmente utilizzabile nel miglioramento dei processi di produzione e nella creazione di nuovi prodotti.
Da un’indagine campionaria svolta sulle imprese industriali italiane con 10 o più addetti risulta che le
imprese innovatrici - cioè quelle che hanno introdotto prodotti o processi tecnologicamente nuovi erano pari al 38,1% nel triennio tra il 1998 e il 2000; il 47,5% di queste ha indicato come effetti delle
innovazioni apportate la limitazione dei danni ambientali e dei rischi da incidenti sul lavoro.
In Lombardia, nel periodo 1994-2000, le spese per R&S sono incrementate del 28,7%. Tra i settori più
impegnati si trova l’industria chimica, branca d’attività peculiare per pressioni ambientali sia quantitativamente che qualitativamente a causa della pericolosità di molte sostanze trattate; altro settore fortemente impegnato in ricerca e sviluppo è quello della fabbricazione di autoveicoli e mezzi di trasporto, che ha generato numerosi miglioramenti di prodotto a ricaduta ambientale positiva.
L’Italia industriale è caratterizzata da livelli di spesa per R&S in rapporto al PIL inferiori rispetto a
quelli di numerosi Paesi membri dell’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo
Economico) e dell’Unione Europea. In questo contesto, tuttavia, la Lombardia si caratterizza per l’alta percentuale di spesa (33,1% del totale nazionale), confermando la vitalità del proprio sistema produttivo. Sono le grandi imprese che sostengono circa l’80% della spesa per R&S mentre i settori più
attivi risultano essere quelli della fabbricazione di apparecchiature elettriche ed elettroniche, della chimica e della fabbricazione di autoveicoli e di altri mezzi di trasporto, che complessivamente spendono
più del 50% del totale.
Le Autorità Ambientali seguono con grande attenzione i progressi nelle prestazioni ambientali conseguenti alle attività R&S delle imprese e li traducono, se adeguatamente sperimentati, nelle BAT (Best
Available Techniques, migliori tecnologie disponibili per la riduzione dell’impatto ambientale), uno dei
cardini della normativa IPPC (Integrated Pollution Prevention and Control).
Per quanto concerne il finanziamento pubblico delle spese di ricerca e sviluppo nelle imprese, si valuta che esso ammonti a circa l’11% a livello nazionale.
La Regione Lombardia sta promovendo la componente ambientale all’interno dei programmi di
finanziamento della ricerca: due recenti Accordi di Programma - stipulati l’uno con il Ministero delle
Attività Produttive e l’altro con il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca - stanziano
complessivamente più di 57 milioni di euro da assegnare a piccole e medie imprese per progetti di
innovazione tecnologica e di ricerca industriale; i bandi sono relativi ad un insieme di tematiche in cui
ha grande rilevanza la componente ambientale e della qualità dell’alimentazione, soprattutto in collegamento con lo sviluppo delle biotecnologie.
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SETTORI
PRODUTTIVI E AMBIENTE
INDUSTRIA
Registro INES/EPER - numero di dichiarazioni e
attività IPPC dichiarate
INDUSTRIA
INES/EPER - NUMERO DI DICHIARAZIONI DEI COMPLESSI IPPC
Tema: INDUSTRIA
Nome indicatore: Registro INES/EPER - numero di dichiarazioni e attività IPPC dichiarate
Finalità: Dare una misura del livello di rispondenza del sistema delle imprese rispetto agli adempimenti di
carattere informativo (obbligo di dichiarazione annuale) conseguenti all’attuazione della direttiva europea
IPPC
Modello concettuale DPSIR: Risposta
Fonte dei dati: APAT, Regione Lombardia, EPER
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SETTORI
PRODUTTIVI E AMBIENTE
INDUSTRIA
Registro INES/EPER - numero di dichiarazioni e
attività IPPC dichiarate
La Direttiva europea 96/61/CE è comunemente nota come Direttiva IPPC, acronimo di Integrated
Pollution Prevention and Control; il suo obiettivo generale è quello di ridurre l’inquinamento generato
dall’industria e di controllare le emissioni degli impianti di maggiori dimensioni. I Governi nazionali
degli Stati membri dell’Unione hanno il compito di attivare ed aggiornare l’archivio delle emissioni
provenienti da specifiche fonti industriali (in Italia denominato INES, cioè Inventario Nazionale delle
Emissioni e delle loro Sorgenti) e di far convergere le informazioni verso la sede europea per creare un
registro pubblico attraverso il quale rendere accessibili tutte le informazioni ambientali relative alle
principali attività industriali europee (EPER, o European Pollutant Emission Register).
Questi inventari sono archivi di informazioni qualitative e quantitative sugli inquinanti riversati nei
differenti comparti ambientali, compresa la produzione di rifiuti; la novità è rappresentata dall’integrazione delle strategie per la prevenzione e la riduzione dell’inquinamento di acqua, aria e suolo.
Il sistema normativo IPPC - recepito in Italia con il D. Lgs. 372/99 - ha in sé importanti elementi di
riposta alle problematiche ambientali dell’industria: da un lato, tramite il registro INES, avvia e consolida nel tempo le basi informative accessibili alle autorità competenti ed al pubblico; dall’altro, tramite il regime autorizzativo integrato, stimola le imprese al rafforzamento della ricerca e degli investimenti tesi al miglioramento delle prestazioni ambientali.
Le attività produttive oggetto della Direttiva sono raggruppate in sei grandi categorie: attività energetiche, produzione e trasformazione dei metalli, industria dei prodotti minerali (cemento, amianto,
vetro, fibre minerali, prodotti ceramici), industria chimica, gestione dei rifiuti, altre attività. In quest’ultima categoria mista rientrano importanti branche dell’industria della carta, dell’industria tessile e
conciaria, dell’industria alimentare e dell’agricoltura (allevamenti suini e di pollame); la dimensione
delle attività produttive - e la consistenza delle emissioni - deve essere tale da renderle significative sotto
il profilo dell’impatto ambientale.
Nel 2001 - anno in cui erano tenute alla dichiarazione tutte le imprese con attività produttive IPPC, a
prescindere dalle quantità emesse - la banca dati nazionale INES comprendeva un numero relativamente alto di insediamenti (definiti dalla normativa “complessi IPPC”): per la Lombardia essi risultavano 591, corrispondenti al 28% del dato nazionale. Nel 2002, con l’assestamento della normativa, l’obbligo della dichiarazione annuale è stato limitato ai complessi produttivi IPPC che superano determinate soglie emissive: il totale regionale assomma a 149 complessi, pari al 22% del dato italiano.
Dal punto di vista della distribuzione territoriale, i complessi IPPC lombardi si collocano tendenzialmente nella fascia centrale della regione, con propaggini verso nord-est e sud-ovest; le tipologie di attività prevalenti sono la produzione e trasformazione di metalli e la chimica, seguite dalla gestione dei
rifiuti.
Il registro europeo EPER viene aggiornato ogni tre anni tramite i dati nazionali; ad oggi riporta i dati
relativi al 2002, accessibili nel sito web della Commissione Europea www.eper.cec.eu.int.
Come esempio di utilizzo degli inventari, mediante EPER è stata valutata la quota di emissioni in aria
fornita dalle attività produttive IPPC rispetto al totale delle emissioni industriali presenti a livello lombardo. Considerando solo le attività produttive IPPC di tipologia industriale, i dati registrati in EPER
rappresentano all’incirca l’87% delle emissioni di ammoniaca ed il 68% delle emissioni di ossidi di zolfo
emessi dal settore industriale.
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PRODUTTIVI E AMBIENTE
INDUSTRIA
Emissioni specifiche dei processi produttivi
nell’industria chimica e nell’industria siderurgica
INDUSTRIA
EMISSIONI SPECIFICHE NEL 2001
Tema: INDUSTRIA
Nome indicatore: Emissioni specifiche dei processi produttivi nell’industria chimica
Emissioni specifiche dei processi produttivi nell’industria siderurgica
Finalità: Valutare le emissioni in atmosfera provenienti da grandi settori produttivi ritenuti rilevanti per i loro
effetti sull’ambiente (processi di combustione esclusi)
Modello concettuale DPSIR: Risposta
Fonte dei dati: ARPA Lombardia, Regione Lombardia
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INDUSTRIA
Emissioni specifiche dei processi produttivi
nell’industria chimica e nell’industria siderurgica
L’industria chimica e l’industria siderurgica non solo rappresentano settori dal deciso peso economico
nell’economia regionale (rispettivamente 14% e 16% del valore aggiunto dell’industria manifatturiera
regionale) ma sono anche particolarmente significative dal punto di vista ambientale.
L’industria chimica, per la natura stessa dei processi produttivi fondati sostanzialmente sulla trasformazione della materia, induce pressioni sull’ambiente riconducibili a grandi consumi di energia e di
acqua, emissioni in aria, in acqua e nei suoli, produzione di rifiuti. L’industria siderurgica impiega in
modo intensivo grandi quantità di energia e di materiali, emette in atmosfera e produce rifiuti solidi.
In Lombardia questi comparti sono composti da complessi produttivi medio-grandi, relativamente
concentrati nel territorio regionale: le province di Milano e Bergamo sono orientate alla chimica e
quella di Brescia alla siderurgia.
Il termine “emissione specifica” indica l’emissione di una determinata molecola generata da un certo
processo produttivo in relazione alla quantità di materia prima lavorata o alla quantità di materiale
prodotto; nel computo delle emissioni specifiche non vengono perciò considerati gli apporti provenienti dai processi di combustione.
Le emissioni specifiche tipiche delle attività produttive chimica e siderurgica sono i COVNM
(Composti Organici Volatili Non Metanici) ed il CO (monossido di carbonio) rispettivamente.
I COVNM, gli ossidi di azoto ed il monossido di carbonio fungono da precursori per la formazione di
ozono troposferico, i cui effetti sull'ambiente non sono localizzati esclusivamente nelle vicinanze delle
zone di emissione. I danni ambientali maggiori sono a carico della vegetazione (per la quale viene
ridotta l'attività fotosintetica), dell'agricoltura (per la riduzione della produttività) e dei materiali, con
conseguenze sulla conservazione del patrimonio artistico.
A livello nazionale, l’emissione specifica di monossido di carbonio dei processi produttivi nell’industria siderurgica si è dimezzata nel periodo 1990-2001, testimoniando una maggior eco-efficienza dei
processi produttivi medesimi; l’emissione specifica di COVNM dei processi produttivi nell’industria
chimica non ha mostrato invece variazioni evidenti.
Per un settore produttivo, disaccoppiare dal rendimento le risorse ambientali utilizzate per produrre e
le pressioni ambientali generate in fase produttiva significa aver adottato una strategia di gestione che
collega i rendimenti finanziari con quelli ambientali; significa, pertanto, aver intrapreso il percorso
dello sviluppo sostenibile.
La consapevolezza della necessità di gestire attentamente la complessa problematica ambientale ha
favorito l’affermarsi di una nuova cultura che vede nella ristrutturazione sistematica degli impianti,
nell’innovazione dei processi produttivi, nell’adozione di tecnologie pulite e nella prevenzione la strada per proteggere l’ambiente mantenendo competitività.
Per l’industria siderurgica ad esempio - per la quale nell’affrontare la problematica dell’inquinamento
occorre operare una distinzione fra i processi per la produzione dell’acciaio in senso stretto ed i processi di produzione di semilavorati, poiché i livelli e le tipologie di emissione possono risultare sensibilmente differenti - la Direttiva IPPC ha già espresso due documenti BAT (Best Available Techniques): il
primo è relativo alla produzione dell’acciaio e del ferro e l’altro riguarda l’industria di processamento
dei metalli ferrosi; i due documenti indicano per ciascuna fase del processo produttivo le tecniche
migliori per l’abbattimento delle emissioni, tecniche che allo stesso tempo sono economicamente
compatibili con la produzione in un mercato libero.
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