scarica il programma di sala - Orchestra Filarmonica Marchigiana

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scarica il programma di sala - Orchestra Filarmonica Marchigiana
ministero per i beni e le attività culturali
regione marche assessorato alla cultura
in collaborazione con
consorzio marche spettacolo
sinfonica
2015
incontro con
RACHMANINOV
(parte III)
solisti del KEYBOARD TRUST LONDON
pianoforte
Jayson Gillham
Alexander Ullman
direttore
Federico Mondelci
mercoledì 6 maggio, ore 21.00 – Pesaro, Teatro Rossini
In collaborazione con Ente Concerti Pesaro
venerdì 8 maggio, ore 21.00 – Ancona, Teatro delle Muse
In collaborazione con Società Amici della Musica “G. Michelli”
sabato 9 maggio, ore 21.15 – Fabriano, Teatro Gentile
orchestra filarmonica marchigiana
filarmonicamarchigiana.com
Programma
S. Rachmaninov (Oneg, Novgorod, 1873 – Beverly Hills, California, 1943)
Concerto per pianoforte e orchestra n. 4
in sol min., op. 40 (versione originale del 1926-27)
I. Allegro vivace (alla breve)
II. Largo
III. Allegro vivace
pianoforte Jayson Gillham
- intervallo -
P. I. Čajkovskij (Votkinsk, Urali, 1840 – San Pietroburgo, 1893)
Concerto per pianoforte e orchestra n. 1
in si bemolle min., op. 23
I. Allegro non troppo e molto maestoso – Allegro con spirito
II. Andantino semplice – Prestissimo – Tempo I
III. Allegro con fuoco
pianoforte Alexander Ullman
Note
La Russia e l’America: le due patrie di Rachmaninov,
quella naturale e quella adottiva, fuse in un’unica entità
poetico-affettiva. Questo obiettivo, evidentemente, si riproponeva di raggiungere il grande pianista-compositore russo
con la creazione del suo Concerto per pianoforte e orchestra n. 4 in sol min., op. 40, scritto nel gennaio-agosto del
1926, fra New York e Dresda, ed eseguito per la prima volta
il 18 marzo 1927 presso la Symphony Hall di Filadelfia, con
l’autore stesso al pianoforte e Leopold Stokowski sul podio
della Philadelphia Orchestra. Obiettivo centrato, tuttavia,
solo dopo una lunga e tormentata gestazione che a quanto pare ebbe inizio in Russia prima del definitivo trasferimento negli Stati Uniti e proseguì attraverso continue revisioni fino a poco prima della morte del compositore – la versione qui proposta, rarissimamente eseguita, è quella originale pubblicata in tempi recenti dalla Boosey & Hawkes
sulla base delle testimonianze del manoscritto autografo
conservato presso la Library of Congress di Washington;
dopo l’insuccesso della prima a Filadelfia, Rachmaninov
operò diversi tagli e modifiche alla strumentazione in vista
della pubblicazione del concerto presso la casa editrice Taïr
di Parigi nel 1928, ma poiché esso continuava a non essere bene accolto, ne stese una nuova versione nel 1941,
confluita poi nell’edizione definitiva del 1944 curata da
Charles Foley (quella solitamente eseguita nei concerti).
Probabilmente fu proprio questa natura ibrida, russo-americana, all’origine della freddezza con la quale il concerto fu
sempre accolto anche dopo i tagli e gli emendamenti subiti nelle successive versioni. I progressisti che chiedevano a
Rachmaninov un salto deciso nella modernità continuavano ad arricciare il naso di fronte ad un impianto complessivo ancora legato sul piano formale e tonale al mondo ottocentesco. D’altra parte, chi si aspettava la calda espansività melodica del Secondo Concerto, l’opera che aveva
reso famoso Rachmaninov in tutto il mondo (e tuttora la più
amata e richiesta nelle sale da concerto), rimaneva deluso
di fronte ad una musica tendenzialmente aspra e spigolosa, assai poco incline ad abbandonarsi ai languori appassionati delle opere precedenti.
Eppure, la novità e la bellezza del Quarto Concerto, col
tempo finalmente comprese ed assimilate dal pubblico,
consistono proprio nel suo geniale ibridismo: in quella
materia musicale arcaica riesumata dal fondo delle sterminate steppe della Russia, ancora vive e risuonanti nella
memoria del compositore, e riversata nelle praterie altrettanto sterminate del Nuovo Mondo o per le vie assordanti
delle sue popolose città, in crescita vertiginosa al ritmo libero e frenetico del jazz. Sì, perché ciò che più sorprende ed
affascina l’ascoltatore è proprio questa inedita fusione,
emergente con particolare evidenza nei due movimenti
estremi del concerto, tra l’antico canto popolare russo, dall’andamento piano e solenne e dai tratti orientali, e una
musicalità occidentale graffiante, dissonante e sintatticamente irregolare influenzata dallo stile jazzistico americano
– a tratti affiorano nel concerto riflessi della Rapsodia in
Blue di Gershwin – ma anche ricca di suggestioni provenienti dalle avanguardie europee (proprio quelle che molti
critici rimproveravano a Rachmaninov di ostinarsi ad ignorare). E colpisce soprattutto il contrasto voluto dal compo-
sitore fra questo caos di memoria e attualità, di concezione
assolutamente novecentesca, e la semplicità estrema dello
splendido Largo centrale: un momento di nostalgica rimembranza evocato da una cullante melodia infantile che, nella
parte centrale, crolla improvvisamente in un baratro di dissonanze ma poi, riaffiorando in superficie, riprende il suo
lento corso fino a perdersi in pianissimo nella lontananza.
Čajkovskij esordì nel genere concertistico componendo,
nel 1874-75, un lavoro di genio: il celebre Concerto per pianoforte e orchestra n. 1 in si bemolle min., op. 23, dedicato
inizialmente a Nicolaj Rubinstein e successivamente, a
seguito del giudizio negativo espresso da quest’ultimo
dopo la prima audizione dell’opera, ad Hans von Bülow.
L’opera, come vuole la tradizione, si fonda sul rapporto dialogante tra solista e orchestra e si articola secondo la classica struttura in tre movimenti. Il compositore, tuttavia, esasperando una tendenza già avviata da Liszt e dai suoi
seguaci, trasforma il dialogo concertante in uno scontro
frontale tra due forze opposte, una individuale ed una collettiva, che tentano di imporsi l’una sull’altra in spazi serrati. Contemporaneamente egli interviene all’interno dei singoli movimenti modificandone il significato e allentandone
le strutture architettoniche con episodi stranianti e divagazioni imprevedibili nell’orbita di un virtuosismo trascendentale improntato sui modelli di Paganini e di Liszt. Accade
allora che il rondò finale si trasformi in una furibonda danza
cosacca, carica di una straripante vitalità che di tanto in
tanto si arresta di fronte a improvvise visioni idilliache o a
inaspettati abbandoni sentimentali; oppure che la struttura
canonica del secondo tempo venga scardinata dall’inserimento di una sezione in Prestissimo la quale, producendo
un vortice nella memoria, fa precipitare un’incantevole e
raffinata barcarola tra le braccia triviali di una canzonetta
alla francese che il compositore era solito cantare da bambino insieme al fratello – si noti la trasposizione al pianoforte del tipico accompagnamento dell’organetto da strada dall’effetto “stonato”.
Ma le soluzioni più innovative riguardano il primo tempo.
Qui lo strumento solista, sin dalle prime battute, impone
eroicamente la forza della sua ricca personalità all’intera
orchestra assumendo su se stesso il peso di tutta la struttura musicale. È il pianoforte, con uno spettacolare ribalta-
mento di ruoli, ad accompagnare l’orchestra, non viceversa
come accadeva in passato. Non solo. L’introduzione, tradizionalmente riservata alla presentazione del materiale
tematico dell’intero movimento, diviene in mano a Čajkovskij un organismo a se stante che sembra vivere in antitesi
rispetto all’opera, nutrendosi esso di un tema musicale
intenso e maestoso che si sviluppa solo al suo interno
senza ripresentarsi più in seguito, né durante il primo movimento, né nel corso dei successivi. Ciò è sorprendente e
spiazzante in un autore come Čajkovskij, accusato spesso
di cedere alla facile tentazione di ingraziarsi il favore del
pubblico lusingandolo con melodie accattivanti e inebriandolo con diavolerie virtuosistiche: se il suo unico scopo
fosse stato questo, egli avrebbe potuto sfruttare appieno
l’efficacia espressiva e lo charme di questo tema d’apertura. E invece il compositore prende nei suoi confronti la decisione più dura, struggente ed estrema che si possa immaginare e al contempo quella più geniale e significativa:
abbandonare a se stessa una creatura splendida e appassionata dopo averla mostrata in tutto il suo fulgore, sacrificandola al culto della bellezza effimera.
Cristiano Veroli
Jayson Gillham pianoforte
Ha un modo di suonare Beethoven molto aperto, sincero, deciso – con
una sorta di “bagliore” […] il suono è sempre incantevole – meraviglioso. Sir Mark Elder.
Il pianista britannico-australiano Jayson Gillham si è rivelato come uno
dei pianisti più raffinati della sua generazione. Apprezzato a livello internazionale per le sue affascinanti interpretazioni, Jayson ha ricevuto
numerosi premi e riconoscimenti, arrivando in finale in alcuni dei più
importanti concorsi pianistici del mondo, inclusi il Leeds, il Van Cliburn e
il Concorso Chopin. A giugno 2014 Jayson ha ottenuto il Primo Premio
al Concorso Musicale Internazionale di Montreal. La sua notevole interpretazione del Quarto Concerto di Beethoven è stata descritta
dall’Huffington Post come “talmente ricca di semplice e nobile eleganza
che il pianista si è meritato non solo il primo premio, ma anche una serie
di ingaggi come concertista” e, secondo la Montreal Gazette, “Jayson
Gillham si è guadagnato la vittoria con la sua eleganza che non smette
un attimo di affascinare”.
Jayson si esibisce attualmente in tutto il mondo: tra i suoi impegni più importanti, concerti con le orchestre London Philharmonic, Halle Orchestra,
English Chamber presso la Royal Festival Hall, nonché Melbourne
Orchestra e Queensland Symphony, Orchestre Symphonique de Montreal,
Wuhan Philharmonic e con l’Orchestra Filarmonica Marchigiana. In recital,
Jayson suona nelle sale più prestigiose, tra cui Wigmore Hall e Louvre
Auditorium, nonché nei principali festival, quali Verbier Festival, Edinburgh
Fringe, Brighton Festival, Linari Classic Festival (Toscana), Two Moors
Festival, Norfolk e Norwich Festival, Deia International Music Festival
(Majorca), e il Bangalow e Tyalgum Music Festivals (Nuovo Galles del Sud).
La musica da camera costituisce una parte importante della carriera di
Jayson: tra i suoi impegni più importanti in questo ambito si possono
ricordare esibizioni con alcuni dei più prestigiosi quartetti d’archi del
mondo, tra cui Jerusalem, Carducci, Brentano, Ruysdael e Flinders.
Diplomatosi al Conservatorio di Musica del Queensland, dove ha studiato con Leah Horwitz, Jayson si è trasferito a Londra nel 2007, per
conseguire il Master alla Royal Academy of Music (RAM), sotto la guida
di Christopher Elton. Nel 2012 Jayson è stato nominato Musicista
dell’Anno dal Commonwealth ed è stato decorato con la Medaglia d’Oro
alla sessantesima edizione del Concorso Musicale Annuale della Royal
Over-Seas League.
Jayson è Ambasciatore Culturale per la Fondazione Hearts for Africa
(Amani), una ONG che opera nella zona centrale della Tanzania, aiutando
la popolazione rurale a superare la povertà (www.heartsforafrica.org.au).
Alexander Ullman pianoforte
Alexander Ullman è nato in Inghilterra nel 1991 e ha studiato presso la
Purcell School of Music sotto la guida di William Fong, il direttore del
Keyboard Trust, e presso il Curtis Institute of Music di Philadelphia con i
docenti Leon Fleisher, Ignat Solzhenitsyn e Robert McDonald. Nel 2014
è stato selezionato come artista rappresentante dalla fondazione Young
Classical Artists Trust (YCAT). Lo scorso autunno ha completato il
Master al Royal College of Music di Londra con Dmitri Alexeev.
Nel corso dei suoi studi, Alexander ha vinto numerosi premi in concorsi
internazionali, tra cui il Primo Premio al Concorso Internazionale in
Memoriam Ferenc Liszt (2011), al Concorso Internazionale Lagny-surMarne (2013) e al Concorso Internazionale per Giovani Interpreti
Tunbridge Wells (2012); ha vinto inoltre il Secondo Premio al Concorso
Internazionale Isidor Bajic Memorial (2014).
Ha dato concerti in Europa, Asia e America e si è esibito in numerose sale
e festival in Italia, Francia, Spagna, Germania, Ungheria, Olanda, Estonia,
Lettonia, Lituania, Danimarca e India. Tra i suoi impegni più recenti, una
tournée in Cina, recital al Gewandhaus di Lipsia, agli Archives Nationales
di Parigi, al Louisiana Museum of Modern Art di Copenhagen,
all’Auditorium de la Diputación de Alicante, al Festival Pontino e al Teatro
Rossini, al Festival Jolla Arts in California, nonché concerti nel Regno
Unito, in Spagna, Germania e in Francia con il Dover Quartet.
Come solista, Alexander si è esibito con la Philadelphia Orchestra presso il Mann Centre, ha suonato con l’Orchestra del New Jersey e con la
Fort Worth Symphony Orchestra, con la Oxford Philomusica, la
Southbank Sinfonia, la Danubia Orchestra, l’Orchestra della Radio di
Budapest, nonché con l’Orchestra Filarmonica Marchigiana. I suoi concerti sono stati trasmessi dal terzo canale della BBC, da Radio France e
da MDR Classic.
Nel corso della Stagione 2014/2015, Alexander tornerà in Cina (Gulangyu,
Shanghai e Pechino), in Italia e negli Stati Uniti per una serie di concerti.
È stato inoltre invitato a prendere parte al Montreal Chamber Music
Festival e al Festspiele Mecklenburg-Vorpommern in Germania. Nel
Regno Unito Alexander terrà recital presso la Purcell Room a Londra e al
Kettle’s Yard a Cambridge. Sarà inoltre impegnato nell’esecuzione del
Primo Concerto di Liszt con la Cardiff Philharmonic nella St. David’s Hall,
mentre suonerà Mozart con la Tunbridge Wells Symphony Orchestra.
Dicono di lui: “Alexander Ullman è stato sorprendente nel Concerto n. 1
di Čajkovskij. Ha restituito lo spartito con immensa chiarezza e potenza
evocativa e lo ha riportato in vita come se il compositore fosse lì ad
ascoltarlo da dietro la sua spalla.” Huffington Post, Montreal Symphony
Orchestra, giugno 2014.
“Ha esibito un tocco delicato, finezza tecnica e un fraseggio elegante. La
sua profonda affinità con il brano si manifesta in un modo di suonare
sicuro e comunicativo, che passa con brillantezza e rapidità da melodie
misteriose e struggenti a giocosi e affascinanti diversivi.” New Jersey
Symphony Orchestra, Trenton, 2012.
“Suonato brillantemente dal giovane pianista britannico Alexander Ullman
[…]. L’orchestra, sotto la direzione musicale di Miguel Harth-Bedoya, ha
colto ogni sfumatura e ogni stato d’animo del pianista, rendendo così la
performance estremamente uniforme. Il famoso movimento lento […] è
meraviglioso nelle mani di Ullman. Il suo legato fa dimenticare che il pianoforte è essenzialmente uno strumento a percussione.” North West
Texas Performing Arts Review, Fort Worth Symphony Orchestra, 2011.
“La sua interpretazione della Quarta Ballata di Chopin rimarrà per sempre nel mio cuore: ogni sfumatura perfettamente calcolata, equilibrata e
collocata […]. Il suo suono è unico.” Seen and Heard International,
Pontino Festival, Italia, 2010.
Federico Mondelci direttore
Docente, camerista, Solista, Federico Mondelci è da oltre venti anni uno
dei maggiori e più apprezzati interpreti del panorama musicale internazionale. Diplomato in sassofono al Conservatorio di Pesaro, ha studiato
anche canto, composizione e direzione d’orchestra; ha perfezionato gli
studi al Conservatorio Superiore di Bordeaux sotto la guida del M° JeanMarie Londeix, diplomandosi con “Medaglia D’Oro” all’unanimità.
Federico Mondelci svolge la sua carriera a fianco di orchestre quali la
Filarmonica della Scala con Seiji Ozawa, I Solisti di Mosca con Yuri
Bashmet, la Filarmonica di San Pietroburgo e la BBC Philharmonic sui
palcoscenici più famosi del mondo: in Europa, Usa, Australia e Nuova
Zelanda.
Alla apprezzatissima carriera di solista, il maestro Mondelci, nel tempo,
affianca una sempre più rilevante carriera nella Direzione D’Orchestra,
dirigendo con crescente passione e convincente professionalità orchestre e solisti di fama mondiale. Ed ultimi quindi, ma non meno importanti, proprio i successi conseguiti nella direzione d’orchestra, al cui centro
spiccano i nomi di celebri solisti, come Ilya Grubert, Michael Nyman,
Kathryn Stott, Pavel Vernikov, Nelson Goerner, Francesco Manara,
Natalia Gutman e Luisa Castellani.
Le sue apparizioni come solista e come direttore solista comprendono
l’Orchestra del Teatro Alla Scala, la New Zealand Symphony Orchestra,
la BBC Philharmonic, la Filarmonica di san Pietroburgo, l’Orchestra da
Camera di Mosca, l’Orchestra Sinfonica di Bangkok.
Nella occasione del bicentenario della nascita di Adolphe Sax, inventore
del sassofono, ha ricevuto l’invito dalla Filarmonica di San Pietroburgo
ad esibirsi come direttore e solista in un concerto di gala in data 26 giu-
gno 2014, nella prestigiosa stagione diretta da Yuri Termirkanov.
Fondatore inoltre nel 1982 dell’Italian Saxophone Quartet e nel 1995
dell’Italian Saxophone Orchestra, si esibisce con entrambe queste
apprezzate formazioni sia in Italia che all’estero, riscuotendo grande
successo di pubblico e critica.
Il suo repertorio non comprende solo le pagine “storiche” ma è particolarmente orientato verso la musica contemporanea e Federico Mondelci
affianca il suo nome accanto ai nomi dei grandi autori del Novecento
(quali Nono, Kancheli, Glass, Donatoni, Sciarrino, Scelsi, Gentilucci,
Graham Fitkin, Nicola Piovani e altri compositori della nuova generazione); eseguendone le composizioni spesso a lui espressamente dedicate, produzioni di straordinario successo che lo conclamano come raffinato solista di raro e straordinario talento.
Federico Mondelci ha registrato il repertorio solistico con orchestra (sia il
repertorio per duo con pianoforte sia per ensemble) per le etichette Delos
e Chandos, e numerose produzioni che riflettono il suo grande entusiasmo per la musica contemporanea, come il CD RCA dedicato ad autori
italiani e quello monografico su Giacinto Scelsi (per l’etichetta francese
INA); quest’ultimo ha in fine ottenuto il “Diapason D’Or”. Tale interesse
verso la nuova musica lo ha portato a collaborare con grandi compositori, tra i quali Philippe Glass, Giya Kancheli, Luciano Berio, Giacinto Scelsi,
Michael Nyman, Franco Donatoni, Henri Pousseur, Graham Fitkin.
OrchestraFilarmonicaMarchigiana
Violini I
Alessandro Cervo**
Giannina Guazzaroni*
Alessandro Marra
Elisabetta Spadari
Laura Di Marzio
Lisa Maria Pescarelli
Cristiano Pulin
Elisabetta Matacena
Silvia Stella
Violini II
Simone Grizi*
Laura Barcelli
Baldassarre Cirinesi
Simona Conti
Sandro Caprara
Andrea Esposito
Gisberto Cardarelli
Viole
Ladislao Vienii*
Massimo Augelli
Cristiano Del Priori
Claudio Cavalletti
Lorenzo Anibaldi
Violoncelli
Alessandro Culiani*
Antonio Coloccia
Gabriele Bandirali
Nicolino Chirivì
Denis Burioli
Contrabbassi
Luca Collazzoni*
Andrea Dezi
Marco Cempini
Flauti
Francesco Chirivì*
Stella Barbero
Saverio Salvemini
Clarinetti
Danilo Dolciotti*
Luigino Ferranti
Timpani
Adriano Achei*
Percussioni
Alessandro Carlini
Fagotti
Matteo Fratesi
Giuseppe Ciabocchi* Stefano Manoni
Giacomo Petrolati
Gianmaria Tombari
Federico Occhiodoro
Corni
David Kanarek*
Giovanni Cacciaguerra
Roberto Quattrini
Alessandro Fraticelli
Trombe
Giuliano Gasparini*
Manolito Rango
Tromboni
Diego Giatti*
Eugenio Gasparrini
Diego Copponi
Oboi
Alessandro Rauli*
M. Chiara Braccalenti Basso Tuba
David Beato
Marco Vignoli
** Primo Violino di spalla
* Prime parti
FORM ORCHESTRA FILARMONICA MARCHIGIANA
Via degli Aranci, 2 - 60121 Ancona | Tel. 071 206168 - Fax 071 206730
filarmonicamarchigiana.com | [email protected]
Ispettore d’orchestra
Michele Scipioni