L`Europa futura: non crocevia di crisi ma protagonista

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L`Europa futura: non crocevia di crisi ma protagonista
L’Europa futura: non crocevia di crisi ma protagonista globale
Crocevia di crisi di riverbero mondiale, oggi l’Unione Europea si trova a fronteggiare il periodo più buio da
quel 25 marzo del 1957, giorno in cui i sei padri fondatori concepirono la sua antenata. I decenni che ne
sono seguiti hanno visto prendere forma quell’idea di unione economica a guida franco-tedesca, espressa
qualche anno prima da Robert Schuman nella sua celebre dichiarazione, dalla quale poi avrebbe dovuto
concretizzarsi una solida federazione europea. La condivisione del carbone e dell’acciaio, unita alla
applicazione delle libertà fondamentali che sono alla base dell’acquis comunitario, ha reso Francia e
Germania partner inseparabili, e dopo un secolo dalla terribile battaglia di Verdun è difficile immaginare
una crisi capace di scalfire il loro pacifico rapporto; sono proprio i rispettivi ministri dell’economia, Macron
e Gabriel che, alla luce della questione greca, hanno lanciato un importante monito: senza un’Europa
sociale dotata di unione politica e fiscale, la strada che ci aspetta è lastricata di fallimenti; si tratta a mio
giudizio di tasselli necessari per prevenire ulteriori crisi interne. La coppia Hollande-Merkel invece, si è resa
diverse volte protagonista nell’ardua ricerca di soluzioni a crisi di portata continentale; entrambi hanno
assunto un ruolo di primo piano sulla scena diplomatica, mettendo in ombra le deboli istituzioni europee.
L’Unione già possiede il numero di telefono tanto agognato da Henry Kissinger, ma pochi ne terranno conto
finché questa non assumerà una vera e propria forma statuale, con un proprio esercito, un unico governo
ed una singola voce in politica estera: il sogno delineato nel Manifesto di Ventotene deve divenire realtà.
Gli ultimi eventi, dall’enorme afflusso di rifugiati provenienti da sud alla crisi greca, hanno purtroppo
svelato un’Unione disunita, forse più lontana che mai dal mio sogno federalista; le fiamme nazionaliste
hanno ripreso a sfavillare, alimentate anche da misure di austerità che hanno sconquassato la credibilità
dell’intero progetto europeo agli occhi di buona parte dei suoi cittadini, che ormai lo considerano mero
strumento di riduzione del debito piuttosto che l’oasi di libertà e prosperità che molti di noi desiderano. La
stessa libertà di movimento, consacrata nel villaggio di Schengen, è stata messa in discussione, nonostante
sia a mio parere una caratteristica irrinunciabile se si vuole continuare la costruzione di un’Europa libera.
L’Unione Europea dovrebbe percorrere la strada delineata dai ministri Macron e Gabriel, sospendere
qualsiasi pratica destinata all’ingresso di ulteriori stati e approfondire qualitativamente, non
quantitativamente, il suo progetto, continuando sulla strada della democratizzazione dei processi politici e
delle istituzioni, soprattutto della Banca Centrale, rendendo più partecipe la popolazione attraverso
giornate informative e permettendo a tutti gli studenti di partecipare al progetto Erasmus, con lo scopo di
rafforzare l’identità europea; va inoltre abbandonata questa fede quasi religiosa nell’austerità regressiva e
abbracciata con cautela una politica macroeconomica di ispirazione keynesiana, inaugurando un esteso
programma di investimenti. Ma i passi più importanti vanno compiuti dagli stati membri, senza la cui
cessione di sovranità l’Europa sarà destinata a rimanere in un limbo che non le permetterà di esprimere il
suo potenziale di protagonista geopolitico che potrebbe e dovrebbe invece ricoprire nel panorama
internazionale.
L’Europa
ha
bisogno
di
un
nuovo
volto.