i nomi del totonero
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I NOMI DEL TOTONERO NEI PIZZINI DI GIUSEPPE PROVENZANO di Riccardo Lo Verso L’ARRESTO DEL PRESUNTO CASSIERE DI LO PICCOLO HA PERMESSO IL RITROVAMENTO DI NUMEROSI APPUNTI: FRA QUESTI, I NOMI DEI BOOKMAKER E DI CHI HA SCOMMESSO SU EVENTI SPORTIVI E LOTTO CON COSA NOSTRA M eticoloso e pignolo. Come si addice ad un contabile. Giuseppe Provenzano, per scelta e per necessità, annotava tutto. Lui che, secondo l’accusa, era uno dei cassieri dei Lo Piccolo. Certamente, per chi indaga, gestiva un giro di scommesse clandestine, forse si occupava anche di droga e avrebbe partecipato ad alcuni affari del clan: il giorno dell’arresto, a metà novembre, gli hanno sequestrato quelli che gli inquirenti considerano l’archivio degli incassi e la mappa degli uomini che sottostavano alle sue direttive. Ecco allora che il materiale in mano al nucleo speciale di Polizia valutaria della Guardia di finanza è di quelli destinati ad avere risvolti: c’è la radiografia dei conti del clan e pure un organigramma di uomini “a disposizione”. Nomi – almeno una quindicina – finora sconosciuti agli inquirenti. Molti sono galoppini del totonero. Perché nonostante ad ogni angolo di strada vi sia ormai un’agenzia di scommesse c’è ancora chi preferisce il gioco clandestino. Soprattutto nei quartieri popolari va sempre di moda la scommessa fai-da-te. Si va dal bookmaker di riferimento e si concorda la quota da incassare in caso di vittoria. Il tutto sotto la regia della mafia. Giuseppe Provenzano aveva archiviato tutto in due personal computer, una penna Usb, quattro cd-rom e una sfilza di documenti. Scritti a mano. Accanto alle iniziali dei nomi di chi raccoglie le giocate, ci sono le cifre incassate e quelle pagate per le scommesse vinte. Numeri del lotto o partite di calcio. Una dettagliata contabilità giornaliera per IL GIRO D’AFFARI SUPERAVA I 350 MILA EURO. IN DUE PC, UNA PENNA USB, QUATTRO CD ROM E UNA SFILZA DI DOCUMENTI SCRITTI A MANO I NOMI DI QUINDICI GALOPPINI E LE SIGLE DI CHI HA SCOMMESSO Giuseppe Provenzano 76 S - IL MAGAZINE CHE GUARDA DENTRO LA CRONACA IL MAGAZINE CHE GUARDA DENTRO LA CRONACA - S 77 “GLI HO DETTO: ‘MA TE LO HANNO RACCONTATO CHE GIUSEPPE SI È FOTTUTO VENTIMILA EURO?... TE LO HA RACCONTATO IL SIGNOR ALDO VISCOSA, CHE ALL’ULTIMO ERA TRECENTO GRAMMI... TE LO HA RACCONTATO...” PER GLI INQUIRENTI PROVENZANO GESTIVA ANCHE LE AUTORIZZAZIONI PER I COMMERCIANTI: “TUTTI I NEGOZI DI QUESTO MONDO POSSO APRIRE, SOLO SALUMERIE NON DEVO APRIRE... NON HO LEVATO NIENTE A NESSUNO... E NICOLA MI HA FATTO SAPERE CHE IO LA SALUMERIA LA DEVO CHIUDERE” un giro d’affari che superava i 350 mila euro. Gli investigatori sono al lavoro per scoprire chi sta dietro sigle indecifrabili. Almeno per il momento. Sono le intercettazioni a tracciare il ruolo di vertice di Provenzano al servizio dei Lo Piccolo. Ci sono volute ore e ore di ascolto. Alla fine l’attenta ricostruzione degli uomini della polizia valutaria è finita nell’ordinanza di custodia cautelare firmata dai pubblici ministeri Annamaria Picozzi e Francesco Del Bene. È stato il gip Maria Pino ad accogliere le richieste di arresto. Il negozio “Pippo Ferramenta”, allo Zen, intestato alla moglie di Provenzano, Margherita Palermo, è stato imbottito di microspie. Trentasette minuti dopo le dieci del 12 ottobre 2009, nel locale si presenta un soggetto non ancora identificato. Aveva aperto una salumeria allo Zen. Cosa non gradita a tale Nicola (“Tutti i negozi di questo mondo posso aprire, solo salumerie non devo aprire... non ho levato niente a nessuno... e Nicola mi ha fatto sapere che io la salumeria la devo chiudere”. Non si dà pace e ci tiene a farlo sapere a Provenzano: “... Sono amico degli amici, sono... uno di voi altri”. Della questione racconta di aver parlato pure con un certo “Vice’” che Provenzano vorrebbe incontrare: “...Fargli togliere il pane ai cristiani... che uno neanche si può guadagnare il pane... allora Vice’... digli che avvicina... che sono qua”. Dunque l’autorizzazione per aprire un’attività commerciale allo Zen e dintorni deve passare da Provenzano. 78 S - IL MAGAZINE CHE GUARDA DENTRO LA CRONACA Il “Vice’” citato nella conversazione, secondo la ricostruzione degli inquirenti, sarebbe Vincenzo Cosenza, arrestato dai carabinieri pochi giorni prima che Provenzano finisse in galera. Il 13 ottobre la sua identità viene svelata da un’intercettazione. Provenzano e Cosenza parlano ancora della salumeria e poi iniziano a discutere di soldi e non solo. Una telecamera piazzata nel negozio di ferramenta li filma: “Gli ho detto: ‘Ma te lo hanno raccontato che Giuseppe si è fottuto ventimila euro?... Te lo ha raccontato il signor Aldo Viscosa, che all’ultimo era trecento grammi... te lo ha raccontato...”, dice Cosenza. Provenzano risponde: “... Aspe’... e parla di duecento grammi... e parla di duecento grammi all’ultima...”. Gli inquirenti non hanno dubbi. L’argomento della discussione fra Provenzano e Cosenza è la droga. Che Provenzano gestisca la cassa del clan salterebbe fuori nel prosieguo della conversazione. Tornano a discutere di un “picciutteddu”, di un ragazzo, e Provenzano inizia a fare i conti: “... Io... forse non l’hai capito... io... ho i miei problemi, per quanto riguarda che avanzo questi soldi... e se c’è in quel conto una lira tipo imbrogliata... tipo... che mi vorrei... forse non ci siamo capiti, io lo vedi che sto facendo... forse... vi do anche questa... confidenza ti do, piastrellista quattromila... piastrellista duemila... ancora gli devo dare altri ventimila euro, già gli ho dato... con questi seimila euro che gli ho dato, gli ho dato venti... ventiquattromila euro dalla mia tasca, nel senso... questi sono... della società hai capi’... per farti capire io come... hai visto che programmino... scusa perché non mi fai dare questi cinquemila euro di questo ‘picciotto’”. Poi si affretta a precisare che il denaro non è suo, c’è qualche altro dietro: “...Allora io ti dico una cosa Vice’ e... ci sarà il giorno che io ti farò conoscere questa persona perché... hanno... lo vedi tutti questi soldi che... quello che tu hai con me, l’hai con loro, non ce l’hai con me”. E le cifre crescono: “...Gli ho detto siccome ci sono state... le volevo vedere insieme a te e vediamo come si possono... chiudere non le può chiudere... seicentomila euro”. “Minchia, seicentomila euro”, si stupisce Cosenza. Provenzano, a quel punto, passa a parlare della liquidità in cassa: “... Io faccio questo, con quello che mi hai detto tu, io ho fatto questo... tanto di guadagno, tanto di guadagno, tanto di guadagno e già fino a giorno quattro c’erano duecentoquaranta, tu mi hai detto duecentotrenta... va beh io dico duequaranta, lasciamo stare no, ma un minuto, ma questo è un foglio, c’è un altro foglio, perché noi altri siamo partiti da... da quando abbiamo cominciato a partire...”. Ma da dove arriva tutto questo denaro? Per gli inquirenti non c’è dubbio: gioco clandestino e droga. Si fa riferimento ad alcuni viaggi a Montecarlo da parte di un soggetto che rischia grosso. “...Pippo... però noi altri – spiega Cosenza – dobbiamo essere soci a Montecarlo appena lui ci va... ‘Senti... a due persone quanto ti devo dare?’”. “Fallo cominciare che poi fine ottobre comincia gli dici... fine novembre lui ti comincia a pagare”. Anche quello delle trasferte all’estero è un filone investigativo ancora tutto da esplorare. La polizia valutaria sta cercando di ricostruire i viaggi attraverso alcune tracce lasciate durante i trasferimenti. Il cassiere tiene i conti, ma distribuisce anche soldi alle famiglie dei detenuti. Un lavoro complicato, soprattutto in tempo di crisi e quando gli stuoli di chi pretende assistenza si allungano. E Provenzano finisce per attirare le proteste di chi crede di non essere trattato IL MAGAZINE CHE GUARDA DENTRO LA CRONACA - S 79 Vincenzo Cosenza I DUE PARLANO ANCHE DI FABIO CHIANCHIANO: “...IO VICE’... IN QUESTO MOMENTO A ME... MANCANO QUESTI, PERCHÉ IO HO TANTE COSE DA FARE, TU FORSE NON MI CREDI”. “TROPPE LAMENTELE... QUELLO DICE CHE SONO ABBANDONATI DI QUA... DI LÀ... MA SE NON CI SONO ENTRATE CHE COSA VOGLIONO!”. “FABIO, DICE NON CI ARRIVANO SOLDI” LE CIFRE DI CUI PROVENZANO PARLA CON VINCENZO COSENZA SONO ALTISSIME: “GIÀ FINO A GIORNO QUATTRO C’ERANO DUECENTOQUARANTA, TU MI HAI DETTO DUECENTOTRENTA... VA BEH IO DICO DUEQUARANTA, LASCIAMO STARE NO, MA UN MINUTO, MA QUESTO È UN FOGLIO, C’È UN ALTRO FOGLIO, PERCHÉ NOI ALTRI SIAMO PARTITI DA... DA QUANDO ABBIAMO COMINCIATO A PARTIRE...” per come merita: “...Io Vice’... in questo momento a me... mancano questi, perché io ho tante cose da fare, tu forse non mi credi”. Cosenza conosce l’argomento: “Troppe lamentele... quello dice che sono abbandonati di qua... di là... ma se non ci sono entrate che cosa vogliono!”. Da dove provengono le lamentele? “Fabio, dice non ci arrivano soldi”, aggiunge Cosenza. Fabio sarebbe Fabio Chianchiano, in carcere con l’accusa di essere stato il reggente dello Zen per conto dei Lo Piccolo. Provenzano non accetta le critiche. Lui si limita a eseguire gli ordini anche nella distribuzione dei soldi. C’è 80 S - IL MAGAZINE CHE GUARDA DENTRO LA CRONACA E SPUNTA UN PICCOLO ARSENALE Nell’inchiesta su Giuseppe Provenzano c’è anche il capitolo dedicato alle armi. Nel negozio di ferramenta gli uomini della polizia valutaria hanno trovato una pistola semiautomatica marca Zastava, calibro 9 parabellum, modello CZ, un revolver marca Taurus Brasil, calibro 38 special, una 357 magnum giocattolo modiÞcata pronta a sparare e una serie di munizioni. Un piccolo arsenale che adesso sarà passato ai raggi X. qualcun altro che decide: “Vice’... tutte queste cose le sa lui... a me lo vedi io che faccio, li prendo glieli do e loro mi dicono: ‘Questo a questo, questo a questo e questo a questo!’... E che minchia vogliono da me! Tu me lo dici a me che voglio... io sono a posto, io ho la coscienza a posto”. Le intercettazioni confermano le ricostruzioni dai pentiti. Dopo l’arresto dei Lo Piccolo, di Piero Alamia, Domenico e Nunzio Serio, Provenzano ha scalato le gerarchie. Lo ha detto Maurizio Spataro, il 10 ottobre scorso: “Questo soggetto di nome Pippo so che è titolare di un negozio di ferramenta in via San Lorenzo. Fu affiancato da Pino Lo Verde a Fabio Chianchiano nella gestione del mandamento di Cardillo-Zen in quanto ritenuto persona di fiducia dalla famiglia mafiosa”. Lo ribadisce Francesco Franzese, l’11 novembre: “Pippo Provenzano. Quest’ultimo ha un magazzino in via San Lorenzo sotto i portici e lo ho frequentato in occasione della vicenda del supermercato GS di via Castelforte. Ricordo che ero io a dover fare i relativi lavori, su disposizione di Sandro Lo Piccolo. Successivamente, come ho specificato in precedenti occasioni, mi venne tolto l’incarico di tali lavori e venne affidato al Provenzano Pippo, su disposizione del Lo Piccolo Calogero”. IL MAGAZINE CHE GUARDA DENTRO LA CRONACA - S 81