The Lord of the flies (Caterina Piazzesi)
Transcript
The Lord of the flies (Caterina Piazzesi)
LETTERATURA INGLESE Corso di Laurea in Tecnologie e didattica delle lingue Anno accademico 2007/2008 Lord of the Flies allegoria del XX secolo o favola morale? Caterina Piazzesi INTRODUZIONE Lord of the Flies è il primo romanzo scritto dal Premio Nobel per la letteratura William Golding. Egli scrisse questo libro soprattutto per stimolare riflessioni sulla natura umana; il tema predominante del romanzo, infatti, è la provocazione pessimista circa la concezione dell'uomo, che egli crede irrimediabilmente "cattivo", sia in natura che in società. L'autore mette in primo piano il perenne contrasto fra il bene e il male, mostrando il predominio degli istinti animaleschi sull'intelligenza. Questa chiave di lettura risulta ancora più sconvolgente perché l'odio sconfinato, in questo caso, non proviene da adulti, inevitabilmente corrotti, ma da giovani, ragazzi e bambini: gli "innocenti" per antonomasia. Dal libro si ricava quindi una visione pessimistica dell'indole umana, che è così malvagia tanto da trasformare un paradiso tropicale in un inferno di incredibile desolazione, mentre chi lo popola regredisce progressivamente verso uno stato di primitiva barbarie senza più freni inibitori. Molti critici hanno inteso Lord of the Flies come un’allegoria. Un’allegoria è una storia in cui i personaggi, l’ambientazione, gli oggetti e l’intreccio costituiscono la base per un significato che va al di là della storia stessa. Gli scrittori di allegorie cercano quindi di comunicare un significato astratto tramite l’utilizzo di immagini concrete. Questo romanzo può essere interpretato in svariati modi poiché è un romanzo così complesso che si presta ad essere visto come un’allegoria della situazione politica mondiale dopo la Seconda Guerra Mondiale; come una riflessione psicologica sull’umanità; o come un’allegoria della Bibbia, a spiegare la degenerazione dell’uomo. Lord of The Flies, come tutti i romanzi, nasce dalle esperienze e dagli interessi del suo autore. Esso è pervaso dalle idee occidentali sulla civilizzazione degli indigeni e sul colonialismo dell’Inghilterra. È una reazione alla convinzione che la cultura inglese sia superiore e che essere un inglese rappresenti l’esatto contrario dell’essere un selvaggio. Il romanzo deriva anche dalle teorie cristiane sulla natura e sul peccato umani. È influenzato dal dibattito sul determinismo biologico e dai racconti d’avventura che i ragazzi al tempo di Golding erano soliti leggere e soprattutto dagli eventi della Seconda Guerra Mondiale. 1 La particolarità, però, consiste nel fatto che invece di essere un prodotto del tempo, il romanzo è un potente commento sul Male radicato nell’uomo. Probabilmente ciò è dovuto al fatto che Lord of the Flies esplora alcune delle maggiori problematiche del nostro tempo: il desiderio di potere, la paura dell’ignoto e delle altre persone, la rabbia, la gelosia, il tradimento, la fede. In poche parole pone delle domande su quella che Golding stesso chiama ‘the darkness of man’s heart’. Si tratta di una narrativa che presenta diverse caratteristiche, quelle della fiaba, dell’allegoria e del mito, poiché tesa a rintracciare nella rappresentazione di realtà individuali e sociali problemi metafisici e teologici. È importante ricordare che il romanzo fu adattato anche in forma cinematografica una prima volta nel 1963 ad opera di Peter Brook e ancora nel 1990 da Harry Hook. 2 GENESI E TRAMA DEL ROMANZO Lord of the Flies è stato scritto nel 1954 da William Golding (Cornovaglia, 1911- 1993). Dopo essere diventato eroe di guerra, l’autore si avvicina alla prosa e riprende l'insegnamento abbandonato per via della guerra a cui prese parte arruolandosi nella Royal Navy; egli ha l'intenzione di sviluppare sotto forma di romanzo le riflessioni scaturite da un esperimento didattico condotto nella sua scuola. Questo consisteva nell'uscire dall'aula lasciando piena libertà alla classe; lo scopo di Golding era dimostrare le sue pessimistiche previsioni su ciò che sarebbe successo: caos e rissa aperta. Da questo strano esperimento Golding trae spunto per scrivere il suo primo romanzo. Quest’opera è anche il prodotto delle conclusioni tratte da Golding sulle esperienze vissute partecipando alla Seconda Guerra Mondiale. “Chiunque abbia vissuto in quegli anni”, dice Golding, “senza capire che l’uomo produce il male così come un’ape produce il miele, deve esser stato o cieco o con una rotella di meno in testa”. Nel 1983 gli fu conferito il Premio Nobel per la letteratura, la motivazione fu: "for his novels which, with the perspicuity of realistic narrative art and the diversity and universality of myth, illuminate the human condition in the world of today". La trama del romanzo si sviluppa in modo piuttosto lineare: un gruppo di ragazzi, in seguito ad un disastro aereo, si ritrova abbandonato su di un’isola tropicale, disabitata, senza la presenza di nessun adulto e dunque di alcuna forma di controllo sociale, mentre là fuori, oltre i confini dell’isola, il pianeta è coinvolto in un conflitto di notevoli dimensioni ma di cui Golding non precisa più di tanto i dettagli. L’autore si diverte così ad immaginare quali possano essere gli eventuali sviluppi di questo embrione societario, in cui mancano le perversioni, le “alienazioni”, gli eccessi e i contorti meccanismi relazionali degli adulti e dove l’uomo sembra essere tornato agli albori della civiltà. Inizialmente sembra che le cose procedano per il verso giusto; i giovani rampolli inglesi, ancora memori dei precetti educativi impartiti dall’ambiente in cui vivevano, tentano dapprima di organizzarsi in una società democratica, gerarchizzata e ordinata con regole da rispettare e un ruolo per tutti, sul modello della società adulta conosciuta. Ben presto, però, essi regrediscono ad uno stato di tribù primitiva, violenta, semi-cannibale, tirannica e adoratrice di un oscuro feticcio (il Lord del titolo, una testa di maiale infilzata su un palo)1. 1 Per la trama completa del romanzo si rimanda all’appendice in calce al presente elaborato. 3 AMBIENTAZIONE L’isola su cui è ambientato Lord of the Flies si trova da qualche parte nel Pacifico o nell’Oceano Indiano. La localizzazione è vaga in modo da conferire alla storia maggiore astrattezza ed enfatizzare il suo aspetto fantastico. È palese che l’ambientazione della favola è stata scelta dalla tradizione dei racconti d’avventura che vanno dal Robinson Crusoe di Daniel Defoe (1719), al Coral Island di Ballantyne (1857)2. Le azioni dell’intreccio si verificano in alcuni luoghi dell’isola che contengono un significato simbolico: la giungla, la montagna, la laguna, il castello. La giungla è collocata su un lato dell’isola ed è dominata da una montagna rocciosa. Essa è ricca di piante esotiche ed alberi da frutto che sono la principale fonte di cibo per i ragazzi prima che inizino a cacciare i maiali che la popolano. Le piante sono anche il materiale usato per la costruzione dei rifugi, così come il legno dei tronchi serve per il fuoco. Inoltre la giungla rappresenta il riparo di Ralph quando si nasconde da Jack ed il suo gruppo nel capitolo finale ed è il luogo in cui Simon ha le sue visioni dinanzi al ‘Lord of the Flies’. Al lato opposto della giungla troviamo la laguna dove i ragazzi vanno a fare il bagno e dove si incontrano per la prima volta dopo l’incidente. Lì vicino, sulla montagna, c’è una piattaforma dove viene stabilito ci debba essere un fuoco sempre vivo come segnale per le navi passeggere. È qui che si incaglia il corpo del paracadutista scambiato per la Bestia. Vicino alla laguna si estende la spiaggia dove Ralph e Piggy trovano la conchiglia e dove vengono convocate le assemblee. Sull’altro lato dell’isola si erge un castello di roccia che diventa fortezza di Jack quando si proclama capo assoluto. È da qui che Piggy precipita sulle rocce sottostanti rimanendo ucciso. Golding ci dà un grande senso del luogo e l’isola sembra cambiare aspetto in base alla direzione che prende la storia. All’inizio essa ci appare come un paradiso, lussureggiante e ricco di cibo; non appena la paura per la Bestia cresce essa diventa un inferno in cui prevalgono il fuoco e l’angoscia. TEMI Lord of the Flies contiene più di un tema o significato, ma il più importante è chiaramente quello che vede la vita sociale strettamente connessa con l’integrità morale dei suoi singoli membri. Golding dice: 2 È possibile leggere un approfondimento della tematica nel paragrafo ‘Considerazioni sull’uso ironico di The Coral Island’. 4 “The theme is an attempt to trace the defects of society back to the defects of human nature. The moral is that the shape of a society must depend on the ethical nature of the individual and not on any political system however apparently logical or respectable. The whole book is symbolic in nature except the rescue in the end where adult life appears, dignified and capable, but in reality enmeshed in the same evil as the symbolic life of the children on the island. The officer, having interrupted a manhunt, prepares to take the children off the island in a cruiser, which will presently be hunting its enemy in the same implacable way. And who will rescue the adult and his cruiser?” Nel romanzo Golding sembra dire al lettore che questa natura etica non è una caratteristica intrinseca dell’uomo, al contrario, permane in lui una certa tendenza al Male. Deve essere la moralità a prevalere in modo tale che l’uomo si comporti correttamente e che la società venga preservata, poiché senza repressione essa frana su se stessa e vige l’illegalità. Sebbene questa sia l’idea principale della storia, è possibile rintracciarne molte altre al di sotto di essa. Civiltà VS Barbarie Uno dei temi maggiormente sviluppati nell’opera è il bisogno di civiltà dell’uomo. Contrariamente al principio secondo il quale l’uomo è innocente e la società malvagia, la storia mostra che leggi e regole sono indispensabili per il mantenimento dell’ordine poiché limitano la parte oscura della natura umana. Quando le istituzioni ed il loro controllo vengono meno o sono ignorati gli uomini ripiegano sulla loro predisposizione al primitivo. Si ha quindi un conflitto tra l’impulso umano alla barbarie e le regole di civiltà atte a contenerlo, nel racconto tale tema è rappresentato dallo scontro tra Ralph e Jack, che ritraggono i due poli di questa opposizione. Le differenti ideologie sono espresse dall’attitudine dei due ragazzi all’autorità, mentre Ralph usa la propria per stabilire regole, perseguire ciò che è bene per il gruppo e rafforzare il codice morale della società inglese di cui fanno parte, Jack è interessato alla supremazia sugli altri ragazzi per gratificare i suoi impulsi. Quando diventa il leader della sua tribù egli pretende la completa obbedienza dai suoi compagni, che lo servono e lo adorano come un idolo. La sete di potere di Jack suggerisce che la barbarie non assomiglia all’anarchia, ma al totalitarismo. L’enfasi posta da Golding sulle conseguenze negative dell’istinto primitivo suggeriscono che una delle principali funzioni della società è quella di fornire uno sfogo agli istinti primordiali che permangono in ogni individuo. Ad esempio, il desiderio di Jack di dimostrare coraggio è incanalato nella caccia, così che non rappresenta un pericolo poiché gli impulsi sono trasformati in un compito 5 produttivo per la comunità. Gli aspetti pericolosi del suo carattere emergono quando egli si rifiuta di riconoscere l’autorità di Ralph e la legittimità della società. La spaccatura tra civiltà e barbarie è comunicata anche attraverso alcuni simboli: la conchiglia, associata a Ralph, e il ‘Lord of the Flies’, associato a Jack. La conchiglia è un segno di ordine democratico, serve a confermare sia la leadership di Ralph che il potere dell’assemblea. Non appena il conflitto tra i due personaggi aumenta, la conchiglia perde l’importanza simbolica originaria. Allo stesso tempo, il significato del ‘Lord of the Flies’, l’offerta fatta alla Bestia, aumenta sempre di più in quanto simbolo della predominanza dell’inciviltà sull’isola e di conseguenza di Jack sul resto dei ragazzi. La distruzione della conchiglia durante l’uccisione di Piggy afferma la completa estirpazione del buon senso, mentre il gesto di Ralph che demolisce il feticcio (per utilizzare il bastone come arma), rappresenta la sua personale regressione alla violenza. Individualismo VS Comunità All’interno del romanzo il tema del ruolo dell’individuo nella società è molto importante. Molti dei problemi che nascono sull’isola derivano dal perseguimento dell’interesse personale piuttosto che di quello comunitario. I ragazzi vogliono appagare i propri desideri invece che collaborare vicendevolmente per il bene del gruppo. I principi di comunità e individualismo sono rispettivamente rappresentati da Ralph e Jack. Il primo vuole assicurare la salvezza, il secondo vuole divertirsi e soddisfare la propria brama di potere. L’opportunismo dei ragazzi ha il suo culmine quando decidono di prendere parte alla tribù di Jack, una società priva di valori che trova il suo fascino nella totale libertà offerta dal capo. Questa libertà, però, è illusoria; Jack controlla il comportamento dei ragazzi molto più di Ralph, stabilendo regole punitive e senza alcuna logica. Golding non suggerisce soltanto che il sistema comunitario è migliore rispetto ad uno basato sull’interesse individuale, ma anche che la libertà personale è un valore impossibile da perseguire all’interno di un gruppo dinamico che ha come meta l’organizzazione. L’origine del Male Il male è innato nello spirito umano oppure è il risultato di una forza esterna? Che ruolo hanno le regole societarie e le istituzioni nella creazione del Male? La forza del Male varia da persona a persona o dipende dalle esperienze che ogni individuo vive? 6 Tutte queste domande sono al cuore di Lord of the Flies che, attraverso una dettagliata descrizione delle differenti risposte che i ragazzi danno attraverso i loro comportamenti, presenta una complessa articolazione della potenziale malvagità dell’uomo. È importante notare che il romanzo rifiuta la concezione religiosa sull’origine del Male. Mentre per i ragazzi la Bestia è l’incarnazione del diavolo (come Satana nella concezione cristiana), il romanzo dimostra che questa interpretazione non è soltanto sbagliata, ma è anche la motivazione dell’aumento della crudeltà nei ragazzi. È proprio la loro paura irrazionale per la Bestia che dà vita alla loro paranoia e porta al fatale contrasto tra Ralph e Jack e tra i loro rispettivi seguaci, impedendo loro di riconoscere le proprie responsabilità. La Bestia, come si evince dal discorso tra Simon e il ‘Lord of the Flies’, è una forza interna, presente in ogni uomo, universale, che non può essere sconfitta. Nonostante questo, il romanzo non è completamente pessimista nei confronti della presenza di bontà nell’uomo. Gli impulsi negativi sono presenti nella psiche umana in gradazioni diverse e la capacità di controllarli varia da individuo ad individuo. Attraverso i diversi personaggi, il romanzo presenta una sorta di classifica di malvagità, a cominciare da Jack e Roger che sono impazienti di usare la violenza, per finire con Ralph e Simon, che lottano per contenere i propri istinti brutali. Possiamo notare che ci riescono proprio facendo appello al codice etico e sociale, alle regole morali che decidono essere “buone”. L’ironica e ambigua conclusione di Lord of the Flies, comunque, chiama in causa il ruolo della società nel forgiare il Male dell’uomo. L’ufficiale di marina è coinvolto in una guerra sanguinaria che è la causa dell’incidente aereo di cui sono vittime i ragazzi e che si riflette nella guerra tra i sopravvissuti. In questo senso, la malvagità presente sull’isola non è la conseguenza della lontananza dalla civiltà, ma l’interiorizzazione da parte dei ragazzi degli ideali che si diffondono in guerra. I ragazzi vengono quindi corrotti dalla pressione interna esercitata dalla violenta natura umana o dalla condizione di guerra in cui sono cresciuti? Lord of the Flies non dà risposta a queste domande che nascono spontanee durante la lettura e spinge il lettore a riflettere sulla complessa relazione tra società, moralità e natura umana. Uomo VS Natura Immersi nell’ambiente dell’isola i ragazzi esprimono attitudini differenti nei confronti della natura, esse riflettono le loro personalità e le loro inclinazioni ideologiche. La relazione dei ragazzi con il mondo della natura sembra distinta in tre categorie generali. La prima, la sottomissione della natura, 7 è incarnata da Jack, il cui impulso primario è cacciare i maiali. Egli cerca di imporre la volontà umana sulla natura, soggiogandola ai suoi desideri. L’ultima azione di Jack, appiccare il fuoco nella foresta, riflette il suo disprezzo per la natura e dimostra la brutalità del suo carattere. La seconda categoria, l’armonia con la natura, è incarnata da Simon, che trova pace e bellezza nel paesaggio, come è evidente dal suo ritiro solitario nella radura. Per Simon la natura non è un nemico dell’uomo, ma una parte dell’esperienza umana. La terza categoria, subordinazione alla natura, è incarnata da Ralph, che diversamente da Simon non trova pace o armonia con il mondo della natura. Egli, come Jack, capisce che si tratta di un ostacolo alla sopravvivenza sull’isola, ma mentre Jack risponde in maniera distruttiva contro le piante e gli animali, Ralph si ritira, non partecipa alla caccia o all’escursione di Simon sulla cima della montagna, resta sulla spiaggia, il posto più umanizzato dell’isola. Come la caccia di Jack è indice di un carattere violento, l’isolamento di Ralph dalla natura dimostra la sua riluttanza nel fronteggiare il pericolo e la sua propensione alla civiltà. Disumanizzazione delle relazioni Nel romanzo Lord of the Flies una delle conseguenze della regressione alla barbarie è l’incapacità dei ragazzi di riconoscere l’umanità l’uno dell’altro. Essi non sono più capaci di distinguersi dai maiali che cacciano per sfamarsi. Dopo aver cacciato per la prima volta un maiale i ragazzi simulano una nuova caccia in una danza rituale, usando Maurice, come un sostituto del maiale. Questo episodio è soltanto un’estremizzazione della loro degenerazione, ma all’aumentare dell’inciviltà corrisponderà anche un maggiore senso di “animalità”. In seguito, infatti, ripeteranno il rituale con Robert come sostituto del maiale e stavolta andranno vicini ad ucciderlo veramente. L’uso di un ragazzo al posto della preda nel gioco rituale, richiama l’attenzione sulle conseguenze della loro autogratificazione: i ragazzi diventano incapaci di vedersi gli uni con gli altri come nient’altro che oggetti, sottoposti alla volontà ed ai desideri individuali. Questa disumanizzazione dei ragazzi anticipa i tragici eventi che porteranno all’uccisione di Simon e Piggy e alla persecuzione di Ralph. Simon viene ucciso perché scambiato per la Bestia, una creatura inumana che nasce dalla paura e dalla tristezza dei ragazzi. Il nome di Piggy lo collega simbolicamente ai maiali selvatici che popolano l’isola e che sono i primi destinatari degli impulsi violenti di Jack e dei suoi sostenitori. Inoltre, questo soprannome lo rende un personaggio la cui umanità, agli occhi degli altri, è ambigua. Sia letteralmente che simbolicamente i due ragazzi non vengono più distinti dagli animali cacciati e uccisi. 8 Inoltre, la civiltà distingue l’uomo dagli animali insegnandogli a pensare e a scegliere. Quando essa viene meno e l’uomo dà ascolto soltanto all’istinto primitivo, la sua identità si disintegra. I ragazzi usano maschere per nascondere la propria identità e sentirsi liberi di uccidere. La perdita dell’innocenza Alla fine del romanzo Ralph piange per la fine dell’innocenza, un lamento che in maniera retroattiva enfatizza uno temi principali di Lord of the Flies. All’inizio i ragazzi di comportano come bambini, alternando divertimento e profonda disperazione per la situazione in cui si trovano. Alla fine della storia imitano il comportamento bellico degli adulti: attaccano, torturano, e infine si uccidono senza alcun rimorso. Possiamo notare inoltre che la perdita di innocenza è registrata anche nel cambiamento che subisce il paesaggio. Simon vede la radura dove si rifugia come un posto meraviglioso e pacifico, ma quando vi torna trova al centro il ‘Lord of the Flies’, impalato su un bastone, un potente simbolo di come l’innocenza dell’infanzia sia stata schiacciata dalla paura. Anche Ralph subisce questa perdita; viene inizialmente presentato come un bambino che gioca nell’acqua, che prende in giro Piggy e gli assicura che il padre arriverà a salvarli. Ralph ripete spesso, lungo il racconto, di confidare nel salvataggio e questa convinzione non è altro che il frutto della mente di un ragazzino spaventato. Alla fine del romanzo perde la speranza, passa da una concezione idealista ad un maggiore senso della realtà, sintomo che la sua fanciullezza è stata demolita dalle esperienze sull’isola. SIMBOLISMO I simboli sono oggetti, personaggi o figure utilizzate per rappresentare idee o concetti astratti. L’isola Il romanzo è ambientato su un’isola che è una metafora del mondo: i ragazzi sono intrappolati su di essa come noi lo siamo sulla terra e devono guardare dentro se stessi per risolvere i problemi della loro microsocietà. In questo modo l’isola, che simboleggia l’isolamento, serve come perfetto sostrato per le fragilità umane che alla fine hanno il sopravvento. 9 La conchiglia Ralph e Piggy all’inizio del racconto trovano una bellissima conchiglia sulla spiaggia e la usano per riunire tutti i ragazzi sopravvissuti all’incidente. La conchiglia diventa così un potente simbolo della civiltà e dell’ordine del mondo adulto sull’isola, per questo Piggy e Ralph si appellano spesso ad essa per richiamare l’attenzione degli altri. La conchiglia è lo strumento che regola le assemblee, dal momento che chi la tiene in mano ha il diritto di prendere la parola. La conchiglia assume, quindi, il valore di reale vessillo di legittimità politica e potere democratico. Quando la civiltà comincia a scomparire ed i ragazzi si trasformano in perfetti selvaggi la conchiglia perde la propria influenza. Ralph stringe disperatamente la conchiglia quando parla del suo ruolo nell’uccisione di Simon. In seguito gli altri ragazzi lo ignorano e lo prendono a sassate quando cerca di suonare la conchiglia al castello di Jack. Il masso che Roger spinge su Piggy spacca anche la conchiglia, indicando la completa perdita di civiltà dei ragazzi. Gli occhiali di Piggy Piggy è il più intelligente e razionale del gruppo; i suoi occhiali simboleggiano il potere della scienza e lo sforzo intellettuale. Questo significato è chiaro dall’inizio del racconto, quando i ragazzi ne usano le lenti per accendere il fuoco. Quando Jack ed i cacciatori rubano gli occhiali, i selvaggi acquistano il potere di fare il fuoco, lasciandone privo il gruppo di Ralph. Il fuoco Il segnale fatto con il fuoco prima sulla montagna e poi sulla spiaggia serve ad attirare l’attenzione delle navi passeggere che potrebbero salvare i ragazzi. Il fuoco diventa così il barometro del legame dei ragazzi con la civiltà, quando viene lasciato spegnersi essi hanno perso di vista il desiderio di essere salvati ed accettato la vita selvaggia sull’isola. Ironicamente, alla fine del romanzo, un fuoco induce una nave ad accostarsi all’isola, ma non è l’iniziale segnale di fuoco. Esso è il fuoco della barbarie, la foresta è in fiamme come strumento per uccidere Ralph. 10 La Bestia La Bestia immaginaria che spaventa tutti i ragazzi rappresenta l’istinto malvagio che alberga dentro gli esseri umani. Quando i ragazzi diventano più selvaggi la loro convinzione sull’esistenza della Bestia aumenta enormemente e le sacrificano una testa di maiale per tenerla buona. Il comportamento dei ragazzi è ciò che fa nascere la Bestia e le dà dei connotati fisici e reali. Lord of the Flies Il ‘Lord of the Flies’ è la testa di maiale, mozzata ed insanguinata, che Jack infilza su un palo nella foresta come offerta alla Bestia. Questo strano simbolo diventa l’immagine più importante nel romanzo quando rivela a Simon che il Male giace nel cuore dell’uomo e gli annuncia che si divertirà con lui (questo divertimento preannuncia la morte di Simon nei capitoli successivi). In questa maniera, il ‘Lord of the Flies’ diventa una manifestazione fisica della Bestia, un simbolo del potere del diavolo e una sorta di figura satanica che evoca la presenza della Male in ogni uomo. Ralph, Piggy, Jack, Simon, Roger Lord of the Flies è un romanzo allegorico e molti dei personaggi incarnano importanti idee o temi. Ralph rappresenta l’ordine, la leadership, la civiltà, l’integrità morale. Piggy la scienza e l’aspetto intellettuale della civiltà. Jack rappresenta la selvaggia barbarie ed il desiderio sfrenato di potere. Simon è il simbolo della naturale bontà umana, mentre Roger rappresenta la brutalità ed il sadismo ai massimi livelli. I bambini più piccoli, se vogliamo intendere la società dei ragazzi come uno stato, possono essere visti come la gente comune, mentre i più grandi come la classe politica ed i leader. I ragazzi più razionali, come Ralph, usano il proprio potere per proteggere i più piccoli e perseguire il bene del gruppo; i ragazzi selvaggi, come Jack e Roger, usano il potere per gratificare i propri interessi personali, trattando i piccoli come oggetti di divertimento. FAVOLA MORALE Norman Page scrive: “He [Golding] sets out simply (though what could be a greater subject?) to show us what human beings are really like - not just as husbands and wives, neighbours or lovers, at 11 work or in pursuit of happiness (all this being the province of most fiction), but as souls or essences stripped of all earthly trappings and seen sub specie aeternitatis.”3 Nel panorama ampio e variegato della favola tradizionale, uno dei punti fermi del genere è l’intento morale o didattico che essa propone. La favola appaga nel lettore il gusto della semplificazione racchiuso nella classica “distinzione fra bene e male”, in un gioco di dualità opposte, estreme, dove mancano compromessi morali fra le parti antagoniste. Una favola è quindi una breve storia in forma narrativa ideata per comunicare un insegnamento morale. Le più conosciute sono quelle di Esopo, in cui i personaggi principali sono animali parlanti ed il finale è caratterizzato da una verità lapalissiana. Personaggi semplici ed intreccio lineare lasciano poco spazio alle speculazioni personali, per questa ragione è ironico che Golding stesso intenda Lord of the Flies come una favola. Il corrispettivo letterale inglese di favola, “fable”, non si limita però a questa tipologia didattica, ma allarga i suoi orizzonti racchiudendo numerose opere di argomento utopistico, fantascientifico oppure politico4. E’ indubbio che il “fable” tradizionale si differenzia di gran lunga dal “fable” moderno e contemporaneo, in particolare nella scelta dell’approccio retorico, nella formulazione in termini poetici dell’immagine letteraria. Golding esprime la propria morale attraverso personaggi tridimensionali che esprimono la propria valenza, all’interno dell’economia della storia, interagendo gli uni con gli altri e con l’ambiente esterno. Impiegando esseri umani, Golding ha la possibilità di confrontarsi con forme del pensiero complesse e non soltanto con opposizioni elementari, come invece avviene nelle favole classiche. Gli esseri umani, infatti, spesso si comportano in modi che contrastano con i valori che sanno consciamente essere giusti. Ralph, ad esempio, si ritrova ad attuare lo stesso comportamento selvaggio che condanna negli altri ragazzi; egli è così semplicemente un uomo che ricorre alla brutalità in circostanze particolari. Così come Piggy, che rappresenta la ragione, nonostante la maggiore intelligenza, non riesce a trovare il modo per esprimersi in maniera tale che gli altri capiscano. Golding cerca di fornire una lezione morale, ma questa manca del tono decisivo e chiaro delle massime che solitamente concludono le favole. Alla fine del romanzo il lettore non ha imparato che il Male è confinato nella parte aggressiva della popolazione, ma che il buon senso non può salvare 3 Questo brano è citato da NORMAN PAGE (curatore), William Golding: Novels, 1954-67, Macmillan Press, Casebook Series, Houndnulls, Basingstoke and London, 1985, Introduction p.16 4 Ad esempio Animal Farm di G.Orwell o Gulliver Travels di J. Swift 12 l’umanità da se stessa e nemmeno le rivelazioni mistiche o l’istinto visionario possono salvarci: il Male vive in tutti noi e non c’è proverbio che possa rimediare. Invocando la complessità che caratterizza la natura umana, il racconto di Golding si serve della struttura fiabesca e riesce comunque a darci una lezione morale. Interessante in proposito è la lettura del saggio critico di J. Peter, intitolato proprio The Fables of William Golding. Qui l’autore propone fin da subito una distinzione tra “fiction” e “fable”. Il genere della “fiction” ha lo scopo di far emergere la complessità della vita, mostrata dalle esperienze di cui tratta, e di condurre a conclusioni che sono già latenti nella narrativa stessa. Il “fable”, al contrario, parte da uno scheletro astratto (le convinzioni dell’autore) che viene concretizzato e reso convincente attraverso la trasposizione in azioni reali. La funzione del “fable” è proprio quella di comunicare un precetto morale preesistente rispetto alla narrativa. Quello che Golding cerca di esprimere è che il Male si trova all’interno della stessa mente umana, anche se l’innocenza può nasconderlo, ed è pronto a liberare la propria forza non appena si presenta un’occasione propizia. La società dei ragazzi rappresenta, in embrione, la società degli adulti, i loro impulsi e le loro convinzioni sono quelli degli adulti. Ed è proprio grazie a questa riduzione in termini adolescenziali che il tema trattato dall’autore acquista maggiore forza e l’opera appare come un giudizio ironico sulla natura dell’uomo. Golding, in quanto moralista ortodosso, sostiene che l’uomo è una creatura decadente e si rifiuta di dare al Male una dimensione propria, al contrario, il ‘Lord of the Flies’ è in ognuno di noi, pronto a mostrarsi qualora glielo consentiamo. L’intensità con cui questa tesi è sviluppata rende Lord of the Flies un “fable”, una compiuta traduzione di una proposizione dell’autore in termini drammatici e plastici, artistici in parole povere. Si tratta di una traduzione completa poiché la tesi è assorbita dal racconto, sin dall’inizio infatti i ragazzini mostrano un sospetto irrazionale in base al quale l’isola sarebbe abitata da una fantomatica Bestia, ne avvertono la presenza, in maniera tangibile. Così come, in base alla stessa illogica paura, rivedono nel corpo del paracadutista incastrato tra le rocce la Bestia. L’angoscia che li coglie è così concretizzata, assume le fattezze di una creatura senza nome, ma non è altro che la personificazione della natura stessa dell’uomo. Peter critica l’eccessivo intervento da parte di Golding e lo giudica come il difetto principale dell’opera. L’autore, infatti, rende esplicito il proprio punto di vista sulla condizione umana 13 attraverso numerosi elementi, ad esempio tramite le parole e la chiaroveggenza di Simon (egli dice “maybe it’s only us”, in riferimento alla Bestia). Secondo Peter ciò fa sì che ci si imbatta nell’errore tipico di tutte le favole, ovvero che si abbia una trasposizione incompleta della tesi nella storia, un’asserzione dell’autore piuttosto che un’attuazione della stessa all’interno del racconto. Peter esprime così il suo pensiero: “it [the fault] obtrudes itself in almost everything – thought, action, and hallucination – that concerns the clairvoyant Simon, the “batty” boy who understands “mankind’s essential illness”, who knows that Ralph will get back to where he came from, and who implausibly converses with the Lord of the Flies.”5 Molti critici hanno sottolineato come Golding, in quanto favolista e creatore di miti, tenda ad essere troppo schematico e strutturato, rappresentando un mondo estremamente semplificato perché i lettori possano considerarlo autentico. L’eccessiva rigidità nel disegno e nelle intenzioni è, probabilmente, una pecca di ogni fiaba; essa, se troppo lineare, non sufficientemente radicata nell’attualità, mostra soprattutto il proprio aspetto estetico, se ne ricava quindi una visione ristretta. ALLEGORIA Allegoria psicologica La Henningfeld6 ci ricorda che alcuni critici, basandosi sulla psicologia freudiana, hanno proposto una lettura di Lord of the Flies come allegoria della psicologia umana, in cui ogni personaggio raffigura un diverso aspetto della psiche umana: l’Id, il Superego, e l’Ego. Come sosteneva Freud, l’Id (che si trova nell’inconscio) è sempre impegnato nella gratificazione dei propri impulsi, che cercano di assicurarsi il piacere senza alcuna preoccupazione per il prezzo che ciò comporta. L’impulso di Jack ad inseguire ed uccidere viene soddisfatto con l’uccisione del maiale. Jack non tiene in considerazione altro che non sia la propria soddisfazione, per questo motivo può essere considerato una rappresentazione allegorica dell’Id. Il Superego è quella parte della psiche che cerca di controllare il comportamento impulsivo dell’Id, lavora come una censura interna. In Lord of the Flies, Piggy interpreta questo ruolo. Egli ricorda costantemente a Ralph la necessità che il fuoco venga mantenuto vivo e che ci si occupi dei più piccoli. Comportandosi così, induce Ralph a controllare Jack. Piggy capisce che Jack lo odia perché si frappone tra lui ed il raggiungimento del piacere. Quindi, così come il Superego deve usare l’Ego per controllare l’Id, Piggy non è in grado di frenare Jack da solo e deve ricorrere a Ralph. Infine, 5 6 JOHN PETER, The Fables of William Golding (1957), in NORMAN PAGE, Op. cit., pag. 38. DIANE ANDREWS HENNINGFELD, nel saggio Novels for Students, Gale, 1997. 14 l’Ego è la parte conscia della mente che ha il ruolo di mediare tra le richieste dell’Id e le pressioni sociali apportate dal Superego. Freud chiama ‘realtà principale’ questo processo di mediazione; esso consiste nella nozione secondo la quale il piacere immediato deve essere negato in modo da evitare conseguenze dolorose o mortali. Ralph ricopre chiaramente questo ruolo. Egli cerca di controllare Jack e impegna le proprie energie nel mantenimento del fuoco e nella costruzione dei rifugi. Per farlo, reprime la propria voglia di cacciare e si dedica al conseguimento del salvataggio. In una lettura freudiana del romanzo Golding sembra dire che senza l’aiuto delle norme sociali è l’Id, l’istinto amorale che governa il senso di sopravvivenza individuale, a prendere il sopravvento e a controllare la psiche umana. Esso, nell’irrazionale perseguimento dei propri fini, è per natura malvagio. Allegoria politico-sociale Prendendo in considerazione il contesto storico di Lord of the Flies è possibile intendere il romanzo come allegoria politica e (forse troppo forzatamente) come ammonizione nei confronti dei leader mondiali contemporanei. Una lettura del genere deve tenere conto della situazione politica e sociale alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Per molti anni, leader come il Primo Ministro inglese Winston Churchill ed il presidente degli USA Franklin D. Roosevelt avevano guidato i paesi democratici contro il totalitarismo di Hitler e Mussolini. Durante i primi anni Cinquanta il mondo era diviso in due schieramenti, uno era quello democratico dell’Europa Occidentale e degli Usa, l’altro era quello comunista dell’Europa Orientale e dell’Unione Sovietica; il mondo appariva minacciato dall’incombente esplosione di una guerra atomica. Non bisogna dimenticare il carattere coercitivo che ha un uso premeditato del terrore nelle alte sfere del potere. Un esempio può essere rintracciato nell’uso che Jack fa della paura per raggiungere i propri scopi, l’angoscia per una Bestia sconosciuta, infatti, porta il gruppo a cadere nelle sue mani. Jack usa la sua leadership anche per conservare il prestigio e la fierezza, nasconde la propria immagine dietro una maschera, così come faranno tutti i suoi seguaci, dipingendosi il volto. La pittura istituzionalizza il gruppo e fa sparire l’identità personale. In tutte le società dittatoriali c’è un’uniformità nel mondo in cui la gente pensa, si veste e reagisce a certi stimoli; la stessa cosa accade all’interno della tribù di Jack. 15 Al contrario, l’ordine stabilito all’inizio del racconto può essere inteso come una democrazia. In un sistema del genere, però, è difficile incanalare la propria scontentezza, mentre un sistema fascista fornisce diverse possibilità di sfogare l’insoddisfazione, attraverso l’ostilità, l’odio e la violenza, che sono emozioni più semplici da provare rispetto a quelle della democrazia, in cui ogni componente deve collaborare con gli altri per il mantenimento dell’ordine. La forza dell’allegoria ideata da Golding è la relazione che si stabilisce tra i personaggi e gli ideali che essi incarnano. Ralph rappresenta la leadership, il carisma e la ragione. Egli ha spesso bisogno di Piggy per spiegare chiaramente quali siano le sue intenzioni. Piggy incarna la voce degli adulti. È deriso da tutti e ciò contrasta con la sua capacità di identificare l’ignoranza e la mancanza di buon senso. Jack è il simbolo del trionfo dell’istinto. Una figura che può essere vista come la reincarnazione delle forze del male è Roger. Egli è assetato di sangue, sadico e trova piacere nel cacciare gli animali, ma anche le persone. Se Jack rappresenta il Male, Roger rappresenta la malvagità come una forza astratta. La loro relazione è paragonabile a quella tra Piggy, che simboleggia la voce della ragione, e Ralph, il cui carisma porta alla luce i propositi razionali di Piggy. Roger è anche il potere esecutivo, l’autorità indispensabile che sta accanto al leader facendo il lavoro sporco. Simon può essere visto come il filosofo che sacrifica il divertimento per dedicarsi a sforzi mentali più complessi. Sam and Eric sono partecipi del mantenimento dell’ordine, essi hanno bisogno di un legame con il gruppo simile a quello che li unisce in quanto gemelli. La forza della loro unione, nell’intento di essere considerati una sola persona, è così esplicita che gli altri ragazzi li chiamano usando un nome unico, Samneric. Essi sono sottomessi al capo. All’inizio accettano l’ordine della conchiglia, ma in seguito prevalgono altri sentimenti e infine tradiscono Ralph. Il loro tradimento è dovuto alla loro innocenza, ma nel mondo adulto il loro comportamento può essere visto come un segno di codardia e opportunismo. Lord of the Flies è, in parte, un’allegoria della Guerra Fredda. Pubblicato nel 1954, il romanzo è fortemente radicato nelle vicende socio-politiche del periodo, è infatti collegato agli effetti negativi che ogni guerra ha sugli individui e sulle relazioni sociali. Le azioni del romanzo scaturiscono da una ipotetica guerra atomica tra l’Inghilterra ed il comunismo presente in Cina, Europa orientale e Unione Sovietica. Il conflitto tra i ragazzi riflette quindi quello tra democrazia liberale e comunismo totalitaristico. Ralph rappresenta la democrazia, la tradizione liberale e si scontra tragicamente con Jack, simbolo di dittatura militare simile, nella visione occidentale, ai leader comunisti come Stalin. 16 Vestito con un mantello ed un berretto neri, con i capelli rossi, Jack evoca visivamente i “Rossi” nella finzione del romanzo, e l’U.R.S.S. storicamente parlando, i cui colori erano rosso e nero. Non appena la tensione tra i ragazzi sfocia nel sangue il lettore si rende conto delle pericolose conseguenze di un conflitto ideologico. L’arrivo dell’ufficiale sottolinea questa allegoria. Egli incarna il pensiero militarista, in quanto inglese è legato al fronte democratico della Guerra Fredda. La presenza dell’ufficiale è una provocazione: Golding suggerisce che anche una guerra condotta nel nome della civilizzazione può ridurre l’uomo ad uno stato selvaggio e barbaro. Allegoria religiosa Il titolo del romanzo ha due significati, entrambi caratterizzati da un significato religioso; il primo è un riferimento ad un verso di King Lear “As flies to wanton boys, are we to gods, — They kill us for their sport", il secondo è un riferimento al nome ebreo Ba'alzevuv, in greco Beelzebub, tradotto in ‘God of Flies’. Questo è il dio che scende agli inferi nella stagione secca, durante la quale abbondano le carogne di animali coperte di mosche. Nella tradizione ebraica viene identificato con satana, che appunto viene chiamato anche Belzebù. Uno dei principali punti di discussione tra i critici che hanno studiato Lord of the Flies è il significato delle numerose allusioni alla mitologia ebraico-cristiana. Molti studiosi hanno sostenuto che questi riferimenti qualificano il romanzo come allegoria biblica, ad una lettura attenta del romanzo, infatti, si può notare non solo l'abbondanza di immagini e temi biblici nel testo, ma anche i modi in cui la religione ed i temi religiosi sono utilizzati. Il romanzo presenta effettivamente questi riferimenti, Golding, tuttavia, non crea un’esplicita connessione, questi parallelismi funzionano come una sorta di sottoinsieme che dà maggiore risonanza alla storia. In particolare nel romanzo viene evocato il racconto biblico del bene e del male. Nei primi capitoli, l'isola stessa somiglia al Giardino dell’Eden della Genesi, con i suoi paesaggi pittoreschi, abbondanza di frutti e tempo gradevole. Di conseguenza, i ragazzi sono simbolicamente legati ad Adamo ed Eva. La prima azione di Ralph dopo l'incidente aereo è di spogliarsi dei suoi abiti per fare il bagno, è un gesto che ricorda la nudità di Adamo ed Eva e l'atto del battesimo, un rito cristiano, che, in qualche modo, rinnova nel peccatore uno stato di grazia. Inoltre l’identificazione di Jack con la caccia e di Ralph con la protezione, così come il loro palese antagonismo, sembrano un’allegoria della storia di Caino e Abele. 17 Golding estende l’allusione all’Eden mostrando come la soddisfacente vita sull’isola ben presto venga corrotta dalla paura. La paura inizialmente è provocata dai racconti circa la presenza di una strana creatura che i ragazzi chiamano “cosa che striscia”; essa ricorda la presenza di Satana nel giardino dell’Eden, che dissimulava se stesso prendendo le sembianze di un serpente. A differenza di Adamo ed Eva, i ragazzi si sbagliano circa la creatura, che non è una forza esterna (come Satana), ma una proiezione degli impulsi che sono connaturati nella psiche umana. È l’incapacità dei ragazzi di riconoscere il pericolo del male in se stessi, che li spinge in un profondo stato di barbarie e di violenza. Per Golding in ogni caso le forze sataniche che scaturiscono nel romanzo nascono dalla psiche umana e non da un regno soprannaturale come accade nella mitologia religiosa da cui prende spunto. La storia di Simon è presentata come quella di un profeta o quella di Gesù Cristo. Simon è profondamente spirituale, compassionevole, non violento, e in armonia con il mondo naturale. Come molti profeti biblici e come Gesù, egli è escluso e ridicolizzato come un "outsider" per ciò che gli altri considerano un comportamento bizzarro. I critici hanno anche osservato che il confronto tra Simon e il ‘Lord of the Flies’ assomiglia alla conversazione tra Cristo ed il diavolo, descritta nel Nuovo Testamento. Lungo il racconto Simon ha una conversazione con il totem rappresentato dalla testa di maiale offerta alla Bestia, durante la quale egli capisce l’eterna condizione dell’uomo: la sconfitta della ragione e lo sviluppo della follia nelle anime corrotte dalla paura. I critici hanno inoltre notato un parallelismo tra l'omicidio di Simon e il sacrificio di Cristo sulla croce. Quando il ragazzo torna dai compagni per raccontare la scoperta che ha fatto viene ucciso con una lancia e la sua profezia viene ignorata. La descrizione della sua morte, il modo in cui viene ucciso, e soprattutto la causa per cui muore sono significativamente simili alle circostanze della vita e della morte di Cristo. La differenza più importante consiste nel fatto che Cristo morì sulla croce, mentre Simon viene trafitto da una lancia, ma un lettore che abbia almeno un minimo di familiarità con la Bibbia non può non ricordare che Gesù fu ferito al fianco prima di essere crocifisso. Il paragone con la figura di Cristo e la sconfitta della figura che la incarna nel racconto dimostrano la convinzione di Golding circa la viltà della razza umana. È importante, però, ricordare che i parallelismi non sono completi e ci sono dei limiti alla lettura del romanzo come mera allegoria cristiana. A parte le due premonizioni di Simon sul futuro, egli non è connesso a Dio come lo è Cristo nella tradizione religiosa. Sebbene Simon sia saggio, la sua morte non porta alla salvezza della comunità dell’isola, al contrario la porta ancora più velocemente alla barbarie. Ancora, Simon muore prima di poter raccontare la verità, mentre Gesù è ucciso mentre sta diffondendo la propria filosofia morale. 18 CRITICA Nel saggio Pain and William Golding del 1958 Pritchett sostiene che in Lord of the Flies l’autore dimostri pietà per la sofferenza degli uomini. Golding è elogiato per la sua straordinaria percezione dell’uomo in quanto essere fisico in un mondo fisico, diviso tra la propria eredità primitiva e la propria mente evoluta. “He [Golding] simply shakes us until we feel in our bones the perennial agony of our species.”7 Golding quindi tocca un punto vivo della nostra coscienza, attraverso la sua immaginazione noi concepiamo e capiamo un mondo che muta. In Lord of the Flies la sofferenza sta nella lotta tra i ragazzi che regrediscono, attraverso la paura, allo stadio primitivo e selvaggio e quelli che tentano invano di mantenere il buon senso e l’ordine. Il dolore è l’essenza delle opere di Golding, ma egli non è uno scrittore morboso o sadico. Semplicemente, la sofferenza è insita nella condizione umana; è la prova che l’uomo è sveglio e lotta contro la propria indole e soprattutto contro il terrore che improvvisamente annebbia la mente. In quanto romanziere moderno, Golding tratta temi come l’alienazione dell’individuo e la solitudine personale. Egli riesce a farci sentire proprio al centro della corrente del mondo moderno, anziché rimanere bloccati o insensibili di fronte alla sua incessante disgregazione, egli ci rivela parti importanti dell’angoscia contemporanea, rendendole eroiche, conoscibili e immaginabili. È opinione comune che le opere di Golding, per essere apprezzate appieno, vadano lette almeno due volte. Ciò non significa che siano necessariamente oscure, le intenzioni dell’autore, al contrario, sono sempre semplici. Golding stesso dice: “I’m going to write it [the novel] so vividly and accurately and with such an exact programme that nobody can possibly mistake exactly what I mean.”8 Frank Kermode nel suo saggio Golding’s Intellectual Economy (1962) sostiene che la semplicità di Golding può essere intesa come “economia intellettuale”. I temi trattati, infatti, prendono la semplice forma dell’incarnazione completa; ma incarnazione non significa spiegazione e tutto quello che l’autore garantisce ai lettori è che non ci siano nel romanzo delle difficoltà superflue, che possano rendere la comprensione più complessa di quanto deve. Golding dà piena espressione al bisogno di conoscere, in un modo o nell’altro, un’umanità che vive allo stesso modo in tutti i posti del mondo, un bisogno di miti dal significato soddisfacente e universale. Lo stesso Golding dice: “myth is something which comes out from the roots of things in 7 V.S. PRITCHETT (1958), Pain and William Golding, in NORMAN PAGE, Op. cit., pag. 47. Questo intervento è tratto dall’intervista del professor Kermode con Golding, datata 28 agosto 1959 e pubblicata in Books and Bookmen, V e citato da FRANK KERMODE, Golding’s Intellectual Economy (1962), in NORMAN PAGE (curatore), Op. cit., pag. 51. 8 19 the ancient sense of being the key to existence, the whole meaning of life, and experience as a whole.” 9 I suoi miti nascono perchè egli vede un mondo estremamente alterato dalla nuova conoscenza, caratterizzato dalla perdita dell’innocenza, dal senso di colpa e dal bisogno di perdono. Golding, in quanto “uomo religioso”, crede nella colpa dell’uomo e nella misericordia divina. Egli crede nella presenza di una santità, dispersa nei frammenti della nostra realtà a formare un insieme, un mondo fatto di immaginazione, dove ogni cosa è legata alle altre e la verità è accessibile: il mondo del mito appunto. In breve, uno strumento per dare forma e significato all’enorme paradosso di futilità e anarchia che è la storia contemporanea. Golding sostiene che il programma del romanzo rappresenti il suo stesso significato. Kermode, invece, pensa che ci sia del materiale sul quale l’autore non ha alcuna autorità, poiché non solo ci possono essere delle interpretazioni che non può vietare, ma anche le sue stesse opinioni possono essere errate. Un esempio per tutti è dato dall’interpretazione della figura del paracadutista. Per Golding esso è un’allegoria della storia, un emblema della guerra, un mostruoso uomo che è morto, ma che non vuole lasciarsi cadere. Kermode considera limitata questa allegoria, perché non viene riversata dal “programma” nel romanzo. Ciò che invece emerge nella narrativa è un qualcosa molto più simile al mito, aperto a molteplici interpretazioni rispetto allo schema rigido che si è imposto Golding. Per Kermode questo è possibile grazie al potere mitopoietico dell’autore, in grado di andare al di là del “programma” prefissatosi, delle sue stesse intenzioni. Ogni romanzo di Golding è caratterizzato da una struttura metaforica, disegnata per asserire qualcosa di significativo sulla natura umana. Le metafore utilizzate, intense ed uniche, alla fine di ogni racconto vengono trasformate in brillanti trucchi che spostano il focus della narrazione. Questi trucchi sembrano contraddire o limitare il significato che l’autore aveva inizialmente conferito alle sue metafore, che risultano quindi meno certe e solide nelle loro possibilità di applicazione. I ragazzini sopravvissuti ad un disastro aereo precipitando su un’isola tropicale devono costruire la loro nuova società. È chiaro che viene data loro la possibilità di creare un nuovo Paradiso, ma essi sono prodotti e parte integrante della società umana contemporanea, così il sogno fallisce e la democrazia razionale non riesce a far fronte alle paure dei ragazzi, alla tendenza alle azioni grette. La forza della ragione non riesce ad alleviare la brutalità e l’oscura angoscia presenti nel cuore dell’uomo. 9 IBIDEM, p. 53. 20 Proprio quando le forze del Male sembrano vincere, però, ecco che sbarca sull’isola un ufficiale della marina inglese a salvare i ragazzi. Ovviamente, l’intero scopo della metafora sull’inconsistenza del buon senso adulto, non è contraddetto dal finale. Ralph, infatti, si rammarica per la perdita dell’innocenza, per l’oscurità del cuore umano e per la perdita del saggio amico Piggy. Il salvataggio è, però, in ultima analisi, un trucco, un modo per rendere più soft le implicazioni sorte all’interno della società venutasi a creare sull’isola. Gindin, nel suo saggio Gimmick and Metaphor in the Novels of William Golding10 (1960), sostiene che il trucco finale dà al romanzo una svolta tale da stemperare la forza delle metafore, che sono deviate dalle loro inevitabili conclusioni, impedendo che si cristallizzino nella forma compiuta dell’allegoria. Ciò fa sì che si guardi più superficialmente e meno universalmente al problema presentato. In altre parole, è come se i trucchi fossero strumenti interrogativi circa la pretesa che le metafore contengano una verità assoluta. Gindin aggiunge che le metafore di Golding possono essere lette come principi cristiani ortodossi e tradizionali sulla natura dell’uomo, esse sottolineano la depravazione, l’orgoglio, la futilità delle sue ragioni. Il romanzo è pervaso dalla presenza del peccato e della colpa dell’uomo e le immagini riflettono questo aspetto in termini cristiani. I trucchi, però, diminuiscono la forza dei dogmi tradizionali e così facendo forniscono delle giustificazioni alle paure dell’uomo contemporaneo, alla sua attitudine esistenziale. Questo non vuol dire che i principi ortodossi falliscono, ma che è difficile trovare delle singole metafore che possano veicolare tutto quello che l’uomo può dire su se stesso ed il proprio mondo. Il giudizio cristiano sulla depravazione umana, comunicato dalle metafore, rimane estremamente importante nell’economia del racconto, ma appare meno compiuto e assoluto. Il mondo di Golding, pertanto, è più complesso di come potrebbe apparire in prima battuta a causa della forza estetica delle metafore; esse semplificano (schematizzano) eccessivamente quella che è la visione dell’autore. Dal saggio The World of William Golding (1963) di Peter Green ricaviamo l’opinione di Golding circa la missione di un romanziere: “his job is to scrape the labels off things, to take nothing for granted, to show the irrational where it exists”11. Il lavoro del romanziere consiste pertanto nel demolire le false illusioni dell’uomo, che si protegge dalla realtà attraverso la cecità spirituale, la presunzione, diventando il dio di se stesso. Golding è uno scrittore religioso, il tema centrale delle sue opere non è la relazione tra uomo e uomo, ma quella dell’uomo con l’universo e attraverso questo con Dio. Green, infatti, lo definisce 10 11 J. GINDIN (1960), Gimmick and Metaphor in the Novels of William Golding, in NORMAN PAGE, op. cit. Tratto da P. GREEN (19639, The World of William Golding, in NORMAN PAGE, op. cit., p.78 21 “spiritual cosmologist”, poiché tutta la sua attività è tesa a rintracciare le verità che sono state oscurate dal progresso materiale. È facile notare come il simbolismo alla base di Lord of the Flies sia essenzialmente teologico. Green mette in risalto il paradosso che sta alla base di questa scelta. Golding, infatti, si impegna per distruggere le false etichette ed i modelli artificiali, ma al tempo stesso l’intera struttura morale della sua opera è concepita nei termini del tradizionale simbolismo cristiano, basato sulla dottrina del peccato originale per cui è l’uomo ad introdurre il Male nel mondo. Questa contraddizione è risolta da Green tramite due constatazioni. La prima si basa sulla comunicabilità del tema da veicolare al pubblico; l’autore è spinto all’uso del simbolismo cristiano, familiare e radicato nell’immaginario del lettore europeo, affinché il suo profondo e complesso pensiero morale venga compreso. La seconda spiegazione trae forza dalla ricerca cosmologica operata da Golding; assumendo questa come scopo ultimo, le denominazioni risultano ininfluenti, ciò che conta è comunicare la realtà. Alla base del simbolismo utilizzato da Golding ci sono rilevanti implicazioni morali. La Bestia non è altro che il corrispettivo della paura dei ragazzi, ad essa viene offerta in dono una testa di maiale per placare la sua ira. Simon, figura mistica e veggente, si imbatte in questo totem e ne comprende subito la vera natura. Quella è la Bestia, il Male che l’uomo ha in sè: Simon’s head was tilted slightly up. His eyes could not break away and the Lord of the Flies hung in space before him. ‘What are you doing out here all alone? Aren’t you afraid of me?’ Simon shook. ‘There isn’t anyone to help you. Only me. And I’m the Beast.’ Simon’s mouth laboured, brought forth audible words. ‘Pig’s head on a stick.’ ‘Fancy thinking the Beast was something you could hunt and kill!’ said the head. For a moment or two the forest and all the other dimly appreciated places echoed with the parody of laughter. ‘You knew, didn’t you? I’m part of you. Close, close, close! I’m the reason why it’s no go? Why things are what they are?’ Simon è anche colui che scopre il corpo del paracadutista e corre dai compagni per svelare loro la vera natura della Bestia. La sua uccisione, durante il rituale della danza di caccia, sembra voler dimostrare che l’uomo ama le proprie paure ed i propri tabù e crocifigge chi gli offre la possibilità di liberarsene rivelando la semplice verità. 22 In risposta ad un questionario intitolato “The Writer and His Age” promosso da una rivista letteraria, Golding descrisse se stesso come un cittadino, un romanziere ed un insegnante. Mentre il cittadino e l’insegnante si occupano dei problemi della società e del modo di correggerli, il romanziere trova le forme adeguate alla rappresentazione della condizione umana, affinché l’uomo possa imparare a conoscerla. Golding non crede nella scrittura irrazionale, al contrario, concepisce i suoi romanzi come espressioni di intenzioni consce che esistono ancor prima che la scrittura abbia inizio. In parole povere, l’intero schema di lavoro ed il suo significato devono nascere prima dei personaggi che li incarnano. Golding stesso chiama i suoi libri ‘miti e favole’, poiché essi sono espressioni analogiche di concetti morali. I due termini presuppongono un grado di astrazione ed elementi leggendari che le opere di Golding non possiedono; per questa ragione sarebbe preferibile, secondo lo studioso Hynes, definirle semplicemente romanzi, pur riconoscendo in essi delle caratteristiche che li distinguono dalla narrativa contemporanea. Una delle particolarità più significative è che le azioni narrative diventano immagini di idee, il loro significato va al di là di quello strettamente legato ai personaggi o di quello determinato dall’autore stesso. Per indirizzare l’attenzione dei lettori su quello che è il suo punto di vista, Golding sceglie situazioni che evidenzino ciò che è basilare, che permettano loro di identificarsi e comprendere la verità generale che vi è alla base. Egli, pertanto, sceglie quelle esperienze umane che possono essere viste come esemplari, quegli eventi che testimoniano la loro attinenza al significato dell’opera. I personaggi che ne nascono sono quindi esempi delle diverse sfaccettature della natura umana. Per questa ragione nel suo saggio Moral Models12 (1976) Hynes definisce i romanzi di Golding appunto ‘moral models’, a significare che essi suggeriscono forti modelli etici. La fede religiosa di Golding è dimostrata dal suo interesse per la condizione umana, dalla grande compassione che egli prova per gli uomini che soffrono e che peccano; egli esplora la vita reale per provare l’autenticità del suo punto di vista religioso. Secondo Golding, infatti, ogni dettaglio della vita nasconde in sé un significato religioso e ciò lo rende uno scrittore differente rispetto ai suoi coevi che dubitano circa i valori fondamentali della vita. 12 S. HYNES (1976), in NORMAN PAGE, op. cit. 23 L’importanza che egli riconosce alla nostra esperienza nel mondo, in termini fisici, si riflette nello stile, vivido e immaginativo, della sua narrativa. La conchiglia, ad esempio, viene presentata nella sua straordinaria bellezza al di là della valenza simbolica che assume nel racconto (essa rappresenta l’ordine, la giustizia), attraverso le descrizioni minuziose del colore, della forma e della posizione in cui di volta in volta viene collocata. Così facendo Golding dimostra un interesse ambivalente, che investe sia la sfera fisica che quella morale dell’esperienza umana, non dimenticando mai il concreto nella sua ricerca del simbolico. Le descrizioni oggettive, servono proprio per garantire maggiore consistenza all’allegoria, in maniera tale che i passaggi più importanti possano raggiungere il massimo impatto emotivo proprio perché descritti con immediatezza fisica. CONSIDERAZIONI SULL’USO IRONICO DI THE CORAL ISLAND Lord of the Flies è modellato sulla falsa riga di The Coral Island (1857) di R. M. Ballantyne. Questo romanzo narra la storia di un gruppo di ragazzi inglesi naufragati su un’isola tropicale. Essi collaborano duramente per la sopravvivenza e per essere tratti in salvo. L’unico aspetto del Male mostrato nel libro è esterno ed è personificato da una tribù di cannibali che vive sull’isola. Il romanzo offre un punto di vista sul mondo che è quello tipico dell’età vittoriana: attraverso un duro lavoro e grande tenacia è possibile superare ogni avversità. Il bene consiste nell’essere inglesi, cristiani e allegri, mentre il male è tutto ciò che non è cristiano, ciò che è selvaggio e adulto. Il romanzo è stato scritto all’apice della sicurezza imposta dall’età vittoriana, permeata da compiacenza patriottica e nazionale, fervore missionario, esso riflette quindi una sana e stabile società. Viene delineata una gerarchia morale ben precisa, al vertice della quale troviamo gli inglesi ed alla base i selvaggi. I ragazzi uccidono i maiali con la stessa sicurezza e prepotenza con cui si convertono al cristianesimo gli indigeni. Come sostiene Pritchett, in The Coral Island ci viene presentata una società al sicuro, in un secolo senza guerre e con una precisa cognizione della personalità. Possiamo dire che Lord of the Flies è uno specchio del mondo moderno che ha visto le proprie comunità sgretolarsi. I ragazzi quindi non sono altro che reincarnazioni degli adulti e tramite il loro facile accesso alla barbarie mostrano come una società di adulti possa andare in pezzi. Tra le due opere si colloca un secolo di sostanziali cambiamenti sociali. 24 La convinzione di Golding sull’ipotetico comportamento degli studenti inglesi è completamente differente da quella di Ballantyne. In The Coral Island Ralph, Jack e Peternik sono confinati su un’isola deserta, dove vivono in quanto esseri attivi, civilizzati e civilizzanti. Le difficoltà pratiche sono facilmente superate perché loro sono tutti inglesi, coraggiosi, obbedienti e degni di onore. In questo libro troviamo molte informazioni circa le isole tropicali, vi sono anche ricerche sul modo di vivere dei cannibali. Golding prende Ralph, Jack e Peternik (trasformando questo nome in Simon, chiamato Peter) e li studia a confronto con un contesto morale alterato. I ragazzi di Golding sono isolati su un’isola deserta per uno specifico esperimento morale. Golding è un insegnante e conosce abbastanza bene i ragazzi da rendere plausibile il loro collasso fino alla barbarie, da vedere proprio loro come i cannibali. Tutto quello che hanno come arma contro la barbarie è l’autorità degli adulti, ma da soli in un Paradiso terrestre non si comportano come gentiluomini inglesi. Golding lascia i selvaggi fuori dalla storia e ciò sottolinea la sua posizione intellettuale con estrema semplicità. Sono i civilizzati ad essere corrotti, fuori fase rispetto al ritmo naturale e la loro colpa è il prezzo dell’evoluzione. Così la bassezza deriva dai ragazzi e non dai cannibali. Al contrario dei personaggi di Ballantyne, quelli di Lord of the Flies sono sporchi ed inefficienti; hanno qualche nozione di ordine, simboleggiata dalla conchiglia, ma non appena viene richiesto uno sforzo per mantenerlo, esso scompare. Quando i condizionamenti civili svaniscono, essi non sono capaci né della gentilezza civilizzata, né di quella tipica dei selvaggi: i rifugi sono inadeguati, il segnale fatto con il fuoco viene trascurato. Subentrano tabù irrazionali e rituali sanguinari che sfociano in una condizione animale, nella crudeltà dei cacciatori che celebrano liturgie malefiche e praticano la tortura. La differenza tra Lord of the Flies e The Coral Island consiste nel fatto che il cambiamento, il progresso, ha diviso il mondo in due “culture”, quella dei seguaci di Jack, che costruiscono fortezze, e quella degli ammiratori di Simon, che vogliono dare un nome alla Bestia. Dando ai suoi personaggi lo stesso nome di quelli del romanzo di Ballantyne e inserendo nel testo diretti riferimenti a The Coral Island, Golding vuole chiaramente far intendere il suo romanzo come una risposta al modo di pensare vittoriano. Il suo punto di vista è molto più pessimista: il Male presente sull’isola è interno, non esterno, profondamente radicato nell’animo umano. Alla fine del libro, il commento dell’ufficiale di marina, "I should have thought that a pack of British boys — you're all British, aren't you? — would have been able to put up a better show than that.", sembra essere proprio quello di Ballantyne. Al contrario, la concezione di Golding, plasmata dalla sua personale esperienza della Seconda Guerra Mondiale, è resa attraverso il pianto di Ralph "for the end of innocence, the darkness of man's heart, and the fall through the air of the true, wise friend called Piggy." 25 CONCLUSIONI Lord of the Flies è fondamentalmente un romanzo che scava nell'abisso della natura umana, nutrendosi di qualche millennio di filosofia. Darwin, aveva già detto che l’uomo, come tutti gli animali, ubbidisce alla legge universale della selezione naturale, per la quale non esiste il concetto di “buono” o “cattivo” ma solo di più idoneo alla vita, ovvero di più forte. Anche Freud aveva sostenuto che l’uomo è un essere sostanzialmente egoista e per il quale la società è solo un mezzo utile a soddisfare i propri bisogni. E possiamo pensare anche ad un filosofo del Seicento, Hobbes, per il quale “homo homini lupus est” e secondo cui “ogni associazione spontanea nasce o dal bisogno reciproco o dall’ambizione, mai dall’amore o dalla benevolenza verso gli altri”. Possiamo dire che Golding lancia una provocazione pessimista e radicale sulla concezione dell'uomo, che egli crede irrimediabilmente "cattivo", sia in natura che in società. A dimostrazione di quest'assunto riduce l’uomo al suo "grado zero" dei rapporti societari. Accanto al livello metaforico si può anche avere, quindi, un livello di interpretazione più letterale: l'infanzia è molto meno innocente di quanto vorremmo. Il pessimismo di Golding sta proprio in questo concetto: gli eroi negativi non sono adulti, non hanno alle spalle devastanti esperienze di mondo; ma sono bambini. In definitiva, i bambini non sono immuni dal male perché i bambini sono gli uomini del domani, quelli che come i loro genitori non si preoccuperanno di dar sfogo alle loro smanie di guerra, di potere, di prevaricazione dei diritti umani. Con questo romanzo Golding sembra quasi dire che l’innocenza infantile è solo un mito, o meglio una fantasia prodotta dalla società per credersi ancora capace di dar al mondo una generazione migliore rispetto a quelle precedenti dei padri. I bambini sono innocenti come gli adulti, l’innocenza quindi non esiste: esiste solo l’innocenza antropologica, quella dettata dall’istinto, che porta a uccidere e organizzarsi in tribù per fare la guerra. Golding scrive un racconto d’avventura ricco di suspense e dal ritmo incalzante; il libro passa molto velocemente dal primo giorno sull’isola alla scena di caccia nel finale, in cui il coinvolgimento massimo è interrotto dall’arrivo dell’ufficiale. Sebbene l’apparizione dell’adulto chiuda la vicenda, essa non garantisce un ‘happy ending’ al romanzo. Al momento del climax emotivo Golding ci ricorda la natura allegorica del libro: la nave che trasporta l’ufficiale di marina è un’arma da guerra. Anche se proviamo sollievo per il salvataggio di Ralph, improvvisamente capiamo che il mondo 26 degli adulti è poco diverso da quello dell’isola, è un posto in cui gli uomini si uccidono a vicenda indiscriminatamente, dove un solo uomo può spazzare via l’intero pianeta. L’arrivo dell’unica figura adulta rintracciabile nel romanzo, non risolve i quesiti che sorgono lungo il romanzo, essi non ricevono una risposta concreta. Possiamo pensare che un simile finale sia soltanto un pretesto per evitare la responsabilità di rispondere a queste domande. Sebbene lo stesso autore non sia capace di fornire risposte precise, il suo scopo principale è costruire una chiara e rappresentativa allegoria. Forse, essere saggi è porsi le giuste domande, non darsi le giuste risposte. Interessante appare in merito uno stralcio dell’intervista con Mario Biondi: BIONDI: […] vogliamo ora parlare del Dolore? Perché ce n’è tanto nelle sue opere? GOLDING: Perché il mondo ne è intriso. La mia è una grande tristezza per ciò che è in realtà la natura umana. E’ un’idea, una scoperta che mi ha colpito come una mazzata alla fine della guerra. Quando ho scoperto che tutte le atrocità attribuite ai tedeschi erano vere. Ho capito quanto male può esserci nell’uomo. E’ il vero nostro problema, ciò che dobbiamo combattere se vogliamo continuare a considerarci esseri civili. Questo è il dolore mio e dei miei libri. Tristezza all’ennesima potenza. BIONDI: Quindi, nel nostro mondo il problema del Male è fondamentale. GOLDING: Ce n’è tanto. In realtà, penso di aver addirittura aspirato a risolvere il problema del Male, come tanta gente ha fatto e continua a fare. Ma ora so che non ci sono riuscito. Ho solo messo in rilievo che il nostro problema è quello: il Male. Temo che sia insolubile, come del resto quello del Bene. Siamo qui, in bilico tra queste due forze opposte, entrambe in realtà incomprensibili, insolubili in quanto problemi, a cui ci si può solo accostare in termini di sentimento o di esperienza. BIONDI: Lei crede in Dio? E se ci crede, come giustifica il fatto che Dio consenta a tanto Male di trionfare nel mondo? GOLDING: Io credo in Dio, certamente. Ma alla sua domanda non so proprio rispondere. E’ un problema che è stato discusso per migliaia di anni dai sapienti. Io sono solo un narratore. Come posso conoscere le risposte? Posso solo, talvolta, porre i problemi. BIONDI: Nient’altro? GOLDING: Non le sembra abbastanza? Leggendo Lord of the Flies possiamo rintracciare molti punti che rendono chiara l’idea dell’autore circa la malvagità dell’uomo e l’inevitabilità del Male. Se essa sia giusta o sbagliata, vera o falsa, è una questione da valutare. 27 Lungo il romanzo Golding mostra come i protagonisti della vicenda diventino gradualmente sempre più cattivi e come questo possa accadere anche a quei personaggi che sono simbolo di bontà e di ordine. Ralph e Piggy, infatti, prendono parte alla festa di Jack, unendosi agli altri ed ai loro comportamenti malvagi. Questo prova soltanto il loro comune desiderio di condividere qualcosa con gli altri, non una piena malvagità d’animo. L’autore, inoltre, fa in modo che tutti i personaggi alla fine partecipino alla caccia, come ad un rituale sanguinario, in modo da dimostrare la propria convinzione che tutti possono irrimediabilmente soccombere al richiamo del Male. Questo fatto, però, non è necessariamente vero. Ogni uomo sviluppa una determinata propensione a degli ideali, a dei valori e si comporta come desidera. Al di là di quello che è generalmente ritenuto giusto o sbagliato, ogni individuo decide ciò che per lui è bene fare e ciò che invece è da evitare. La tendenza a compiere azioni riprovevoli potrebbe essere una ribellione nei confronti della repressione imposta dalla società, oppure potrebbe essere il frutto di circostanze particolari, estreme. È evidente, però, che ogni persona ha la libertà di agire in base alla propria bontà o malvagità, mentre Golding costruisce una storia in cui l’uomo è malvagio per definizione, per natura. Nessuno è totalmente buono o cattivo, c’è una parte di entrambe le dimensioni in ciascuno di noi. Ralph stesso non raggiunge la condizione degli altri ragazzi del racconto, mantiene giudizio, razionalità ma soprattutto umanità, pur essendo immerso in un mondo d’odio, pazzia e sconsideratezza. A sostegno di questa tesi basta pensare che ogni individuo ha una coscienza e quindi ha la possibilità di scegliere in base ad essa, senza per forza essere sottomesso a quella che Golding concepisce come malvagità incontrollabile, imprescindibile. Lord of the flies dimostra che l’uomo non è una creatura razionale in grado di controllare il proprio destino. La parte oscura dell’uomo controlla i suoi desideri e le sue azioni e limita il suo potere decisionale. Sembra che per l’uomo non ci sia possibilità di scampo, ma nel finale c’è speranza nel futuro grazie alla conoscenza che Ralph ha acquisito. Egli ha capito il conflitto tra bene e male, ideale e reale, che esiste nell’uomo e, a differenza di Piggy e Simon, è abbastanza dotato da scampare alla morte e portare alla civiltà questa nuova conoscenza. 28 APPENDICE Nel corso di una guerra planetaria non meglio definita, un aereo che trasporta un gruppo di studenti britannici è abbattuto sul Pacifico. Il pilota rimane ucciso, ma molti ragazzi sopravvivono e si ritrovano abbandonati su un’isola disabitata; si mettono subito all'opera per organizzarsi, ma non essendo sotto il controllo di adulti, trasformano quello che poteva essere definito come un paradiso terrestre in un vero inferno, dove emergono paure irrazionali e comportamenti selvaggi, solitamente tenuti nascosti dall'animo umano. I primi due ragazzi presentati sono i principali protagonisti della storia: Ralph, ragazzo biondo di circa dodici anni e Piggy, grasso e con gli occhiali. I due riescono a recuperare una conchiglia che da quel momento, se utilizzata soffiandovi all'interno, farà riecheggiare per tutta l'isola il richiamo di adunata dei sopravvissuti e offrirà il diritto di parola al suo possessore. Questo richiamo convoca subito numerosi ragazzi tra cui Sam ed Eric, due gemelli biondi pieni di vita e il gruppo del coro. A capo di questo gruppo c'è Jack, un ragazzo alto ed ossuto, dai capelli rossi, patito della caccia fino all'esasperazione. Tra i ragazzi del coro c'è anche Simone che diventerà amico nonché aiutante di Ralph. Gli adolescenti devono adattarsi alla vita dell'isola: devono costruire rifugi, andare a caccia, fare delle leggi, eleggere un capo, tenere vivo il fuoco. Naturalmente dovranno fare tutto da soli, perché non c'è la supervisione di nessun adulto. Viene eletto capo Ralph, il cui tipo di organizzazione simboleggia un ideale di democrazia, in cui ognuno lavora per il benessere collettivo mentre Jack e i coristi dovranno armarsi di lance e cacciare i maiali selvatici provvedendo così al cibo. Ralph ha molti buoni propositi ma sembra che ai suoi compagni non importi nulla, tanto che stanno tutto il giorno a giocare e a fare il bagno. Egli convoca un’assemblea per stabilire le prime regole di convivenza sull'isola. Propone di fare un fuoco sulla montagna, che potrebbe segnalare la loro presenza ad ogni passaggio di navi. Piggy risulta indispensabile per il processo: i ragazzi usano i suoi occhiali per avviare il fuoco. Una nave passa vicino alle coste dell'isola, ma non si ferma, perché il fuoco è spento. Il compito di tenerlo vivo era affidato a Jack e ad i suoi cacciatori, che si sono preoccupati dell’uccisione di un maiale a scapito del loro dovere. 29 Viene simulata una sorta di caccia e si esegue una danza in cui uno dei coristi finge di essere un maiale e gli altri di ucciderlo. Ralph si preoccupa per il comportamento di Jack e dei cacciatori e inizia ad apprezzare Piggy per la sua maturità. Convoca un'assemblea in cui rimprovera i ragazzi per non aver badato al fuoco e non aver collaborato alla costruzione dei rifugi. Egli insiste sul fatto che il fuoco è la cosa più importante, è per loro l’unica possibilità di essere tratti in salvo. Ben presto la coesione dei diversi gruppi viene meno, si tralascia la costruzione delle capanne e l'organizzazione razionale di Ralph viene a poco a poco distrutta dal predominio di Jack con i suoi guerrieri, ormai regrediti a demoni di superstizione e crudeltà. I più piccoli cominciano a preoccuparsi per una non ben definita Bestia, che viene immaginata come un fantasma o un grosso calamaro. Uno dei piccoli, Phil, dice di aver avuto un incubo e di aver visto al risveglio qualcosa muoversi tra gli alberi. La paura della Bestia si insinua e rende terribile la vita dei ragazzi. Nel corso di una battaglia aerea, il corpo morto di un paracadutista precipita sull'isola. La mattina successiva Sam e Eric mentre sono di guardia al fuoco, scoprono il pilota e lo scambiano per la Bestia. Ralph decide di partire in spedizione per stanarla; la Bestia quindi viene identificata con un pericolo concreto da cui bisogna tenersi lontani a costo di rinunciare alle più elementari regole di convivenza. I cacciatori, durante la spedizione, si fanno sfuggire un cinghiale, inizia così, per sfogare la sete di sangue, la danza rituale scandita da un canto inquietante (Prendetelo! Ammazzatelo! Scannatelo!). Jack tenta di affermare il proprio controllo su gli altri ragazzi, chiedendo la rimozione di Ralph dal ruolo di capo, ma Ralph continua ad essere il preferito, così Jack si impone come capo dei cacciatori e si stabilisce al castello di roccia, sulla cima della montagna, per costruire un forte e fare una festa. I cacciatori uccidono un maiale, ne tagliano la testa e la conficcano su un palo posto al centro di un’enorme radura, è il dono per la Bestia. Una volta tornati ai rifugi Jack invita gli altri ragazzi a far parte della sua tribù, offre loro la carne del maiale. Tutti i ragazzi, ad eccezione di Ralph e Piggy, accettano. Nel frattempo, Simon trova la testa di maiale lasciata dai cacciatori, circondata da nugoli di mosche. Crede che si tratti della Bestia ed inizia, durante un attacco di epilessia, a conversare con essa. Simon, ripresosi dall’accesso, scopre il corpo del paracadutista e lo libera dalle corde che lo trattengono incastrato tra le rocce. Si precipita giù dalla montagna per avvertire gli altri ragazzi e rivelare loro la vera natura della Bestia. 30 Ralph e Piggy decidono di unirsi agli altri ragazzi per assicurarsi che nulla di spiacevole accada durante la festa. Ralph e Jack iniziano a discutere, ciascuno vuole prevalere sull’altro. Nel frattempo si scatena una tempesta, giunge Simon deciso a rivelare ai ragazzi ciò che ha scoperto, ma questi, nel delirio della danza rituale, lo scambiano per la Bestia e lo uccidono, massacrandolo a calci e pugni. Ralph e Piggy hanno preso parte all'assassinio, ma tentano di giustificare il loro comportamento come motivato dalla paura. I soli quattro ragazzi che non fanno parte della tribù di Jack sono Ralph, Piggy ed i gemelli, Sam ed Eric. Al castello Jack è venerato come un idolo, ha un forte ascendente su tutti i ragazzi, che ormai hanno il volto dipinto e si comportano come selvaggi. I due gruppi, quello costituito dai cacciatori e l'altro capeggiato da Ralph, sono ormai divisi dalla violenza; diviene così inevitabile lo scontro. Jack decide di rubare il fuoco al gruppo di Ralph e durante la notte i cacciatori attaccano i quattro ragazzi e rubano gli occhiali di Piggy. Dopo l'attacco, i quattro ragazzi decidono di andare al castello, Ralph convoca tutti con la conchiglia. Jack ritorna dalla caccia e ordina a Ralph e Piggy di andare via, scoppia un litigio durante il quale Sam ed Eric vengono presi come prigionieri e Roger fa scivolare un masso su Piggy, facendolo cadere dalla montagna. L'impatto lo uccide, Jack manda in mille pezzi la conchiglia e si dichiara capo assoluto. A Ralph non resta che tuffarsi a capofitto in fuga nella foresta. Jack ordina subito di cominciare a cercarlo ma non trovandolo, come se fosse indemoniato e appoggiato da tutti gli altri, decide di dare fuoco a tutta l'isola per poterlo scovare. Ralph comincia così a correre a più non posso verso la spiaggia tra fuoco e fumo e arrivatoci stremato, pronto per la fine atroce che lo avrebbe atteso, si alza vacillando e di fronte a lui trova un ufficiale della marina, che con il suo equipaggio giunge a salvare i naufraghi attirato dal gigantesco fuoco. L’ufficiale rimprovera i ragazzi per non essersi comportati da perfetti inglesi, trovandoli in condizioni pietose e ormai perfetti selvaggi. Ralph, quando sta ormai per lasciare l’isola, piange per la morte di Piggy e per la perduta innocenza. 31 BIBLIOGRAFIA BERTINETTI P., a cura di, Breve storia della letteratura inglese, Torino, Einaudi, 2004. CAREY J., William Golding: the man and his books: a tribute on his 75th birthday, London, Faber and Faber, 1986. GOLDING W., Lord of The Flies: A novel, London, Faber and Faber, 1978 (1954). OLSEN K., Understanding Lord of the Flies: A Student Casebook to Issues, Sources, and Historical Documents, Greenwood Press, Westport, 2000. PAGE N., a cura di, William Golding: Novels, 1954-67, Macmillan Press, Casebook Series, Houndmills, Basingstoke and London, 1985. REDPATH F., Notes on William Golding’s Lord of the Flies, Methuen, 1966. SITOGRAFIA FERNKORN M. (2003), English Language and Literature Studies http://www.grin.com/en/preview/55441.html http://www.slashdoc.com/tag/lord_of_the_flies.html HENNINGFELD A.D., Novels for Students - http://www.answers.com/topic/lord-of-the-fliesnovel-7 http://www.cliffsnotes.com/WileyCDA/LitNote/Lord-of-the-Flies.id-64,pageNum-60.html http://www.mariobiondi.net/ttesti/golding.html http://nobelprizes.com/nobel/literature/1983a.html http://nobelprize.org/nobel_prizes/literature/laureates/1983/golding-lecture.html http://summarycentral.tripod.com/thelordoftheflies.htm http://www.questia.com/PM.qst?a=o&d=51223792 http://www.aresearchguide.com/lord.html http://it.wikipedia.org/wiki/Il_signore_delle_mosche_%28romanzo%29 32