Lo Stato ha perso la sovranità lasciandola alla
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Lo Stato ha perso la sovranità lasciandola alla
«Lo Stato ha perso la sovranità lasciandola alla ’ndrangheta» 15/03/2014 – Cronaca Processo Meta, la requisitoria del pm Giuseppe Lombardo «Così il contropotere della mafia ha soppiantato le Istituzioni» REGGIO CALABRIA «A Reggio non esistono solo il bianco o il nero, ma vi sono infinite sfumature di grigio. Occorre osservare tutto con attenzione. Come quando si guarda un quadro a distanza e si ha la sensazione che sia tutto grigio, ma è solo un fenomeno ottico. Da vicino, invece, ci si accorge che quel quadro è formato da tante piccole immagini in bianco e nero che, insieme, danno la sensazione di un unico colore. Ecco, pensare che sia tutto un solo grigio è un errore che non possiamo permetterci». È con una metafora artistica che il pm Giuseppe Lombardo conclude la prima parte della requisitoria del processo “Meta” che vede alla sbarra le grandi famiglie mafiose della città di Reggio Calabria. Tre anni d’istruttoria dibattimentale, oltre 90 udienze, per ricostruire in maniera certosina i nuovi assetti della ‘ndrangheta all’indomani della pax mafiosa firmata dopo l’omicidio del giudice Antonino Scopelliti. È un processo destinato a cambiare per sempre il modo d’intendere la ‘ndrangheta, quello che si sta celebrando davanti al collegio presieduto da Silvana Grasso. E questo il pm Lombardo lo sa benissimo. Solo poche settimane fa, il colpo di coda con la modifica del capo d’imputazione per De Stefano, Condello, Tegano e Libri; ieri un primo assaggio di ciò che sarà esplicitato nell’udienza di lunedì che culminerà con le richieste di condanna. Non esistono solo il bianco o il nero, dunque. E non è la zona grigia canonicamente intesa. Ci sono immagini piccolissime che solo da vicino diventano nitide. Un po’ come tutti quegli invisibili dei quali Lombardo ha spesso parlato durante le udienze del processo e che rappresentano la vera forza della ‘ndrangheta 2.0. Non sfugge come il pm, in apertura d’intervento, faccia un riferimento all’operazione “Bellu lavuru 2”. Lì, quando si parla di crimine organizzato calabrese, si usa il termine “la base”. «Sapete cosa significa “Al Qaeda? Proprio “la base». Il parallelo può apparire azzardato, ma mezze parole e accenni smozzicati, fanno capire che in pentola, forse, bolle qualcosa che non si discosta troppo da quell’idea. Non ha paura il pm, quando deve affermare che «l’orizzontalità della ‘ndrangheta non è mai esistita». Chi la pensa in modo diverso si sbaglia. La spiegazione è semplice: vero che le cosche hanno un certo grado di autonomia, ma alla fine le scelte sono in pochi a farle. Insomma, un verticismo puro e semplice. L’altro errore è pensare alla ‘ndrangheta come logica di potere. «No, questo è un contropotere», affonda il pm, citando Falcone e Borsellino. E parte di quel contropotere è stata scovata da un ufficiale del Ros come Valerio Giardina, che Lombardo non esita ad elogiare pubblicamente: «sa quel che dice ed è merce rara di questi tempi». Ma è quando rievoca la celebre intercettazione a casa di don Mico Libri, a Prato, che Lombardo si riferisce al passato per guardare al futuro. «Lì si gettano le basi per cogliere occasioni che non sono di natura privata, ma prevedono l’incontro tra la componente pubblica e quella privata, per servizi essenziali». Ossia le società miste del comune di Reggio Calabria. È noto che parte di esse sia stata gestita direttamente dalla ‘ndrangheta. «Quando lo Stato perde la sovranità e non fa nulla per riconquistarla – spiega energicamente il pm – il sistema democratico viene meno. Siamo nel 2002, la data è importante e non sono chiacchiere. C’è un progetto che parte da lontano, è ambizioso perché non si tratta più di condizionare dall’esterno un ente pubblico, ma si ha l’occasione di mettere un piede dentro e da lì sarà tutto più chiaro». Un puzzle che poco a poco prende forma, rievocando quell’illusione ottica di un unico grigio che, oggi, sotto la lente della Dda, sta iniziando a svelare anche le sfaccettature che sembravano invisibili.