Cornelius keg - Homebrewers Sardi

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Cornelius keg - Homebrewers Sardi
“Cornelius Keg”
Negli ultimi mesi, a causa anche delle bevute sempre più frequenti, ho deciso di costruire un impianto
domestico per la birra alla spina, simile ai “kegerator” abbastanza diffusi negli USA.
Il primo passo è stato quello di cercare dei fusti tipo “cornelius keg”, ma la varietà di tipologie e
caratteristiche costruttive si è rivelata essere quasi problematica per la scelta del tipo di fusto.
L’uso dei fusti offre diversi vantaggi rispetto al classico imbottigliamento, ma un primo approccio con questo
tipo di confezionamento potrebbe generare un po’ di confusione specie tra gli homebrewers meno esperti; la
cosa migliore è conoscere il funzionamento di questi fusti e i dettagli delle loro parti, così da poterli
adoperare al meglio senza rischiare di rovinare la nostra preziosa birra homebrewed.
I “cornelius keg”, conosciuti anche come “soda keg” o “pepsi keg” sono un particolare tipo di fusto usato per
la distribuzione di soft drinks e bevande alla spina sia in impianti pre-mix (il fusto contiene la bevanda pronta
per essere servita) che in impianti post-mix (il fusto contiene un concentrato che viene poi diluito con acqua
dall’impianto spina).
In passato venivano prodotti dalla Cornelius, una grossa multinazionale di impianti spina che oramai ha
chiuso la produzione dei fusti; da qui la denominazione “cornelius keg” anche se, ad essere precisi, il nome
adatto è “tank” o “container”.
Il funzionamento è semplice: la CO2 entra da un piccolo tubicino posto sulla parte superiore del fusto, la
pressione esercitata sul liquido spinge quest’ultimo attraverso un tubo che pesca dal fondo, il liquido esce
così dal fusto ed entra nel circuito di spillatura che può essere più o meno complesso, e del quale non ci
occupiamo.
Esternamente si presentano come dei cilindri di acciaio inox sul cui fronte è stampato il nome della casa
costruttrice, l’anno di costruzione, il numero di serie, la pressione massima di esercizio (generalmente 4.9
bar).
La base e la manicatura sono fatte di gomma vulcanizzata.
Jolly e CC kegs
NC kegs
Nella parte superiore, vista dall’alto, ci sono i due attacchi rispettivamente per l’entrata della CO2 e l’uscita
del prodotto, e infine il coperchio costituito da un oblò di forma ovale dotato chiusura a leva.
L’oblò può avere o meno una valvola di sicurezza che si apre a circa 5 bar e che, oltre a impedire
l’accidentale esplosione del fusto, permette di degasare questo in maniera manuale.
I due attacchi sono avvitati al fusto e al loro interno contengono delle valvole a molla: sono le valvole di
entrata/uscita dei fluidi, in gergo “poppet valves” o più semplicemente “poppets”.
Nella sede in cui si avvitano gli attacchi sono inseriti due piccoli tubi flangiati, uno corto (entrata della CO2) e
uno più lungo che, come detto prima, tocca sul fondo del fusto e serve per il pescaggio del liquido.
Le caratteristiche principali di questo fusto sono:
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La forma slanciata, che permette di poter inserire più fusti all’interno di un frigorifero;
L’apertura a bocca larga, che consente di poter effettuare manualmente la pulizia interna del fusto;
La capacità ridotta, circa 18 litri (o 5 galloni) per quelli grandi e circa 9 litri (o 3 galloni) per quelli
piccoli;
Proprio per queste peculiarità i cornelius keg sono uno dei migliori contenitori che si possano usare per
l’homebrewing.
Fondamentalmente questi fusti si suddividono in due categorie, a seconda del tipo di attacco: “ball lock” (o
Jolly) e “pin lock”.
Ball Lock o Jolly
Sono attacchi (in gergo “posts”) il cui funzionamento è simile a quello degli attacchi rapidi da giardinaggio.
Quello del gas si riconosce perché ha dei piccoli “tagli” orizzontali sugli spigoli del dado.
I fusti di costruzione Italiana montano due tipologie di attacco Jolly che si differenziano sostanzialmente per
la loro filettatura interna, e sono riconoscibili dall’altezza dell’esagono del dado: quelli col dado basso hanno
generalmente una filettatura di 9/16” 18 UNF, quelli col dado alto hanno una filettatura di 19/32” 18 UNS.
I fusti di costruzione non Italiana (Cornelius, Firestone, John Wood), specie se un po’ datati, hanno diverse
filettature (ad esempio, diametri nominali di 5/16”, 11/16”, 3/4” ecc.).
Per semplicità, e poi vedremo il perché, considereremo solo i fusti di costruzione Italiana.
Attacco gas, filettatura 9/16” 18 UNF – tipologia Jolly
Attacco prodotto, filettatura 9/16” 18 UNF – tipologia Jolly
Attacco gas, filettatura 19/32” 18 UNS – tipologia NC
Attacco prodotto, filettatura 19/32” 18 UNS – tipologia NC
Gli innesti per questo tipo di attacco sono due, apparentemente simili ma diversi tra loro anche per il colore,
così da evitare il montaggio dell’innesto della CO2 sull’attacco del prodotto e viceversa. Un montaggio errato
può danneggiare irreparabilmente l’innesto.
L’innesto grigio si monta nell’attacco del gas, l’innesto nero in quello del prodotto.
Innesto gas “ball lock” o “Jolly”
Innesto prodotto “ball lock” o “Jolly”
Nei cataloghi li troviamo sotto il nome di “innesti Jolly”, “quick disconnects” o “ball lock disconnects”.
In Italia gli innesti Jolly sono facilmente reperibili nei negozi online che vendono attrezzature per
homebrewing, nonché presso i rivenditori/installatori di impianti spina.
“Ball lock” (letteralmente “chiusura a sfera”) è riferito alle 4 sferette presenti all’interno degli innesti, che
fanno presa sull’attacco.
Pin Lock
Sono attacchi che, a differenza di quelli sopraccitati, hanno dei perni (2 nel caso della CO2, 3 nel caso del
prodotto) che sortiscono l’effetto di impedire meccanicamente che l’innesto della CO2 venga montato
sull’attacco del prodotto e viceversa.
Attacco gas, filettatura 9/16” 18 UNF – tipologia CC
Attacco prodotto, filettatura 9/16” 18 UNF – tipologia CC
Con questi attacchi si usano degli innesti facilmente riconoscibili per il loro colore rosso e per le “guide” su
cui questi perni si montano.
Innesto gas “pin lock”
Innesto prodotto “pin lock”
Nei cataloghi li troviamo sotto il nome di “innesti Coca Cola” o anche “pin lock disconnects”.
Pin lock (letteralmente “chiusura a perno”) è riferito appunto ai perni presenti sull’attacco.
A differenza degli innesti Jolly che troviamo comunemente nei negozi di attrezzature per homebrewing, gli
innesti Coca Cola sono reperibili (e non sempre) solo presso i rivenditori/installatori di impianti spina, oppure
nei negozi online in USA.
Parti di ricambio
Tubo CO2, valvola interna, o-ring Jolly, o-ring tubo, tappino rosso per maniglia, innesti Jolly, valvola di sicurezza, o-ring
coperchio.
Tutti i componenti sopra descritti possiedono degli o-ring e delle piccole molle al loro interno; le proprietà
elastiche e meccaniche di questi componenti, con l’uso e col tempo, possono peggiorare e vanno così ad
inficiare la tenuta della pressione.
Inoltre un fusto normalmente usato possiede le guarnizioni che puzzano terribilmente del prodotto
precedentemente contenuto, e che quindi potrebbero alterare il gusto della nostra amata bevanda; un
cambio degli o-ring è d’obbligo, anzi sarebbe bene fare scorta di qualche ricambio così da essere sicuri di
usare fusti sempre puliti ed efficienti.
A tal proposito, nonostante esistano due sole “famiglie” di fusti tipo aperto, all’interno di una famiglia gli
stessi pezzi di ricambio possono avere caratteristiche costruttive diverse tra loro e quindi risultare non
compatibili e intercambiabili; questi “piccoli” dettagli dipendono dal costruttore, dal modello di fusto e
dall’anno di costruzione.
In questa immagine, a titolo di esempio, si vedono 4 differenti tipi di valvola interna che montano su diversi
tipi di attacco Jolly.
Il discorso è analogo per altre parti come o-ring, tubi e valvole.
Se si decide di acquistare un fusto usato, specie se fuori dall’Italia, sarebbe meglio conoscere le
caratteristiche dei componenti così da potersi dotare dei ricambi adatti. In caso contrario, si correrebbe il
rischio di dover reperire i ricambi nei negozi non Italiani, con relativi problemi di reperibilità e costi di
spedizione.
Le cose si semplificano di gran lunga se si acquistano fusti Italiani: infatti da circa una decina d’anni in Italia
si è deciso di unificare alcuni tipi di componenti; ad esempio, nel caso della valvola interna e di sicurezza, i
fusti Italiani (prodotti attualmente da A.E.B. srl. e in passato da Safer e Nuti) adottano valvole interne e di
sicurezza identiche.
A mio avviso è preferibile acquistare questi ultimi, i cui ricambi si possono ordinare presso i negozi online di
attrezzature per homebrewing dai quali di solito acquistiamo.
Generalmente le parti più soggette ad usura sono gli o-ring (coperchio, tubi e attacchi) e i tappini rossi che
montano sulla chiusura a leva; se i fusti sono particolarmente usurati e non tengono la pressione, il
problema è sicuramente dovuto ai piccoli o-ring delle valvole interne e di sicurezza.
I fusti Italiani vengono attualmente prodotti in 3 diversi modelli:
9
9
9
CC Tank (CC= Coca Cola)
Jolly Tank
NC Tank (NC= Nicht Cola, Not Cola)
CC (R – F)
Sono i fusti usati dalla Coca Cola Company. Il tubo di pescaggio è dritto ed è posizionato su un lato del
fondo, in cui è ricavata una concavità che agevola il pescaggio e la sedimentazione di eventuali particelle in
sospensione nel liquido.
I modelli R hanno capacità 9 litri e 18 litri, i modelli F sono leggermente più alti dei primi e hanno capacità
un po’ diverse, rispettivamente 3 US Gal (circa 11.3 litri) e 5 US Gal (circa 18.9 litri).
Sono facilmente riconoscibili perché la manicatura in gomma è un pezzo unico.
Hanno le filettature da 9/16” 18 UNF.
Montano attacchi “pin lock” di fabbrica.
Sono di uso comune in Italia.
Jolly (R)
Uguali al modello R descritto sopra, stesse filettature, ma montano attacchi Jolly di fabbrica.
Sono usati per bevande generiche non appartenenti alla Coca Cola.
Esistono anche con la manicatura in metallo.
NC
Il tubo di pescaggio è curvo ed è posizionato sul centro del fondo, in cui è ricavata una concavità che
agevola il pescaggio e la sedimentazione di eventuali particelle in sospensione nel liquido.
Hanno una forma leggermente più stretta e alta rispetto ai modelli sopraccitati, e capacità pari a 2.5 US Gal
(9.45 litri), 3 US Gal (circa 11.3 litri) e 5 US Gal (circa 18.9 litri).
La manicatura in gomma è costituita da due manici separati.
Sono disponibili anche con manici in metallo.
Montano, di fabbrica, attacchi simili ai Jolly ma con la filettatura da 19/32” 18 UNS.
Per ulteriori informazioni tecniche è preferibile consultare i cataloghi dei costruttori.
Reperire i fusti
Trovare questo tipo di fusto è più facile di quanto sembri! Generalmente si trovano nei negozi di attrezzature
per homebrewing sotto la voce “fusti Jolly” o “fusti tipo aperto”. Il costo di un fusto nuovo è circa il doppio di
quello di un fusto usato.
E’ possibile anche trovarli usati, il prezzo si aggira attorno ai 30 euro, ma bisogna poi mettere in conto un
cambio delle parti soggette a usura.
Lavaggio e sanitizzazione
Per il lavaggio e la sanitizzazione si può procedere col metodo che si usa di solito, avendo l’accortezza di
smontare gli attacchi e i tubi, e lavarli separatamente assieme all’oblò.
E’ possibile detergere la superficie interna del fusto con spugna (usata dalla parte liscia) e detersivo per
piatti, semplicemente inserendo il braccio all’interno della bocca del fusto.
Vi rimando ai diversi tutorial presenti su youtube dai quali si possono trarre diversi spunti, con una sola ma
importante considerazione: alcuni fusti, specie quelli datati, montano diversi tipi di valvola interna.
Molti homebrewers sono soliti estrarre questa valvola per pulire accuratamente l’interno dell’attacco:
possono farlo perché probabilmente le valvole usate in quei fusti sono diverse da quelle usate nei fusti
Italiani.
Le valvole Italiane infatti hanno una raggiera che fa spalla su un restringimento interno dell’attacco, e fa in
modo che la valvola sia caricata a molla.
Provare ad estrarre la valvola senza opportuni accorgimenti implica il rischio di danneggiarla e non poterla
più utilizzare.
Se proprio sentite l’esigenza di smontare la valvola interna, avrete bisogno di uno strumento che vi permetta
di sfilarla senza deformare la raggiera.
Io ne ho costruito uno con uno specillo da dentista, al quale ho deformato la punta così da ottenere una
sorta di uncino. L’uncino passa nel piccolo spazio tra le 3 “gambette” della raggiera e la superficie interna
dell’attacco, e permette così di sfilarle una ad una; fatto ciò, la valvola esce dalla sua sede semplicemente
capovolgendo l’attacco.
Ad ogni modo, pulizia e sanitizzazione si possono eseguire semplicemente lasciando gli attacchi immersi nella
soluzione detergente/sanitizzante.
Una volta che il fusto e i suoi componenti sono puliti, basta rimontare il tutto e riempire con la soluzione
sanitizzante che siamo soliti usare (chemipro, varecchina, acido peracetico, iodophor ecc.).
Per sanitizzare al meglio la superficie interna dei tubi, è possibile far scorrere la soluzione all’interno di questi
mettendo il fusto in pressione (con la bombola della CO2) e “spillando” la soluzione sanitizzante proprio
come se fosse la nostra birra. In questo modo sarà possibile anche sanitizzare l’intero circuito di spillatura.
Coloro che usano la varecchina dovranno tenere in considerazione che il cloro corrode l’acciaio, quindi è
bene usare basse concentrazioni (circa 1:200) e tempi di contatto non troppo lunghi (massimo 15 minuti).
Infustamento e carbonazione
Per infustare la nostra birra basta eseguire la stessa procedura che adottiamo per trasferire la birra dal
fermentatore primario al secondario, ossia fermentatore sopra un piano rialzato (sedia, tavolo) e fusto
posizionato più in basso, col tubo crystal che va dal rubinetto del fermentatore al fondo del fusto così da
evitare di “splashare” e ossidare la birra.
Possiamo carbonare la birra tramite carbonazione forzata o rifermentazione in fusto.
Per la carbonazione forzata bisogna disporre di una bombola di CO2: basta attaccare la bombola al fusto,
impostare sul riduttore una pressione opportuna e “dare gas”. La CO2 così inserita si discioglierà nel liquido
in maniera direttamente proporzionale alla pressione e inversamente proporzionale alla temperatura; dunque
pressioni alte e temperature basse favoriscono l’assorbimento.
Come detto in precedenza, questi fusti sono dotati di una valvola di sfiato che possiamo utilizzare per
degasare il fusto. Nel momento in cui inseriamo la CO2, nello “spazio morto” che resta all’interno del fusto
(al di sopra della superficie della birra) avremo sia CO2 sia aria (composta prevalentemente da Azoto e
Ossigeno) in pressione.
La CO2, che ha peso specifico maggiore rispetto agli altri due gas, tenderà a stratificarsi sulla parte bassa
esattamente in prossimità del pelo libero del liquido, mentre l’azoto e l’ossigeno (quest’ultimo è il nostro
principale nemico) tenderanno a stratificarsi sulla parte alta.
Se dopo avere infustato la nostra birra vogliamo che all’interno del fusto non resti ossigeno (o ne resti il
minimo possibile), basterà caricare questo con CO2 e poi degasare quasi completamente per eliminare
l’ossigeno contenuto nello “spazio morto” dato che, come spiegato prima, l’ossigeno sarà tra i primi gas ad
uscire dal fusto. Dopo aver ripetuto quest’operazione una o due volte è possibile ricaricare con CO2 per
rendere possibile poi la saturazione della CO2 nella birra.
In questo modo è possibile riempire il fusto anche con quantità inferiori di birra, a patto di ripetere diverse
volte questa operazione così da eliminare quanto più ossigeno dal fusto.
La pressione da impostare sul manometro per la saturazione della birra è in genere 1-2 bar a seconda dello
stile della nostra birra e della quantità di CO2 già disciolta nella birra; è preferibile stare sul limite basso di
questo range ed eventualmente, se riterremo che la gasatura sia insufficiente, saturare ulteriormente
qualche ora prima della spillatura.
Il metodo alternativo (che personalmente preferisco) è quello della rifermentazione in fusto, esattamente
come facciamo con le bottiglie ma con un dosaggio inferiore di zucchero o glucosio: 2-3 g/l sono sufficienti a
consumare l’ossigeno presente all’interno del fusto e conferire una buona gasatura, senza incorrere in
problemi di sovracarbonazione che comporterebbero troppa schiuma durante la spillatura.
In entrambi i casi sarà l’esperienza ed il gusto personale che porteranno l’homebrewer a scegliere le quantità
più adeguate alle proprie birre.
E’ possibile utilizzare questi fusti anche con una pompa inglese collegando il cilindro della pompa all’attacco
della birra: in questo caso per le prime pompate si godrà del contributo di pressione dovuto alla CO2 già
presente nel fusto. Quando il flusso inizia a diminuire, sarà necessario mettere in comunicazione il fusto con
l’atmosfera affinché si stabilisca la stessa pressione; per fare questo basterà montare l’innesto del gas (che
appunto apre la valvola dell’attacco gas) o più semplicemente aprire l’oblò.
Se si preferisce semplificare ulteriormente i collegamenti, specie se si è sicuri di finire il fusto in poche ore
dalla sua apertura, sarà sufficiente degasare il fusto e aprire l’oblò, inserire il tubo collegato al cilindro della
pompa ed immergerlo nel liquido così da pescare in maniera diretta e senza passare dall’innesto del prodotto
che, a voler essere pignoli, potrebbe generare delle turbolenze che aumenterebbero la formazione di
schiuma e renderebbero la spillatura a pompa difficile da gestire.
Controllo della pressione
Se si esegue la rifermentazione in fusto potrebbe essere interessante monitorare l’andamento della
pressione interna del fusto e avere conferma del termine della rifermentazione.
In pochi passaggi, e con una spesa davvero minima, è possibile costruire un manometro per la misura della
pressione interna.
Ciò è possibile collegando l’innesto del gas ad un manometro mediante un pezzo di tubo, un raccordo e un
porta gomma.
Alessandro Melis
[email protected]
www.hbsardi.it
Ultimo aggiornamento – 20 Maggio 2010
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