Maestri musicali, regia e arte La scuola creativa (per legge)

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Maestri musicali, regia e arte La scuola creativa (per legge)
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CRONACHE
Venerdì 20 Gennaio 2017 Corriere della Sera
#
Il caso
di Claudia Voltattorni
Maestri musicali, regia e arte
La scuola creativa (per legge)
Promossi cultura umanistica e made in Italy. Berlinguer: il Bello entra in classe
La norma
 Il decreto
dedicato alla
promozione
della cultura
umanistica e al
sostegno della
creatività è uno
dei 8 decreti
attuativi della
riforma della
Buona scuola
(legge 107 del
2015) appena
approvati
dal governo
e ora portati
al vaglio delle
commissioni
di Camera
e Senato
 Il decreto,
alla cui stesura
ha partecipato
l’ex ministro
dell’Istruzione
Luigi Berlinguer
(nella foto
sopra), traccia
le linee guida
che le scuole
— a partire
dall’infanzia
— dovranno
seguire
per sviluppare
la creatività
dei ragazzi
«tramite
un’ampia
varietà
di forme
artistiche, tra
cui la musica,
le arti dello
spettacolo,
le arti visive,
sia nelle forme
tradizionali
che in quelle
innovative»
Tutti con un violino in
mano. Musica nei corridoi.
Sculture in mostra. Attori e registi di cortometraggi e pièce
teatrali. Oppure geniali ideatori di oggetti di design. Perché
no? «Siamo il Paese del Bello,
ma quel Bello per anni lo abbiamo lasciato fuori dalla
scuola». Ora dovrà rientrarci.
Per legge. Lo prevede uno dei
decreti legislativi della Buona
scuola appena approvati dal
governo e pronti a essere esaminati dalle Commissioni di
Camera e Senato. È quello sulla «promozione della cultura
umanistica, sulla valorizzazione del patrimonio e delle produzioni culturali e sul sostegno della creatività», ma già
ribattezzato il decreto del
«made in Italy» anche se il suo
principale sostenitore boccia
questa definizione.
Sorride Luigi Berlinguer: «Il
made in Italy è solo una parte,
questa delega invece intende
far rientrare l’arte e la musica
nell’apprendimento scolastico: non ci sono solo il vero e il
logos». Ci tiene molto l’ex miROMA
istituzioni scolastiche sostengono lo sviluppo della creatività di alunni e studenti».
In realtà, in moltissimi istituti tutto ciò avviene già e da
tempo. E il rafforzamento di
materie come musica e arte
era già indicato nella legge 107
della Buona scuola. Ma, spiega
il professor Berlinguer, «il decreto obbliga chi è rimasto indietro e costringe anche genitori e studenti a chiederlo: è
una grande battaglia culturale,
bisogna superare l’idea che la
scuola sia una purga». Perché
con la musica e l’arte insegnate
in questo modo, «a scuola entrano l’emozione, il sogno, la
fantasia e l’immagine: c’è una
voglia matta di questo». In effetti, basta vedere il continuo
aumento degli studenti che
scelgono di iscriversi nelle
medie a indirizzo musicale:
quasi triplicati negli ultimi 4
 La parola
MADE IN ITALY
Indica i prodotti realizzati in Italia. Nel
decreto della Buona scuola si parla di
«opere di ingegno del made in Italy
materiale e immateriale», quindi non solo
oggetti ma anche cultura, tradizioni
La mobilitazione in Francia
anni. Alla scuola dell’infanzia
e alle elementari sono previsti
dei «maestri musicisti» capaci
di insegnare ai piccoli a suonare. Il tempo resta una o al massimo due ore alla settimana.
E poi c’è quel «made in
Italy» citato nei principi generali del testo che gli studenti
devono imparare a conoscere
e riconoscere e include, spiega
Berlinguer, «tutta la genialità
italiana che il mondo ci invidia
e di cui il mondo ha una gran
fame». Siamo il Paese del Bello, dice l’ex ministro, «va coltivato nella scuola, non solo
perché è bello ma anche perché rende».
È d’accordo con lui Giorgio
Rembado, presidente dell’Associazione nazionale presidi,
che però resta perplesso sull’articolo 17, cioè quello dei finanziamenti. Per l’attuazione
di quello che viene definito il
«Piano delle arti», il decreto
prevede una dotazione di due
milioni di euro annui a partire
dal 2017. «Davvero troppo pochi per un Paese che affonda
nel patrimonio artistico e che
2.400
2 milioni
nistro dell’Istruzione che ha
partecipato alla stesura del testo e al Miur presiede il Comitato nazionale per l’apprendimento pratico della musica a
scuola: «Musica e arte significano emozione e creatività che
sono un altro modo per apprendere». Mentre finora,
spiega, dalle classi d’Italia,
«sono state bandite perché
considerate entertainment,
solo intrattenimento».
Già dal prossimo settembre
invece, in molte scuole d’Italia
arriveranno fino a 2.400 docenti di musica che non si limiteranno a «spiegare chi sono Beethoven e Chopin, insegneranno a suonarli». Fin dall ’a s i l o . T u t t i p o t r a n n o
imparare a suonare uno strumento, tutti canteranno. E poi
reciteranno, gireranno film e
documentari, dipingeranno,
scriveranno poesie, realizzeranno opere d’ingegno e artigianato. Questo perché «le
avrebbe bisogno di un sostegno economico molto più forte per promuoverlo fin dalla
scuola: i due milioni di euro
vanno divisi per 7 milioni e
mezzo di studenti». E poi, c’è
quel comma 1 che ricorda:
«Dall’attuazione delle disposizioni non devono derivare
nuovi o maggiori oneri per la
finanza pubblica». Ecco, dice
il presidente dei presidi d’Italia, «le intenzioni sono ottime,
ma io sono meno ottimista di
Berlinguer e quella frase demanda tutto solo alla buona
volontà dei singoli dentro e
fuori le scuole: queste sono innovazioni che rischiano di diventare pie illusioni, se ci si
crede sul serio bisogna agire
di conseguenza». Ci sono due
mesi di tempo prima che il decreto diventi legge. Rembado
azzarda: «Si può parlare con il
ministro del Tesoro...».
[email protected]
I docenti di musica
che arriveranno dal prossimo
settembre in molte scuole d’Italia
comprese quelle d’infanzia
Di euro annui
I fondi previsti, a partire dal 2017,
dal decreto per l’attuazione
del cosidetto «Piano delle arti»
A Parigi Il corteo del collettivo «Touche pas ma Zep» che si è svolta ieri nella capitale francese (foto Afp / Jacques Demarthon)
Cortei e scioperi
La protesta
dei licei «speciali»
La sigla è «Zep» e, in Francia, indica i licei considerati facenti capo a
«zone di educazione prioritaria», ossia aree difficili o a rischio
violenza. Da quasi un anno sono in agitazione perché rischiano di
perdere il loro statuto particolare e i finanziamenti supplementari a
esso legati. Ieri il collettivo «Touche pas ma Zep» — che riunisce 90
scuole — ha indetto una mobilitazione in tutto il Paese, con scioperi e
cortei nelle grandi città. I manifestanti chiedevano uno statuto unico,
uguale per tutti i licei «sensibili», e finanziamenti continuativi.
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 L’iniziativa
Il tutor che fa dialogare gli studenti e le imprese
di Dario Di Vico
P
er combattere la disoccupazione giovanile
sta per nascere una nuova figura
professionale, il tutor dei rapporti tra
scuole e imprese. Una novità di tutto rilievo e
che può servire a cambiare le carte in tavola e
far funzionare meglio le politiche attive del
lavoro. Infatti uno dei guai principali del
sistema italiano di collocamento è dato dal
tempo eccessivo che passa tra l’uscita dei
ragazzi dalla scuola e l’ingresso nel lavoro, un
periodo che assomiglia a un tunnel in cui
famiglie ed ex studenti camminano al buio
senza che nessuno li aiuti. La verità è che le
scuole non sanno dialogare con il mondo delle
imprese: pesano differenze enormi di approccio, di impostazione e di riferimenti culturali.
Per questo la nuova agenzia nazionale del
lavoro, l’Anpal, ha pensato di lanciare la figura
del tutor che nelle intenzioni deve riuscire a
intermediare tra i due mondi. Le scuole
italiane, tra medie superiori e università, sono
5.400 e il presidente dell’Anpal, Maurizio Del
Conte, crede di poter mettere al lavoro circa
1.000 tutor, in ragione quindi di uno ogni
cinque istituti. La riforma della Buona scuola
voluta dal governo Renzi aveva affidato questo
compito di raccordo agli insegnanti ma la
formula palesemente non funziona. Ci vuole
una professionalità ad hoc per riuscire a
parlare con le imprese e monitorare così in
maniera costante i fabbisogni di personale e
l’eventuale formazione necessaria. Il secondo
compito del tutor è quello di orientare gli
studenti durante l’ultimo anno di frequenza
scolastica esaminando i loro talenti e le
competenze maturate e arrivando a
individuare un percorso di avvicinamento al
lavoro costruito più possibile sul singolo caso.
Infine c’è un terzo compito per il tutor che sarà
chiamato a prendersi carico di tutte le
procedure burocratiche che intercorrono tra
scuola e impresa, quasi sempre sotto forma di
convenzioni. Siccome spesso sono proprio le
procedure a stoppare il dialogo ci vuole
qualcuno che agisca da problem solver.
Mille figure in arrivo
Sono mille quelli previsti
dall’Agenzia nazionale del lavoro: si
occuperanno di 5 scuole ciascuno.
Le spese coperte da fondi europei
L’istituzione della figura del tutor può
rappresentare di per sé anche uno sbocco per i
laureati di diverse discipline, comprese quelle
che vengono identificate come lauree deboli,
quasi sempre a sfondo umanistico. L’Anpal si
propone però di formare ulteriormente i tutor
e fare tesoro di azioni sperimentali già in corso
come quella che vede in campo 300
intermediari che si prendono cura di 600
scuole. A regime i mille tutor previsti si
potranno occupare un giorno alla settimana di
ciascuna delle cinque scuole che saranno
affidate loro. Il reclutamento avverrà in
maniera graduale, le spese saranno coperte
interamente dai fondi europei esistenti e si
tratterà di contratti a tempo determinato. Non
è una rivoluzione, ma un significativo passo in
avanti sicuramente sì.
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